Anarres-info. Per un Primo Maggio di solidarietà e lotta
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- From: "Federazione Anarchica Torinese" <fat at inrete.it>
- Date: Mon, 29 Apr 2013 20:02:07 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Anarres-info. Per un Primo Maggio di solidarietà e
lotta
Torino. Spezzone rosso e nero al corteo del Primo Maggio,
aperto dallo striscione “Azione diretta autogestione”.
Appuntamento
alle 8,30 in piazza Vittorio quasi all’angolo con via
Po.
Dopo il corteo pranzo e festa alla FAI in
corso Palermo 46.
Il pranzo è benefit per i compagni vittime della
repressione.
Chi non può o può solo poco è ugualmente il
benvenuto.
Se possibile prenotatevi, scrivendo a
fai_to at inventati.org oppure chiamate 338 6594361
La
crisi morde sempre più forte, specie nelle nostre periferie, dove solo le
pratiche di autogestione, riappropriazione e solidarietà pongono un argine
alla guerra contro i poveri che i governi di centro sinistra e quelli di
centro destra hanno promosso negli ultimi vent’anni.
La nascita
dell’esecutivo guidato da Enrico Letta è l’ultima tappa di un lungo
processo di ridefinizione dei partiti istituzionali intorno a blocchi di
interessi, che, alla bisogna, possono trovare spazio per una
convergenza.
L’affermarsi di una democrazia autoritaria è il
necessario corollario a politiche di demolizione di ogni forma di tutela
sociale, che disegnano l’attuale condizione delle classi oppresse. Se i
meccanismi violenti della governance mondiale impongono di radere al suolo
ogni copertura economica e normativa per chi lavora, la parola passa al
manganello, alla polizia, alla magistratura. Se la guerra è l’orizzonte
normale per le truppe dei mercenari tricolori presenti in armi in
Afganistan come in Val Susa, la repressione verso chi si ribella non può
che incrudirsi.
Le esperienze più interessanti di questi anni sono
quelle che hanno saputo coniugare autogestione e conflitto, individuando
nell’esodo conflittuale un modo per costruire lottando e lottare
costruendo. In una tensione che non si allenta ogni TAZ, ogni zona
liberata, è una base per incursioni all’esterno. Parimenti ogni momento di
conflitto riesce ad oltrepassare la mera dimensione resistenziale quando
si innesta in pratiche di riappropriazione diretta di spazi politici e
sociali.
La crisi della politica di Palazzo ci offre una possibilità
inedita di sperimentazione sociale di forme di autogoverno territoriale
che si emancipi dai percorsi istituzionali.
Gli esiti delle recenti
elezioni hanno dimostrato la plasticità di una classe politica che ha
saputo uscire dall’impasse dei numeri, mettendo nell’angolo le
opposizioni.
Un’ulteriore dimostrazione che chi vuole aprire il
parlamento come un scatola di sardine lo può fare meglio standosene fuori,
che prendendo posto accanto agli altri pesci sott’olio.
In questo
Primo Maggio c’é chi è obbligato a lavorare per contratto, in questo primo
maggio ci sono case vuote e gente in strada, in questo primo maggio c’è
chi lavora troppo per molto poco e chi non lavora affatto, in questo primo
maggio truppe tricolori uccidono e occupano in Afganistan.
In questo
primo maggio c’è chi ricorda le lotte durissime degli operai di Chicago
che nel lontano 1886 lottavano per le otto ore.
Cinque di loro
vennero impiccati per stroncare quella lotta. Ma i padroni e i governanti
dovettero pentirsene, perché la loro morte accese fuochi in ogni dove.
Quei fuochi ardono ancora.
Continua…
°°°°°
Lo strano connubio. Della destra
sociale che occupa le case solo per gli italiani
Alla vigilia
del 25 aprile un gruppo di militanti della Giovane Italia hanno sostenuto
attivamente l’occupazione abitativa di una decina di senzatetto italiani.
È la prima occupazione di questo tipo a Torino.
Quelli della Giovane
Italia si erano distinti per una campagna razzista in Barriera di Milano.
