[Resistenza] Fare del 22 giugno una giornata di sciopero generale e generalizzato



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Milano 10.06.2012



 
Rompere gli indugi, unire le forze, passare dalla difesa all’attacco
 
Fare del 22 giugno una giornata di sciopero generale e generalizzato
Da marzo in poi RSU, delegati e operai hanno fatto scioperi, presidi, proteste e blocchi in gran parte spontanei a livello di azienda e di zona, gli “sciopero di marzo” che hanno impedito alla Camusso (e anche ad Angeletti, Bonanni e Centrella) di collaborare apertamente con il governo Monti e costretto il PD a togliere la sua firma in bianco sulla riforma Fornero, con il risultato che il governo ha dovuto moderare i propri ardori.
 
A più riprese RSU e delegati hanno chiesto alla FIOM di proclamare sciopero generale contro la riforma Fornero, i delegati autoconvocati all’assemblea del 26 maggio scorso a Roma lo hanno indicato, da  mesi la FIOM e la CGIL che vogliamo chiedono alla Camusso di fissare la data.
 
Adesso lo sciopero generale è stato indetto
- per il 22 giugno
- “contro l'attacco alle condizioni e al diritto del lavoro, contro l'aumento della precarietà e contro la possibilità di licenziare senza giusta causa introdotta attraverso la modifica dell'articolo 18, contro l'aumento delle tasse, contro l'IMU e l'aumento dell'IVA, contro l'attacco alla pensione e al diritto alla salute e alla sicurezza sui posti di lavoro, contro le politiche economiche e sociali del governo Monti e il ricatto del debito operato dalle banche e dall'Unione Europea”.
- da USB, CUB, CIB UNICOBAS, SNATER, USI, SI.COBAS
·         Vedi il comunicato di convocazione dello sciopero
 
Il 22 giugno può e deve diventare una mobilitazione generale per difendere i diritti, per estenderli, per cacciare Monti. Determinante è il ruolo degli operai, dei delegati e delle RSU FIOM, dei lavoratori della CGIL che vogliamo, dei dirigenti della sinistra FIOM e CGIL.
 
Alcune delle RSU più combattive e di traino su scala nazionale come quella della SAME e della PIAGGIO hanno già di loro iniziativa ripreso e chiamato a riprendere gli scioperi sull’art. 18.
 
Presa di posizione congiunta RSU FIOM Same e Piaggio
RIPRENDERE GLI SCIOPERO SULL’ART. 18! (dal manifestino.blogspot.com -1.06.12)
Nel silenzio generale, la riforma dell’articolo 18 è in Parlamento. 
Un governo sempre più debole e forze politiche sempre più allo sbando, sfiduciate da tutte le ultime consultazioni elettorali, ritrovano l’unità nell'offensiva ai diritti dei lavoratori e soprattutto alla garanzia fondamentale dell’articolo 18. 
Bisogna aver chiaro che il contenuto della riforma dell’articolo 18 è di liberalizzare i licenziamenti, rendere ricattabili tutti i lavoratori e permettere la sostituzione in massa dei più anziani con lavoratori precari. Chi appoggia questa riforma si schiera senza riserve contro l’interesse di tutti i lavoratori. 
Questo i lavoratori che hanno scioperato in Marzo lo hanno capito bene. Ed è per questo che l’appoggio determinante che il PD e i dirigenti della CGIL stanno dando alla manomissione dell’articolo 18 è possibile solo sotto un velo di silenzio e di ipocrisia. 
Oggi, come a Marzo, sta ancora una volta ai lavoratori rompere questo velo, scompaginare un’accozzaglia pericolosa di forze socialmente non rappresentative, fermare questa operazione di un governo autoritario e delegittimato per chiudere una volta per tutte con l’attacco ai loro diritti.
 Per questo è necessario che i lavoratori e le loro RSU, a cominciare da quelle che in Marzo hanno saputo reagire con forza e determinazione, riprendano la mobilitazione e gli scioperi sul semplice e chiaro obiettivo 
Giù le mani dall’articolo 18!
Alla SAME abbiamo  iniziato gli scioperi giovedì 31 maggio, alla PIAGGIO  scioperiamo a partire da martedì 5 giugno”.
Adesso il passo è scendere in sciopero e chiamare le altre RSU a scendere in sciopero il 22 giugno.
 
