[Diritti] ADL 140312 - Rinnovamento



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

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Direttore: Andrea Ermano

 

Settimanale in posta elettronica – Zurigo, 12 marzo 2014      

    

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IPSE DIXIT

 

Rinnovamento della politica - «La politica si rinnova sui valori e sui metodi, non in modo astratto o delegando il rinnovamento a questa o quella personalità o a un astratto “nuovismo”. Il fallimento della seconda repubblica è lì a dimostrarlo… Cerchiamo di non fare nuovamente ricorso a scorciatoie i cui effetti negativi stiamo vivendo drammaticamente sulla nostra pelle.» – Valdo Spini

   

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

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EDITORIALE 

 

Buon Otto Marzo,

Madama la Repubblica

 

Madama la Repubblica, tu se' sì buona, brava, bianca e bischera,

ma l'accordo col B l'è quello lì. E quindi o il Parlamento tutto vi s'attiene, oppure…

 

di Andrea Ermano 

 

In seguito alla condanna definitiva del dott. Berlusconi e alla sua decadenza dal Senato con conseguente passaggio di Forza Italia all'opposizione, i parlamentari renziani sono divenuti numericamente determinanti per la tenuta del Governo Letta.

    Questa centuria di franchi tiratori aveva già abbattuto Marini e Prodi lungo la via del Quirinale, con l'effetto non propriamente collaterale d'indurre Bersani alle dimissioni e riaprire così la strada della segreteria PD al sindaco di Firenze, fresco di sconfitta nelle primarie di alcuni mesi prima.

    Rottamato Letta jr, la marcia trionfale è proseguita fino all'altrieri senza ostacoli di rilievo. E tanto peggio per chi capitava fra i piedi, fossero pure la "quote rosa", le preferenze o gli altri quattrocento parlamentari di centro-sinistra, SEL inclusa, i quali in caso di elezioni anticipate se ne ritornerebbero semplicemente a casa. Questo mentre i fucilieri renziani hanno ricevuto dal nuovo leader del PD la garanzia che loro saranno invece "rinominati" nelle liste e nei seggi, anche in futuro.

    Marciano a tappe forzate, dunque, verso l'Italicum, meccanismo elettorale che restituirà ai tre leader extraparlamentari della politica italiana il potere di candidatura, anello primario della catena di comando formatasi con il Porcellum e inopinatamente spezzata dal pronunciamento della Consulta.

 

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Mario Comensoli, La macchina infernale,

olio su tela (1957), Aargauer Kunsthaus

 

Si dice che codesta "catena di comando" andrebbe a beneficio dell'assetto bipolare italiano, ma non è vero. Intanto, perché il sistema è tripolare. E poi perché questo M5S manco esisterebbe, al di fuori di una legge elettorale fondata sulle liste bloccate.

    Nessuna campagna elettorale, nemmeno quella genialata populista messa in scena da Beppe Grillo a colpi di spettacoli teatrali gratis, avrebbe infatti potuto catapultare centosessantatré "cittadini" sconosciuti dentro alle due Camere, se non ci fossero state le liste bloccate. Mai e poi mai – in una competizione democratica giocata secondo le regole della preferenza alla tedesca, dei seggi uninominali all'inglese o del doppio turno alla francese – i "nominati a cinque stelle" sarebbero entrati a far parte del Parlamento italiano così numerosi.

    Eppure, proprio il proporzionale con preferenza alla tedesca, il maggioritario con uninominale all'inglese e il doppio turno alla francese sono le tre soluzioni tecniche, le meglio sperimentate dalle grandi democrazie in Europa, che l'Italicum punta assolutamente a escludere. Ma questo è logico, dato che il potere di candidatura (cioè di "nomina") sta e cade insieme a un premio di maggioranza abnorme, a un altrettanto abnorme sbarramento per i piccoli partiti e a nessuna possibilità di esprimere preferenze da parte degli elettori.

    Così era articolata la "catena di comando" imposta dal Porcellum e così ne viene prefigurata la conferma con l'Italicum oggi approvato dalla Camera.

    Riuscirà il Senato a tirarne fuori una legge normale per un Paese normale? In teoria potrebbe, e facilmente. Introducendo, ad esempio, queste due semplici modifiche: a) l'alternanza di genere con doppia preferenza; b) la cancellazione del "premio" con mantenimento del solo doppio turno alla francese.

    Qui sta, tuttavia, il punto dolente. Perché, come s'è visto, l'Italicum obbedisce a un patto immodificabile. La giustificazione ufficiale di tale immodificabilità viene a sua volta argomentata con riferimento alle riforme costituzionali: abolizione del Senato, abolizione delle Provincie e riorganizzazione dei rapporti Stato-Regioni. Insomma, Renzi e Berlusconi intendono metter mano alla forma dello Stato e, sull'onda d'incontrollabili evidenze mediatico-populiste, si preannuncia uno scossone istituzionale non da poco. Senza contare l'eventualità che vengano giù a valanga anche altri fragili cristalli. Gli indizi non mancano.

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Occorre chiedersi allora in quale rapporto stia un Italicum immodificabile con codesta prospettiva di sgangheramento istituzionale.

    Domanda: Non sarebbe meglio individuare una legge elettorale normale e un percorso costituzionale più intelligente, senza dover scendere a patti con il Signore di Arcore?

    La dottrina renziana nega quest'opzione recisamente. Perché solo insieme a Berlusconi il PD può far correre in Parlamento una revisione costituzionale sostenuta da una maggioranza qualificata dei due terzi. Maggioranza qualificata necessaria per evitare di dover sottoporre al giudizio popolare la revisione costituzionale medesima, come altrimenti esigerebbe l'Art. 138.

    Ma – ammonisce Rino Formica – l'articolo 138, come pure l'intera Costituzione repubblicana di cui esso fa parte, presuppone un quadro istituzionale a impianto proporzionalistico, mentre la riedizione "italica" del Porcellum prefigura uno sgangheramento costituzionale da espletarsi dentro un Parlamento "nominato" invece con legge maggioritaria. Questo gli consente sì di bypassare il popolo, ma surrettiziamente. Tanto più che la predetta legge elettorale è stata dichiarata incostituzionale pochi mesi fa...

    E qui Frassica direbbe: complimenti!

 

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“ Complimenti ! ”

 

Purtroppo c'è poco da ridere, dacché i triumviri extraparlamentari (o chi per loro) stanno inesorabilmente assumendo la potestà di fare e disfare a lor piacimento le regole, i temi, i tempi, le priorità ecc. dell'azione legislativa e di governo. Questo oggi. Domani chissà che la facoltà di dettatura di lor signori non possa estendersi anche all'ordine giudiziario, tout court, pacificando finalmente la sedizione dei poteri sobillata da Charles de Secondat, barone di Montesquieu...