In occasione delle elezioni avevano aperto un ufficio di fronte ai
giardinetti di via Montanaro, un’area densamente abitata da immigrati. La
loro iniziativa principale fu una raccolta firme per dare “la casa agli
italiani”. Tra il 25 aprile e il 2 maggio del 2011 trovarono sulla
loro strada un po’ di anarchici decisi a contrastare
l’ennesimo tentativo di soffiare sul fuoco della guerra tra poveri.
Il loro tentativo di penetrare tra gli strati più poveri di Barriera di
Milano fallì miseramente.
Di qui probabilmente la scelta di muoversi
tra dormitori e gente dei cartoni, per assemblare la truppa per la loro
iniziativa.
Sin qui la cronaca. Sul piano dell’analisi politica
e sociale resta aperta la questione della costruzione di legami solidali
tra italiani ed immigrati, che facciano da argine alle iniziative della
destra sociale.
Significativa e certo non casuale la scelta di far
partire l’occupazione a ridosso del 25 aprile.
Nell’affrontare la
questione ci è parso utile ricostruire la lunga storia della destra
sociale e del suo sdoganamento da parte del Partito Comunista.
Il
revisionismo storico, che ha condotto ad una sorta di equiparazione tra i
partigiani e i torturatori ed assassini della Repubblica di Salò, ha
radici molto profonde e lontane.
Significativo che parte della
sinistra istituzionale sia stata tra i protagonisti di
quest’operazione.
Alle radici di questa rilettura della dittatura
fascista e degli anni della guerra e dell’occupazione tedesca dell’Italia
è il mancato riconoscimento collettivo dei crimini del fascismo, troppo
spesso opposto al nazismo, tramite una grande operazione di negazione
della ferocia del colonialismo italiano in Libia come nel corno d’Africa,
del totale misconoscimento degli inenarrabili orrori che hanno segnato
l’occupazione italiana della Jugoslavia e della Grecia, della crudezza del
regime verso gli oppositori politici.
Una rimozione collettiva retta
da un mito tanto tenace quanto falso, quello degli “italiani brava gente”.
Sempre innocenti, anche nello scontro feroce della guerra civile. Tutti
uguali, partigiani e repubblichini, divisi negli “ideali”, ma tutti bravi
ragazzi.
Chi si è schierato con la dittatura e chi ha lottato per
liberarsene viene rappresentato allo stesso modo: vittima della guerra e
della sua follia. Una lunga notte dove i colori scompaiono: restano solo
ombre indistinguibili.
Sin dal dopoguerra il quadro delle alleanze
internazionali e la real politik di Togliatti impedì una
defascistizzazione reale. L’amnistia che liberò i fascisti, compresi
quelli che si erano macchiati di torture e crimini, mise una pietra
tombale su ogni possibilità di fare i conti con la realtà della
dittatura.
Il flirt tra esponenti del Partito Comunista Italiano e i
ragazzi si Salò é testimoniato dagli scritti di Giancarlo Pajetta, che nel
1945 sosteneva dalle pagine de L’Unità che era giunto il momento di
«riconquistare alla patria quei giovani disorientati e delusi dal regime»;
ancora più esplicito, Ugo Pecchioli parlò di «necessaria chiarificazione
con i coetanei che avevano scelto la Rsi perché frastornati dalla
propaganda»; lo stesso Ingrao affermava su Pattuglia, rivista della Fgci,
di non ritenere più utile guardare al passato degli ex fascisti, essendo
molto meglio «guardare all’ oggi».
Se si pensa che queste
posizioni vennero sostenute a pochi mesi dall’insurrezione popolare del 25
aprile, a pochi mesi dalla chiusura dei luoghi di tortura dove i
partigiani venivano fatti a pezzi dai repubblichini, si può comprendere
come alcuni decenni dopo Luciano Violente, neoeletto presidente della
Camera dei deputati, potesse pronunciare un discorso all’insegna della
pacificazione nazionale.
