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[Resistenza] Lavoro, diritti, beni comuni e ambiente: non dopo le (possibili) elezioni, ma qui e ora!
- Subject: [Resistenza] Lavoro, diritti, beni comuni e ambiente: non dopo le (possibili) elezioni, ma qui e ora!
- From: Resistenza Pcarc <resistenza.pcarc at rocketmail.com>
- Date: Fri, 28 Dec 2012 12:28:53 -0800 (PST)
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e-mail: resistenza at carc.it – sito: www.carc.it
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Direzione
Nazionale
Milano, 27.12.12
Lavoro, diritti, beni comuni
e ambiente: non dopo le (possibili) elezioni, ma qui e ora!
Approfittare delle divisioni
all’interno della classe dominante per imporre misure e provvedimenti
favorevoli ai lavoratori e alle masse popolari! [scarica pdf]
L’investitura
pressoché unanime dei caporioni dell’Unione Europea, il compromesso trovato tra
Commissione europea e Vaticano sull’ICI (pagamento condonato dal 2006 al 2011 perché
“impossibile calcolare l’importo”!) e la benedizione degli Agnelli-Elkann a
Melfi, hanno rafforzato le quotazioni di un governo Monti bis patrocinato da
una parte dei “grandi elettori” nostrani.
Quella
parte della classe dominante (con alla testa il gruppo De Benedetti) che invece
puntava sul PD perché “occorre un governo di sinistra per attuare un programma
di destra” ha perso terreno: Bersani è avviato a seguire le orme di Occhetto,
anche se porta in dote la collaborazione o almeno la “desistenza” della CGIL e
di una parte della FIOM, di pezzi della sinistra borghese (da SEL all’IdV
passando per il PRC e il PdCI, dall’ALBA-Cambiare si può fino agli Arancioni)?
Ma non è detto che non trovino una qualche forma di inciucio né sono da
escludere colpi di mano, le stragi dei primi anni ’90 sono lì a dimostrarlo.
Non
ci aggiungiamo al coro di quanti si dedicano a prevedere e interpretare le
mosse, le manovre, i piani, le contorsioni e le alchimie elettorali degli
esponenti “responsabili” della politica, della
finanza, del clero, dell’amministrazione pubblica, delle forze armate e delle
polizie, degli affari (i vertici della Repubblica Pontificia): non è
questo il compito dei comunisti. Al netto delle ipotesi che riempiono i mass
media di regime sulle intenzioni di Monti, sulle chance di Bersani e su cosa
farà Berlusconi, ci sta il fatto che mai come adesso le elezioni sono diventate
un catalizzatore della crisi politica: una mina vagante per le classi
dominanti, un’occasione per le masse popolari organizzate.
Tanto
poco i vertici della Repubblica Pontificia sono
sicuri di riuscire a ottenere attraverso le elezioni un Parlamento succube come
e più di quello attuale che hanno messo in soffitta la riforma della legge
elettorale, sulla data delle elezioni hanno saltellato fino all’ultimo e sulle
firme per presentare le nuove liste la nebbia è ancora fitta.
Sia
che le elezioni vengano rinviate in attesa di “tempi migliori” sia che si
tengano effettivamente e qualunque sarà l’esito, l’alternativa per le masse
popolari è una sola. Per non subire gli effetti congiunti della crisi, della
guerra dei Marchionne e dei ricatti della comunità internazionale dei
banchieri, dei finanzieri e dei grandi capitalisti, occorre costruire un
governo d’emergenza popolare deciso a rompere i ricatti e i vincoli del mercato
finanziario, ad usare ogni mezzo per trasformarsi da ricattato in ricattatore
nei confronti della comunità internazionale degli speculatori.
Le
elezioni non sono la via principale per costituire un governo del genere, ma le
elezioni sono un’occasione d’oro per fare un salto avanti in questa direzione.
Due
sono le questioni al centro dello scontro politico prima, durante e dopo le
elezioni.