    Basta.

    Tutti i sinceri democratici sanno ormai bene – in scienza e coscienza – ciò che occorre fare ora in Senato. Anche a essi si rivolge l'appello che pubblichiamo qui sotto.

    La Grande riforma andrebbe affidata a una Commissione costituente eletta ad hoc dal popolo con metodo proporzionale e con annessa possibilità d'indicare sulla scheda quali debbano essere la forma di stato e di governo della Repubblica. Come nel 1946.

    Solo una Commissione costituente appare idonea a redigere un coeso testo di riforma – al riparo dai turbamenti del giovane Renzi, il quale ha per altro una sua maggioranza indipendente dal dott. Berlusconi e quindi adesso dovrebbe fare il santo piacere di governare l'Italia lasciando stare cose che non rientrano nelle competenze del Presidente del Consiglio dei Ministri.

    Il testo della Commissione, infine, andrebbe nuovamente sottoposto al popolo sovrano nel quadro di un referendum confermativo, esattamente come si legge nella relazione finale del "Gruppo di Lavoro" istituito dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

        

        

L’appello

 

Subito un comitato anti-italicum

 

L'urgenza con cui il nuovo Presidente del Consiglio, in omaggio a un accordo raggiunto in modo irrituale con il capo (interdetto dai pubblici uffici) di un partito di opposizione, intende imporre l'approvazione di una 'riforma' elettorale dichiarata da quasi tutti i giuristi radicalmente sbagliata e probabilmente inapplicabile, non può che provocare allarme e indignazione in quanti hanno sperato che la sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 2014, cancellando gli aspetti incostituzionali della precedente legge Calderoli, avrebbe finalmente contribuito a restituire dignità e credibilità al futuro Parlamento.

    Invece, il sistema elettorale che risulterebbe dalla approvazione del testo in esame alla Camera, manterrebbe gli aspetti di incostituzionalità della legge Calderoli (liste bloccate e assenza della preferenza, premio di maggioranza, deformazione della rappresentanza), in alcuni casi aggravandoli (per esempio con il raddoppio della 'soglia' di accesso al Parlamento, che rischia di escludere milioni di elettori) e prevedendo un secondo turno impropriamente definito di 'ballottaggio', che attribuirebbe la maggioranza assoluta a una formazione che potrebbe aver ottenuto al primo turno consensi assolutamente minoritari.

    In questo senso costituirebbe un mancato rispetto della sentenza della Consulta là dove richiama la doverosa prevalenza del principio della rappresentanza, su cui si fonda il sistema parlamentare, sulla pretesa di 'stabilità'.  Stabilità che peraltro il nuovo sistema non garantirebbe, come affermato dalla generalità dei costituzionalisti, per l'alto rischio di maggioranze diversificate fra Camera e Senato, accentuato ulteriormente dalla scelta di applicare il nuovo procedimento solo alla Camera, con l'unico scopo di impedire le elezioni fino alla cancellazione del Senato, che richiede una riforma costituzionale.

    La 'riforma' appare lontana dalla esigenza di trasparenza ed efficacia invocata dallo stesso PD nell'ultima campagna elettorale, piegata alla pretesa di imporre per legge un bipartitismo che non corrisponde alla realtà della nostra società e punta a cancellare il pluralismo delle culture e la vasta area del dissenso e della responsabilità etica e civile.

    Da questo punto di vista appare inevitabile considerare questa riforma elettorale potenzialmente coerente al progetto della destra di ridimensionare il ruolo del Parlamento per una concentrazione del potere nel solo esecutivo, cui sembrano tendere anche le annunciate 'riforme' del Senato e della Giustizia.

    Nel primo caso infatti non ci si limita al superamento del bicameralismo perfetto e alla riduzione dei costi, ma è esplicita la volontà di cancellare del tutto la seconda Camera elettiva per sostituirla con un non meglio precisato comitato di rappresentanti degli enti locali, mentre per quanto riguarda la Giustizia è inevitabile il sospetto di un nuovo tentativo di ridurre l'indipendenza e delegittimare la Magistratura, che ha costituito in questi anni la principale garanzia del rispetto della legalità costituzionale contro ogni forma di abuso.

    E' indispensabile fornire alla opinione pubblica una informazione completa sulle reali caratteristiche del nuovo sistema proposto e sollecitare una ampia espressione della volontà popolare che impedisca lo stravolgimento forse irreversibile del nostro sistema costituzionale.

    Considerando insufficiente intervenire con emendamenti formali inevitabilmente limitati, formuliamo un appello al mondo della cultura giuridica e non solo, alle organizzazioni politiche e sindacali, all'associazionismo democratico affinché in tempi brevissimi venga unitariamente richiesta al Parlamento la formulazione di una nuova proposta di riforma rispettosa della Costituzione, che garantisca il potere degli elettori di scegliere i propri rappresentanti e non stravolga la volontà popolare.

    Ci rivolgiamo infine ai Parlamentari affinché non si assumano di fronte ai propri elettori la responsabilità di approvare un testo che entrerebbe nella peggiore storia del nostro Paese a fianco della legge Acerbo, voluta da Mussolini per privare gli elettori del loro potere di decidere la politica nazionale.

    A fronte della ossessiva pressione mediatica che tenta di presentare questa stagione di 'riforme' come una razionalizzazione indispensabile per garantire la 'governabilità', auspichiamo un impegno unitario e urgente di tutti coloro che intendono difendere la nostra democrazia e rifiutano di attribuire agli obiettivi di solidarietà, giustizia e uguaglianza su cui si fonda la nostra Costituzione la responsabilità di una crisi economica e sociale che trova origine invece nello strapotere di ambienti finanziari internazionali non sottoposti ad alcun vincolo democratico e di legalità.

 

A tutti chiediamo di impegnarsi, se il testo in discussione dovesse entrare in vigore, alla immediata costituzione di un Comitato Nazionale con l'obiettivo di esperire tutte le possibili iniziative legali per impedire la sua applicazione, sia ricorrendo alla autorità giudiziaria per rimettere alla Consulta la questione di legittimità costituzionale, che promuovendo un referendum abrogativo.

 

Francesco Baicchi, avvocato

Felice Besostri, giurista

Lorenza Carlassare, giurista

Claudio de Fiores, costituzionalista

Domenico Gallo, magistrato

      

    

SPIGOLATURE 

 

Ma Francesco…

è comunista?