Sergio Bellavita, membro della Segreteria nazionale della FIOM, scrive (8.6.12) sul sito della Rete 28 Aprile: “Il 22 giugno il variegato mondo del sindacalismo di base ha proclamato sciopero ed è un fatto positivo sebbene non sia lo sciopero generale di cui abbiamo un disperato bisogno. Oggi solo la FIOM, grazie allo straordinario consenso che in questi due anni si è accumulato potrebbe rappresentare il perno su cui costruire un vasto fronte sociale. La proclamazione dello sciopero generale dei metalmeccanici avrebbe il pregio di aggregare tutte le soggettività resistenti. Produrrebbe nuove pressioni verso un gruppo dirigente CGIL appagato dalla finta modifica sull'art. 18. Lo sciopero FIOM rimetterebbe al centro della discussione del paese l'art. 18, mentre oggi è del tutto evidente che in campo ci sono solo le pressioni di segno opposto, da Confindustria a settori politici. Lo sciopero Fiom potrebbe essere il volano per quella mobilitazione generale, prolungata che è resa necessaria dalla dimensione dello scontro.  Ma il segretario generale Landini ha detto no, prima in segreteria poi all'assemblea dei delegati Fiom, ad una nuova proclamazione di sciopero della sola FIOM dopo quello dello scorso 9 marzo. Capisco la necessità di chiedere conto ad una CGIL che proclama 16 ore di sciopero per non farle, ma se non lottiamo ora, prima che il parlamento cancelli l'art. 18, quando lo faremo?”.
Sembra la situazione del cane che si morde la coda: buono lo sciopero del 22 giugno indetto dai sindacati di base, però è la proclamazione dello sciopero da parte della FIOM che farebbe la differenza, però Landini  dice no perché che deve essere la CGIL a farlo, però la CGIL non lo fa.
Come uscirne lo dice in modo semplice e chiaro un operaio commentando la presa di posizione di Bellavita:
Caro segretario Bellavita, sono pienamente d'accordo con te ma se la FIOM non proclama lo sciopero generale, perché tu non indichi, UFFICIALMENTE, ai delegati FIOM vicini alla rete28aprile e a quelli autonomi di aderire allo sciopero nazionale del 22 giugno con i sindacati di base?”.
Anziché denunciare (o lamentarsi) che Landini non indice sciopero, i dirigenti della sinistra FIOM devono usare il ruolo, le relazioni e i poteri di cui dispongono per mobilitare direttamente e apertamente le RSU e i delegati a scendere in sciopero il 22 giugno!
Non è “sindacalmente corretto”? Vero, ma siamo all’emergenza economica, politica e sociale, non è più tempo di teatrini neanche in campo sindacale. Un’azione autonoma e decisa in questo senso costringerà anche la titubante direzione della FIOM a muoversi e a quel punto Camusso e soci si troveranno di fronte all’alternativa se seguire la sinistra interna o lasciarsi sfuggire la situazione di mano.
E, un inciso, un’azione del genere sarebbe anche un deterrente agli attacchi e alle ritorsioni che all’interno della stessa FIOM colpiscono da una parte i delegati e le RSU più combattivi (vedi ad esempio la Piaggio) e dall’altra i funzionari sindacali, come Simone Grisa ed Eliana Como della FIOM di Bergamo, più legati ed espressione delle RSU e dei delegati di fabbrica combattivi. 

Fare del 22 giungo una giornata di mobilitazione generale per cacciare il governo Monti-Napolitano e costruire un governo di emergenza popolare
Questo governo di professori agli ordini della BCE e del FMI non metterà fine alla crisi, neanche ai suoi effetti peggiori, il compito per cui è stato installato (con un golpe bianco) è un altro: imporre alle masse più sacrifici per soddisfare le pretese di un pugno di finanzieri, banchieri, speculatori e grandi capitalisti alla Marchionne. Bisogna cacciarlo via, questa volta senza cadere dalla padella alla brace come con Berlusconi. Senza lasciare ancora in mano l’iniziativa ai mandanti di Monti o sperare in Casini, Montezemolo, ecc. o in Bersani e una qualche riedizione del centro-sinistra (la foto di Vasto che Vendola e Di Pietro continuano a sventolare sotto il naso di Bersani). L“alleanza tra PD e sinistra” l’abbiamo già vista all’opera con il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti (più Epifani) e i governi di centro-sinistra che lo hanno preceduto: legge Turco-Napolitano, pacchetto Treu, scippo del TFR, riforma Berlinguer e Fioroni, missione di guerra in Jugoslavia, base No Dal Molin, TAV in Val di Susa, ecc. Per vent’anni si è alternata al governo con la banda Berlusconi e insieme hanno  il nostro paese allo sfacelo attuale.
 