Il lavoro, la difesa dei
posti di lavoro e la creazione di nuovi, di posti di lavoro utili e dignitosi. Senza lavoro non si vive
(la stragrande maggioranza della popolazione non vive), senza un lavoro sicuro
c’è il ricatto e il furto del futuro, senza un lavoro rispettoso della salute,
dell’integrità e della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente il lavoro
uccide, rende invalidi e deforma, avvelena la terra, l’aria e le acque. Con il
lavoro si producono i beni e i servizi che servono alle famiglie, alle aziende
e alla vita collettiva. Con il lavoro e solo con il lavoro è possibile
realizzare ogni altro obiettivo: rimettere in sicurezza il territorio, i fiumi
e le coste, far funzionare dignitosamente le scuole, gli ospedali e gli altri
servizi pubblici, recuperare e mettere in sicurezza gli edifici pubblici e
privati, recuperare e valorizzare il patrimonio artistico e paesaggistico. Un
lavoro utile e dignitoso per tutti è alla base della sicurezza e della coesione
sociale, della difesa dell’ambiente e dello sviluppo della cultura,
dell’inclusione e della solidarietà, della partecipazione alla vita politica e
sociale.
La nuova governabilità. La costruzione ogni
livello (nazionale, regionale, cittadino, di zona, azienda, scuola, quartiere,
ecc.) di comitati di salvezza nazionale (o comunque li si voglia chiamare),
cioè di centri che aggregano, organizzano e mobilitano le masse popolari ad
elaborare e ad attuare provvedimenti, misure, progetti zona per zona e caso per
caso a far fronte da subito agli effetti più gravi della crisi, a disobbedire e
ribellarsi alle norme e ai provvedimenti che calpestano gli interessi della
stragrande maggioranza della popolazione e della vita collettiva, a spingere (e
costringere) le amministrazioni locali perché si mettano realmente al “servizio
dei cittadini” sviluppando azioni autonome dal governo centrale e usando le risorse,
i poteri e i mezzi di cui dispongono prima di tutto per difendere e creare
posti di lavoro. Non vuol dire esprimere solidarietà e comprensione, ma
sostenere praticamente e in modo fattivo, coordinare e mettere in sinergia le
mille battaglie e iniziative che ovunque lavoratori, cassintegrati, disoccupati
e precari stanno conducendo e promuoverne di nuove mettendo a contribuzione
tutti: tecnici, professionisti, organismi di volontariato, piccoli
imprenditori, esponenti e strutture della chiesa, banche (etiche e no).
Un
ruolo importante a questo fine possono giocarlo le liste alternative al Centro-destra e al Centro-sinistra, a partire
dalle principali: Movimento 5 Stelle da una parte e ALBA-Cambiare si può e gli
Arancioni di De Magistris dall’altra. Non sono comunisti, anzi molti dei loro
esponenti hanno contribuito e contribuiscono alla denigrazione del movimento
comunista e all’esperienza dei primi paesi socialisti (gli “errori e orrori” di
bertinottiana memoria). Credono o sperano che sia possibile risolvere la crisi
(o anche solo mitigarne gli effetti) senza instaurare un nuovo sistema di
relazioni economiche e sociali, ma restando
nell’ambito del capitalismo anche se riformato e corretto in alcuni suoi
aspetti più estremi e distruttivi. Sono convinti che sia possibile
condizionare in senso favorevole alle masse popolari un governo che agisce su
mandato e in accordo con i vertici della Repubblica Pontificia e le istituzioni
della comunità internazionale degli speculatori, benché l’esperienza di PRC-PdCI-Verdi
con il governo Prodi (ma anche prima quando al governo c’era Berlusconi e i
partiti della sinistra borghese erano ancora in Parlamento) abbia mostrato al
di là di ogni dubbio la velleità di questo obiettivo.
Però
danno voce e alimentano l’insofferenza verso l’attuale corso delle cose e la
volontà di cambiamento della parte più attiva, d’iniziativa e generosa delle
masse popolari, ne raccolgono la fiducia,
l’interesse e le aspirazioni. Qui sta la loro
importanza e le loro potenzialità, non nelle idee e nei propositi dei loro
promotori, comici o magistrati che siano e neanche nella radicalità dei loro
programmi. In particolare del Movimento
5 Stelle di Grillo, non a caso da tempo oggetto del fuoco incrociato dei
cecchini di destra, centro e sinistra, da Napolitano e Monti a Ferrero e gli
stessi promotori di Cambiare si può (che si proclamano “alternativi a PD e a
Grillo”). “Populismo” e “antipolitica” le accuse che dai media di regime
rimbalzano anche nel nostro campo. Parliamoci chiaro: il “peccato originale” di
Grillo, quello che Napolitano & C. bollano come “populismo” è il far leva
sull’ostilità popolare diffusa contro Monti (come contro Berlusconi e prima
contro Prodi: contro ogni governo dei poteri forti dopo un po’ che è all’opera)
anziché confonderla, annacquarla, diluirla, attutirla con chiacchiere,
programmi, commissioni di studio, distinguo, menù della cucina dell’avvenire.