 

di Renzo Balmelli 

 

IMBARAZZO. Ma il Papa è comunista? Se anche Marx fa il suo ingresso ufficiale in Vaticano, i ben pensanti che si aggirano a passi felpati tra i corridoi della Santa Sede hanno un motivo in più per essere inquieti. In realtà si tratta soltanto di una divertente omonimia col cardinale tedesco Reinhard Marx nominato alla testa del consiglio incaricato di procedere al rigoroso riassetto delle finanze vaticane, lambite dalle accuse sulla loro gestione non proprio canonica. Eppure, per quanto scherzosa, è bastata questa casuale coincidenza per rinfocolare le voci ,soprattutto americane, secondo le quali papa Francesco sul fronte economico non sarebbe del tutto in sintonia con l'ortodossia del mercato. E poiché il Pontefice, pur giudicando sbagliato il marxismo, non esclude che i suoi seguaci possano essere persone rispettabili, non è difficile immaginare l'imbarazzo di una certa parte della Curia. Questo Papa davvero non finisce di stupire.

 

FANTASMI. Riscritta da un moderno Tolstoj, la vicenda di Guerra e pace ambientata sullo sfondo dei convulsi rapporti tra Kiev e Mosca, concederebbe poco spazio ai sentimenti. Sebbene non sia facile districarsi nei meandri della crisi ucraina e per quanto sia arduo tracciare una linea di demarcazione per stabilire chi siano i buoni e i cattivi secondo le categorie in uso a ovest, si intuisce che sotto, sotto covano incomprensioni e rancori vecchi di secoli. Il cuore dello scontro si è spostato in Crimea, penisola strategica da sempre al centro degli appetiti di popoli e imperi, e che oggi deve fare i conti da un lato con i fantasmi filo sovietici o neo zaristi dei nuovi signori del Cremlino e dall'altro con l'ordine sparso in cui si muove la diplomazia occidentale. Col rischio che questa terra, gratificata dalla natura, ma poco rispettata dai regnanti, finisca col rivivere le prove dolorose del passato.

 

INSOFFERENZA. Se anche in Italia, nazione che occupa un posto d'onore nella galleria dei padri fondatori, continua a crescere l'insofferenza nei confronti dell'UE, a fine maggio le cose potrebbero mettersi davvero male alle elezioni europee concupite della destra populista. In quest'ottica a preoccupare non sono tanto le folkloristiche esternazioni di Grillo, tese a recuperare l'identità di Stati millenari come la Repubblica di Venezia o il Regno delle Due Sicilie, quanto la percezione sempre più diffusa che per gli italiani l'Europa sia diventata impopolare, trasformandosi dall'iniziale adesione in una costruzione lontana e senz'anima. Con questi sentimenti non sarà facile contrastare la deriva anti europeista, tanto più che il governo, in altre faccende affaccendato, non sembra particolarmente motivato nella ricerca di percorsi innovativi e nuovi stimoli che potrebbero rinvigorire lo slancio comunitario.

 

MORALE. Dal 9 febbraio, grazie al successo del referendum nazionalista, tutto sanno che la Svizzera ha preso una chiara posizione contro l'Unione Europea ponendosi in una situazione che è motivo di grosse preoccupazioni tra i suoi vicini. Ciò che invece forse non tutti sanno è che quando gli interessi prevalgono su qualsiasi altra considerazione, anche nella Confederazione elvetica vizi privati e pubbliche virtù finiscono col confondersi e dare vita alla doppia morale. Ne sono un esempio alcuni ferventi fautori dell'iniziativa che non hanno esitato a richiedere i servizi dei "padroncini", sempre italiani e altrettanto demonizzati dei frontalieri, alla faccia dei loro proclami. Perché lo abbiano fatto è presto detto: costano meno, lavorano in fretta e portano mano d'opera sotto pagata. Chissà cosa ne pensano i loro elettori di una vicenda che ricorda il motto latino: quod licet Iovi non licet bovi!

 

FENOMENO. L'emigrazione alla rovescia. "Quegli svizzeri che l'Italia se la comperano" è il titolo intrigante di una serie di articoli sul fenomeno sempre più diffuso della presenza elvetica nel settore dell'agricoltura in Toscana, e in altre regioni della Penisola. La morale è presto spiegata: se nella patria di Tell cresce l'insofferenza nei confronti degli stranieri che qui vengono a lavorare e investire, sull'altro versante i cittadini confederati sono la nazionalità più rappresentata tra gli imprenditori agricoli stranieri che operano in Italia. Per una curiosa legge del contrappasso, campi, filari, vitigni e terreni sono praticamente diventati una sorta di "banca bucolica" degli svizzeri che ormai detengono vaste proprietà ad alto reddito nelle zone più privilegiate del Paese. E, diversamente dai cittadini italiani che fanno il percorso inverso, gli ospiti rossocrociati sanno che nessuno promuoverà un referendum per cacciarli in malo modo.

 

MASCHILISMO. L'otto marzo è passato e ora ciò che conta è vedere quanto tempo sarà ancora necessario per realizzare la vera parità dei generi. Mentre tra incredulità e orrore la cronaca registrava in un solo giorno altri tre casi di femminicidio, nell'analizzare la pesante bocciatura che l'Aula ha riservato alle quote rosa, non sembra che le prospettive per una rapida abolizione delle disuguaglianze promettano miracoli. Fosse vero che il buon giorno si vede dal mattino, si potrebbe dire con un facile e fin troppo scontato gioco di parole, che d'ora in poi l'alba del governo sarà meno rosea. Sull'Italicum la questione femminile è andata in bianco per volontà di Forza Italia e dei franchi tiratori, ma soprattutto per l'assurdità dell'asse Renzi-Berlusconi che spacca il Pd e ne scuote i suoi valori nel più profondo dell'anima. Per molti militanti è un boccone amaro andare a braccetto con una destra che considera le quote rosa alla stregua di una farsa, secondo i canoni del più vieto maschilismo. Ne consegue un diffuso disorientamento che lascia presagire, oltre al nodo della parità, altri punti nevralgici per il percorso delle riforme.

   

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

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(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

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Parliamo di socialismo

 

La capacità politica e

la Repubblica dei filosofi

 

di Edoardo Crisafulli

 

Ho criticato a viso aperto il modo in cui è nato il Governo Renzi. Ma per fortuna milito in un partito democratico, non nel Movimento 5 stelle, e quindi non rischio né l’espulsione né la gogna. Detto quel che c’era da dire, ora bisogna augurarsi che Renzi ce la faccia – per il bene della sinistra e, soprattutto, per il bene dell’Italia. Noto invece che le critiche a questo Governo sono come un torrente in piena. Faccio fatica ad abituarmi a un clima da campagna elettorale permanente. Accanto a timori legittimi (es. È saggio che un Governo ambizioso, di “legislatura”, conti press’a poco sul 25% dei voti?), proliferano critiche irrazionali, senza capo né coda. Nei social network, anche quando sono ben frequentati, abbondano gli slogan e le invettive, frutto di un malanimo (più che malessere) diffuso, che sta tracimando ovunque. Questo è il risultato di vent’anni di politica urlata, mai argomentata... Continua la lettura sul sito della Fondazione Nenni

   

    

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Fiat: Fiom, la Cassazione ha messo fine a discriminazione Pomigliano

 

"La Corte di Cassazione ha oggi messo il suggello finale alla complessa vicenda processuale originata dal tentativo della Fiat di estromettere la Fiom dallo stabilimento di Pomigliano, anche attraverso l'odiosa discriminazione a danno dei suoi iscritti". Lo afferma oggi (11 marzo) Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil.

