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[Resistenza] Non dare tregua al governo Monti-Napolitano, abbiamo la forza e l’occasione per mandarlo via
- Subject: [Resistenza] Non dare tregua al governo Monti-Napolitano, abbiamo la forza e l’occasione per mandarlo via
- From: Resistenza Pcarc <resistenza.pcarc at rocketmail.com>
- Date: Wed, 23 May 2012 10:27:38 -0700 (PDT)
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Partito dei Comitati
di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)
Via
Tanaro, 7 - 20128 Milano - Tel/Fax 02.26306454e-mail: resistenza at carc.it – sito: www.carc.it
Milano 23.05.2012
I risultati delle elezioni amministrative creano condizioni più
favorevoli per condurre vittoriosamente la lotta contro la “riforma” Fornero, l’imposizione
dell’IMU e lo strozzinaggio di Equitalia fino alla cacciata di Monti!
Non dare tregua al governo Monti-Napolitano, abbiamo la forza
e l’occasione per mandarlo via e sostituirlo con un governo d’emergenza
popolare che mobiliti lavoratori, pensionati, precari e disoccupati italiani e
immigrati nella ricostruzione del paese!
In tutta Europa i fautori del rigore e dell’austerità (per le
masse popolari!) escono scornati dalle elezioni e l’UE fa acqua da tutte le
parti, il primo paese che spezzerà le catene dell’UE, della BCE e del FMI
aprirà la strada agli altri e getterà le basi per costruire una nuova unità tra
i popoli europei basata sulla collaborazione e sulla solidarietà!
I risultati
delle elezioni amministrative, l’affermazione del Movimento 5 Stelle (M5S) e la
crescita dell’astensionismo confermano che la direzione delle classi dominanti
sulle masse popolari, la loro capacità di orientarne le coscienze e
controllarne e indirizzarne l’attività è in caduta libera, non riescono più a
gestire e controllare il voto popolare nonostante le immense risorse
(pubbliche) che i partiti della destra reazionaria e moderata riversano nelle
campagne elettorali per accaparrarsi seguito e consensi, le tornate elettorali concorrono
ad alimentare l’ingovernabilità del paese.
Massimo
Franco, testa d’uovo del Corriere della Sera, lancia l’allarme: “Nelle
urne sono stati smaltiti i cascami di una Seconda Repubblica in agonia. Ma
questi detriti possono depositarsi e diventare le basi degli equilibri che
verranno, se le forze politiche non saranno capaci di interpretare le dinamiche
di un'Italia che ha mandato l'ultimo avviso prima dello sfratto”. Ha ragione, le
masse popolari si preparano a dare lo sfratto al governo Monti-Napolitano e
alle forze che lo sostengono!
Partiamo dall’analisi del voto
Le elezioni amministrative si sono tenute il 6 e 7 maggio (primo
turno) in 941 comuni, con circa 7,2 milioni di elettori. L’affluenza al primo
turno è stata del 66,9% (- 6,8% rispetto al 2007). In totale erano coinvolti 1.010 comuni di cui 768 appartenenti a
Regioni a statuto ordinario e 242
a Regioni a statuto speciale. In Valle d'Aosta le elezioni saranno il 27 maggio e in Sardegna
il 10 e 11 giugno con l'eventuale secondo turno fissato per il 24 e 25
giugno.
Il ballottaggio del 20 e 21 maggio si è svolto in 118 comuni, con 4,5
milioni di elettori. L’affluenza è stata del 51,4% (-14% rispetto il primo
turno). L’astensionismo è stato maggiore in alcune città, come ad esempio
Palermo e Genova dove ha votato circa il 39% degli aventi diritto, mentre a
Parma ha votato oltre 62% (64% al primo turno). Questo dato conferma che dove
c’è una vera alternativa ai due schieramenti che hanno governato negli ultimi
20 anni il paese e le varie città aumenta anche la partecipazione al voto.
