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[Resistenza] Tutti assolti perché il fatto non sussiste!
- Subject: [Resistenza] Tutti assolti perché il fatto non sussiste!
- From: Resistenza Pcarc <resistenza.pcarc at rocketmail.com>
- Date: Sat, 20 Oct 2012 08:39:39 -0700 (PDT)
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Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)
Via Tanaro, 7 - 20128 Milano
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e-mail: resistenza at carc.it – sito: www.carc.it
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Direzione
Nazionale
Milano
19.10.12
Tutti assolti perché il fatto non sussiste! Il 17.10.2012 la Corte
d’Assise di Bologna ha messo la parola fine al procedimento giudiziario per
associazione sovversiva con finalità di terrorismo (art. 270 bis) aperto nove
anni fa contro il (n)PCI, il P.CARC e l’ASP dal sostituto procuratore di
Bologna Paolo Giovagnoli (ora Procuratore Capo a Rimini): tutti i compagni sono
stati “assolti perché il fatto non sussiste”!
Il resoconto di quanto
avvenuto in aula è sommario, perché i compagni non si sono presentati (leggi il comunicato del 12.10).
Respinte le eccezioni preliminari e anche i testi citati dagli avvocati dei
compagni, la Corte ha accolto solo un unico testimone (indicato dall’accusa),
il vice sovrintendente della DIGOS di Modena Alberto Sola, autore
dell’informativa che costituiva la base portante (!?) del procedimento
giudiziario. Il solerte Sola ha esordito blaterando di armi, di fondi economici
raccolti illegalmente, di documenti falsi, di struttura occulta, di piani
eversivi, ecc. Il PM Gustapane a più riprese gli ha domandato se l’attività
investigativa svolta aveva portato ad acquisire delle prove di quanto affermava
e Sola ha costantemente risposto che “no, però…”, “no, ma sembrava che avessero
il proposito di…”. Il PM ha concluso l’interrogatorio dicendo che per
configurare l’art. 270 bis non bastano i sospetti ma occorrono prove di
concretezza e attualità dei fatti, affermando che bisogna accettare anche
ideologie antagoniste altrimenti vengono annullati i principi democratici e
chiedendo alla Corte di ribadire il giudizio di assoluzione per insussistenza
di concreti elementi. Alla richiesta si sono
associati i nostri avvocati. Dopo essersi ritirata per circa mezz’ora, la Corte
d’Assise ha pronunciato la sentenza di assoluzione con formula piena.
In piazza (nei pressi
della Stazione di Bologna, uno dei luoghi simbolo delle stragi di Stato) abbiamo
denunciato che gli unici e veri terroristi nel nostro paese sono Monti,
Napolitano, Marchionne, Ratzinger con il codazzo dei loro compari e complici
alla Formigoni, Daccò, Zambetti, alla Penati, alla Polverini e Fiorito: le loro
armi di distruzioni di massa si chiamano decreti salva e cresci Italia, riforma
del mercato del lavoro, debito pubblico e pareggio di bilancio, IMU, legge di stabilità e tavolo sulla
produttività, sono Fabbrica Italia, la libertà d’impresa, lo stillicidio di
aziende che chiudono o delocalizzano, i licenziamenti e la precarietà, sono lo
IOR, l’8 per mille e l’opera quotidiana di inquinamento morale per indurre le
masse popolari a rassegnarsi all’inferno in terra. Quando nel nostro paese
instaureremo una giustizia veramente degna di questo nome sarà questa gente a
sedere sui banchi degli imputati per essere giudicata da tribunali popolari.