    "Infatti, la Cassazione, con la sentenza numero 5581 depositata oggi, accogliendo l'eccezione sollevata dalla Fiom, ha dichiarato l'inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto da Fabbrica Italia Pomigliano contro la nota ordinanza 'antidiscriminatoria' emessa dalla Corte d'Appello di Roma. A seguito di tale pronuncia, diviene così definitiva l'ordinanza della Corte d'Appello che ha accertato la discriminazione nelle assunzioni presso lo stabilimento di Pomigliano verso gli iscritti della Fiom, ha ordinato di cessare tale comportamento, di rimuoverne gli effetti e di procedere con l'assunzione di 145 iscritti al sindacato dei metalmeccanici Cgil".

    "Ora la Fiat - conclude - proceda rimettendo nel ciclo produttivo i 145 lavoratori ancora tenuti in cassa integrazione".

    

    

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

L’idea Placido Rizzotto oggi

è stata realizzata a Verbumcaudo

 

Il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia, ha partecipato all’iniziativa “Germogli di Speranza”,  tenutasi a Polizzi Generosa, nel giorno dell’anniversario dell’assassinio del segretario socialista della Camera del Lavoro di Corleone ucciso il 10 marzo del 1948.

 

di Giuseppe Lumia

Senatore della Repubblica (PD)

 

Palermo, 10 marzo 2014 – L’idea di Placido Rizzotto di fare della terra una grande risorsa di legalità e sviluppo è ancora molto attuale ed oggi è stata in parte realizzata presso il feudo Verbumcaudo, confiscato a Cosa nostra, dove è stato inaugurato un vigneto realizzato dalla Regione.

    Il feudo Verbumcaudo sequestrato e confiscato da Falcone, era ritornato alle attenzioni delle famiglie mafiose del territorio (David, Privitera, Madonia).  Adesso i sindaci delle Madonie, guidati dalla Prefettura di Palermo, hanno organizzato un Consorzio sull’esempio del Consorzio “Sviluppo e Legalità” del corleonese.

    Coltivare i terreni confiscati e dare lavoro ai giovani è la strada maestra per fare legalità e sviluppo e per dare una risposta alle minacce di Riina, che sfida lo Stato, minaccia i magistrati con in testa il dottor Di Matteo. È l’antimafia sociale che si affianca all’azione repressiva dello Stato.

 

 

Placido Rizzotto

   

    

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Il riformismo

e la riformite

 

di Alberto Benzoni

 

Nelle sue memorie Samuel Hoare (poi lord Templewood), esponente conservatore degli anni trenta, ricorda di aver proposto, da ministro degli interni (i poveri inglesi non hanno un ministro della giustizia), una legge di riforma del sistema carcerario. Legge che, per un insieme di circostanze, non potè essere approvata dal Parlamento; per essere poi varata, nel secondo dopoguerra (e con modifiche marginali) dal governo laburista.

    “Poco male” (questo nella sostanza, il ragionamento di Hoare) “perchè la legge era giusta, ma al tempo mio non c’era ancora il clima politico e psicologico per farla passare”. E qui il Nostro esprime alla perfezione la dialettica tra conservazione e riformismo che percorre felicemente tutta la storia della Gran Bretagna.

    Alla base, l’idea che le cose che esistono non sono solo un retaggio del passato (degno, per ciò stesso, di rispetto), ma sono anche portatrici di senso e di valore. E che di conseguenza qualsiasi proposta di cambiamento deve superare una specie di onere della prova: e non solo sotto il profilo della sua validità intrinseca ma anche del suo inserimento razionale nella realtà esistente.

    E’ la migliore definizione del riformismo: tanto più se formulata da un conservatore. Altra cosa, e tutta diversa, è la “riformite”: cioè la versione distorta del riformismo che, in pratica e in teoria, ha segnato di sé tutta la storia della seconda Repubblica. Qui scompare la feconda tensione dialettica tra vecchio e nuovo: perché ciò che esiste è per definizione, male; e perché il “nuovo che avanza” avanza perciò nel vuoto più totale, sottratto a qualsiasi prova e verifica razionale. Il risultato finale è un sistema totalmente privo di forma. E perciò, astuzia della ragione, sostanzialmente irriformabile.

       

    

Da CRITICA LIBERALE

riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Papa Francesco,

un conservatore sorridente

 

di Paolo Bonetti

 

Dopo l’intervista concessa qualche tempo fa al fondatore di “Repubblica”, il papa ne ha concesso un’altra al direttore del “Corriere della Sera” Ferruccio De Bortoli: un’intervista meno fumosa della prima, in cui i due interlocutori si perdevano in un intrico di questioni filosofiche e teologiche poco trattabili sulle pagine di un quotidiano, e più attenta, invece, ai concreti problemi pastorali della Chiesa Cattolica, problemi che poi, a causa della persistente e negativa influenza che il cattolicesimo continua ad avere sulla legislazione italiana, diventano inevitabilmente problemi dell’intera società civile, con l’impossibilità di arrivare a soluzioni ragionevoli di questioni che in altri Stati sono già state risolte con il riconoscimento che i diritti fondamentali dei cittadini non possono essere condizionati e sostanzialmente misconosciuti per volontà di un’associazione privata qual è, nonostante la sua rilevanza sociale, la Chiesa di Roma.

    Nell’intervista Bergoglio conferma ancora una volta la linea pastorale del suo pontificato fondata sulla misericordia e sull’accoglienza, ma fermissima nel ribadire la tradizione della Chiesa in materia di teologia morale. Il papa, che possiede fra l’altro la qualità inedita in un papa dell’autoironia, è consapevole della distanza che separa la Chiesa dalla sensibilità morale e dai costumi effettivi della società contemporanea. Nonostante i molti adulatori, credenti e non credenti, che vorrebbero farne, come lui stesso dice, “una sorta di superman”, e nonostante l’affetto sincero di milioni di uomini e donne che apprezzano la sua volontà di dialogo e la sua disponibilità ad ascoltare per cercare di capire, Francesco si rende conto, al contrario del suo predecessore, che la Chiesa non può limitarsi a giudicare e condannare dall’alto il mondo contemporaneo ed è convinto che essa debba invece svolgere un’opera terapeutica di paziente cura e guarigione dei molti mali della modernità. Ma la misericordia e la sollecitudine per coloro che patiscono nelle loro anime le ferite di un disordine spirituale di cui molto spesso non sono neppure consapevoli, non significano in alcun modo che la Chiesa è disposta a rinunciare ai principi della sua morale fondata su leggi che essa ritiene al tempo stesso divine, naturali e razionali. La Chiesa non è relativista e neppure storicista, le sue verità hanno un’origine extratemporale e non possono mutare come si evolvono e cambiano i costumi umani. Essa, dice Bergoglio, comprende e soccorre, ma non transige circa l’assolutezza dei valori che è chiamata a difendere.