Si è votato in 27 comuni capoluogo di provincia, con 7 città
(Palermo, Genova, Verona, Taranto,
Parma, Monza e Piacenza)
con più di 100.000 abitanti
I risultati del voto del 6 e 7 maggio sono i seguenti
- sindaci eletti al primo turno: 822 su 941 (87,4%)
- comuni al turno di ballottaggio: 118 su 941 (12,5%)
Nei capoluoghi di provincia sono stati eletti 6 sindaci al
primo turno: Brindisi (Centro sinistra (C-S)), Gorizia (Centro destra (C-D)), La Spezia
(C-S), Lecce
(C-D), Pistoia
(C-S), Verona (Lega Nord (LN)). Il C-S conquista Brindisi, mentre Verona passa dal C-D alla
LN, nel resto delle città vengono confermate le precedenti coalizioni.
Dopo il ballottaggio la situazione nei 26 comuni capoluogo è
la seguente:
15 vanno al Centro
sinistra (nelle precedenti consultazioni ne aveva 9). Il Pd e i vari
alleati hanno strappato al Pdl Alessandria, Asti, Monza, Como, Lucca, Rieti,
Isernia e Brindisi, mentre hanno confermato i sindaci di Genova (dove vince con
un esponente di SEL), L'Aquila, La
Spezia, Pistoia, Carrara, Piacenza e Taranto.
6 vanno al centrodestra
(ne aveva 17): Catanzaro, Gorizia, Lecce, Trani e Trapani e solo Frosinone è
stata strappata al centrosinistra.
La Lega è stata sconfitta ovunque tranne che a Verona.
L'Udc ha vinto
Cuneo, togliendola al centrosinistra, mentre ha confermato Agrigento.
IdV con Leoluca Orlando ha stravinto (73%) a Palermo (governata da 15 anni
dal Pdl).
Ma il risultato più eclatante è stata la conquista di Parma
da parte del M5S (60%) contro il
candidato del PD e alleati che si è
fermato al 40%.
Il PdL e i suoi alleati non sono riusciti ad andare al
ballottaggio in importanti città come: Genova, Palermo, Parma, L’Aquila e hanno
subito un tracollo ovunque, stessa sorte è toccata alla Lega Ladrona.
A Genova il
ballottaggio è stato tra il C-S (48,3%) e un “centrista” (15%). Il M5S ottiene
un 13,8% mentre il C-D ottiene il 12,7% e la LN il 4,7%.
A Parma il
ballottaggio è stato tra l’esponente del C-S (39,2%) e un esponente del M5S
(19,5%), mentre i candidati di PdL e
della Lega Nord non hanno superato il 5%.
A Palermo il
ballottaggio è stato tra Leoluca Orlando (IdV) che al primo turno aveva
ottenuto più del 47% dei consensi mentre il candidato ufficiale del C-S aveva
ottenuto solo il 17%. Il candidato di PdL e UdC il 12,8% e quello del M5S
il 5%. Era presente anche il Movimento dei Forconi che ha attenuto lo 0,3%.
Gli
schieramenti e i risultati
Dall’elaborazione dei risultati elettorali nei
comuni capoluogo (al primo turno) emergono i seguenti dati rispetto alle
elezioni regionali del 2010 (più significativo rispetto alle precedenti amministrative
del 2007):
- lo schieramento del Centro-Sinistra (C-S): perde circa 40 mila voti (-7%) e i partiti perdono: PD - 29% (- 91 mila voti), IdV-58% (- 55 mila voti), SEL-FdS -16% (- 12 mila voti), guadagnano liste civiche presenti nello schieramento;
- lo schieramento del Centro-Destra (C-D): perde su tutti i fronti (-38% e circa 206 mila voti). Il PDL - 54% (- 175 mila voti), LN -67% (- 85 mila voti);
- lo schieramento di Centro: perde circa il 6,5%.
Movimento 5
Stelle (M5S)
Dove si presentano generalmente raggiungono al
primo turno circa il 10% dei voti (con i due estremi Palermo e Lecce: 5% e
Parma: 20%). L’affermazione del M5S è il segnale più evidente dell’affermazione
di liste che si posizionano al di fuori e contro dei due schieramenti (C-S e
C-D) che hanno governato e governano il nostro paese e le nostre città.
La conquista al ballottaggio di una città importante
come Parma è visto come l’inizio di un terremoto nel teatrino della politica
borghese. Come verrà amministrata questa città e nell’interesse di chi sarà il
banco di prova del M5S.
