L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano Settimanale in posta elettronica – Zurigo, 20 marzo 2014 |
IPSE DIXIT Nei movimenti di resistenza - «Per misurare il regresso da noi subito – se non altro nell’impostazione dei problemi… – basti ricordare il fervore quasi unanime che allora [alla fine della seconda guerra mondiale, ndr] suscitava nei movimenti di resistenza dei vari Paesi l’idea di una non lontana unificazione politica dell’Europa. L’idea della Federazione europea, certo, era tutt’altro che nuova, ma, per la prima volta, essa svegliava in noi un’emozione che simili formule politiche di per sé non danno se non quando stanno per realizzarsi.» – Ignazio Silone |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà. Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.03, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione o da fonti di pubblico dominio o da risposte ad E-mail da noi ricevute. Il nostro servizio d'informazione politica, economica e culturale è svolto senza scopo di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico e un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.03, 196, Art. 24). |
EDITORIALE C'era una volta il West? di Andrea Ermano C'era una volta un mondo in cui l'Occidente distribuiva i ruoli di un gioco che ebbe il suo apice con la caduta dell'impero sovietico. Era il gioco del soft power, cioè della "egemonia culturale", per dirla in termini gramsciani. L'altro gioco, quello dell'hard power era fatto di eserciti, armamenti e proliferazione nucleare a catenaccio: seguiva una logica terrorizzante, ma di sostanziale pareggio. Per esempio, la guerra del Vietnam: gli yankee ne uscirono sconfitti, ma non da ultimo nel soft power dei campus universitari. Poi ci fu, sull'altro versante, l'impennata dei missili balistici SS-20, tramite i quali Mosca tentò lo scacco matto. Senonché ci furono due leader socialdemocratici come Craxi e Schmidt che dispiegarono gli euro-missili, di molto inferiori sul piano balistico, ma vincenti su quello di una battaglia politica condotta dentro l'opinione pubblica anche di sinistra. Alla fine l'Occidente vinse in quanto convinse. Respiravamo tutti americanismo a pieni polmoni, "noi" qui a ovest, ma anche "loro" a est. Il nostro mondo mostrava di poter garantire un maggiore benessere ai propri cittadini, e maggiori libertà. A Est invece la gente reputava la propria qualità di vita di gran lunga inferiore alla nostra, e i sentimenti antisovietici dilagavano. Nel finale di partita, le agitazioni degli operai polacchi e papa Wojtyla fecero il resto, mandando in pezzi alcuni fondamenti della legittimazione ideologica orientale. Fu così che, intorno al settantaduesimo anniversario dalla Rivoluzione d'Ottobre, mentre si concludeva il duecentesimo anno dalla Rivoluzione Francese, a Berlino scoppiò una, per altro pacifica, rivoluzione anti-sovietica. Quell'autunno del 1989 sopraggiunse dopo l'apertura estiva delle frontiere ungheresi verso l'Austria, con fuga a Ovest di masse di turisti tedeschi-orientali. Da allora nelle città della DDR la pressione migratoria crebbe insieme alla protesta. Infine, le autorità comuniste decretarono la libera circolazione tra Berlino Est e Berlino Ovest. Era il 9 novembre 1989 e, quando in città si sparse la notizia, furono le moltitudini a scavalcare il Muro. In un'atmosfera festosa, di kermesse, al ritmo della "lambada", il Muro di Berlino venne prima sbrecciato dalla folla in transito verso ovest, poi ulteriormente sbriciolato dai collezionisti di souvenir, infine demolito con i caterpillar. Cadevano in quegli stessi giorni i regimi bulgaro e cecoslovacco. In Romania un mese dopo fu deposto e giustiziato Ceausescu. Solidarnosc era ormai al governo in Polonia. L'indipendenza dei paesi satellite innescò un effetto domino all'interno della stessa Unione Sovietica dove varie nazioni uscirono una dopo l'altra dal grande stato federale fondato nel 1922 da Vladimir Ilič Uljanov detto Lenin. L'ultimo segretario del PCUS, il Nobel per la pace Michail Gorbaciov, rassegna le dimissioni il 25 dicembre del 1991 predisponendo così lo scioglimento anche formale dell'URSS, dopo che la Russia, la Bielorussia e l'Ucraina ne avevano concordato la dissociazione di fatto. Oggi, a ventitré anni da quegli eventi epocali e drammatici, la crisi in Ucraina evidenzia una certa misura di consunzione dell'appeal occidentale, perché in quel lontano Paese non mancano i buoni amici degli USA e dell'Europa, ma anche gli altri sono numerosi, coloro che verso di noi nutrono delusione. L'odio anti-russo non dilaga più. Il barometro del soft power indica scetticismo sull'Occidente. Gli anni delle vacche grasse sono finiti.