Abbiamo chiamato a
partecipare al NO Monti Day del
27 ottobre a Roma
per cacciare questo governo illegale e illegittimo di sanguisughe che rapinano
le masse popolari, mandano in malora scuola e sanità, devastano il territorio
per soddisfare in ogni modo e ogni costo
la brama di soldi di un branco di banchieri, di finanzieri, di speculatori e di
ricchi. A firmare i referendum sul lavoro (ripristino dell’art. 18 e
l’abolizione dell’art. 8 della Finanziaria Berlusconi) per alimentare la lotta
per “un lavoro utile e dignitoso per tutti” perché nel nostro paese c’è un
immenso lavoro da fare: oggi ci sono 20 milioni di persone che lavorano, ne
servono almeno altrettante per rimettere
in sicurezza il territorio, bonificare le aree inquinate, recuperare e
sistemare gli edifici pubblici e privati, far funzionare decentemente i servizi
pubblici, per produrre i beni e servizi necessari alla vita delle famiglie,
alle aziende e agli usi collettivi, queste sono le grandi opere utili alla
collettività e al paese! A organizzarsi, coordinarsi e mobilitarsi per
instaurare un governo d’emergenza delle organizzazioni operaie e popolari
che lanci un Piano generale del
Lavoro, elimini le attività dannose per l’uomo e l’ambiente riconvertendo le
aziende, abolisca il debito pubblico (tutelando i piccoli risparmiatori), metta
sotto controllo pubblico le banche, nazionalizzi la FIAT e le altre grandi
aziende, stringa relazioni di solidarietà, collaborazione e scambio con altri paesi.
Dopo
aver festeggiato con canti e slogan la vittoria (guarda intervista al Segretario Nazionale del P.CARC), abbiamo
sfilato fino alla Stazione per deporre una corona in memoria delle vittime
della strage del 1980: anche per loro lotteremo fino a spezzare il velo di
omertà e la complicità che lega tra loro gli esponenti “responsabili” della
politica, della finanza, del clero, dell’amministrazione pubblica, delle forze
armate e delle polizie, degli affari (i vertici della Repubblica Pontificia)
e fare finalmente verità e giustizia!
Una vittoria per tutto il movimento comunista, per il
movimento di resistenza popolare e per i sinceri democratici del nostro paese,
una botta per la destra reazionaria ed eversiva. Non è una sparata né lo
diciamo per presunzione. Questa sentenza manda all’aria il tentativo di mettere
fuori legge come organizzazioni terroriste il (n)PCI e le organizzazioni della
sua carovana: i compagni sotto processo, infatti, non erano accusati di reati
specifici, ma di appartenere al (n)PCI e alle organizzazioni come il P. CARC e
l’ASP che sostengono e collaborano al suo progetto di fare dell’Italia un nuovo
paese socialista. Era un processo
apertamente politico: se il tentativo di far condannare come organizzazione
terrorista la carovana del (n)PCI fosse andato a segno, avrebbe aperto la
strada alla messa fuorilegge per via giudiziaria del comunismo e dei comunisti
(per ogni organizzazione comunista ritenuta dalla classe dominante un pericolo
per il proprio potere avrebbe potuto scattare l’equazione organizzazione
comunista=terrorista=fuorilegge). Come i nostri compagni inquisiti hanno più
volte detto nelle loro dichiarazioni in aula, in gioco c’erano le libertà di
organizzazione, opinione, manifestazione
e propaganda (le libertà democratiche - o quanto resta di esse - conquistate
con la vittoria della Resistenza antifascista) dei comunisti e a partire dai
comunisti di chiunque sia o
possa diventare centro di organizzazione e mobilitazione delle masse popolari
per “non pagare la crisi dei padroni”.