Quel che colpisce oggi chi affronta quelle
lontane vicende è la genesi di un percorso che affonda le proprie radici
già nel pieno del fascismo. Sono del 1936 – è appena iniziata la
rivoluzione in Spagna, l’Italia sta conquistando nel sangue e negli
orrori, il proprio impero nel Corno d’Africa – gli scritti di Togliatti
dal dorato esilio sovietico. Nella rivista «Lo Stato operaio» comparve un
editoriale intitolato «Largo ai giovani» (slogan fascista), dove i
comunisti salutavano nei giovani littori un certo «anticapitalismo, per
quanto vago e contraddittorio», segno di una nuova coscienza che andava
maturando nella società italiana. Un mese dopo, nell’ agosto 1936, sullo
stesso foglio Togliatti lanciava esplicitamente un appello ai «fratelli in
camicia nera», intitolato «Per la salvezza dell’Italia riconciliazione del
popolo italiano!».
Togliatti si rivolgeva anche ai lavoratori
cattolici e a tutte le forze liberali e democratiche, richiamandosi al
Risorgimento e trasferendo il mito nazionale nel corpus ideologico del
partito.
Come sarebbe apparso ancora più evidente dopo la guerra nel dialogo
con i «fascisti di sinistra» e gli ex repubblichini, il discorso ruotava
attorno alle idee di patria e di nazione, ben lungi dalla tradizione
leninista. Ma proprio qui sta la chiave per capire lo scopo della nuova
strategia.
Assumendo la difesa aperta dei valori patriottici,
Togliatti mirava a trasformare il vecchio partito d’avanguardia,
internazionalista, classista e tutto sommato elitario, in un partito di
massa, capace di ricongiungersi alla specifica tradizione nazionale,
recuperando le masse fasciste e immaginando alleanze sempre più ampie.
Una scelta che ben si incuneava con l’accettazione acritica della
spartizione delle zone di influenza decisa a Yalta. I primi passi verso la
costituzione di un partito nazional popolare, che finita l’epoca delle
«ideologie» si unirà con gli eredi della Democrazia Cristiana. Oggi, con
la nascita del governo Letta, cala una notte dove tutto trascolora e nulla
ha più identità, se non quella, in fondo sempre uguale, segnata dal gioco
del potere. A tutti i costi. Continua…
°°°°°
Bruciano i rifiuti e le nostre
vite
Lo hanno fatto partire di nascosto. Volevano, l’hanno
detto chiaro, evitare guai con chi non era d’accordo che una mostruosa
macchina spara diossina entrasse in funzione al Gerbido, a due passi da
Mirafiori, Grugliasco, Beinasco.
Così venerdì scorso, senza nessun
annuncio ufficiale, è partito l’inceneritore di Torino. Un’altra follia ai
danni della nostra salute, utile solo ad ingrassare gli interessi di chi
lucra sulla costruzione e gestione di questi impianti di morte. Il
giocattolone entrato in funzione al Gerbido, pudicamente chiamato
“termovalorizzatore”, ci è costato 375 milioni di euro. Continua…
°°°°°
25
aprile in Barriera di Milano
Anche quest’anno ci siamo ritrovati alla lapide del
partigiano anarchico Ilio Baroni, operaio delle Ferriere morto combattendo
il 26 aprile 1946.
Tobia ha ricostruito quegli ultimi giorni della
Resistenza a Torino, tra fabbriche e tedeschi in rotta, tra operai che le
difendevano perché pensavano fosse giunto il tempo di riprendere nelle
mani il sogno spezzato negli anni Venti, quando i riformisti imposero
l’abbandono delle occupazioni e la rinuncia a “dare il giro” ad una storia
già scritta. Le vendetta dei padroni, come temeva a ragione Errico
Malatesta, fu terribile. Vent’anni di dittatura.
Tra gli operai delle
periferie torinese il sogno non si spense mai del tutto. Tanti finirono in
galera, al confino o furono costretti all’esilio, altri riuscirono a
tessere i fili di una tela sottile ma tenace. A Torino negli anni Trenta
c’erano tre gruppi anarchici clandestini, uno di questi era in
Barriera.
Nell’aprile del ’45 le fabbriche pensavano di
riprendersele, di afferrare con mani salde il sogno fuggito oltre
vent’anni prima. I militari statunitensi lo capirono e bloccarono la
discesa su Torino delle formazioni partigiane delle montagne.
Gli
operai della zona nord della città dovettero vedersela da soli. A Torino
si combatté sino al 28 aprile. Ogni angolo delle periferie torinesi è
costellato di lapidi che ricordano quelli che morirono in quei giorni di
primavera. Una primavera che sfiorì presto.