SEL-FdS
I partiti della sinistra borghese generalmente si
sono presentati a sostegno dei candidati del C-S (a Genova il candidato sindaco
è un esponente di SEL che ha vinto le primarie battendo il candidato ufficiale
del PD) e questo ha determinato risultati modesti che non invertono la china
avviata con il tracollo del 2008.
A Genova ad esempio la FdS ha ottenuto 5.300 voti e SEL 11.600 (nel 2007
assieme avevano avuto 21.500 voti).
I frammenti
della SB (PCL, PdAC).
PCL e PDAC proseguono la loro politica di
presentarsi “orgogliosamente” da soli con il proprio simbolo: il PCL nelle
principali città (Genova, Palermo, Catanzaro, Parma, Pistoia,
Carrara e in altri centri minori), il PDAC a Lecce e
a Verona ottenendo percentuali che vanno
dallo 0,2 allo 0,7.
La destra
fascista era presente in alcune
città, con scarsi risultati (anche loro sono stati coinvolti dal tracollo dei
partiti dei loro padroni e padrini del PdL).
- La
Destra: Genova (0,85), Parma (1,4%),.
- FN: Verona (0,7%).
I risultati elettorali hanno determinato un
marasma nel quadro politico per la batosta data alle forze (PD-PdL-UDC) che
sostengono il governo e il suo programma di lacrime e sangue, per la crisi
irreversibile che coinvolge ormai i partiti della ex banda Berlusconi (PDL-LN)
e dei più ferrei sostenitori di Monti (Casini & C) e per l’incerto futuro
del PD e dei suoi alleati (SEL, IdV).
Un inciso sul M5S
Non ci uniamo alle invettive e agli scongiuri degli zombie alla Bersani e
dintorni. Il criterio che guida i comunisti, ieri come oggi, è un altro: per
ogni iniziativa, organismo e individuo partiamo dal ruolo che ha nel movimento
delle masse popolari, non dalle intenzioni dei protagonisti: non sono
importanti le intenzioni, ma principalmente quello che essi determinano. Più
importante delle intenzioni di chi promuove un’iniziativa e di chi vi
partecipa, è l’effetto che tale iniziativa ha nel contesto in cui avviene e il
ruolo che noi possiamo (e riusciamo) a farle assumere grazie al nostro intervento.
Di fronte a ogni organizzazione, organismo o singolo ci poniamo il problema di come può e come possiamo farlo
contribuire oggi alla costruzione di un governo che agisca nell’interesse della
maggioranza delle masse popolari anziché di un pugno di sfruttatori, di
speculatori e di ricchi e che non tema di rompere con le loro prassi, regole e
abitudini.
I risultati delle elezioni amministrative creano condizioni più
favorevoli per condurre vittoriosamente la lotta contro la riforma Fornero…
Il PDL e il Terzo Polo (insieme alla
Lega) sono i grandi sconfitti di queste elezioni, quindi il governo si trova a
dipendere maggiormente per la sua sopravvivenza dal PD di Bersani. Tra i
partiti che hanno avallato il golpe bianco con cui il governo Monti si è
insediato e che ne sostengono l’opera di macelleria sociale, il PD è quello che
ha più difficoltà a mettersi apertamente contro la FIOM e le categorie della
CGIL che si aggregheranno alla FIOM se si mette alla testa della lotta contro
la riforma Fornero per difendere ed estendere l’art. 18.
Ma la FIOM ha intenzione di
mettersi alla testa della lotta contro la riforma Fornero scavalcando la Camusso e trascinando
nella lotta anche altre categorie della CGIL (il 19 aprile c’è stato un
Direttivo nazionale della CGIL in cui contro la linea della Camusso hanno
votato la FIOM, la FP, la PLC e anche Nicolosi di Lavoro
e Società) oppure di lasciare il pallino in mano alla Camusso e soci che non
hanno nessuna intenzione di condurre una lotta decisa?
Tra queste due strade la direzione
della FIOM tentenna, sembra pendere più verso la seconda. Il 10 e 11 maggio si
è svolta a Montesilvano (PE) l’assemblea nazionale dei delegati e delle delegate
FIOM in cui è stato approvato a maggioranza l’odg conclusivo di Landini che si
limita a chiedere alla Segreteria Nazionale della CGIL di fissare la data dello
sciopero nazionale, mentre è stata dribblata la richiesta del delegato della SAME
di Treviglio (BG) che fosse la
FIOM a proclamare lo sciopero nel caso in cui CGIL non lo avesse fatto.
