[Resistenza] 19 e 25 settembre 2012 - Giornate di solidarietà e lotta



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Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)
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19 settembre 2012 - Giornata di solidarietà e lotta.

No alla persecuzione dei comunisti e del comunismo!


Bologna: Presidio dalle 9.30 del 19 settembre 2012 presso Piazza XX settembre (nei pressi della Stazione)

Difendiamo i diritti conquistati con la Resistenza!
Gli unici e veri terroristi sono i responsabili del disastro di Taranto, delle stragi nel canale di Sicilia, della chiusura dell’Alcoa, del marasma in cui versa il nostro paese!
No alla persecuzione dei comunisti e del comunismo!
 
Partecipa alle mobilitazioni in solidarietà con le compagne e i compagni sotto processo!
Firma gli appelli sul sito www.carc.it No alla persecuzione dei comunisti! Sostenere chi è inquisito perché difende le libertà democratiche
 
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La repressione e la solidarietà: i processi di Bologna contro la carovana del (n)PCI
 
Nelle settimane scorse questure, prefetture e tribunali si sono scatenati: dall’operazione contro gli attivisti NO TAV trentini (arresto di Massimo Passamani, domiciliari per Daniela Battisti e una decina di perquisizioni) alle condanne a dieci e passa anni di carcere per cinque compagni (due dei quali si sono resi irreperibili) al processo per il G8, alle operazioni “a ondate” in Val di Susa (non si contano più le denunce, i fogli di via, le inchieste). Poi ci sono le condanne per gli antifascisti che hanno cantato Bella ciao durante un presidio contro Casa Pound, le manganellate agli operai dell’ALCOA, gli sgomberi di case occupate a Genova… e chissà quali altre brillanti manovre con cui, a bassa intensità il più delle volte, lo Stato fa valere la sua “legalità” contro i militanti, gli attivisti, gli operai in lotta e, sempre più in generale, contro le masse popolari.
A colpi di codice penale e arbitri giudiziari il raggio della repressione si allarga. I pessimisti vedono solo questo: leggono solo di denunce e condanne. A noi preme vedere e mostrare che tanto sfoggio di forza, zelo, giustizialismo, campagne mediatiche, contro militanti e attivisti del movimento di resistenza è tutt’altro che una manifestazione di forza degli organi repressivi. Se denunce e condanne si moltiplicano è perché si moltiplica la ribellione, la protesta, la lotta (a proposito di chi si lamenta che “le masse popolari non si mobilitano”).
Bisogna necessariamente attrezzarsi per prevenire e far fronte alla repressione (ecco perché, ad esempio, abbiamo pubblicato, distribuiamo il Manuale di Autodifesa Legale e promuoviamo dibattiti e conferenze sul tema), ma quando la repressione colpisce, crea contemporaneamente le condizioni per rafforzare il movimento comunista e di resistenza popolare se siamo decisi a ritorcere gli attacchi repressivi contro i suoi promotori e mandanti.
 
Il 19 settembre a Bologna c’è la terza udienza del processo iniziato l’8 febbraio di quest’anno per l’Ottavo procedimento giudiziario contro 12 compagni che fanno (o facevano) parte del (nuovo)Partito comunista italiano, del Partito dei CARC e dell’Associazione Solidarietà Proletaria, accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (art. 270 bis c.p.)
Il 25 settembre, sempre a Bologna, continua il processo iniziato il 31 gennaio contro tre membri del P.CARC e del SLL e un altro compagno, accusati di aver collaborato a rendere noti volti di agenti di polizia sul sito “Caccia allo sbirro” realizzato dal (n)PCI, che ha l’obiettivo di punire e scoraggiare ogni iniziativa di “vigilanza democratica” sull’operato delle forze dell’ordine: dalla trasmissione via internet (copwatching) di foto e filmati di agenti responsabili di abusi alla promozione dell’introduzione del codice identificativo per gli agenti in servizio.
Sono due processi con varie analogie. La principale è che sono entrambi processi essenzialmente politici: i reati contestati sono un pretesto per colpire un’area politica, l’area della carovana del (n)PCI. Oltre alla già citata comune paternità della Procura di Bologna. Ma sono anche due processi diversi.
 