Sebastopoli, antiche rovine C'era una volta la mega-fede romantica nell’Eldorado. Secondo questa fede la ricchezza delle nazioni era prodotta dal semplice… desiderio. Inteso questo come una sete infinita d'infinito. Che l’individuo annegava nella pubblica virtù del consumo. E dal consumo sgorgava la ricchezza delle nazioni. E l'individuo vi soddisfaceva non solo i suoi infiniti desideri e i suoi desideri d'infinito, ma "concorreva" vieppiù all’armonia prestabilita del mercato, libero di autoregolarsi. Una promessa di paradiso bellissimo, eterno e beato. E beato chi ci crede. La maggioranza del popolo ucraino ci crede? E le genti di Crimea? Ce lo domandiamo tutti, in questi giorni. Perché, senza fede mega-romantica nell’Eldorado, a quei popoli là fuori le nostre libertà potrebbero apparire scomode e ingombranti. Tanto più che la piena occupazione oblomoviana è scomparsa, sostituita da nulla, com'era ovvio dati i ritmi della rivoluzione tecnologica e della concorrenza globale. Qui giace, dunque, la Fine della storia, preconizzata dal pur geniale Fukuyama. Gli entusiasmi di allora lasciano oggi spazio al tarlo del dubbio sull'Occidente. Un tarlo che appartiene al common sense d’Asia, Africa e America latina, da secoli. Noi forse pensavamo di averlo ucciso, ma il fantasma è stato riavvistato ai confini del mondo slavo e si avvicina a quelli dell'Europa latina. Tutto somiglia molto a una seria crisi d'identità, che parte da Sebastopoli (Crimea) e c'interpella. A proposito di "Europa latina" è interessante la suggestione proposta da Stefano Carluccio su Critica Sociale all'indomani della visita di Putin in Vaticano: "La storia doveva essere finita da un pezzo, dopo il comunismo", scrive Carluccio. "In realtà è finita solo la politica. Almeno è finita nella cultura progressista anglosassone, non è finita nella cultura (perdente per ora) latina". In filigrana intuiamo qui la tematica dell'Empire latin che Giorgio Agamben ha lanciato un anno fa riprendendo la posizioni espresse nel 1947 da Alexandre Kojève. Posto descrittivamente che la Storia viaggia, di fatto, in direzione di sistemi politici sovrannazionali sempre più vasti ("imperi"), Agamben sunteggia così l'argomentazione di Kojève: «Gli imperi – come quelli che egli vedeva già formati davanti ai suoi occhi, l'impero anglosassone (Stati Uniti e Inghilterra) e quello sovietico – dovevano essere "unità politiche transnazionali, ma formate da nazioni apparentate". Per questo, egli proponeva alla Francia di porsi alla testa di un "impero latino", che avrebbe unito economicamente e politicamente le tre grandi nazioni latine (insieme alla Francia, la Spagna e l'Italia), in accordo con la Chiesa cattolica». Su questa base, l’Impero latino dovrebbe proiettarsi decisamente sul Mediterraneo, verso sud e verso est. Quanto alla Germania protestante, Kojève prevedeva che presto sarebbe ridiventata la nazione più forte d'Europa, attratta inesorabilmente verso le forme dell'impero anglosassone. In tale prospettiva il mondo latino si sarebbe ridotto a un corpo più o meno estraneo, periferico, satellitare. Insomma, se l'ultimo Agamben aveva individuato nel ruolo storico complessivo della Chiesa di Roma un punto archimedeo su cui far leva per affrontare il grande stato d'eccezione globale prossimo venturo, quest'idea agambiana ha trovato ora la sua dimora politica nell'Impero latino di Kojève. Ed è muovendo da qui che Carluccio ricomputa sia l'alleanza Cremlino-Vaticano contro la guerra in Siria, sia il nuovo ruolo geopolitico cui tende la Federazione russa, a partire dallo scacchiere mediorientale (laddove è allora abbastanza logico che l'accesso ai "mari caldi", e quindi la Crimea con Sebastopoli, rivesta per Mosca un ruolo chiave). Dopodiché, tanto per non farci mancar niente, vediamo anche una risposta ad Agamben proveniente dalla Germania: "Intendiamoci bene", premette Peter Sloterdijk nelle sue recenti Considerazioni di un non più impolitico: "Io vedo in Giorgio Agamben un amico cui la cultura intellettuale d'Europa negli ultimi decenni deve molto, anche se lui stesso al momento non mi pare sulla strada giusta con il suo fatuo alludere a una secessione latina nel Mediterraneo". Sloterdijk contrappone all'Impero latino di Kojève L'editto di Caracalla di Regis Debray. In questo Discorso per gli Stati Uniti d'Occidente pubblicato nel 2002 si avanza l'ipotesi di procedere nelle relazioni transatlantiche analogamente a quell'editto imperiale che nel 212 d.C. attribuì a tutti gli uomini liberi dell'impero la cittadinanza romana. Tra il serio e il faceto, Debray propone dunque di estendere la cittadinanza americana agli europei e quella europea agli americani, con l'effetto di generare "un'unità politica reale tra l'Europa e gli USA". In futuro il Presidente USA sarebbe anche Presidente degli europei e un dì, magari, lui stesso un europeo… Ironie socratiche a parte, ecco una bella serie di questioni tutte ad amplissimo orizzonte, per non dire visionarie, che però constatiamo anche rimbalzare qua e là, sulla sfera geopolitica, e che proprio perciò andrebbero approfondite magna cum cura. Ma qui ci si ferma, care compagne e cari compagni, ché anche per oggi abbiamo sudato abbastanza.