Lavoro,
diritti, beni comuni, ambiente, partecipazione, legalità, attuazione della
Costituzione sono obiettivi che compaiono tutti nei
programmi delle liste alternative a Monti, Berlusconi e Bersani. Quello che
conta però non è la quantità di obiettivi, provvedimenti e propositi giusti,
sentiti, radicali proclamati e scritti: nessun partito, nessuna lista, nessuna
persona si presenta alle elezioni promettendo di aggravare disoccupazione,
miseria, repressione, inquinamento e degrado sociale anche se poi è quello che
effettivamente fa!
La prova del nove è la pratica: non aspettare dopo le
elezioni (se si terranno, se non saranno blindate per le nuove liste, se
prenderanno voti… troppi se!), iniziare
ad attuare da subito le misure e gli obiettivi indicati nei programmi con i
mezzi, le risorse e soprattutto le forze già disponibili, quelle che in
buona parte sono già mobilitate e attive su uno o l’altro di questi obiettivi,
approfittando della campagna elettorale e delle divisioni nel fronte padronale
e borghese. “Lavoro” se non è uno slogan vuol dire organizzare e mobilitare i
lavoratori a tenere aperte e a far funzionare l’ALCOA, la FIAT di Termini Imerese,
l’Irisbus, la Jabil
e la miriade di altre aziende chiuse o a rischio chiusura, delocalizzazione,
ridimensionamento. “Ambiente” vuol dire mobilitare il Comitato cittadini e
lavoratori liberi e pensanti insieme agli operai dell’ILVA a prendere in mano
la trasformazione degli impianti e la bonifica del territorio di Taranto.
L’elenco potrebbe continuare, ma il concetto è chiaro. Vale in particolare per
ALBA-Cambiare si può e gli Arancioni. Anche se non si accodano al PD, per quale
motivo la gente dovrebbe credere alle loro promesse, dato che da amministratori
locali non hanno nemmeno mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale nel
2011? Se davvero hanno un programma alternativo devono iniziare a praticarlo,
devono organizzarsi e organizzare le masse popolari per praticarlo! Prendiamo
De Magistris: se dopo più di un anno e mezzo che amministra la città di Napoli,
si presenta alle elezioni avendo come sua unica e principale credenziale la
creazione dell’ABC (ripubblicizzazione dell’acqua), perché la gente dovrebbe
votarlo?
Strettamente legato a questo c’è il criterio (valido
soprattutto per quella ampia e variegata componente di sinceri democratici) che
applicare la Costituzione
significa rompere con le leggi, le regole, i patti e gli accordi della
Repubblica Pontificia che sono leggi, regole, patti e accordi che violano la Costituzione della
Repubblica italiana.
A partire dall’art. 1, “l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”!
L’impegno ad applicare la
Costituzione e le denunce dei ripetuti, quotidiani e
crescenti strappi e violazioni della Costituzione ad opera delle autorità e
delle istituzioni, se non sono parole devono diventare questo: agire in rottura
con le leggi, le regole e le norme che la violano, disobbedire e chiamare a
disobbedire alle leggi, le regole e le norme che violano lo spirito e la
lettera della Costituzione nata dalla Resistenza.
Gli “italiani che contano” e le loro forze politiche per
avere voti (e sempre meno gli riesce!) contano sull’influenza e sulla struttura
capillare della Chiesa, sulle vecchie clientele, sull’esperienza di
sottomissione e rassegnazione che milioni di persone vivono ogni giorno,
sull’ignoranza, sulla propaganda, sull’abbrutimento, sulla corruzione, sulla
disperazione. Se non fanno leva sulla mobilitazione, sul protagonismo,
sull’organizzazione e sullo slancio delle organizzazioni operaie e popolari per
attuare da subito “lavoro, diritti, beni comuni e ambiente” rompendo con tutto
quello che va contro la
Costituzione, i promotori delle liste alternative cosa
contrappongono a questi punti forti dei Bersani, dei Monti, dei Berlusconi per
avere voti?