Il processo di Bologna per associazione sovversiva contro la carovana del (n)PCI mira a impedire l’attività di propaganda e organizzazione dei comunisti, a mettere fuori legge i partiti comunisti: per decreto (in Ungheria e in Polonia) o facendoli condannare dai suoi tribunali come “organizzazioni terroriste” (in Italia).
Il movimento comunista che sta rinascendo è l’embrione, l’alfiere del futuro di dignità, civiltà e progresso che le masse popolari possono costruire. Per questo i portavoce, gli intellettuali, i pennivendoli della borghesia hanno profuso fiumi di inchiostro e di parole per denigrare il comunismo e i comunisti, i primi paesi socialisti e la prima ondata della rivoluzione proletaria: hanno proclamato in ogni salsa la fine del comunismo. Per questo le forze dell’ordine borghese hanno represso selettivamente i comunisti e hanno cercato di fare terra bruciata intorno a loro. Per questo i salotti televisivi e parlamentari hanno esibito in pompa magna i Bertinotti di turno disposti a blaterare sugli “errori e orrori del comunismo”.
Da qui le manovre per mettere fuori legge il comunismo e i comunisti con la scusa della “lotta al terrorismo” in cui sono mobilitati alcuni magistrati “specializzati” (Caselli, Boccassini, Spataro, Ionta, Salvi, Giovagnoli, ecc.) nel costruire falsi teoremi, che spesso vengono poi smontati da altri giudici, crollano come castelli di sabbia, ma nel frattempo implicano per decine di compagni anni di galera e soprusi vari. Importante e significativo è il fallimento del teorema accusatorio del giudice Boccassini nei confronti dei compagni arrestati nel 2007 con l’ “operazione Tramonto”: le stesse istituzioni borghesi (Corte Appello e Cassazione) sono state costrette a riconoscere che le accuse di “banda armata e terrorismo” non reggevano. Un colpo al cerchio e uno alla botte, perché i compagni sono stati condannati fino a undici anni e mezzo di carcere: stante le leggi vigenti il teorema non regge, però i comunisti devono essere messi fuori gioco.
 
Il processo di Bologna contro la carovana del (n)PCI è il frutto di una serie di forzature, indizi che diventano prove, arbitri tanto spinti all’eccesso e con una posto in gioco tanto importante (abolire con una sentenza i diritti politici sanciti dalla Costituzione) che lo stesso Tribunale è in difficoltà a procedere oltre, cioè ad arrivare alla sentenza. Non sa che pesci pigliare, vista l’inconsistenza dell’inchiesta su cui si fonda il processo. Cerca di fiaccarci con viaggi a vuoto e i connessi costi di trasporto, giorni di lavoro persi, spese per gli avvocati. Con la precedente udienza del 2 maggio il Tribunale di Bologna aveva deciso di tirare per le lunghe, ha rimandato di 5 mesi e ha deciso di non decidere (vedi l’intervista al Segretario nazionale del Partito dei CARC).
Probabilmente preferiscono lasciar cadere il procedimento, dato che il Tribunale non può emettere una condanna priva di ogni riscontro tanto alla leggera (il processo era già stato archiviato nel 2008 e riaperto su espressa iniziativa del giudice Giovagnoli), ma nello stesso tempo non può chiuderlo con la formula che il fatto non sussiste senza perdere la faccia.
 
Il processo per “Caccia allo sbirro” è la manifestazione di una lotta molto ampia, quella fra i sostenitori dell’introduzione di strumenti di riconoscimento per le forze dell’ordine e chi vi si oppone. Quella fra chi rivendica la sospensione della sostanziale impunità per le forze dell’ordine e chi la difende. Da parte della Procura, anche in questo caso arbitri, violazioni delle procedure e forzature (Procura che se perseguisse i reati di devastazione ambientale ed evasione fiscale con lo stesso zelo con cui indaga sui comunisti sarebbe all’avanguardia nell’applicazione della Costituzione, invece è lo zoccolo duro della parte della Magistratura che tende a violarla…), ma sul processo pesa lo scontro politico in corso.
 