Roma, Terme di Caracalla, Peristilio |
La situazione Finalmente il PD è parte integrante del PSE di Laura Garavini deputata del PD In questo mese ho partecipato, insieme a tante democratiche e tanti democratici arrivati dai diversi paesi europei, ad un evento storico per la politica europea: dopo anni di titubanze il Partito Democratico è entrato nel Partito Socialista Europeo. Adesso sono riuniti sotto lo stesso tetto tutti i partiti europei di ispirazione socialdemocratica. Va dato il merito a Matteo Renzi di essere riuscito a mettere da parte vecchie contrapposizioni fra ex democristiani ed ex comunisti. Ora, con tutte le nostre specificità, abbiamo deciso di guardare al futuro, ad un’Europa ancora più unita e più attenta ai diritti delle persone e al peso delle diseguaglianze. L’adesione del PD al PSE in questo senso non è solo una vittoria per il PD, ma per l’Italia e per l’Europa intera.
L’on. Laura Garavini (PD) |
Sul Fatto quotidiano L’avvocato che “uccise” il Porcellum Besostri: “Anche l’Italicum è incostituzionale” Intervista di Piero Ricca Riprese di Ricky Farina Felice Besostri è uno dei legali dal quale partì l’iter giudiziario che portò la legge Calderoli alla bocciatura davanti alla Consulta. E non è tenero nemmeno nei riguardi dell’Italicum, il testo frutto dell’accordo Renzi-Berlusconi che ha ricevuto il primo via libera dalla Camera. “E’ un trucco, un tradimento della libera volontà degli elettori, in violazione di precise norme costituzionali“, dice commentando il premio di maggioranza così come previsto dal nuovo testo. Vai al video con Besostri sul sito del Fatto quotidiano Besostri sui sistemi elettorali (YouTube)
Felice Besostri |
SPIGOLATURE World Wide Web Venticinque anni dopo l'invenzione della rete di Renzo Balmelli TRE W. Sono trascorsi 25 anni dal colpo di genio del ricercatore inglese Tim Berners Lee, l'uomo che inventò il Web, e oggi il World Wide Web è una colonna portante della comunicazione per tutti, di importanza pari alla scoperta della stampa ad opera di Gütenberg. Tuttavia se questo è il presente, già ci si chiede come sarà il futuro. Al traguardo delle nozze d'argento le tre "w" che hanno rivoluzionato il mondo ci sono arrivate in grande spolvero , ma in previsione del prossimo anniversario, quello delle nozze d'oro, molte sono le domande ancora aperte. La Rete non è immune da rischi e invasioni barbariche che ne potrebbero minacciare la sua magia originale, aperta alla cultura, alla conoscenza universale e alla libera circolazione delle idee senza censure. Internet sarà sempre più presente nella nostra vita, condizionerà le nostre giornate e forte potrebbe essere la tentazione dei potenti di usarlo per scopi meno nobili per il controllo politico e sociale, in modo insinuante e poco democratico. SCHELETRI. Da un mare all'altro, la storia di colpo è andata in fibrillazione. In un'epoca che vista oggi ci appare remota - ma era soltanto il 1989 - Bush padre e Gorbaciov decisero di affondare la guerra fredda nelle acque in burrasca al largo di Malta. Ma gli antichi demoni improvvisamente sono riaffiorati nel Mar Nero portandosi appresso un fardello di preoccupazioni. "O con Russia o con la svastica" è lo slogan inquietante che accompagna la riedizione della guerra fredda targata Putin, man mano che l'antica ruggine viene disseppellita come un scheletro dai polverosi armadi dell'antagonismo est ovest. In questo scenario d'ante pace, l'esito della partita tra oriente e occidente per la questione ucraina è aperto a tutte le ipotesi, non ultimo il ritorno dei blocchi contrapposti che sono stati all'origine di non poche sciagure. LETTONE. Ma la destra ha davvero un debole per i dittatori? A lanciare il sasso nello stagno, scatenando un vespaio a non finire, è stato Pier Luigi Battista sul Corriere della Sera con un editoriale che non fa sconti a nessuno. Movente della polemica è stato l'affondo rivolto a coloro, dalla collocazione facilmente individuabile, che si sbracciano per correre alla corte imperiale di Mosca sperando di essere in prima fila al tavolo del presunto vincitore. Non è un vezzo inedito, ma vista da Roma, dove ancora non si è perso il ricordo del famoso lettone intitolato al leader russo, era inevitabile che la vicenda assumesse un tono piuttosto pepato. Forse la sfuriata non influirà sul corso degli eventi, ma è comunque sintomatica del clima ruvido e teso che ci circonda. ANGOSCIA. Per Berlusconi è iniziato il conteggio alla rovescia che più lo angustia. La politica tuttavia non c'entra. In questi giorni i suoi pensieri vanno in tutt'altra direzione. Chi gli è vicino racconta che il Cavaliere sta vivendo con angoscia l'avvicinarsi del 10 aprile, quando il tribunale determinerà se affidarlo ai servizi sociali; un passo vissuto dall'ex premier come una umiliazione intollerabile. Il suo stato d'animo è comprensibile. Un po' meno, forse, la convinzione da lui più volte espressa che la pena tanto temuta sia un'ingiustizia che non tiene conto di quanto ha dato al Paese. Quanto all'ingiustizia, il problema compete ai giudici. Sul contributo di Silvio B. alla sorte dell'Italia, la chiave di lettura in sede di bilancio mostra invece notevoli discrepanze, sia nell'inadeguatezza delle riforme, sia per il disagio oltre il limite di guardia che regna nel suo partito. DEROGA. Non si condannerà mai abbastanza il mercato delle armi, un vero e proprio mercato della morte, da annoverare