All’assemblea-evento organizzata il 20 maggio a Firenze dalla FIOM per il 42°
anniversario dello Statuto dei Lavoratori, Landini da una parte ha dichiarato
che la FIOM farà
tutte le mobilitazioni possibili, anche presidiando il Parlamento durante la
votazione della riforma, dall’altra ha prospettato la raccolta firme per un
referendum abrogativo (che vuol dire rinunciare a far leva fino in fondo sulla
mobilitazione dei lavoratori in nome di un “secondo tempo”, quando proprio la
rinuncia di oggi avrà indebolito le forze). Neanche dall’Area Programmatica “La CGIL che vogliamo” (assemblea
del 19 maggio a Roma) sono venuti segnali di una svolta in direzione di
un’azione sindacale conflittuale.
Quindi
è una partita persa? No. L’assemblea nazionale convocata il 26 maggio a Roma (per
adesioni e informazioni www.assemblea26maggio.org)
da “lavoratori, delegati, precari e disoccupati, militanti di organizzazioni e
movimenti per decidere come mobilitarsi per costruire una risposta
all’offensiva del governo Monti fino ad uno sciopero generale che fermi il
paese” è l’occasione per dare seguito pratico al mandato chiaro e
inequivocabile che viene dagli scioperi e dalle proteste che dal marzo si susseguono
ininterrotte a livello di fabbrica e di zona.
Una decisione, una presa di
posizione chiara e definita sullo sciopero generale contro la riforma Fornero
da parte dell’assemblea si combinerebbe con l’azione dei sindacati di base: l’USB,
CUB, CIB Unicobas, ORSA, Si Cobas, Snater, USI
e SlaiCobas si sono incontrati il 19 aprile a Firenze e hanno deciso una campagna di
mobilitazioni contro la riforma Fornero, nell’ambito della quale sviluppare il
confronto “fra le diverse organizzazioni del sindacalismo conflittuale, di
base, di classe, autonomo e indipendente per dar vita, assieme alle forze
sociali e territoriali disponibili, a forme di mobilitazione che consentano di
verificare le condizioni nel Paese per uno sciopero generale comune e condiviso,
che rappresenti un effettivo momento di contrasto e opposizione alle politiche
del governo Monti-Marchionne-Napolitano e all’attacco padronale ai diritti ed
alle tutele dei lavoratori”.
Un ruolo decisivo spetta ai delegati
e agli operai combattivi della FIOM stessa (ma non solo), a partire da quelli
delle grandi aziende. Nei mesi scorsi hanno “messo in moto” la FIOM, che ha così impedito
alla Camusso (e anche ad Angeletti, Bonanni e Centrella) di collaborare
apertamente con il governo Monti e costretto il PD a togliere la sua firma in
bianco sulla riforma Fornero, con il risultato che il governo ha dovuto
moderare i propri ardori, scegliere la via del dibattito parlamentare anziché
del decreto legge e allungare i tempi. Adesso, forti anche della situazione determinata
dai risultati delle amministrative, possono portare a conclusione
vittoriosamente questa battaglia.
… e contro l’imposizione dell’IMU
Con queste
elezioni in diverse città sono scese in campo e si sono affermate liste (Beni
Comuni, M5S, ecc.) che rappresentano concretamente le forze portatrici della
costruzione di una “nuova governabilità”, forze che sono chiamate a costruire
amministrazioni locali di nuovo tipo (in rottura con le vecchie amministrazioni
di C-D o C-S) che mettono al centro l’interesse collettivo, quello delle masse
popolari e della tutela dell’ambiente. Questa è sfida a cui dovranno dare da
subito risposte le nuove AC di Parma, di Palermo o anche di Genova, che si
uniscono a quelle di Napoli, Cagliari e Milano che si sono affermate un anno
fa.
