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[vigilanzademocratica] VII Reparto mobile di Bologna - Appello alla società civile
- Subject: [vigilanzademocratica] VII Reparto mobile di Bologna - Appello alla società civile
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- Date: Wed, 23 Jan 2013 11:37:28 -0800 (PST)
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Cosa deve ancora accadere perché il VII Reparto mobile di Bologna venga
smantellato?
Appello alla società civile
Il 18 gennaio 2013 il Tribunale di
Verona ha assolto 8 agenti del VII Reparto mobile di Bologna (Luca Iodice,
Antonio Tota, Massimo Coppola, Michele Granieri, Bartolomeo Nemolato, Ivano
Pangione, Vladimiro Rulli e Giuseppe Valente) dall’accusa di lesioni gravissime
ai danni di Paolo Scaroni, ultras del Brescia 1911 che il 24 settembre 2005 nella
stazione di Porta Nuova ha rischiato di essere ucciso nel corso di cariche
ingiustificate contro i tifosi in rientro dalla trasferta. Oggi Paolo è
totalmente invalido e non si sa neppure se potrà essere avviata una causa per
il risarcimento del danno.
Sette degli agenti imputati sono
stati assolti dal giudice Guidorizzi per insufficienza di prove, l’ottavo perché
il fatto non sussiste.
Al momento della lettura della
sentenza alla rabbia e all’abbattimento di Paolo, dei suoi familiari e degli
oltre 500 tifosi giunti da ogni dove per supportarlo hanno fatto da contraltare
gli abbracci e gli sguardi di soddisfazione dei celerini prosciolti. Criminali
che purtroppo indosseranno ancora la divisa, impugneranno un manganello (magari
al contrario come avvenuto quel giorno) e una pistola.
Non sono ancora note le motivazioni
di questa vergognosa sentenza, ma alcune cose le sappiamo:
-
sin
dall’inizio ci sono stati tentativi di depistaggio e se l’inchiesta ha preso il
via è stato solo grazie all’ausilio di una coraggiosa e testarda poliziotta della
Polfer,
-
la
sentenza di assoluzione per “insufficienza di prove” è stata sicuramente
facilitata dal fatto che i celerini non fossero identificabili a causa del
casco con la visiera e il fazzoletto bordeaux con cui sono soliti mascherare il
volto in questo tipo di “azioni”;
-
la
prova principale che poteva inchiodare i colpevoli, ovvero il video con
le riprese delle cariche girato
dalla scientifica, è stato tagliato: un taglio di dieci minuti… esattamente
quelli in cui Paolo viene massacrato. Tagliato anche nel finale il
commento di due agenti: “adesso il
questore ci inc…”, “ascolta, tu prova a guardare subito le immagini di quando
il…”. Dieci minuti “di buco” di cui nessuna indagine interna da parte della
polizia ha inteso accertare le responsabilità;
-
la vicenda di Paolo Scaroni è soltanto una delle
purtroppo numerose e documentate storie di abusi che vedono come protagonisti
agenti e dirigenti del VII Reparto mobile di Bologna.
In relazione a quest’ultimo punto
abbiamo ragione di supporre che condannare a Verona un’intera squadra
del VII Reparto mobile di Bologna, forse avrebbe messo in difficoltà mandanti e
protettori di questo corpo speciale. Una sentenza di condanna avrebbe
avvalorato ulteriormente le denunce che già circolano e che si stanno facendo
largo presso un pubblico più ampio.
Avrebbe
avvalorato ulteriormente un interrogativo che già oggi molti pongono in maniera
aperta: è davvero possibile parlare solo di mele marce, quando esse sono così
tante all’interno di uno stesso Reparto? Come è possibile che nessuno all’interno
della Magistratura si sia finora posto il problema di indagare se qualcosa non
va nella catena di comando di questo Reparto e nel tipo di addestramento che
esso riceve? Il VII Reparto
mobile in che modo potrebbe ricondurre ai tanti interrogativi irrisolti
“sull’eclissi della democrazia” che si verificò a Genova nel 2001?
Ricordiamo alcuni episodi che hanno
visto protagonista il VII Reparto mobile di Bologna.
Al G8 di Genova uno dei corpi
speciali al lavoro era il VII Reparto mobile di Bologna ed esso divenne
tristemente celebre anche per una maglietta indegna che i celerini si fecero
stampare per ricordare l’evento (quella con l’immagine di un poliziotto che schiaccia a terra un
manifestante e la scritta A
GENOVA C’ERO ANCHE IO).