Le fabbriche rimasero
nella mani dei padroni. I fascisti vennero amnistiati da Togliatti. Nel
1969, quando gli anarchici vennero accusati della strage di Stato e
Giuseppe Pinelli venne scaraventato dalla finestra della questura milanese
dopo un brutale interrogatorio, a capo di quella questura era l’ex
comandante del confino di Ventotene. I partigiani che non smisero di
combattere dopi i giorni dell’insurrezione, vennero imprigionati per
decenni. Alcuni uscirono, anziani ma non domi, solo alla fine degli anni
Settanta, quando Sandro Pertini li graziò. Continua…
°°°°
Tutti gli
uomini del presidente
Dall’implosione del PD
alla rielezione di Giorgio Napolitano sino alla designazione di Enrico
Letta.
Le analisi di Marco Revelli, Francesco Carlizza e – sui risultati
delle elezioni in Friuli – Federico Denitto. Leggi e ascolta qui
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Bombe
atomiche miliardi e F35
Dagli Usa arriva un apparente voltafaccia rispetto agli impegni di Barack Obama verso il disarmo nucleare. Il Pentagono si appresta infatti a spendere 11 miliardi di dollari per ammodernare 200 ordigni nucleari tattici B61 allocati in Europa per trasformarli in “bombe atomiche intelligenti (teleguidate)” sganciabili dal caccia di ultima generazione F-35, di cui si doterà anche l’Italia. E’ quanto rivela il britannico Guardian.
Niente di nuovo all’orizzonte: era noto che gli F35 erano destinati
ad essere dotati sia di armamento convenzionale sia di ordigni atomici. La
novità è la decisione del governo statunitense di stanziare i fondi
necessari all’operazione.
Un’operazione sporca, perché in questo modo
l’amministrazione statunitense riesce a dotarsi di armi moderne, aggirando
l’accordo sulla non proliferazione nucleare.
In Italia ci sono 70
bombe nelle due basi di Ghedi e Aviano. Continua…
°°°°°
Il CIE nella movida
Sabato 20 aprile. Pioggia e temporali concedono una breve tregua. Ci
ritroviamo sotto la tettoia di piazza Madama, perché fuori ancora goccia e
non è il caso di rischiare largo Saluzzo.
Un po’ di cose buone da
mangiare e poi parte l’assemblea. Ci sono Gilberto e Caterina, un medico e
un infermiera della microclinica Fatih, l’ambulatorio di via Revello dove
non chiedono i documenti a chi sta male. C’è Stefania Gatti, una
procuratrice legale che ci racconta il CIE di corso Brunelleschi, la gente
che si taglia, non mangia, fa lo sciopero della fame. Poi ci sono alcuni
degli antirazzisti che sono sotto processo per essersi messi di mezzo, per
aver cercato di contrastare la militarizzazione delle strade, lo sgombero
degli abusivi di Porta Palazzo, per aver solidarizzato con le famiglie rom
che si erano prese una casa vuota, lasciandosi alle spalle le baracche nel
fango del lungo Stura. Si discute, si confrontano le esperienze, si
costruiscono relazioni.
Poi si va.
In giro per le strade della
movida di San Salvario, tra la gente che affolla i tanti locali della
zona.
In testa la samba, poi la gabbia CIE, e noi tutti. In tutto un
centinaio di persone.
Siamo qui per portare il CIE in mezzo alla
città, per raccontare la storia di Fatih, morto nel CIE di Torino, tra le
grida disperate dei suoi compagni che chiesero inutilmente aiuto.
Continua…
°°°°°°
Gli anarchici, la resistenza, il
revisionismo
(…) Con Roberto Prato abbiamo sfogliato le
pagine della resistenza a Torino, quando Ilio Baroni, operaio toscano
emigrato a Torino negli anni venti, era comandante della VII brigata Sap
delle Ferriere. (…)
Il 25 aprile a Torino la città è paralizzata
dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, la città diventa a breve
un campo di battaglia.