“I loro
banchi di prova sono il boicottaggio della riscossione dell’IMU, la rottura del
Patto di Stabilità, la disobbedienza alla Tesoreria Unica, la resistenza alle
altre angherie del governo Monti. La Giunta Monti-Napolitano
per dare soldi alle banche e alle istituzioni finanziarie italiane e
internazionali taglia i servizi pubblici e i finanziamenti agli enti locali:
vuole costringere anche gli enti locali a tagliare i servizi pubblici. La Giunta Monti-Napolitano
da una parte vuole attenersi alle regole del sistema finanziario, dall’altra
rifiuta ostinatamente di prendere i soldi dove sono: di tassare i ricchi e i
capitali della borghesia imperialista e del clero imboscati in Svizzera e negli
altri paradisi fiscali, di tagliare i trasferimenti di soldi pubblici alla
Chiesa, di rompere i contributi dello Stato italiano alle guerre e ai piani di
riarmo della NATO, del governo Usa e dei sionisti, di ridurre le pensioni
d’oro, gli stipendi e i compensi degli alti funzionari pubblici, dei dirigenti
delle banche e delle altre aziende e istituzioni capitaliste pubbliche e
private. La
Giunta Monti-Napolitano è l’agente dell’asservimento del
nostro paese alle istituzioni finanziarie, al sistema imperialista mondiale e
alla Comunità Internazionale presieduta dal governo di Washington e benedetta
dal papa di Roma. Vuole soddisfare le pretese del sistema finanziario senza
però intaccare la ricchezza della borghesia imperialista e del clero: per
questo accresce la miseria e la disoccupazione tra le masse popolari, aumenta
lo sfruttamento dei lavoratori dipendenti, soffoca i lavoratori autonomi e
spoglia il resto delle classi intermedie ” (Comunicato (n)PCI n. 17 del
12.05.12.).
Varie sono le
amministrazioni comunali che hanno già deciso di azzerare l’IMU e/o di togliere
ad Equitalia la riscossione dei tributi, i risultati delle elezioni aumenta il
numero di quelle che possono mettersi sulla stressa strada. La pressione della
cittadinanza attiva, delle organizzazioni popolari, dei comitati anti
Equitalia, delle vedove del fisco, ecc. e le iniziative collettive per non
pagare imposte, ticket, mutui possono far decidere e avanzare su una linea di
lotta e costruzione anche quelle che ancora oscillano.
Non dare tregua al governo Monti che traballa. Abbiamo l’occasione e la
forza per cacciarlo!
Questa volta senza cadere
dalla padella alla brace come con Berlusconi. Senza lasciare ancora in mano
l’iniziativa ai mandanti di Monti o sperare in Bersani, Casini, Montezemolo e
compagnia. L’unico modo è instaurare un governo che obbedisca non alla BCE,
alla Confindustria e al Vaticano, ma alle RSU e alle altre organizzazioni dei
lavoratori, alle reti di studenti, ai coordinamenti degli immigrati, ai
comitati NO TAV, agli organismi dei pastori e degli altri lavoratori autonomi,
alla miriade di organizzazioni operaie e popolari esistenti. Solo così possiamo
saltarci fuori!
Che piani di investimenti pubblici e privati per il rilancio dell’economia reale
è possibile fare senza abolire il debito pubblico (tutelando solo i piccoli
risparmiatori), senza una patrimoniale, senza tagliare spese militari, pensioni
e stipendi d’oro, senza chiudere il rubinetto dei soldi che lo Stato regala
ogni anno al Vaticano e alla Chiesa cattolica? Come si fa a eliminare la
precarietà se non si aboliscono le leggi Biagi & C., se non si stabilizzano
tutti i precari a partire dalla pubblica amministrazione? Che soluzione è
possibile all’emergenza casa se non si requisiscono le case sfitte delle grandi
immobiliari, dei palazzinari, della Chiesa (che possiede il 30% del patrimonio
immobiliare nazionale!)? Come si fa a dissuadere i padroni da chiudere o
delocalizzare le aziende se non si è decisi e attrezzati per tenerle aperte e
farle funzionare comunque, con ritmi e condizioni ben diverse da quelli criminali
e indegni che i Marchionne vogliono imporre e che hanno ucciso quattro operai in
Emilia-Romagna sotto le macerie delle fabbriche dove stavano lavorando nella notte
tra sabato 19 e domenica 20 maggio? Come mettere fine allo strozzinaggio di
Equitalia senza abolirla, riorganizzare la riscossione e ancora prima la
tassazione su base veramente progressiva? Che lotta all’evasione fiscale (alla
grande evasione, non la caccia al povero cristo!) è possibile senza abolire il
segreto bancario e senza tassare le montagne di soldi depositate nelle banche
svizzere? Perché le banche dovrebbero usare i soldi a favore delle famiglie e
delle piccole imprese anziché per le speculazioni se non vengono sottoposte
tutte al controllo pubblico? Di che lotta alla corruzione dilagante parliamo se
non si rende da subito trasparente la pubblica amministrazione? Sono tutte cose
possibili, necessarie a rimediare qui e ora agli effetti più gravi della crisi, ma occorre un governo deciso a
farle.