Non siamo in
grado di dire chi tra i vertici della Repubblica Pontificia abbia dato il via e
tirato le fila del progetto, quello che è certo, però, è che Giovagnoli non ha
agito di testa sua e in modo isolato. Ha avuto la collaborazione attiva di
gente come Francesco Gratteri e Augusta Iannini che insieme a Giovagnoli e ad
altri giudici, dirigenti della polizia politica e dei servizi segreti, membri
dei governi italiano e francese avevano costituito il “Gruppo bilaterale
italo-francese su terrorismo e minacce gravi”. Si è avvalso della complicità della Magistratura francese
(nella persona del giudice antiterrorismo Gilbert Thiel) che nel 2003 ha arrestato e tenuto
in carcere per un anno e mezzo i compagni Giuseppe Maj e Giuseppe Czeppel. Ha
contato su giornalisti prezzolati che hanno contribuito alla campagna di
criminalizzazione contro “i terroristi dei CARC e del (n)PCI”. Ha potuto
spendere e spandere una marea di soldi pubblici (delle masse popolari) per
perquisizioni, intercettazioni, pedinamenti, tentativi di infiltrazione, ecc.
E’ stato spalleggiato dal Procuratore Capo di Bologna Enrico Di Nicola quando ha fatto ricorso in
Cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata nel 2008 dal
GUP di Bologna Rita Zaccariello e quando ha querelato alcuni dirigenti e membri
del P. CARC e dell’ASP per diffamazione nei suoi confronti (per essere stato
definito “novello Torquemada” e “giudice dal 270bis facile”). E’ stato
appoggiato dalla Procura di Ancona (che ha condannato in primo grado due dei
compagni inquisiti per diffamazione) e dalla Corte di Cassazione nella persona
del procuratore generale Giovanni Salvi che ha accolto il ricorso da lui
presentato (benché Salvi stesso avesse archiviato un’inchiesta contro la
carovana del (n)PCI proprio nel 2003, cioè quando Giovagnoli ha aperto il suo
procedimento giudiziario).
La sentenza
della Corte d’Assise di Bologna è un colpo assestato non solo a Giovagnoli, ma
a tutta la destra reazionaria per conto della quale Giovagnoli aveva aperto nel
2003 il procedimento giudiziario per metterci fuorilegge. Non ci illudiamo che
metta fine ai progetti eversivi e antidemocratici della destra reazionaria, ma
di certo costituisce un ostacolo in più per i prossimi procedimenti giudiziari,
indebolisce tutto l’apparato repressivo giudiziario che minaccia e intralcia il
movimento di resistenza delle masse popolari.
Forti anche
di questa vittoria, affrontiamo a testa alta gli altri processi ancora aperti
contro il P.CARC e le altre organizzazioni della carovana del (n)PCI: a Bologna
il processo per “Caccia allo sbirro” di cui si terrà il 12 febbraio 2013
l’ultima udienza,
ad Ancona quello per diffamazione a Giovagnoli (abbiamo fatto ricorso contro la
condanna in primo grado), i vari procedimenti in Toscana per attività
antifascista e in Campania per le lotte per conquistare e difendere i posti di
lavoro, per attività antifascista e per la partecipazione alle elezioni
politiche borghesi.
La lotta “su due gambe” e il “processo di rottura” pagano! Sono principalmente la
nostra resistenza alla repressione e la
lotta, la mobilitazione e la solidarietà popolare che hanno portato alla sentenza
dell’altro giorno. In
questi anni per far fronte alla repressione giudiziaria (non solo l’inchiesta
di Giovagnoli, ma la persecuzione politica che le Autorità conducono da quasi
trent’anni a questa parte contro la nostra area politica) e volgerla a favore
della rinascita del movimento comunista, abbiamo messo a punto la linea della lotta
su due gambe (iniziative di mobilitazione e solidarietà delle masse
popolari e azioni specifiche tra i sinceri democratici) e della trasformazione
del processo in un processo di rottura (non collaborare alla messinscena
della giustizia neutrale e “uguale per tutti”, ma trasformarsi da accusati in
accusatori). Processo di rottura vuol dire che non si tratta principalmente di
far capire ai giudici che si stanno sbagliando e che le accuse sono infondate,
di dimostrare che siamo innocenti, ma di trasformare i procedimenti giudiziari
in un processo alle Autorità che violano le loro stesse leggi e vanno contro
gli interessi delle masse popolari legittimi anche se non riconosciuti dalle leggi.