Baroni e i suoi attaccano la stazione Dora e
si guadagnano un successo, ma giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi
Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia
furiosa, e cade sotto il fuoco tedesco. (…)Ilio Baroni non potrà vedere il
momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…
Degli
anarchici italiani nella resistenza abbiamo parlato con Claudio Venza,
docente di storia all’università di Trieste.
Con Claudio abbiamo
affrontato anche il tema del revisionismo, che negli ultimi anni ha
portato addirittura ad una sorta di equiparazione tra partigiani e i
torturatori ed assassini della Repubblica di Salò. Continua…
°°°°°°
Lotte nella sanità tra Torino e
Milano
Ancora repressione contro i lavoratori del S. Raffaele.
Venerdì la polizia ha nuovamente caricato dentro l’ospedale, dove
la lotta era partita
il lunedì precedente, all’arrivo delle prime lettere di
licenziamento, per eliminare gli esuberi.(…)
A Torino lo
sciopero regionale si è svolto il 18 aprile. Indetto sia dai confederali
sia da parte del sindacalismo di base, aveva scopi e piattaforme diversi.
Anche il corteo che è partito da Porta Susa, si è diviso lungo il
percorso. Mentre CGIL, CISL e UIL hanno raggiunto direttamente il palazzo
della Regione in Piazza Castello, il corteo animato da un ampio cartello
di settori politici e sociali è passato dal comune, per manifestare
contro i tagli e i licenziamenti nel settore dell’assistenza attuati dalla
giunta Fassino, prima di convergere in piazza Castello, dove stava
terminando la manifestazione di CGIL, CISL e UIL. (…) Continua…
°°°°°°°
CIE. Laboratorio
disciplinare
La situazione nel CIE sta mutando.
Dopo la
lunga stagione di lotte culminata con la distruzione pressoché totale del
CIE di Gradisca nel dicembre del 2011, le politiche verso i CIE sono
lentamente cambiate. I Centri sono ancora la punta dell’iceberg
legislativo costruito per mantenere sotto costante ricatto gli immigrati
nel nostro paese, tuttavia rappresentano sempre di più un problema sia
economico che di immagine per i governi di turno. Continua…
°°°°°
Da Torino a Istanbul. Solidarietà
senza confini
Mercoledì 17 aprile. Via Roma con la sua
architettura anni ’30 e le sue boutique di lusso è blindata dalla polizia.
Due camionette riversano il loro contenuto di uomini dell’antisommossa che
si uniscono ai dieci della squadra politica per dare un segnale chiaro
agli anarchici che hanno organizzato un presidio di solidarietà con i
lavoratori che in Turchia cuciono il 65% delle camicie che vengono vendute
con il marchio Ermenegildo Zegna.
Lo stabilimento in cui lavorano è
gestito da Francesco Lasorte, un manager italiano che lavora per conto di
Zegna.
Ognuna della camicie di Zegna, esposte nella vetrina della
boutique Scotland, che alla ditta biellese dedica due vetrine, costano 155
euro l’una. I lavoratori che le cuciono quei soldi li guadagnano in un
mese.
Chi ha provato ad aprire una vertenza su salario e orario di
lavoro, costituendo un sindacato, è stato licenziato e resiste fuori dai
cancelli della fabbrica da oltre quattro mesi. Continua…
°°°°°°
Thatcher o del
capitalismo trionfante
Il fusto di cannone, gli onori
militari, la sfilata davanti alla regina. Come Winston Churchill, come
Wellington. Alla notizia della morte hanno fatto festa nei sobborghi
operai inglesi, hanno brindato i vecchi sindacalisti cui Maggie ha
spezzato la schiena, i ragazzi delle periferie e i nazionalisti
irlandesi.
Hanno brindato alla notizia che “Catlina”, come la
chiamano i piemontesi, non si era dimenticata di bussare alla porta del
primo ministro che aveva cambiato – in peggio – la vita degli inglesi.
Ma non solo. Thatcher è divenuta l’icona di un’epoca, quella del
regolamento di conti con le classi lavoratrici. Quelle inglesi e, poi, a
ruota, quelle dell’intera Europa.
Lacrime e sangue e giù la testa.
Il mondo in cui viviamo lo hanno disegnato quelli come lei.