tra le forme più ripugnanti per accumulare fortune alle spalle della povera gente. Può assumere quindi un valore universale il dibattito su etica e affari che si è innescato in seguito alla decisione del Parlamento elvetico di allentare le restrizioni per la vendita di materiale bellico anche ai Paesi in cui non è garantito il rispetto dei diritti umani. Purtroppo quando l'economia naviga in cattive acque e la crisi minaccia migliaia di posti di lavoro, non di rado capita che dovendo scegliere tra i soldi e l'aspirazione a mandare un segno di pace, sia quest'ultima opzione a soccombere in nome del "pecunia non olet". E non solo nella Confederazione. Altre nazioni hanno addirittura regole molte più disinvolte nel chiudere un occhio, se non due, su questo commercio, ma nella culla della Croce Rossa la deroga ai principi umanitari stupisce più che altrove. |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Parliamo di socialismo RENZI: CHE COS’E’? di Giuseppe Tamburrano Antonio Stella l’ha definito un venditore. Il fenomeno Renzi è molto strano per non dire ambiguo: gli si riconosce la capacità di inventare, di “volere”, ma sussistono i dubbi che i suoi siano non molto più di “sogni”. Certo gli impegni e le promesse verranno alla verifica. Ma per ora si comporta come un bravo, affascinante venditore di promesse. Riserviamoci il giudizio quando i fatti parleranno più delle promesse. Il “renzismo” esiste? Vi è una dottrina o “ideologia”, come si chiamava una volta, cioè una visione dei rapporti sociali e umani che caratterizzano le società organizzate? Direi che vi è Renzi, ma non il “renzismo”. Tempo addietro sul blog della Fondazione mi sono posto il problema: Renzi, uomo di “sinistra” per storia personale ha probabilmente capito che in Italia vi è un grande vuoto, il socialismo, e intende colmarlo più che con un “Manifesto” con opere, iniziative, vedendo lucidamente che con la fine, ormai imminente del berlusconismo, l’Italia si avviava verso una nuova repubblica in cui i conservatori stanno con i conservatori e i progressisti con i progressisti. Renzi, in questo scenario, dà vita a un nuovo partito socialista dopo aver abilmente “svuotato” l’equivoco berlusconismo. Vagheggiavo che l’Italia si avviasse verso una sostanziale tripartizione delle forze politiche: una destra, un centro, una sinistra che, grazie anche alla riforma presidenzialista e ad un sistema elettorale a doppio turno, assicurassero l’alternanza delle forze e dei programmi. Mi sbagliavo. Però credo ancora che questa è la riforma sociopolitica che aspettano tanti socialisti della diaspora e tutto il PD che è mancato all’appello (colpa di Craxi o forse più di Occhetto). Un progetto del genere darebbe a Renzi un posto nella storia più che un posto nel mercato politico. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Don Diana, simbolo di coraggio A vent'anni dall'uccisione del parroco di Casal di principe, assassinato dalla camorra, la Cgil torna a chiedere un impegno concreto nella lotta alla criminalità organizzata. Lavoro, welfare, diritti e giustizia sociale punti nodali per battere le mafie “Chiediamo alle istituzioni nazionali e locali ad impegnarsi più concretamente nella lotta alla criminalità organizzata perché il nostro paese ha bisogno urgentemente di nuove politiche antimafia”. È la sollecitazione di Serena Sorrentino, segretario confederale Cgil, alle istituzioni nazionali e locali perché si impegnino più concretamente nella lotta alla antimafia. Sorrentino interviene in occasione del ventennale dell'uccisione di don Peppe Diana, il parroco di Casal di principe assassinato dalla camorra i 19 marzo del 1994. “Se da un lato lo Stato tanto ha fatto sul piano della repressione del fenomeno mafioso, ancora troppe sono le domande di cambiamento, a maggiore ragione in questa fase di crisi economica a cui non si è riusciti a dare risposte. Per questo - prosegue la dirigente della Cgil - siamo convinti che le parole di Don Diana siano profondamente attuali, perché colgono i punti nodali per un’efficace lotta alla criminalità mafiosa; lavoro, welfare, diritti e giustizia sociale. Elementi su cui registriamo pericolosi arretramenti, con il rischio di continuare indirettamente a favorire il processo di radicamento del cancro rappresentato dalle mafie nella nostra società”. Temi che la Cgil rappresenterà e rilancerà con la propria presenza venerdì 21 marzo in tutta Italia e sabato 22 a Latina alle iniziative in occasione della Giornata della memoria e dell'Impegno in ricordo di tutte le vittime di mafie. E sul tragico anniversario, da Caserta, interviene anche il segretario generale della camera del lavoro, Camilla Bernabei. “Il territorio casertano continua ad avere gravi problemi legati alla presenza della criminalità organizzata, i clan continuano ad essere un virus che ha infettato il nostro tessuto economico e sociale portando disoccupazione, nuova povertà, inquinamento ambientale e degrado civile, nonostante ciò e seppur con tante difficoltà sono significativi i percorsi di riscatto che hanno tratto forza dall’esempio che don Peppe Diana rappresenta per tutti e tutte noi. Il coraggio della sua denuncia, la sua tenacia e determinazione devono continuare a rappresentare uno stimolo per il riscatto sociale e civile del territorio– spiega Bernabei- continuando a sostenere le esperienze di lavoro pulito e buona occupazione e il riutilizzo produttivo dei beni e delle aziende sottratte alla criminalità”. |