Questo e principalmente
questo è il banco di prova delle liste alternative al PD e delle possibili
forze che vi aderiscono. Il rispetto della Costituzione senza una mobilitazione
straordinaria per difendere e creare posti di lavoro, che entra nel concreto di
questo principale obiettivo, che favorisce e moltiplica la partecipazione e il
protagonismo popolare rimarrà un obiettivo vuoto, un guscio. E, si badi, i
risultati elettorali per il campo delle masse popolari sono secondari,
accessori. Più che le percentuali di consensi, vale il ruolo che le liste, gli
aggregati e le forze alternative a Monti e al Centro-sinistra di Bersani, se
alternative saranno, vorranno e sapranno assumere rispetto al movimento
popolare: o lo promuovono (consapevoli e decise di rompere le leggi, i vincoli
e le norme eversive) o lo ostacolano (legalitarismo cieco, compatibilità con il
sistema). Questo è anche il bivio che ha di fronte il Movimento 5 Stelle, che
parte con un vantaggio di chiarezza rispetto
ruolo di incompatibilità che sostiene di voler avere. Alla prova dei
fatti vale lo stesso criterio: organizzarsi e organizzare per rompere la
“legalità eversiva” dei vertici della Repubblica Pontificia e per diventare
forza costruttrice della nuova governabilità.
A livello
nazionale, le alternative intorno a cui si decide il ruolo degli aggregati come
ALBA-Cambiare si può, Arancioni e Movimento 5 Stelle sono le seguenti.
1. Stilare piattaforme e
programmi di promesse per quando si sarà diventati forza di governo oppure usare da subito i mezzi, le
risorse, il prestigio di cui si dispone e i ruoli che si esercitano nella
società civile, nel sindacato e nella pubblica amministrazione per attuare la
parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” (lanciare e attuare un
Piano del Lavoro) e le altre misure necessarie a far fronte agli effetti della
crisi?
2. Mettere in primo piano
accordi per costituire una lista comune alle prossime elezioni quando e se i
vertici della Repubblica Pontificia le indiranno con le regole che a loro
converranno oppure mobilitarsi per
moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari, per promuoverne il
coordinamento a livello territoriale e tematico, perché ognuna assuma come
obiettivo comune e principale la costituzione di un proprio governo
d’emergenza?
3. Puntare a diventare un
governo meno impopolare o antipopolare (No Monti bis, No
Bersani-Vendola-Renzi-Casini-Montezemolo, ecc.) approvato dai vertici della
Repubblica Pontificia e dalle istituzioni della comunità internazionale degli
speculatori oppure puntare a
costituire un governo d’emergenza delle organizzazioni operaie e popolari, che
si basa sulla loro forza e sulla loro iniziativa per individuare e attuare i
provvedimenti cui dare forza e forma di legge nazionale, per fare ingoiare
questo governo a Confindustria, Vaticano, organizzazioni criminali,
imperialisti USA e sionisti (i poteri forti del nostro paese)?
4. Puntare a contrattare con la BCE, la CE, il FMI e le altre
istituzioni della comunità degli imperialisti europei e americani un’uscita
dalla UE o comunque un’attenuazione delle costrizioni finanziarie, bancarie,
industriali, ecc. oppure puntare sul
fatto che sono ricattabili, non possono permettersi di espellere l’Italia dal
sistema finanziario e bancario internazionale?
5. Rinegoziare il debito
pubblico con le istituzioni del mercato finanziario oppure annullare il pagamento di interessi, rate e commissioni
(tutelando solo i piccoli risparmiatori), trascinando con l’esempio altri paesi
come la Grecia,
il Portogallo, la Spagna,
ecc. e mettendo in difficoltà con le masse popolari del loro paese quei governi
che insistono a spremerle per sottostare alle condizioni della comunità
internazionale degli imperialisti europei e americani?
La crisi del
capitalismo continuerà ad aggravarsi, per tenersi a galla e guadagnare tempo,
le istituzioni della borghesia e del clero non faranno che infierire
maggiormente sulle masse popolari (in ogni paese secondo le tradizioni e la
posizione internazionale particolari del paese). In questa situazione per
ognuna di queste questioni il secondo è l’unico schieramento razionale, di
prospettiva.
A norma di legge potete essere esclusi da questa lista di distribuzione, RISPONDENDO A QUESTO MESSAGGIO con la richiesta di CANCELLAZIONE Cordiali saluti dalla redazione di: RESISTENZA Dir. resp. G. Maj - Redazione c/o Centro Nazionale del P.CARC: via Tanaro 7 - 20128 Milano; tel./fax 02.26.30.64.54 Reg. Trib.MI n. 484/19.9.94 - stamp. in proprio il 31/05/11. Per abbonamenti nazionali ed esteri e sottoscrizioni: CCP 60973856 intestato a M. Maj Sito: www.carc.it
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