Sia quando è evidente la montatura giudiziaria sia quando chi è processato ha
effettivamente fatto quello di cui è accusato, quando “ci sono le prove”. Non
sono i “reati” veri o inventati il contenuto reale delle inchieste e dei
procedimenti giudiziari, ma colpire, isolare, far desistere dalla lotta i
comunisti, i rivoluzionari, gli oppositori politici e quanti organizzano e
promuovono la resistenza contro le misure di lacrime e sangue dei padroni, dei
governi, della comunità internazionale degli speculatori e dei guerrafondai.
Giovagnoli ha cercato di
spacciare il carattere clandestino del (n)PCI come sinonimo di terrorismo
“dimenticando” Gladio, P2, servizi
deviati e corpi paralleli, il segreto di Stato, militare, commerciale,
bancario, industriale, le stragi e gli altri delitti di Stato che costellano
con i loro misteri la storia del nostro paese dal dopoguerra a oggi. Non c’è
niente di più clandestino delle operazioni, delle attività, delle relazioni e
delle decisioni reali degli esponenti della classe dominante, del verminaio che
si nasconde dietro la facciata del teatrino della politica: dice nulla la foga
con cui Napolitano sta cercando di coprire il contenuto di quattro telefonate
tra lui e l’ex ministro Mancino?
E’
in corso una sovversione profonda
dell’ordinamento del nostro paese, della
sua costituzione materiale prima ancora che della sua Costituzione scritta e
ancora, almeno formalmente, in vigore. L’esito del referendum del giugno scorso
sull’acqua pubblica e gli altri beni comuni, la volontà espressa con il voto da
27 milioni di persone, non solo non ha ancora avuto attuazione, ma il governo
Monti lo sta apertamente violando. In Val di Susa le Autorità e le forze
dell’ordine cercano di piegare la “sovranità popolare” agli interessi di un
pugno di affaristi e speculatori eretti a “interesse nazionale” ricorrendo alla
militarizzazione del territorio, alle cariche, alla criminalizzazione e agli
arresti. La Costituzione stabilisce l’autonomia degli enti locali, ma il
governo Monti priva Comuni e Regioni dei fondi per i servizi pubblici, vuole
legare loro le mani con la Tesoreria Unica e il Patto di Stabilità e ridurli al
ruolo di esattori (a partire dall’IMU) per conto del governo centrale.
L’intervento militare in Libia è l’ultima in ordine di tempo delle missioni di
guerra che (benché ribattezzate “missioni umanitarie”) calpestano e violano il
divieto costituzionale di ricorrere alla guerra come strumento per risolvere le
controversie internazionali, la riforma della Difesa targata Di Paola
istituzionalizza questa situazione di fatto (“le forze armate italiane devono
sviluppare capacità di intervento efficace e tempestivo anche a grande distanza
dalla madrepatria, devono operare nelle zone di interesse strategico”). Il
nuovo ordine introdotto da Marchionne estromette dagli stabilimenti FIAT la
FIOM con buona pace della libertà di rappresentanza e organizzazione sindacale
formalmente ancora in vigore. Le zone rosse, i divieti e le cariche delle forze
dell’ordine fanno carta straccia della libertà di manifestazione, le
precettazioni limitano di fatto il diritto di sciopero. A più di 10 anni di
distanza, i mandanti politici della
mattanza al G8 di Genova non sono stati neanche inquisiti. I diritti fondamentali
delle persone e gli accordi internazionali a tutela dei migranti non sono in
vigore nei CIE e nei CARA, nel Canale di Sicilia. Casa Pound, Forza Nuova e le
altre organizzazioni di “fascisti del terzo millennio” che sono tornati a
insanguinare l’Italia godono di appoggi, coperture e complicità in alto loco,
benché il fascismo, oltre che illegittimo, nel nostro paese sia anche illegale.