Ma
tutto quanto non sarebbe avvenuto se l’orizzonte del capitalismo non fosse
divenuto il solo possibile, il solo pensabile, il solo desiderabile. Se la
prospettiva di un tempo altro non fosse tramontata nell’immaginario
sociale.
Forse è da qui che occorre ripartire, perché i conflitti di
oggi superino la dimensione tristemente resistenziale per impastarsi di
una pratica che nel conflitto costruisce, nel fare lotta.
Continua…
Da Tunisi a Sidi
Bouzid
I media hanno dato grande risalto al Word Social Forum
di Tunisi. Un’occasione per attraversare dall’interno le tante anime della
primavera tunisina in un momento cruciale per il paese.
Ma, in fondo,
anche uno specchio deformante rispetto alla realtà sociale di un paese
messo in ginocchio dalla crisi economica, spaccato in due dalla
contrapposizione tra Hennada e formazioni laiche, dove qua e là fa
capolino la nostalgia per un regime duro ma stabile.
Karim Metref,
scrittore, insegnante, blogger kabilo che vive da molti anni nel nostro
paese non si è limitato al WSF tunisino ma ha fatto un viaggio nella
Tunisia profonda, nel sud che i turisti delle spiagge del nord non vedono
mai.
Ha fatto tappa anche là dove tutto era cominciato, a Sidi
Bouzid, dove il giovane Mohamed Bouazizi si diede fuoco. Da quel rogo si
scatenò il fuoco della protesta che portò alla caduta del dittatore Ben
Alì. Continua…
°°°°°°
San Raffaele. Blocchi e
cariche
La lunga vertenza dei lavoratori del San Raffaele di
Milano è giunta ad una svolta. La nuova proprietà, subentrata nel grande
ospedale dopo la gestione all’insegna del malaffare che aveva aperto un
buco di un miliardo e mezzo di euro, è decisa a far pagare il prezzo ai
lavoratori.
Sin dallo scorso anno vennero annunciati circa 400
esuberi. In realtà al San Raffaele ci sarebbe bisogno di nuove assunzione,
poiché amministrativi, infermieri e medici lavorano al di sotto
dell’organico.
La lunga trattativa si è conclusa con un ricatto:
significative e durature riduzioni di salario in cambio della rinuncia ai
244 licenziamenti annunciati un paio di mesi fa.
I lavoratori,
respingendo al mittente una proposta appoggiata da CGIL CISL e UIL, hanno
optato per la lotta, opponendosi sia ai licenziamenti sia alle riduzioni
di salario.
Lunedì scorso sono arrivate le prime lettere di
licenziamento. La risposta è stata immediata: l’assemblea non autorizzata
di circa 500 lavoratori ha deciso il blocco delle accettazioni.
Niente ticket per i malati ma accesso diretto alle visite ed agli esami.
Continua…
Aggiornamenti del 17 aprile
Aggiornamenti del 24 aprile
°°°°°°
No
Tav. Un alterco con un poliziotto spione? E’ rapina aggravata!
Martedì 16 aprile. 4 solerti poliziotti sono andati a dare la sveglia ad
Andrea di Vaie e attivista del locale comitato No Tav. Perquisizione in
casa e in macchina, sequestro di telefono, agende, computer e notifica di
obbligo di firma giornaliero alla stazione dei cc di
Borgone.
Cinque mesi prima – era il 16 novembre - Andrea era stato fermato
durante un blocco ai cancelli di Chiomonte e aveva trascorso l’intera
giornata in stato di fermo. Continua…
°°°°°°
Fughe e rivolte al CIE di
Modena
La scintilla della rivolta è scattata domenica 7
aprile. Un ragazzo diabetico è stato preso, identificato come clandestino
e internato nel CIE.
Un sopruso intollerabile al quele molti
prigionieri hanno reagito con forza.
Le prime proteste sono scoppiate
nel cortile. Poi molti immigrati a sono saliti sui tetti continuando a
gran voce a chiedere la liberazione del ragazzo malato. Le prime cariche
non sono bastate a reprimere la rivolta, tanto che le guardie hanno
chiesto l’intervento di rinforzi dall’esterno.