    Quando il papa afferma di non comprendere l’espressione “valori non negoziabili” e sembra prendere le distanze da Ratzinger che, invece, ha più volte insistito su questo carattere dell’etica cattolico-ecclesiastica, in realtà fa poi un’affermazione che, a considerarla con attenzione, risulta ancora più rigida di quelle di Benedetto XVI: egli dice che “i valori sono valori e basta” dal momento che, fra le dita di una mano, non si può dire che “ve ne sia una meno utile di un’altra”. E aggiunge di non capire “in che senso vi possano essere valori negoziabili”. E’ una affermazione questa su cui i commentatori non si sono soffermati con la necessaria attenzione: il papa, in sostanza, ha voluto dire che non solo alcuni, ma tutti i valori dell’etica cattolica non possono essere negoziati, poiché farlo significherebbe precipitare in quella “dittatura del relativismo” di cui ha parlato tante volte Ratzinger. La Chiesa comprende, accoglie e perdona, ma ammonisce gli Stati laici a non legiferare in contrasto con la sua morale che considera immutabile in ogni suo aspetto. La riprova di quanto dico sta poi nelle risposte che il papa dà sulle singole questioni che il suo interlocutore gli propone. I divorziati vanno aiutati a superare la loro condizione di crisi e di sofferenza e il loro dramma non può essere valutato con i criteri estrinseci della semplice casistica, ma questo non cancella in alcun modo il carattere sacrale e indissolubile del matrimonio, che è conforme alla legge divina soltanto quando unisce due persone di sesso diverso. “Il matrimonio è fra un uomo e una donna”, ribadisce il papa, che poi parla delle unioni civili come semplici tentativi di “regolare aspetti economici fra le persone”, negando in questo modo ogni carattere affettivo e ogni dignità morale a legami che non rientrino negli schemi di una morale cattolica considerata come l’unica davvero naturale e socialmente accettabile. Anche sulla condizione della donna nella Chiesa il conservatorismo di Bergoglio appare evidente oltre ogni vago  riconoscimento circa l’origine e il carattere femminile della Chiesa. Se le donne chiedono di essere inserite nei luoghi di decisione della Chiesa, Francesco riconosce che il problema esiste, ma poi afferma che si tratterebbe, comunque, di “una promozione di tipo funzionale” con cui “non si fa tanta strada”. Sul tema del controllo delle nascite, dichiara che “la questione non è quella di cambiare la dottrina”, ma di far sì che “la pastorale tenga conto delle situazioni e di ciò che per le persone è possibile fare”. E’ la vecchia posizione di Paolo VI, di cui Bergoglio loda apertamente l’enciclica “Humanae Vitae”, dicendo che Montini “ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale, di opporsi al neo-malthusianesimo presente e futuro”.

    Anche sui trattamenti di fine vita e sul diritto di scegliere in anticipo, quando ci si venga a trovare in stato vegetativo, il modo in cui essere curati o non curati, la posizione di Francesco non si discosta da quella tradizionale della Chiesa, che rifiuta l’uso di mezzi straordinari nella fase terminale della malattia, ma preferisce insistere sulle cure palliative piuttosto che accettare un testamento biologico che sia veramente tale e obbedisca alla volontà del malato. Naturalmente non c’è da sorprendersi: per la Chiesa la vita è un dono di Dio del quale gli uomini non possono disporre liberamente, ma che debbono accettare senza beneficio di inventario. La morale cattolica resta una morale paternalistica che mette gli uomini sotto tutela: tanta misericordia o presunta tale, dal momento che non si tiene conto del concreto dolore e della concreta dignità delle persone, ma nessun riconoscimento del diritto di ogni uomo a decidere autonomamente sulla propria vita e sulla propria morte.

    Infine, ci sono nell’intervista affermazioni papali quanto mai discutibili dal semplice punto di vista della loro aderenza alla realtà effettuale. Quando il papa afferma che, sulla questione degli abusi sui minori, “la Chiesa ha fatto tanto, forse più di tutti”, dimentica di aggiungere che questo è avvenuto dopo documentate denunce e lunghe pressioni del mondo laico, mentre per decenni ci sono stati, da parte del mondo ecclesiastico comprese le supreme gerarchie, colpevoli silenzi e ritardi nell’intervenire per porre fine agli abusi. La Chiesa non può rivendicare in materia alcuna superiorità morale: la denuncia del male non è partita dal suo interno e i provvedimenti risanatori sono stati presi per le ripetute condanne dell’opinione pubblica internazionale. Ancora oggi la Chiesa continua a cercare alibi per certi suoi deplorevoli comportamenti in fantomatiche persecuzioni a cui sarebbe sottoposta da organizzazioni internazionali che fanno semplicemente il loro dovere. C’è poi l’insistenza di Bergoglio sulla povertà come ideale evangelico da perseguire fermamente in un mondo che ha il culto del benessere materiale. Ma, anche in questo campo, è molto facile segnalare il contrasto che c’è fra questo francescanesimo teorico e la somma ingente di ricchezze e di privilegi che la Chiesa continua a detenere. Che il papa stia facendo molto per risanare la Curia da vizi ormai intollerabili, dalla sua pretesa di servire contemporaneamente Dio e Mammona, è senz’altro da riconoscere e da apprezzare. Ma tutto questo non conduce ancora a quella Chiesa povera che sembrerebbero essere il fine principale dell’azione papale: se, come dice Francesco, “la povertà allontana dall’idolatria, apre le porte alla Provvidenza”, non basta cacciare i mercanti dal tempio, bisogna anche recidere ogni legame con questi mercanti, mercanti del potere e mercanti della ricchezza. Questa virtù eroica dubitiamo che la Chiesa possa mai possederla. Abitare a Santa Marta, piuttosto che nei sacri palazzi, non basta.

   

Critica liberale

   

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

IL DOCUMENTO

 

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Verso una nuova Europa

 

Il Manifesto del PSE per le elezioni di maggio.