Economia La separazione bancaria arriva in Parlamento La separazione tra le banche commerciali e quelle di investimento sta per approdare nelle competenti Commissioni parlamentari. Il servizio studi del Senato ha già preparato il relativo dossier contenente 6 progetti di legge a suo tempo presentati da varie componenti politiche con differenti soluzioni. di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista Negli anni passati, prima e dopo la crisi finanziaria globale, purtroppo, la mancanza di una seria riforma e l’assenza di regole stringenti, hanno consentito al sistema bancario grandi giochi speculativi. Sono stati inventati innumerevoli strumenti finanziari, alcuni davvero”esotici”, mettendo però a rischio non solo lo stesso sistema bancario ma anche quello economico. Come è noto uno dei problemi più rischiosi per le banche è il leverage, cioè la loro capacità di creare debito in rapporto al proprio capitale. Si pensi che di solito le corporation economiche più grandi hanno un rapporto 50 a 50 tra il capitale proprio e il debito sottoscritto, mentre il sistema bancario ha un rapporto di 5 a 95, come evidenziato in un documento della Banca dei Regolamenti Internazionali. Ciò ovviamente con spregiudicato utilizzo dei soldi dei risparmiatori. Senza contare i debiti fatti e tenuti fuori bilancio. I citati progetti di legge in vario modo riprendono i contenuti del Glass-Steagall Act americano. Nel 1933 il presidente Roosevelt volle la separazione tra le banche di deposito e quelle d’affari per affrontare alcune delle cause della crisi del ’29 e della Grande Depressione. Anche nelle proposte presentate al Senato si prevede il divieto per le banche commerciali di svolgere attività di intermediazione dei valori mobiliari e di svolgere attività proprie delle banche d’affari e delle SIM. Per le banche di deposito è previsto il divieto di partecipazioni e accordi di collaborazione con banche d’affari e quello di operare in condizioni di disequilibrio delle scadenze delle varie attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie, ridefinendo così anche i requisiti prudenziali e di sana gestione. Si stabilisce la incompatibilità delle cariche direttive nelle banche commerciali da parte di rappresentanti, direttori, soci di riferimento delle banche d’affari. Si introduce anche una differenziazione del trattamento fiscale tra le due tipologie di banche, a favore di quelle di deposito. E’ senz’altro un fatto positivo che anche la Consob, preposta all’attività di controllo sulla trasparenza in borsa, sia intervenuta a favore della separazione bancaria. In una recente audizione alla Camera, il presidente Giuseppe Vegas ha sostenuto che “la risposta più efficace alla persistente finanziarizzazione dell’economia e alla prevenzione dei rischi sistemici è quella di implementare con convinzione un modello di separazione tra i diversi comparti dell’attività di intermediazione finanziaria, impedendo commistioni tra l’attività di banca commerciale e quella di banca d’investimento”. Per la Consob “ciò ridurrebbe gli effetti di contagio, legati ad una eccessiva assunzione di rischi, verso il settore bancario tradizionale, preservandone la capacità di trasferire risparmio all’economia reale e di sostenere la crescita delle imprese”. Siamo convinti che una riforma efficace potrebbe contribuire a rendere più trasparente il sistema bancario italiano e a superare l’attuale fase di credit crunch. A tal fine le banche dovrebbero prioritariamente erogare credito produttivo utilizzando anche strumenti innovativi quali i mini bond a sostegno degli investimenti delle Pmi. Si ricordi che nel 2013 in Italia il credito erogato dal sistema bancario alle imprese è diminuito del 4,6%, mentre il tasso di interesse applicato ai nuovi crediti sotto il milione di euro è dell’1,6% superiore a quello praticato in Germania e in Francia. Da tempo sosteniamo la separazione bancaria. Speriamo che sia la volta buona e che una rapida approvazione della legge possa incidere anche a livello europeo per sconfiggere le potenti lobby bancarie che finora hanno pesantemente condizionato le scelte nazionali ed europee in materia di credito, finanza ed economia. |
Riceviamo e volentieri pubblichiamo PER UNA RIFORMA DEL SISTEMA FINANZIARIO L’Europa detti le regole sulle banche e la finanza onnipotente UNA PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO di Luciano Gallino, Elio Veltri e Antonio Caputo Tra le cause della crisi economica che attanaglia l’Europa rientrano i difetti strutturali del sistema finanziario della UE, evidenti soprattutto nei grandi gruppi bancari. Lo sviluppo anomalo del sistema finanziario ha provocato gravi danni all’economia produttiva. Da un lato i crediti che le banche concedono vengono utilizzati soprattutto per attività speculative, anziché per investimenti in capitale fisso, infrastrutture, ricerca, sviluppo di nuovi settori d’attività; dall’altro, la finanziarizzazione delle imprese industriali e dei servizi ha distorto i loro criteri di gestione e le ha indotte a spingere sempre più in basso le condizioni di lavoro e i salari. Una profonda riforma del sistema finanziario è pertanto necessaria quanto urgente. Senza di essa una crisi ancora più grave di quella in corso ormai da otto anni potrebbe abbattersi quanto prima sulla UE. Sappiamo che progetti di riforma del sistema