Per entrambi i processi abbiamo sviluppato e raccolto la solidarietà delle masse popolari e dei settori democratici della società, raccolto firme (ormai migliaia, ma la campagna continua), fatto denunce pubbliche e iniziative di sensibilizzazione. Quanto più diventano di dominio pubblico i motivi e i modi che caratterizzano le operazioni repressive, tanto più gli inquisitori devono iniziare a difendersi, iniziano per loro i problemi (perché sono i primi a violare le leggi che pretendono di imporre).
 
Nella lotta contro la repressione la solidarietà è determinante. È importante raccogliere la solidarietà con comunicati e prese di posizione. Nella lotta alla repressione è importante però creare quelle misure concrete che servono a dare agibilità politica a quegli organismi colpiti dalla repressione, ad allargare la rete di iniziativa, il coordinamento, l’unità d’azione. La raccolta di sottoscrizioni economiche è importante tanto quanto la disponibilità di spazi, di iniziative, di occasioni per “fare politica”. Impedire questa agibilità politica è il fine delle operazioni repressive: cancellare gli organismi, le organizzazioni, i comitati e i collettivi.
 
L’Ottavo procedimento giudiziario per 270 bis e quello per “Caccia allo sbirro sono i principali, ma i processi e i procedimenti a carico della nostra area e dei nostri compagni sono decine e decine. In 30 anni le procure di mezza Italia hanno provato a spazzarci via a colpi di inchieste, processi, sequestri di materiale, arresti. Non ci sono riuscite. Al contrario ci siamo rafforzati, siamo cresciuti, abbiamo affinato una linea di attacco (non solo di difesa) contro chi promuove la repressione.
E’ da questa esperienza diretta che nasce la convinzione per cui ogni volta che esprimiamo solidarietà a chi è colpito dalla repressione è un sostegno politico a beneficio del dibattito, del confronto, dell’unità di azione nella lotta per trasformare il presente e costruire il futuro.
 
Proseguiamo la lotta per porre fine al processo per 270bis contro la carovana del (nuovo)PCI! No alla messa fuori legge del comunismo!
 
Rafforziamo la vigilanza democratica: smascheriamo e denunciamo agli abusi delle forze dell’ordine! Solidarietà ai compagni che il 25 settembre saranno processati sempre a Bologna con l’accusa di aver collaborato alla costruzione del sito “Caccia allo Sbirro” promosso dal (nuovo)PCI!
 
La solidarietà è un’arma! Rispondiamo alla repressione delle Autorità contro il movimento di resistenza delle masse popolari con l’estensione, il rafforzamento e la moltiplicazione della solidarietà di classe: facciamo ricadere sui loro piedi il macigno che hanno sollevato!
 
Costruiamo un fronte comune di lotta alla repressione e di solidarietà con i compagni colpiti!
 
Invia e promuovi l’invio di mail e fax di protesta
Per il processo per associazione sovversiva
- PM Antonio Gustapane presso la Procura della Repubblica di Bologna, Piazza Trento e Trieste, 3 - 40137, tel. 051.201111, fax 051.201948 o 051.201 883 – e-mail: procura.bologna at giustizia.it
- Corte di Assise di Bologna Via Farini 1, 40124; telefoni: 051.201269 / 270 / 139; fax: 051.332352; e-mail: roberta.castellari at giustizia.it; e-mail: tribunale.bologna at giustizia.it
Per il processo per Caccia allo sbirro
- PM Morena Plazzi presso la Procura della Repubblica di Bologna, Piazza Trento e Trieste, 3 - 40137, tel. 051.201111, fax 051.201948 o 051.201 883 – e-mail: procura.bologna at giustizia.it
- Giudice Sandro Pecorella presso il Tribunale di Bologna, Via Farini, 1 - 40124, tel. 051.201230 (segreteria); fax: 051.332393 (segreteria).
 
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14 SETTEMBRE 2012 IN VAL SUSA
INCONTRO/PRESENTAZIONE DEL PICCOLO MANUALE DI AUTODIFESA LEGALE

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A norma di legge potete essere esclusi da questa lista di distribuzione,
RISPONDENDO A QUESTO MESSAGGIO con la richiesta di CANCELLAZIONE

Cordiali saluti dalla redazione di:
RESISTENZA

Dir. resp. G. Maj - Redazione c/o Centro Nazionale del P.CARC: via Tanaro 7 - 20128 Milano; tel./fax 02.26.30.64.54

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