     

Crediamo fermamente che l’Unione europea debba cambiare. A maggio, con le elezioni per il Parlamento europeo, il tuo voto ci fornirà l'opportunità di realizzare l'UE che tutti i cittadini meritano. Un' Europa che progredisce, un' Europa che protegge, un' Europa che raggiunge risultati eccellenti. I partiti della nostra famiglia politica, presenti nei 28 paesi membri, si impegneranno a fondo per riuscire a garantire un futuro più sicuro per i cittadini. La destra ha creato un'Europa caratterizzata da un clima di inquietudine e austerità. Nel corso degli ultimi 5 anni, connotati dalla presenza di una maggioranza conservatrice al potere nell'UE, ci siamo battuti per un' Europa forte, socialmente equa e democratica. Ora è giunto il momento di passare alla guida dell'Europa e, per farlo, abbiamo bisogno del tuo sostegno, del tuo aiuto e del tuo voto.

    Il nostro programma per il prossimo quinquennio dell'Unione europea prevede il ritorno alla creazione di posti di lavoro, a un'economia produttiva e a un senso di comunità e di rispetto per le persone. Desideriamo concentrare il nostro impegno su di voi, in quanto cittadini ed elettori, e ridare speranza ai nostri giovani.

Per la prima volta, a maggio, potrai esprimerti su chi governerà l' Europa. Avrai la possibilità di votare per il prossimo Presidente della Commissione europea. Per cambiare l'attuale maggioranza di destra nell'Unione, gli unici voti che faranno la differenza saranno quelli espressi a favore dei Socialisti europei, dei Socialdemocratici, dei Laburisti, dei Democratici e Progressisti.

 

I. Un'Unione che progredisce

 

1. È ora di mettere l'occupazione al primo posto

 

Questa è la nostra principale priorità. I cittadini europei, uomini e donne, devono avere un lavoro dignitoso che consenta loro di avere una buona qualità di vita. Tuttavia, le cifre lasciate in eredità dalle politiche economiche attuate negli ultimi cinque anni parlano da sole: circa 27 milioni di europei non riescono a trovare un lavoro, di cui circa un quarto è composto da giovani. Ad oggi 120 milioni di cittadini in Europa vivono al limite della soglia di povertà o al di sotto di essa. La creazione di posti di lavoro per i giovani è una sfida che distinguerà il nostro operato, per questa generazione e per quella successiva, e rimarrà una priorità fondamentale del nostro impegno a lungo termine a favore della piena occupazione.

    L'attuazione del nostro programma di "Garanzia per i giovani" è di importanza cruciale per la nostra strategia a favore dell'occupazione. Per avere risultati in questo ambito, aumenteremo considerevolmente gli stanziamenti di bilancio ed estenderemo il programma a tutti coloro che hanno meno di 30 anni. Per creare posti di lavoro introdurremo un' ambiziosa politica industriale e sosterremo la nostra economia sociale, così come le piccole e medie imprese. Inoltre, promuoveremo le tecnologie verdi innovative e miglioreremo il rendimento delle nostre economie. Intendiamo porre fine al dumping sociale, interrompendo lo sfruttamento dei lavoratori europei e il diffondersi di contratti precari che danneggiano molti di essi. Vogliamo promuovere la giustizia sociale. Continueremo a insistere sull'attuazione di norme rigorose volte a garantire la parità salariale per coloro che svolgono lo stesso lavoro, nonché la tutela dei diritti dei lavoratori e la qualità del lavoro. Ci adopereremo per rafforzare i diritti delle organizzazioni sindacali, il dialogo sociale e le leggi antidiscriminatorie. Miglioreremo la tutela dei lavoratori che vengono trasferiti in un altro paese, revisionando il testo della direttiva sul distacco dei lavoratori e promuoveremo una cooperazione migliore a livello europeo in materia di ispezioni del lavoro. Introdurremo un salario minimo dignitoso in tutta Europa, stabilito per legge oppure attraverso una contrattazione collettiva. I posti di lavoro che creeremo dovranno consentire a tutti i cittadini di partecipare dello sviluppo economico a un livello paritario. Tutti gli accordi commerciali, compreso quello attualmente in fase di negoziazione con gli Stati Uniti, devono prevedere la tutela dei diritti umani e sociali degli individui, posti di lavoro dignitosi, standard ambientali, la cultura, nonché la responsabilità sociale delle imprese e il commercio equo e solidale.

    

2. E’ ora di far ripartire l'economia

 

Le politiche esclusivamente mirate all'austerità hanno danneggiato le nostre economie, punendo chi ha avuto meno responsabilità nella crisi. Per creare posti di lavoro e far ripartire l'economia, attribuiremo un'importanza prioritaria all'innovazione, alla ricerca, alla formazione e alla politica di reindustrializzazione intelligente, per far sì che le eccezionali scoperte fatte nei laboratori e nelle università europee possano trasformarsi in un maggior numero di posti di lavoro in Europa. La soluzione che proponiamo prevede maggior margine di manovra per gli investimenti effettuati attraverso i bilanci nazionali, in grado di far espandere la nostra economia piuttosto che farla arretrare. Se, da un lato, la crisi ha dimostrato che la moneta unica è in grado di agire efficacemente da ammortizzatore, dall'altro, gli ultimi 5 anni hanno reso evidente che la realizzazione dell'Unione economica e monetaria è ancora incompleta. È inoltre emersa l'importanza di condividere reciprocamente le responsabilità e i diritti all'interno della zona euro. Ci impegniamo a ridurre i disavanzi in modo sostenibile ed equo, gestendo il debito pubblico europeo attraverso nuovi strumenti. Intendiamo attuare un reale coordinamento delle politiche economiche e fiscali della zona euro, tenendo in considerazione le conseguenze sociali di tali decisioni per la comunità. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali devono mantenere la propria sovranità ed essere coinvolti appieno nell'esercizio del controllo democratico di queste politiche. L'operato della Troika in questo ambito si è rivelato fallimentare. Al termine delle missioni della Troika, sarà necessario creare un altro regime compatibile con i trattati UE che sia democratico, socialmente responsabile e affidabile. Vigileremo con rigore sull’utilizzo del denaro pubblico, riducendo gli sprechi e incanalando le risorse in modo tale da ricavare il miglior valore possibile per i cittadini europei. La lotta contro le frodi e l'evasione fiscale (il cui volume ammonta a circa 1 trilione di EUR all'anno) e la concorrenza fiscale rappresentano priorità cruciali per ottenere un sistema fiscale equo. Intendiamo dimezzare l'evasione fiscale entro il 2020 e inasprire i controlli sui paradisi fiscali. Promuoveremo, inoltre, norme fiscali in grado di garantire trasparenza e di lottare contro l'evasione fiscale.