La Costituzione pone il lavoro a fondamento dell’unità della società e del
paese, stabilisce il diritto al lavoro e a un salario dignitoso per ogni adulto,
ma il nostro paese sta diventando un cimitero di fabbriche, aumentano i
disoccupati, i precari, il lavoro nero fino alle nuove forme di schiavitù: il
denaro e la ricchezza diventano l’unico fondamento della società, l’unica vera
legge. Il diritto al reintegro sul posto di lavoro di chi è licenziato senza
giusta causa (art. 18) è un peso insopportabile: l’arbitrio del padrone deve
diventare legge ovunque. In una situazione del genere ribellarsi, disobbedire,
lottare senza se e senza ma, è non solo legittimo, ma anche la via per
instaurare l’unica legalità degna di questo nome, quella che si fonda sugli
interessi della maggioranza della popolazione.
Rafforzare ed estendere la solidarietà di classe e politica,
fare fronte comune contro la repressione. Dalla nostra battaglia e dal suo esito
devono tirare una lezione quegli esponenti della sinistra borghese che in
questi anni hanno dato credito o hanno addirittura collaborato con poliziotti,
questurini e inquisitori a fare terra bruciata intorno ai “terroristi” dei CARC
e del (n)PCI. Ma ancora più importante, per noi, è che la nostra battaglia e il
suo esito serva a rafforzare ed estendere tra le masse popolari, tra la parte
più avanzata di esse, tra quanti hanno la bandiera rossa nel cuore, la
solidarietà con chi nel nostro campo è attaccato dalla repressione. Mettere
davanti a tutto la stessa appartenenza di classe, lo stare dallo stesso lato
della barricata nella lotta contro la crisi dei padroni e del loro sistema:
questo è il criterio che ci deve guidare, non se un compagno è “innocente” o
meno (e neanche le divergenze ideologiche e politiche). Il codice penale è
stato fatto dai padroni per tutelare i loro interessi e tener sottomesse le
masse popolari, al codice penale dei padroni dobbiamo contrapporre il principio
“è legittimo tutto quello che serve agli interessi delle masse popolari, anche
se illegale!”.
Il codice
penale è dei padroni, per i padroni. La nostra solidarietà non può dipendere da
esso. La nostra solidarietà deve dipendere solo dal lato della barricata in cui
ci si colloca: per far pagare la crisi alle masse popolari o per farla pagare
ai padroni.
Sentenza di Bologna e
Governo di Blocco Popolare. Spesso alla linea del Governo di Blocco Popolare
ci viene obiettato che i vertici della Repubblica Pontificia non ne
permetteranno l’instaurazione, che useranno le loro forze dell’ordine, i loro
giudici e quanto in loro potere per impedirlo. La sentenza di Bologna conferma
invece le possibilità che abbiamo davanti. Il riconoscimento crescente nella stessa
borghesia dell’impotenza a far fronte al precipitare della crisi e gli effetti
devastanti della crisi, insieme alla nostra iniziativa per la costruzione del
Governo di Blocco Popolare, acuiscono la divisione nella borghesia stessa e
alimentano divisioni e contraddizioni nella Magistratura, tra le forze
dell’ordine, tra i partiti borghesi e il clero, tra i funzionari statali, ecc.
Già
adesso anche nella Magistratura accanto ai Giovagnoli e ai Caselli che si
prestano attivamente a usare il “braccio violento della legge” contro i
comunisti e le masse popolari, ci sono i Gustapane, i Guariniello e le Todisco
che hanno delle resistenze a imboccare questa strada, a violare direttamente e
personalmente le leggi e la Costituzione. Già adesso anche tra le forze
dell’ordine c’è chi non accetta o è insofferente di fronte ai lavori sporchi e
ai compiti infami che la borghesia assegna loro (o lo fanno a fatica). Già
adesso vi sono esponenti dei partiti borghesi e anche del clero che si
schierano contro le politiche del governo Monti e persino a favore delle
rivendicazioni e delle mobilitazioni delle masse popolari. Su questi contrasti
e su queste divisioni potrà far leva il governo delle organizzazioni popolari
per attuare il suo programma, questi contrasti e queste divisioni possiamo e
dobbiamo usarli oggi per costruirlo, per alimentare la lotta e rafforzare la
fiducia che è possibile oltre che necessario.