Per gli arresti illegali di due pacifisti
spagnoli compiuti sempre durante il G8 di Genova sono stati condannati in via definitiva a quattro
anni (ridotti a uno per l’indulto) 4 poliziotti del VII Reparto mobile
di Bologna (Luciano Beretti, Marco Neri, Simone
Volpini e Antonio Cecere), mentre chi dava loro gli ordini (Luca Cinti, uno dei
tanti promossi di Genova) si trova oggi sotto processo per falsa testimonianza
(la prossima udienza è prevista per il 22 febbraio 2013). Luca Cinti testimoniò
in aula di aver assistito all’arresto e che uno dei due arrestati aveva in mano
una spranga, ma un filmato ha dimostrato che i due manifestanti erano
assolutamente disarmati e inermi al momento del fermo.
Cinque poliziotti del VII Reparto
mobile di Bologna sono stati condannati per abuso d'ufficio, rissa, calunnia,
falso ideologico (e uno anche per lesioni personali) per una rissa all'uscita
di una discoteca di Casalecchio nel 2008 scaturita dalle offese da essi rivolte
contro tre nomadi.
Sono note a Bologna le cariche
particolarmente violente contro gli studenti e gli indignados in cui più di una
volta (altra coincidenza) sono rimaste ferite ragazze giovani colpite alle
spalle: il caso di Martina Fabbri, di cui riproponiamo l'intervista, è uno dei più conosciuti e anche
per esso l’identificazione del colpevole è stata resa ardua dalla reticenza e dall’omertà
dei componenti della squadra che attuò la carica e dalla mancanza di un numero
identificativo sulle divise degli agenti in tenuta antisommossa.
Ricordiamo anche che Bologna è la
città in cui ha operato la “Uno Bianca” e che di possibili spinte interne ai
vari apparati contrarie a una riforma in senso “democratico” della polizia hanno
parlato non molto tempo addietro Gigi Notari del Direttivo nazionale Siulp e il giudice Giovanni Spinosa, ex pm della
procura di Bologna che per primo venne incaricato di seguire l’inchiesta.
Noi
crediamo che tutta la società civile debba essere coinvolta nel far luce su
vicende, fatti e responsabilità che assieme alla mancanza di un codice
identificativo per le forze dell’ordine e del reato di tortura contribuiscono a
far sì che gli autori di gravissimi abusi, quando non di veri e propri omicidi
(e c’è mancato davvero poco perché anche Paolo Scaroni venisse annoverato tra
questi ultimi) rimangano impuniti, rinfrancati nel loro agire criminale da
sentenze come quelle di Verona.
Chiediamo
alle vittime di abusi di polizia, ai familiari delle vittime, alle Associazioni
che si battono perché tali nefandezze non abbiano più a succedere (lo chiediamo
in particolare all’Associazione “Le loro voci”, al “Comitato Verità e Giustizia
per Genova”, ad “Antigone”, all’“Osservatorio sulla Repressione del PRC”,
all’Associazione “A Buon Diritto”)
-
di prendere posizione su questo tema
-
di presentare un esposto alla Procura di Bologna perché apra una seria
inchiesta sugli episodi di abusi che riguardano il VII Reparto mobile di Bologna per accertare possibili
collegamenti e responsabilità nella catena di comando
- di far pressioni perché il VII Reparto
mobile di Bologna venga sciolto.
Chiediamo ai parlamentari di
presentare interrogazioni al riguardo e ai candidati progressisti che alzano la
bandiera della “legalità” e del rispetto della Costituzione di utilizzare la
visibilità di cui godono per contribuire a questa battaglia di democrazia.
Chiediamo anche agli ultras che sono
stati vicini a Paolo, che sono vicini a quanti altri sono caduti vittime di
abusi di polizia, di far propria la battaglia per l’introduzione del codice
identificativo e del reato di tortura e per lo scioglimento del VII Reparto
mobile di Bologna. L’ingiustizia subita da Paolo, gli striscioni esposti per
lui in ogni stadio, i tifosi presenti il 18 gennaio a Verona hanno mostrato che
è possibile unire “in nome della Verità e della Giustizia” persone che normalmente
si professano rivali.
Se ieri avete fatto 100, oggi cercate
di fare 200!
Quella per l’introduzione del codice
identificativo e del reato di tortura e per lo scioglimento del VII Reparto
mobile di Bologna è una battaglia di civiltà che ci riguarda tutti.
Chiediamo a tutta la società civile
di riprendere e porre con forza anche questa domanda: “Cosa deve ancora accadere perché il VII Reparto mobile di Bologna
venga smantellato?”.
Milano, 22.01.13
La redazione di Vigilanza Democratica
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