[Resistenza] Angelo di Carlo e i minatori sudafricani - comunicato della DN del P.CARC



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Milano, 20 agosto 2012

Lavoratori uccisi, precari e disoccupati suicidi, morti sul lavoro
Siamo in guerra. Non basta indignarsi, esprimere solidarietà e condoglianze alle famiglie, condannare. Per non subire la guerra dei padroni e delle loro autorità, bisogna organizzarsi e lottare per vincere!
 
 
Angelo Di Carlo è morto. Disoccupato, precario da anni, si era dato fuoco l’11 agosto davanti a Montecitorio, davanti alla sede della Camera dei Deputati di quella “Repubblica fondata sul lavoro” che è restata sulla carta, dove oggi Monti proclama apertamente che “il posto di lavoro fisso è una monotonia” e la Fornero che “il lavoro non è un diritto, ma un premio per chi obbedisce e si sacrifica”: per chi sacrifica se stesso, i propri figli, il territorio in cui vive, come a Taranto!
Nell’Italia dei Monti, dei Marchionne, dei Riva, dei Ratzinger si muore per mancanza di lavoro e si muore di lavoro. Chi perde o non trova lavoro è nei guai, resta senza niente. Chi un lavoro ce l’ha, deve lavorare sempre di più, sabato e domenica, notte e giorno, con sempre meno tutele in materia di sicurezza (“un lusso che non possiamo più permetterci”): il lavoro è una condanna, lacrime e sangue per avere sempre meno garantito il futuro per sé e per  i figli, una roulette russa in cui si esce di casa la mattina e non si sa se si ritorna la sera. E se non fai come dice Marchionne, lui chiude, se non obbedisci, ti licenzia e assume un altro: di disoccupati ce ne sono sempre in coda. Questo è il lavoro in un paese capitalista, nell’Italia reale. E’ su questa base che i Monti e i Marchionne contano di rilanciare il paese, l’economia, i consumi, la società.  E se la direzione del nostro paese resta in mano loro, il futuro che si prospetta è già scritto e ben leggibile.
 
La strage di minatori alla Lonmin di Johannesburg mostra di cosa è fatto il “grande sviluppo economico” dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) che la borghesia nostrana esalta come modello, quali sono le condizioni a cui secondo i Marchionne i lavoratori devono rassegnarsi se vogliono continuare a lavorare in nome del profitto, della competizione mondiale, della globalizzazione. Mano libera ai grandi monopoli nazionali e internazionali su terre, miniere, risorse, uomini e donne per produrre materie prime alimentari o industriali per il mercato mondiale, per le grandi opere dettate dalla speculazione finanziaria, per sfruttare giacimenti di minerali o di combustibili, per la deforestazione, per costruire zone industriali speciali e installazioni militari. Il risultato è che cresce un’economia mercantile e capitalista nuova con una “classe media” benestante di agenti padronali, di piccoli capitalisti, di funzionari e di tecnici, il PIL aumenta, le entrate dei governi aumentano di contro a una maggioranza della popolazione sfruttata all’osso e più miserabile di prima.
 
“Un lavoro utile e dignitoso per tutti” è la base per rimettere il nostro paese sulla via della civiltà e del progresso. Utile: per produrre e realizzare quello che serve realmente alle famiglie, alla vita collettiva, alla tutela e al miglioramento dell’ambiente, al progresso in ogni campo della vita sociale. Dignitoso: sicuro, rispettoso della salute, dell’integrità e della sicurezza dei lavoratori. Per tutti: perché c’è un sacco di lavoro da fare, c’è bisogno del lavoro di tutti, italiani e immigrati, per far funzionare le scuole, gli ospedali, tutti i servizi pubblici che sono cronicamente sotto organico, per rimettere e mantenere in sicurezza il territorio, per sviluppare la ricerca e/o l’applicazione di nuove energie pulite, per tenere aperte le aziende che i capitalisti chiudono o de localizzano, per riconvertire ad altre produzioni quelle inutili o dannose, per recuperare gli stabili in disuso e i quartieri degradati delle grandi città.
E’ qualcosa che non ha niente a che fare con la “ripresa” o la “crescita” economica discussa in ogni vertice internazionale, promessa da ogni governo borghese, invocata dalle grandi associazioni padronali come Confindustria. Non lo faranno né Monti né qualsiasi altro governo voluto o gradito ai poteri forti. Né gli aspiranti salvatori della patria alla Montezemolo & C. che si spacciano per paladini dei “capitalisti che producono”.
Lo possono fare solo le organizzazioni operaie e popolari instaurando un loro governo d’emergenza, deciso a finalizzare tutta la vita del paese a fare veramente e finalmente dell’Italia “una Repubblica fondata sul lavoro” e a passare sopra agli interessi dei ricchi e del clero, alle loro abitudini, relazioni e norme per realizzare questo obiettivo.
 
Di fronte alla morte di Angelo Di Carlo e alla strage di minatori della Lonmin non basta indignarsi, esprimere solidarietà e condoglianze alle famiglie, condannare. Siamo in guerra, bisogna organizzarsi e agire di conseguenza.
Per non subire la guerra dei padroni e delle loro autorità, bisogna organizzarsi e lottare per vincere!
Nella situazione attuale fare appello al buon senso e alla ragionevolezza dei Monti e dei Marchionne non serve a niente, di più è complicità con i crimini di cui sono responsabili nel nostro come negli altri paesi.
Non basta neanche cercare di costringerli a fare qualcosa per rimediare alla disoccupazione, alla precarietà, al lavoro nero, al nuovo schiavismo e ai mille altri effetti della crisi generale del capitalismo: al massimo possiamo ostacolare o rallentare la loro opera di distruzione degli uomini, delle attività produttive, dell’ambiente e delle relazioni sociali, ma finché il coltello dalla parte del manico resta in mano a loro non riusciremo a invertire la rotta disastrosa su cui ci hanno messo.
Un governo d’emergenza che abbia al centro del suo programma e della sua azione la realizzazione della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” è la prospettiva che abbiamo di fronte per fermare, da subito, le morti per disoccupazione, precarietà e lavoro, per garantire a ogni famiglia una vita dignitosa.  I Landini, i Cremaschi, i Leonardi, i Bernocchi, i De Magistris e quanti oggi hanno ascolto, seguito, prestigio e fiducia tra i lavoratori e le masse popolari hanno la possibilità e quindi la responsabilità di promuovere la mobilitazione per costruirlo. Qui e ora. Cosa aspettano?
 
La realizzazione della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” è la base per la realizzazione di ogni altro obiettivo di risanamento e miglioramento della situazione. Dalla mobilitazione per la realizzazione di questa parola d’ordine bisogna partire per migliorare realmente la sicurezza, la coesione sociale, l’igiene pubblica, la salute mentale e fisica, la difesa dell’ambiente, per incrementare la cultura e la solidarietà, per mettere fine o almeno limiti al degrado morale, intellettuale e sociale, per migliorare la partecipazione della massa della popolazione alla vita politica e sociale, per ogni movimento di progresso.
 
 

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