Non c’è arrangiamento di misure e di istituzioni che concili i diritti e il progresso delle masse popolari con le esigenze della comunità internazionale dei finanzieri e dei banchieri. Per porre rimedio almeno agli effetti più gravi della crisi del capitalismo bisogna abolire il debito pubblico, mettere sotto controllo le banche, nazionalizzare la FIAT e le altre grandi aziende. Serve un Piano generale del Lavoro che mobiliti lavoratori, disoccupati, inoccupati, cass­integrati, precari nella produzione di beni e i servizi necessari alle famiglie, alle aziende e agli scambi con l’estero, nella messa in sicurezza del territorio, delle infrastrutture, dei quartieri, nel funzionamento delle scuole, degli ospedali e degli altri servizi pubblici.
 
Non esiste altro modo realistico (che non siano chiacchiere da salotto o da bar) per rimettere in moto l’economia reale nel rispetto dei diritti di chi lavora, dell’ambiente, delle esigenze collettive (quanto produrre, cosa produrre, come produrre): occorre un governo che affidi a ogni azienda compiti produttivi e i mezzi per assolverli e che assegni a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso. Occorre un governo di emergenza formato da persone che godono della fiducia delle organizzazioni operaie e popolari e decise a violare le regole e i diktat della UE, della BCE, del FMI e della NATO.  “Questo è socialismo!”. No. Questo è solo un governo democratico, nel senso che è espressione non di un pugno di speculatori, affaristi e ricchi, ma della maggioranza della popolazione, nel senso che è sulla partecipazione diretta, sulla mobilitazione e sul protagonismo popolare che si basa e trae la sua forza. Ed è un governo rivoluzionario nel senso che inizia a mettere mano e a scardinare i privilegi, a svelare i segreti, a spezzare i vincoli di classe. Non è socialismo, ma è un passo concreto per avanzare nella lotta per costruire una società socialista qui e ora, in Italia, nel XXI secolo. E per il futuro.
 
E’ il momento di osare! Le condizioni per vincere ci sono: il governo Monti traballa, le amministrative sono state una batosta per i partiti che lo sostengono, scandali e scontri intestini si susseguono, le mobilitazioni e le lotte attraversano tutto il paese, molte amministrazioni locali strette tra l’incudine e il martello sono sul piede di guerra su IMU, Equitalia, Patti di Stabilità, in tutta Europa i fautori del rigore e dell’austerità (per i lavoratori) sono usciti scornati dalle elezioni,  l’UE fa acqua da tutte le parti. Tutte le persone che oggi hanno ascolto, seguito, prestigio e fiducia tra i lavoratori e le masse popolari se vogliono veramente difendere art. 18 e CCNL, se vogliono veramente un “nuovo modello di sviluppo” che combini lavoro, diritti, giustizia e ambiente, devono formare QUI E ORA un Comitato di Liberazione Nazionale (o di salvezza nazionale o governo ombra o comunque lo si voglia chiamare)  che:
- mobiliti tecnici, scienziati, lavoratori e quanti hanno esperienza e capacità professionali perché collaborino a mettere a punto misure e provvedimenti, alternativi a quelle del governo dei professori milionari, nei settori principali della vita del paese (in modo via via più dettagliato ed esteso, dal livello locale su su fino a quello nazionale),
- chiami i funzionari pubblici a non obbedire al governo Monti-Napolitano che è stato installato e opera in violazione della Costituzione,
- si colleghi con le organizzazioni operaie e popolari, almeno le principali, di ogni zona e stabilisca relazioni con le forze progressiste europee e del resto del mondo, disposte a rompere con le imposizioni della comunità internazionale degli speculatori.
E’ il passo per rompere con le oscillazioni, che hanno caratterizzato l’azione della sinistra sindacale, della FIOM, dei sindacati alternativi, tra mettersi alla testa del movimento per dare una soluzione politica alla crisi (vedi manifestazione FIOM del 16 ottobre 2010, vedi Comitato No Debito) e restare su un terreno combattivo ma puramente sindacale.
E’ il passo per dare alle proteste, alle mobilitazioni che attraversano tutto il paese (come anche alle forme di ribellione disperata e individuale) uno sbocco pratico, politico, una prospettiva di successo.
 
 

A norma di legge potete essere esclusi da questa lista di distribuzione,
RISPONDENDO A QUESTO MESSAGGIO con la richiesta di CANCELLAZIONE

Cordiali saluti dalla redazione di:
RESISTENZA

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