 

3. Porre il settore finanziario a servizio dei cittadini e dell'economia reale

 

I cittadini europei hanno dovuto pagare per gli errori e l'irresponsabilità di un settore finanziario non regolamentato. Il salvataggio delle banche è costato 1,6 trilioni di EUR, prelevati dalle tasche dei contribuenti. In 5 anni, il settore finanziario ha dichiarato di aver appreso dai propri errori. Ci assicureremo che le banche non azzardino più con la vita dei cittadini. Dobbiamo invece agire attivamente per porre in essere un quadro di riferimento che consenta al settore finanziario di lavorare per l'economia reale e di mettersi al servizio della società. La normativa obbligherà le banche a servire le comunità invece di impoverirle. Gli investitori dovrebbero essere considerati responsabili per le perdite e non soltanto per i guadagni delle banche. Regolamenteremo ulteriormente il settore bancario, freneremo la speculazione finanziaria e disporremo adeguate barriere tra le banche commerciali e le banche d'investimento. Fisseremo un tetto per i bonus ai banchieri, oltre ad accelerare l'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, che abbiamo sostenuto per anni, in quanto riteniamo rappresenti un contributo equo da parte del settore finanziario a favore della società. Inoltre, insisteremo sull'istituzione di una agenzia di rating del credito pubblica e indipendente. Continueremo a impegnarci a favore della realizzazione di una solida Unione bancaria concepita per tutelare i cittadini europei e garantire un accesso paritario al credito in Europa.

 

4. Verso un'Europa sociale

 

La destra ha fatto ricorso a politiche neoliberiste per tagliare gli aiuti che dovevano servire ai cittadini per riprendersi in seguito a un periodo difficile. Ci batteremo per un'Europa che non lasci indietro nessuno. Un reddito dignitoso, un'istruzione di qualità e accessibile, la qualità degli alloggi (compresi quelli popolari) e dell'assistenza sanitaria, all'infanzia e agli anziani, nonché l'adeguatezza delle pensioni: tutti questi aspetti rappresentano componenti fondamentali delle nostre società. Per raggiungere questi obiettivi, l'UE è chiamata a sostenere gli Stati membri negli sforzi volti a garantire una ridistribuzione equa ed efficace della ricchezza e delle opportunità. È fondamentale fissare obiettivi inderogabili in materia di occupazione, istruzione e coesione sociale. Gli obiettivi di politica sociale devono essere rispettati in tutte le politiche comunitarie. È nostro compito garantire che l'UE sia una reale Unione sociale, oltre che un’Unione economica: le libertà economiche non possono essere tenute in maggior conto rispetto ai diritti sociali. Daremo ai cittadini europei l'opportunità di sviluppare appieno il proprio potenziale investendo nell'istruzione, nelle competenze, nell'assistenza all'infanzia, nell'educazione permanente, nella cultura, nella mobilità degli studenti, nella ricerca e nella conoscenza.

 

II. Un'Unione che protegge

 

5. Un'Unione di uguaglianza e di diritti delle donne

 

Il principio di uguaglianza deve essere al centro del concetto stesso di cittadinanza europea. Vivere in una società più equa è un vantaggio per tutti. Garantire, promuovere e migliorare i diritti delle donne e la parità di genere sono tra le nostre maggiori priorità. Dobbiamo assumere un impegno inderogabile per porre fine alle disparità di salari e pensionionistiche dovute al genere. La violenza contro le donne deve cessare. La conciliazione tra vita professionale e vita lavorativa deve significare promuovere un bilanciamento tra le due dimensioni e non un sacrificio dell’una a favore dell’altra. Inoltre, è necessario tutelare, in modo insistente e con vigore, la libertà di scelta delle donne e il loro accesso ai diritti in materia di sessualità e di procreazione, contrapponendosi alla posizione dei conservatori. Lotteremo implacabilmente contro qualsiasi forma di razzismo, sessismo, omofobia, transfobia e intolleranza. Sosteniamo i valori di uguaglianza e non discriminazione e crediamo fermamente che le donne e gli uomini debbano poter condividere ugualmente il lavoro, il potere, il tempo e i ruoli nella sfera pubblica e in quella privata. Tuteleremo i diritti e il benessere dei bambini, garantiremo che a nessuno venga negato un posto di lavoro, una posizione, un futuro o qualsiasi altro diritto fondamentale a causa del colore della propria pelle, dell'orientamento sessuale, dell' identità, della religione, dell'età, del genere, della disabilità, delle convinzioni politiche o di qualsiasi altra forma di discriminazione.

 

6. Un'Unione della diversità

 

In opposizione all'escalation di estremismi, ci batteremo per un'Europa che rispetti i diritti e gli obblighi di ciascuno, che non sia fondata sul pregiudizio, sull'odio e sulla divisione. Ciascun cittadino deve poter avere l'opportunità reale di partecipare e contribuire alla società in cui vive. La libertà di circolazione è un diritto, nonché un principio fondamentale dell'UE. È necessario rispettare i diritti dei cittadini e delle loro famiglie riconosciute legalmente, lottando al contempo contro le frodi e gli abusi. Gli Stati membri devono mostrare una reale solidarietà in materia di politiche di migrazione e di asilo, per evitare che si verifichino altre tragedie umane, e mettendo a disposizione risorse sufficienti. Per salvare vite, l'Europa e i suoi Stati membri sono chiamati ad agire in maniera solidale, dotandosi dei meccanismi adeguati per condividere le responsabilità. Vogliamo politiche di integrazione e di partecipazione efficaci e meccanismi di assistenza ai paesi da cui partono i migranti. La lotta alla tratta di esseri umani deve essere intensificata.

 

7.Una vita sicura e sana per tutti

 

I cittadini europei meritano di avere una vita sana e sicura. Intendiamo introdurre normative che conferiscano più potere ai consumatori. Tuteleremo il diritto dei cittadini europei a disporre di alimenti sani, prodotti sicuri e di vivere in un ambiente sicuro. Riconosciamo il ruolo strategico dell'agricoltura e della pesca per le nostre società e intendiamo promuovere uno sviluppo dell’agricoltura sostenibile e florido. L'UE deve adattarsi alle nuove sfide, soprattutto nell'ambito dell'agenda digitale, garantendo un accesso diffuso a Internet. Abbiamo bisogno di una normativa comunitaria efficace in materia di protezione dei dati personali dei cittadini e di accesso all'informazione. È fondamentale trovare il giusto equilibrio tra privacy, libertà e sicurezza. L'UE dovrebbe garantire il diritto dei cittadini alla sicurezza promuovendo la cooperazione nella lotta al crimine organizzato e transfrontaliero.