Sono entrati in azione
di militari dell’esercito, della finanza e i carabinieri in assetto
antisommossa: molti detenuti sono stati feriti. Continua…
°°°°°°
I carabinieri, i profughi e la
democrazia
In Libia non c’era la libertà ma avevamo un
lavoro, qui c’è la libertà ma niente lavoro”. Queste le parole di
un giovane profugo, durante il corteo di ieri dei profughi dell’ex
villaggio olimpico. Di lì ad un paio d’ore avrebbe appreso quanto agre
fosse il sapore della libertà nel nostro paese.
Quel ragazzo è uno
dei tanti rimasti in strada dopo la fine
dell’emergenza nord africa, sancita con decreto
ministeriale lo scorso 28 febbraio. Continua…
°°°°°°
B&B. Il gatto la volpe e il
grillo parlante
Una riflessione sulle convulsioni della
politica durante le trattative fallite tra PD e M5S.
Ascolta
l’intervista a Massimo Varengo realizzata
dall’informazione di Blackout
°°°°°°
Meno soldi,
meno lavoro, meno vita
I dati fotografati dall’Istat ci
consegnano un paese, sempre più piegato dalla crisi. Nell’ultimo anno è
stato perso il 4,8% della capacità di spesa. Il dato peggiore dal 1995.
Sempre ieri sono stati diffusi i dati sulla netta riduzione dei
dipendenti pubblici.
Tra il 2006 e il 2011 i dipendenti pubblici sono
diminuiti di 230.000 unità (oltre il 6%), passando, compresi i lavoratori
flessibili, da 3.627.000 occupati a 3.396.000. Un ulteriore calo dell’1% è
stimato per il 2012, anno per il quale non si hanno ancora i dati
definitivi.
Al di là delle cifre è chiara l’immagine di un paese
impoverito, dove la diminuzione dei dipendenti pubblici riflette i tagli
nella sanità, nella scuola, nei trasporti.
Nonostante la durezza
della situazione non si innescano conflitti capaci di mettere in
difficoltà governo e padroni. La durezza delle cifre e un’attenta analisi
dell’anomalia italiana ci conducono nel cuore delle questioni che
attraversano i movimenti di opposizione sociale. Continua…
°°°°°°
Appuntamenti
Martedì 30 aprile. Processo
agli antifascisti
Continua il
processo a quattro antifascisti accusati di furto
aggravato per aver strappato manifesti inneggianti alla marcia su
Roma.
Nonostante
nelle udienze precedenti gli stessi testimoni
dell'accusa avessero negato il furto, il giudice ha
deciso di continuare il processo anziché prosciogliere i quattro compagni,
rinviando gli atti alla procura.
La prossima udienza sarà martedì 30 aprile allo
ore 12,30 in aula 55.
°°°°
Primo
Maggio
Torino. Spezzone rosso e nero al corteo del Primo
Maggio, aperto dallo striscione “Azione diretta autogestione”.
Appuntamento alle 8,30 in
piazza Vittorio quasi all’angolo con via Po.
Dopo il corteo pranzo e
festa alla FAI in corso Palermo 46.
Il pranzo è benefit per i compagni vittime della
repressione.
Chi
non può o può solo poco è ugualmente il benvenuto.
Se possibile prenotatevi,
scrivendo a fai_to at inventati.org oppure chiamate 338 6594361
°°°°°
Appuntamenti fissi
Ogni lunedì – ore
21 – incontro degli “Antirazzisti contro la repressione. Ti ricordi di
Fathi?” presso la sede della fat in corso Palermo 46
°°°
Ogni martedì riunione del collettivo
antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” ore 21 in corso Palermo 46. Il
numero contro gli abusi psichiatrici funziona tutti i giorni con
segreteria telefonica. Il martedì – dalle 19 alle 21 - rispondiamo
direttamente.
Segnati il numero e fallo girare. 328 7623642
°°°
Ogni giovedì – ore 21 in corso Palermo 46 -
riunione degli anarchici della FAT aperta a tutti gli interessati
°°°
Ogni venerdì – dalle 13 alle 15 – anarres va in
onda sui 105,250 delle libere frequenze di radio blackout. Se sei lontano
puoi sentire anche in streaming accedendo dal sito della radio
www.radioblackout.org
http://anarresinfo.noblogs.org
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