Più in generale, il
compito dei comunisti non è principalmente quello di denunciare la cattiveria
del nemico, i suoi piani e le sue trame, gli effetti devastanti che hanno sulle
masse popolari, la presa che hanno le sue forze più reazionarie anche tra le
masse popolari (ad esempio l’allarme “i fascisti avanzano, le masse popolari li
seguono”), ma imparare a vedere e a mostrare le crepe che ci sono nel campo
della borghesia, allargarle e usarle ai nostri fini, per combattere con
successo fino a vincere.
Il III
Congresso del P.CARC. Il 3 e 4 novembre a Firenze si terrà il III
Congresso del P.CARC (guarda
il trailer). Adesso l’orgoglio per aver vinto una lunga
battaglia si unisce alla determinazione ad avanzare nella lotta per fare
dell’Italia un nuovo paese socialista. La carovana del (n)PCI di cui il nostro
Partito fa parte non è ancora alla testa di grandi movimenti di massa, non
dirige ancora grandi organizzazioni di massa. La lunga persecuzione che le
Autorità hanno condotto contro di noi, però, è una delle conferme che siamo
sulla strada giusta: come abbiamo
scritto alla vigilia del processo di Bologna, “l’unica spiegazione logica di tanta solerte
“attenzione” è che una parte autorevole della borghesia ritiene la carovana del
(n)PCI un pericolo per il suo potere. Cioè che le analisi, la strategia e il
piano da essa proposti siano quelli necessari per far avanzare la lotta della
classe operaia e delle masse popolari fino a “completare l’opera che il primo PCI lasciò
interrotta: fare dell’Italia un paese socialista e contribuire così alla
rivoluzione proletaria mondiale” (dalla Dichiarazione del fondazione del (n)PCI-
ottobre 2004)”.
Concludiamo ringraziando tutti i compagni, i lavoratori e quanti ci
hanno sostenuti in vari modi con la loro solidarietà in questi anni, i partiti
e le organizzazioni comuniste di altri paesi che ci sono state vicine
moralmente (e in vari casi anche durante le udienze) in nome
dell’internazionalismo proletario. Un ringraziamento particolare ai nostri
avvocati che hanno contribuito a questa battaglia per difendere le libertà
democratiche e sbarrare la strada alla destra reazionaria e ai suoi piani
eversivi e antidemocratici. Un ringraziamento ai famigliari dei nostri compagni
inquisiti che non ci hanno mai fatto mancare il loro aiuto, il loro
incoraggiamento: ci auguriamo con tutto il cuore che questa vittoria accenda (o
rafforzi) anche in loro la fiamma della lotta per fare dell’Italia un paese di
vera civiltà, progresso e democrazia!
Osare sognare, lottare e
vincere!
Il comunismo è il nostro
futuro!
A norma di legge potete essere esclusi da questa lista di distribuzione, RISPONDENDO A QUESTO MESSAGGIO con la richiesta di CANCELLAZIONE Cordiali saluti dalla redazione di: RESISTENZA Dir. resp. G. Maj - Redazione c/o Centro Nazionale del P.CARC: via Tanaro 7 - 20128 Milano; tel./fax 02.26.30.64.54 Reg. Trib.MI n. 484/19.9.94 - stamp. in proprio il 31/05/11. Per abbonamenti nazionali ed esteri e sottoscrizioni: CCP 60973856 intestato a M. Maj Sito: www.carc.it
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