 

III. Un'Unione che raggiunge risultati eccellenti

 

8. Maggiore democrazia e partecipazione

 

Per la prima volta nella storia dell'UE, gli elettori potranno esprimersi e designare il Presidente della Commissione europea. Siamo orgogliosi di poter guidare questo passaggio concreto verso un'Europa più democratica e di aver aperto una strada che anche altri partiti politici hanno intenzione di seguire. L'UE è un'unione politica che garantisce l'uguaglianza dei propri cittadini e la parità dei propri Stati membri. I cittadini europei, la società civile e gli attori sociali devono godere di una partecipazione completamente democratica e devono poter esercitare un controllo sulle decisioni dell'Unione europea. In quanto istituzione europea che rappresenta i cittadini, promuoveremo un ruolo di spicco per il Parlamento europeo con poteri legislativi, di bilancio e di controllo democratico. Le decisioni devono essere prese al livello più adeguato, regionale, nazionale o comunitario, nell'interesse dei cittadini europei. Tutte le politiche devono essere efficienti, rispettare i valori democratici, combattere la corruzione ed essere al servizio dei cittadini in maniera chiara e trasparente. Attueremo strumenti di risposta comunitari efficaci per le violazioni dei diritti fondamentali, della democrazia e dello stato di diritto.

 

9. Un'Europa verde

 

L'UE deve riacquisire il ruolo di leader mondiale nella protezione della natura e delle risorse naturali, nonché nella lotta all'inquinamento e ai cambiamenti climatici. Perché ciò accada, è necessario cooperare con i nostri partner a livello globale e fungere da modello. Sosterremo le tecnologie pulite e i processi di produzione ecocompatibili. Con l'avvicinarsi della scadenza fissata al 2020, sosterremo la definizione di obiettivi ulteriormente vincolanti per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, per aumentare il consumo di fonti di energia rinnovabili e migliorare l'efficienza energetica. Promuoveremo il ricorso a Project Bonds per finanziare gli investimenti validi a favore dell'economia verde, dell'energia rinnovabile e della tecnologia. I modelli di produzione, consumo e mobilità devono essere modificati e il processo di riciclaggio dei rifiuti deve essere migliorato. In questo modo saremo in grado di ridurre la pressione sulle scarse risorse naturali a disposizione, aiutando i cittadini a diminuire le proprie spese in materia di consumi energetici e la loro impronta ecologica. Combatteremo la precarietà energetica e garantiremo un accesso minimo all'energia per tutti.

 

10. Promuovere il ruolo dell'Europa nel mondo

 

L'Unione europea è chiamata a svolgere il ruolo di alfiere dei principi fondamentali di democrazia, pace e rispetto per i diritti umani, compresi i diritti delle donne e dei bambini. In un mondo sempre più globalizzato e in continuo cambiamento, caratterizzato da conflitti e crescenti disuguaglianze, l'Europa deve agire da attore globale. Per rispondere alle sfide comuni è necessario costruire alleanze solide. Vogliamo che l'Europa svolga un ruolo di primo piano e sia dotata degli strumenti adatti a promuovere la pace, la democrazia e la prosperità condivisa in tutto il mondo. L'Europa deve unire le proprie risorse in termini di difesa, sviluppo, commercio e diplomazia per massimizzare gli effetti positivi della sua politica estera. L'UE è chiamata a promuovere con efficacia la pace al di fuori dei propri confini e la cooperazione in materia di difesa. Dobbiamo sostenere coloro che si battono per la democrazia, la giustizia sociale, la non discriminazione e la libertà da ogni forma di occupazione in ogni angolo del mondo. Sosterremo il Partenariato orientale come strumento fondamentale per avvicinare i paesi all'Unione e promuoveremo dei rapporti forti con la regione mediterranea. Siamo chiamati a sostenere l'allargamento dell'Unione. È necessario che i diritti fondamentali e i valori europei continuino ad essere inequivocabilmente rispettati in qualsiasi adesione futura. Dobbiamo lottare contro gli squilibri mondiali e la povertà promuovendo una coerenza delle politiche per lo sviluppo e il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio e di quelli previsti dall'agenda delle Nazioni Unite per il post-2015.

 

Con questi 10 progetti, noi Socialisti, Socialdemocratici, Laburisti, Democratici e Progressisti cambieremo l'Europa nei prossimi 5 anni.

 

Contiamo sul tuo voto e ci impegniamo ad agire instancabilmente per tuo conto. Insieme cambieremo l’Europa.

   

    

LETTERA

 

E se domani…

 

Una nuova canzone per Grillo

 

Ve la ricordate la vecchia canzone di Mina “E se domani ...”? Grillo ora ne rispolvera il titolo, per aggiornare con furia iconoclasta la sua precedente visione politica.

    Finora egli ci aveva abituati al netto e totale rifiuto di un dialogo con gli altri partiti, a una scelta radicale e assoluta che lo aveva spinto - e lo continua a spingere - ad espellere dal suo Movimento chiunque manifestasse o manifesti segni di cedimento o divergenza rispetto alla sua “linea” (una linea di rigetto dell’idea stessa di comunità politica, intesa come società dialetticamente diversa, chiamata a vivere i suoi intrinseci ideali e le sue amare contraddizioni, le nobili aspirazioni e le squallide corruzioni,  il suo male e il suo bene connaturati alla natura umana).

    Ed egli evidenziava, nella sua scelta isolazionistica, l’aspirazione a una società di “puri”, di anime belle che avrebbero – da sole - condotto  l’Italia alla palingenesi.

    Oggi Grillo va oltre. Il suo rifiuto non va solo all’idea di comunità politica, ma all’idea stessa di comunità nazionale.

    Epigono forse non consapevole della Lega di Bossi, oggi egli riprende il motivo di Mina e chiede: “E se domani quello che ci ostiniamo a chiamare Italia e che neppure più alle partite della Nazionale ci unisce in un sogno, in una speranza, in una qualunque maledetta cosa che ci spinga a condividere questo territorio che si allunga nel Mediterraneo, ci apparisse per quello che è diventata, un'arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme?”. Aggiungendo e ricordando che “la Bosnia è appena al di là del mare Adriatico. Gli echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti”.

    Poi prosegue nel canto: “E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all'interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa?”.

    E sentenzia che “per far funzionare l'Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l'identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie”.

    Non pago del recupero del progetto di Miglio, Grillo conclude infine così la sua parafrasi della canzone di Mina: “E se domani ci fosse un referendum per l'annessione della Lombardia alla Svizzera, dell'autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d'Aosta e dell'Alto Adige alla Francia e all'Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene. E se domani...”.

    Temo che, in un’Italia ancora drammaticamente avvolta dalla sua crisi sociale, le nuove idee di Grillo possano trovare consenso in connazionali disperati o inconsapevolmente fanatici.

    Spero vivamente che la pattuglia di senatori e deputati finora allontanatisi dal M5S divenga sempre più consapevole e numerosa.

 

Vincenzo Cutolo, Milano

   

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

Direttore: Andrea Ermano

Amministratore: Sandro Simonitto

Web: Maurizio Montana

 

L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

    L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera.

    Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato l'Avanti! clandestino (in co-edizione) durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo.

    Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque.

    Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

   

    

Allegato Rimosso
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