Ricordato a Roma l’ex Presidente del Venezuela Hugo Chavez









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Ricordato a Roma l’ex Presidente del Venezuela Hugo Chavez

05/04/2013

A un mese dalla sua scomparsa, viene ricordato a Roma l’ex Presidente del Venezuela Hugo Chavez in un bel documentario che rivive i giorni del golpe del 2002

di Marco Guerrera

Roma – Nel pomeriggio di ieri, presso la sala Metodista di Via Firenze, “Rete No War” e “L’associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba” hanno voluto ricordare l’ex Presidente della Repubblica Venezuelana Hugo Chavez, recentemente scomparso, attraverso la proiezione del documentario “La Revolucion No Serà Trasmitida” di Kim Bartley e Donnacha O’Brian. Ospiti dell’evento personalità importanti del mondo sudamericano, intervenute per condividere le proprie esperienze strettamente connesse al Venezuela e in particolar modo a quella fase che, a posteriori, possiamo definire storica per la vita politica e sociale di quel Paese.

Il documentario riassume, in poco più di un’ora, i concitati, frenetici e densi momenti che anticiparono e accompagnarono quattro giorni non comuni dell’aprile del 2002, simboli del tentativo, fallito, di un colpo di Stato proprio ai danni del “Comandante” Chavez.

Il golpe, appoggiato da diversi generali e da componenti dell’opposizione, fu studiato con estrema cura e dovizia; si trovò, inoltre, un pretesto che scatenasse tensione nel paese e indebolisse di conseguenza il governo. Facendo venire a contatto due folle di manifestanti, una pro-Chavez e l’altra contraria al governo (in piazza per uno sciopero generale), ci fu una repressione in cui morirono decine e decine di persone. Per merito di una stampa connivente, iniziò una campagna accusatoria volta a screditare il Presidente della Repubblica.

Le emittenti private, in mano ad alcuni influenti gruppi di potere, fecero in modo che Chavez non potesse contrastare l’attacco mediatico di quei giorni e passò, di conseguenza, il messaggio che i Chavisti fossero sostanzialmente dei violenti. A livello internazionale gli Stati Uniti, probabilmente coinvolti nel tentativo di destabilizzazione (così come affermato dell’ex Presidente USA Jimmy Carter), all’indomani del colpo di Stato si affrettarono a riconoscere il nuovo governo presieduto da Pedro Carmona. Ciò rappresentava, evidentemente, un punto di rottura con il recente passato che poteva estromettere finalmente Chavez, da sempre considerato “nemico” dei vertici statunitensi. Gli USA, infatti, male avevano digerito la decisione del “Comandante” di nazionalizzare la Compagnia Petrolifera, che comportò un aumento dei prezzi per singolo barile di petrolio, rendendo i rapporti commerciali tra i due Paesi abbastanza “roventi”.

L’11 aprile del 2002, dunque, iniziò la breve ma intensa esperienza di un governo che, sebbene i proclami mediatici, di democratico aveva ben poco. Viziato dall’estromissione dal potere di un Presidente regolarmente eletto, non dimissionario, e che fu sequestrato dai golpisti, il governo Carmona poté godere unicamente della spinta delle televisioni. Sulla vicenda, l’Ambasciatore in Italia della Repubblica Bolivariana del Venezuela Julian Isaìas Rodriguez Diaz, presente alla proiezione del documentario, chiarisce che “il golpe fu favorito da un silenzio totale, definito blackout mediatico. Tutto il mondo era al corrente di ciò accadeva, salvo i Venezuelani”. L’Ambasciatore, allora Procuratore Generale della Repubblica, fu assoluto protagonista in quelle drammatiche ore, riuscendo a informare il popolo di ciò che stava realmente accadendo: “comunicammo in diretta che Chavez non si era dimesso e che si trattava di un colpo di stato. Fui creduto perché ero il Procuratore Generale e perché appena feci quelle dichiarazioni la tv interruppe subito il collegamento”, dichiara Rodriguez Diaz. “Tra la gente tutti sapevano, ma mancava la certezza. La mia dichiarazione ebbe il merito di avviare la mobilitazione che di li a poco avrebbe sovvertito nuovamente la situazione”. Dello stesso avviso l’Ambasciatrice della Repubblica Venezuelana presso la FAO Gladys Urbaneja Duran che aggiunge: “Nella notte del 12 aprile le voci nei barrios si rincorrevano, mancava solo la certezza che arrivò dopo le parole del Procuratore, e così il popolo si riappropriò di un governo democratico grazie al concomitante intervento delle Guardie Governative”. Anche se in quei giorni fu vivo il rischio che un governo golpista potesse soppiantarne definitivamente uno democratico, l’Ambasciatrice Urbaneja sottolinea, malgrado la criticità, l’importanza di quella fase: “nella storia non era mai accaduto un fatto del genere, ossia che un Presidente vittima di un golpe potesse, dopo pochi giorni, riprendere il potere. Da quel momento, tuttavia, il processo rivoluzionario bolivariano si rafforzò”.

Fu quindi una così imponente mobilitazione del popolo venezuelano a consentire la liberazione e il ritorno quasi immediato del loro Presidente, Hugo Chavez. Centinaia di migliaia di persone, accalcate di fronte al palazzo governativo di Miraflores, misero alle strette i golpisti, obbligati a rinunciare al loro tentativo e a riconsegnare il potere, il 14 di aprile, al Presidente eletto. Questa parentesi, tuttavia, ebbe ripercussioni indelebili anche negli anni seguenti ed oggi potrebbe rivelarsi determinante nell’elezioni che si terranno il prossimo 14 aprile. “Il Venezuela ha segnato un cammino irreversibile, fatto dal popolo stesso. Il popolo è determinato, è intatto, ed è sempre più cosciente.

La rivoluzione venezuelana, ancor prima di ciò che rappresentano le conquiste relative all’occupazione, alla salute, all’istruzione e ai livelli di vita, significa l’assoluta presa di coscienza”, spiega l’ambasciatore Rodiguez Diaz. “Il Popolo è Chavez, tutti sono Chavez e non si torna indietro. Il Presidente ha seminato nella storia, tra i poveri, tra quelli che non avevano nulla, e sono proprio loro a condurre questo processo, sono i più sicuri e più coscienti che il cammino giusto sia quello del socialismo”.

Anche l’ambasciatrice Urbaneja crede in una conferma del chavismo e vede come favorito alle prossime elezioni presidenziali il successore Nicolas Maduro: “la campagna elettorale è stata breve per ovvi motivi, ma Maduro sarà in grado di portare avanti il processo rivoluzionario. Noi vogliamo che le idee di Chavez vengano portate avanti e possano essere esportate e apprezzate anche nel resto del Mondo”.