finanziario sono in discussione presso la Commissione e alcuni Parlamenti europei. Si tratta però di progetti molto lontani da ciò che sarebbe necessario per riportare la finanza al suo essenziale ruolo di servizio nei confronti dell’economia produttiva. Ed è sin troppo evidente come essi siano stati redatti in accordo con le grandi banche e le loro lobbies. I difetti strutturali del sistema finanziario UE si possono così riassumere, facendoli seguire da alcune indicazioni su possibili linee di riforma: 1) Nella Ue vi sono numerosi gruppi bancari che non solo sono troppo grandi per essere lasciati fallire, ma sono diventati talmente grandi da rendere impossibile salvarli nel caso fossero a rischio fallimento. Il loro bilancio in termini di attivi si avvicina e in vari casi supera il Pil del paese in cui hanno sede. Appare pertanto indispensabile scomporle in entità di minori dimensioni. Varie strade non esclusive sono praticabili, dalla separazione tra banche di deposito e banche di investimento, all’apposizione di un limite al volume di attivi che un istituto può detenere. 2) I maggiori gruppi bancari sono troppo complessi sul piano internazionale per poter essere assoggettati a una qualsiasi forma di efficace regolazione. Ciascuno è formato da migliaia di società sussidiarie giuridicamente indipendenti distribuite in tutto il mondo. Dopo il fallimento della Lehman Brothers nel settembre 2008 ci sono voluti anni di lavoro da parte di migliaia di analisti per capire quali e quanti fossero, e dove stavano, gli attivi e i passivi delle 2.500 società che formavano il gruppo. Il numero delle sussidiarie di ciascun gruppo dovrebbe pertanto essere drasticamente ridotto. 3) Per diversi motivi le grandi banche Ue hanno favorito lo sviluppo e intrattengono stretti rapporti con un gigantesco sistema bancario e finanziario ombra – formato da enti che non sono banche ma operano come banche - il quale secondo stime recenti del Financial Stability Board detiene attivi dell’ordine di 23 trilioni di euro, una somma pressoché pari al totale degli attivi di tutte le banche europee. Pure le dimensioni del sistema bancario ombra dovrebbero essere fortemente ridotte, e quanto ne rimane assoggettato a una regolazione analoga a quella delle banche. 4) Le banche europee hanno emesso col tempo titoli derivati per centinaia di trilioni di euro, la maggior parte trattati al di fuori delle borse regolamentate. Oltre il 90 per cento di essi sono “nudi”, ossia non corrisponde ad alcuno scambio reale di merci o servizi. Giustamente sono stati definiti da molti esperti delle pure scommesse. Poiché a parte il loro valore nominale – quello indicato nel relativo contratto – essi hanno un prezzo di mercato, la loro creazione e diffusione sono equivalse a immettere nell’economia immense quantità di denaro fittizio, che ha contribuito prima a creare e poi fare esplodere la bolla immobiliare e finanziaria del 2008, e poi a creare l’attuale bolla dei valori azionari. Pertanto l’emissione di derivati “nudi” dovrebbe essere vietata, e tutti i derivati dovrebbero essere scambiati su borse o piattaforme regolamentari. Tutto ciò considerato, i cittadini europei firmatari della presente petizione chiedono al Parlamento Europeo, unico ente elettivo dell’Unione in cui essi si riconoscono, di farsi carico di una proposta di legge che affronti finalmente e radicalmente le distorsioni del sistema finanziario della Ue sopra richiamate per sommi capi. E’ chiaro che nella discussione nel PE emergeranno vari altri aspetti critici del sistema finanziario che qui per brevità non si sono potuti inserire. La proposta di legge, una volta approvata dal Parlamento, dovrebbe essere trasmessa alla Commissione, al Consiglio Europeo e ai singoli stati membri affinché avviino le procedure di approvazione nelle relative sedi. Vai al sito su cui firmare la petizione |
Da Critica Sociale www.criticasociale.net La Fed a guida Yellen dopo la crisi Ucraina Non conferma né smentisce la notizia secondo cui la Russia avrebbe ritirato titoli di stato americani per oltre 100 miliardi di dollari ”Stiamo monitorando strettamente la situazione in Ucraina" anche se "per il momento le ripercussioni economiche delle tensioni nella regione sono limitate". Lo ha detto il governatore della Federal Reserve Janet Yellen nel corso della conferenza stampa a Washington al termine delle riunione del Fomc. La Yellen ha spiegato che durante il meeting il tema e' stato affrontato e i governatori hanno rilevato come le banche americane abbiano una esposizione diretta limitata sia all'Ucraina che alla Russia. "Certamente - ha aggiunto - teniamo la situazione sotto stretto monitoraggio per vedere se vi sara' una escalation". A chi le chiedeva se sia vero che la Russia ha preventivamente ritirato dai forzieri della Fed titoli di stato americani per oltre 100 miliardi di dollari, la Yellen ha risposto che non e' in grado di commentare sulle variazioni nelle operazioni di custodia dei titoli che sono compito della Fed di New York. |
Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/ Ancora sull’azzardo di Renzi In politica l’azzardo non è necessariamente un vizio. di Luigi Covatta Sulla “Repubblica” di stamattina [14.3.14 ndr] Ezio Mauro giustifica gli “annunci” di Renzi osservando che al presidente del Consiglio servono “per mettere le resistenze parlamentari, amministrative, della tecnostruttura davanti a un’opinione pubblica continuamente sollecitata da una promessa di cambiamento in cui non credeva più di poter credere”: un azzardo che lega la sua sorte politica alla “necessità di cortocircuitare tempi e modi del meccanismo decisionale del governo, del parlamento, del sistema”, perché è lì che “sta anche il consenso”. Nel mio piccolo mi ero permesso anch’io, qualche giorno fa, di sostenere una tesi simile (“La spranga e il cacciavite”). Per cui non mi impressionano i commenti con cui scettici ed altri uccelli del malaugurio hanno accolto gli annunci del presidente del Consiglio. Né mi impressiona l’evocazione dell’azzardo, che in politica non è necessariamente un vizio. Mi impressiona semmai Renato Brunetta, che dopo aver rivendicato il primato della politica anche contro Tremonti ora si fa scudo delle stime della Ragioneria per continuare a sollecitare l’opinione pubblica contro una promessa di cambiamento che non ci può essere perché non c’è stata, immaginando che il consenso si trovi soltanto nella disillusione. Grillo e Salvini ringraziano, Saccomanni pure; Berlusconi non si sa. |
Da Avanti! online http://www.avantionline.it/ Contro la legge BR Alla Direzione, riunita oggi, 19 marzo, ho proposto che il Psi e i senatori socialisti, che saranno tra breve chiamati a esaminarla, assumano una posizione di netta contrarietà sulla legge elettorale. Se non vi saranno modifiche sostanziali, ho precisato, i senatori socialisti non possono votare questa legge. di Mauro del Bue I punti nodali attraverso i quali la legge BR affossa la logica democratica sono questi tre. Anzitutto, si vince col 37 per cento, dunque esisterà una “minoranza assoluta” che conquisterà il 53 per cento, clausola che non viene prescritta da nessuna legge elettorale europea, e per di più, se in una coalizione una lista conquista il 20 per cento e il rimanente diciassette viene ottenuto da liste che non raggiungono il 4,5, allora, col 20 per cento, quella lista arriva da sola al 53. Peggio della legge Acerbo del 1923 che prevedeva un limite minimo del 25 per cento. Poi, secondo elemento, si produce la regola del furto del voto. Se un elettore vota una lista che non supera lo sbarramento allora il voto passa automaticamente al partito che quello sbarramento ha superato. E infine, terza assurdità, probabilmente anche anticostituzionale, si ripropone il Parlamento dei nominati, dal momento che i deputati verrebbero scelti su liste bloccata. Vai all’editoriale di Del Bue sull’avantionline |
Da CRITICA LIBERALE riceviamo e volentieri pubblichiamo Non dovrebbero restituire i bonus? di Giovanni La Torre Il Consiglio di Amministrazione di Unicredit ha approvato il bilancio 2013 con una perdita di 14 miliardi di euro. Ad affossare il risultato d’esercizio hanno concorso in modo determinante: Svalutazione crediti per 13,7 miliardi e Svalutazione “avviamento” per 8,2 miliardi. Dette svalutazioni, per le stesse voci, si sommano a quelle già miliardarie effettuate negli anni scorsi. Cominciamo a vedere la seconda. L’ “avviamento” rappresenta il goodwill (il maggior prezzo) pagato al momento dell’acquisizione di banche e finanziarie. Se andiamo a guardare il bilancio 2007 di Unicredit, anno di acquisizione del Gruppo Capitalia, vediamo che la voce in questione rileva un valore di oltre 19 miliardi di euro e di questo, è detto nella relazione, 7,6 miliardi era relativa alla sola acquisizione di Capitalia. Quindi all’epoca la gestione Profumo valutò che Capitalia avesse un goodwill di quella cifra (“gajardo”, dicono a Roma). Nel comunicato stampa del Cda dell’11 marzo è detto che si è proceduto “alla completa svalutazione dell’avviamento allocato in Italia, CEE e Austria” e che il valore residuo dell’ “avviamento” iscritto all’attivo si è ridotto a “3,5 miliardi, circa in linea con i livelli del 2004” (pensate un po’ era 19 miliardi nel 2007), da questo si deduce che il goodwill di Capitalia è stato completamente azzerato. La politica di acquisizione in Italia e all’estero era componente importante della strategia di Profumo, e questi sono stati i risultati. Circa i crediti, la svalutazione di cui sopra è solo l’ultima di una serie di svalutazioni fatte in questi anni, anche se la più cospicua. Purtroppo il comunicato non spiega quanto di essa è attribuibile al portafoglio acquisito con l’incorporazione di Capitalia (Banca di Roma e Banco di Sicilia soprattutto), e speriamo che la precisazione venga inserita nella nota integrativa al bilancio, ma noi presumiamo che sia buona parte, considerato anche che è stato azzerato il goodwill. Ora, le conclusioni cui è giunto il Cda dimostrano che i bilanci degli anni scorsi di Unicredit erano, come dire?, ottimistici. Ma su quei bilanci Profumo e la sua dirigenza hanno preso fior di stipendi e di bonus. Erano anche super ottimistici i bilanci di Capitalia, e anche su quelli Geronzi e la sua dirigenza hanno preso fior di stipendi e bonus. All’epoca chissà quanti commenti si saranno sprecati sull’ “operazione di sistema” e altre cretinate del genere per far rifilare la “sola” a Profumo, e infatti Geronzi fu premiato anche con la presidenza di Generali che gli fruttò in meno di un anno di lavoro oltre 16 milioni di euro ... Cosa ci volete fare!? Ci troviamo al cospetto di “geni” della finanza da custodire come patrimonio dell’umanità. Pongo solo questa domanda: i predetti signori Profumo e Geronzi non dovrebbero essere chiamati a restituire i soldi presi, visto che i loro bilanci non erano poi proprio così brillanti? Presidente Draghi, Governatore Visco, Senatore Monti, Presidente Napolitano, Presidente Squinzi, non è il caso di dire qualcosa su questi scandali? O la colpa è sempre e solo dei lavoratori e pensionati se l’Italia va a ramengo? Presidente Draghi e Governatore Visco non è il caso di stabilire una norma per la quale i bonus vanno trattenuti per dieci anni prima dell’effettiva erogazione? Quando Monti dice che “gli italiani hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità”, a chi si riferisce? Critica liberale |
Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo Vivalascuola in tedesco Pregi e difetti di un sistema scolastico diverso dal nostro di Giorgio Morale vivalascuola presenta un’intervista di Donata Miniati a un docente tedesco che insegna in una scuola elementare di Dresda: http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/03/10/vivalascuola-165/ Una intervista effettuata allo scopo di conoscere pregi e difetti di un sistema scolastico diverso dal nostro situandolo all’interno del proprio contesto. Non per operare paragoni inopportuni e forzature ideologiche, ma per avviare un confronto che stimoli alla riflessione, su principi, assunti, forme organizzative, pratiche. Sono tanti i punti toccati: come si diventa insegnanti, durata degli studi, materie d'insegnamento, nuove tecnologie, orientamento, retribuzione degli insegnanti, valutazione, BES, DSA, ecc. E’ anche un modo per ampliare l’orizzonte, uscire da prospettive chiuse, dal disastroso cabotaggio pseudoriformatore degli ultimi anni, coltivando l’esile speranza che un giorno si torni a pensare alla scuola con coraggio, razionalità e visione complessiva. Completano la puntata le notizie della settimana scolastica (il governo Renzi, la nuova ministra...) e la segnalazione di due importanti convegni. |
LETTERA DA ROMA Settant’anni fa le Fosse Ardeatine Silvana Amati (PD) è intervenuta nel dibattito in Senato per i 70 anni dall'eccidio delle Fosse Ardeatine. All'incontro, organizzato dall'associazione culturale "Arte in memoria" e dall'"Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla resistenza", hanno partecipato, tra gli altri, Luigi Nieri, vicesindaco di Roma, Riccardo Pacifici, presidente della comunità Ebraica di Roma, Rosetta Stame, presidente dell'associazione familiari delle vittime, Carlo Smuraglia, presidente dell'Anpi, Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa e Francesca Barraciu, sottosegretario al ministero dei Beni Culturali. La strage delle Fosse Ardeatine rappresenta una ferita ancora aperta per le radici democratiche del nostro Paese e per la memoria e il dolore dei familiari delle vittime. Cattolici, ebrei, ragazzi, militari, impiegati, medici, persero la vita in uno dei più orrendi crimini dell'occupazione nazista in Italia. Il 24 marzo del 1944, 335 uomini furono barbaramente uccisi alle porte di Roma e l'ordine fu quello della decimazione: dieci italiani per ogni tedesco ucciso il giorno precedente nell'attentato di via Rasella, anche se i numeri dimostrano che si andò perfino oltre. E' per questo - conclude Amati - che il nostro imperativo oggi è ricordare e riflettere su quegli orrori, educando le nuove generazioni alla democrazia e alla tolleranza. Silvana Amati, Roma Senatrice del PD |
LETTERA AL DIRETTORE Ma su Renzi mi consenta di dissentire Caro direttore, Leggo volentieri i suoi articoli e molte volte mi trovo d'accordo con quanto lei scrive. Però mi consenta di dissentire sulla "faccenda Renzi". Non penso che abbia già dimenticato la prova delle primarie del PD e il buon Bersani che è stato costretto a dimettersi per il "mancato accordo" con il Beppe di "Cinque stelle"(chissà perchè mi viene sempre in mente l'albergo!) Secondo lei, con chi avrebbe dovuto portare avanti la legge elettorale? Con il Beppe? O.. con i partitini che sono fuori dal Parlamento? Penso che sia passato un po’ "sotto silenzio" la composizione della Direzione del PD (metà donne e metà uomini) e del nuovo Governo Italiano! Mi auguro che la ventata di novità che sta portando nella politica italiana e presto anche in Europa, vada avanti prima di tutto per il bene dell'Italia! Con stima. Salvatore Dugo Caro Dugo, La ringrazio della Sua civilissima lettera e penso che sia tra noi facile trovare un accordo sul punto che Renzi ora deve pensare a governare. L’ex cav. Berlusconi non fa parte della maggioranza di governo. Quindi mi consenta anche Lei di dissentire su codesta presunta necessità di fare delle riforme costituzionali tutte sghimbesce per compiacere Berlusconi. Dubito che sia questo il rinnovamento di cui pur avrebbe bisogno il Paese perché, come dice il mio maestro fiorentino, Valdo Spini: «La politica si rinnova sui valori e sui metodi, non in modo astratto o delegando il rinnovamento a questa o quella personalità… Cerchiamo di non fare nuovamente ricorso a scorciatoie i cui effetti negativi stiamo vivendo drammaticamente sulla nostra pelle.» – Cordialmente – A.E. |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano Amministratore: Sandro Simonitto Web: Maurizio Montana L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera. Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato l'Avanti! clandestino (in co-edizione) durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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