Landini, Cremaschi,
Rinaldini, Leonardi, Bernocchi, De Magistris, Gino Strada, Ugo Mattei, Beppe
Grillo e tutte le persone che oggi hanno ascolto, seguito, prestigio e fiducia
tra i lavoratori e le masse popolari hanno questa responsabilità, devono essere
messe di fronte a questa responsabilità. Se vogliono veramente quello che loro
stessi dicono che occorre per far fronte efficacemente alla crisi, se vogliono
veramente un “nuovo modello di sviluppo” che combini lavoro, diritti, giustizia
e ambiente, devono assumersi il compito di chiamare le masse a mobilitarsi per
formare un governo d’emergenza che queste cose le faccia. Alcuni di loro,
all’assemblea costituente dell’Alleanza per il Lavoro, i Beni Comuni e
l’Ambiente (ALBA) tenutasi il 28 aprile scorso a Firenze, hanno lanciato la
proposta di un Comitato di Liberazione Nazionale: cosa li trattiene dal dare
seguito a questa proposta? Un Comitato di Liberazione Nazionale (o di salvezza nazionale o governo
ombra o comunque lo si voglia chiamare) che indichi i provvedimenti da prendere
per ognuno dei settori più importanti della vita del paese, che chiami i
funzionari pubblici a non obbedire al governo Monti-Napolitano
che è stato installato e opera in violazione della Costituzione darebbe
alle proteste, alle mobilitazioni che attraversano tutto il paese (come anche alle
forme di ribellione disperata e individuale) uno sbocco pratico, politico, una
prospettiva di successo.
Gli alibi con
cui alcuni di loro hanno giustificato attendismo e mancanza di iniziativa
cadono uno dopo l’altro.
Dopo Pomigliano,
il 16 ottobre 2010 e il processo che
hanno innescato nel paese la favola della “scomparsa della classe operaia” è
venuta meno: la classe
operaia è il centro propulsore della battaglia politica per difendere lavoro,
redditi, diritti, non è possibile governare un paese come il nostro se la
classe operaia è all’opposizione.
Dopo le lotte spontanee,
estese e decise in difesa dell’art. 18 chi può ancora
dire che la combattività delle masse popolari è scarsa?
Cosa resta
del berlusconismo e del leghismo dopo il tracollo anche sul terreno elettorale
del PDL e della Lega Nord?
La debacle
della Lega Nord insieme allo scarso seguito elettorale della destra fascista mostrano
le difficoltà che incontrano i promotori della mobilitazione reazionaria: dare
per scontato che la crisi del capitalismo apra per forza di cose la strada a
soluzioni autoritarie, a una riedizione del fascismo in realtà significa solo
rinunciare a usare le possibilità che la situazione offre oggi per invertire la
rotta.
Di fronte
alle prime avvisaglie della riedizione della strategia della tensione chi può mettere la mano sul fuoco che i
poteri forti permetteranno che ci siano elezioni politiche? che non useranno il
precipitare della crisi interna o internazionale per rinviarle? che non faranno
ricorso alla strategia della tensione o ad altre manovre criminali per
determinarne l’esito?
Siamo all’emergenza economica, sociale, politica, ambientale:
per invertire la rotta servono metodi, vie e progetti fuori dall’ordinario. Per
non subire la guerra dei padroni e degli speculatori dobbiamo combattere a
modo nostro: organizziamoci per vincere!
La FIOM insieme alla sinistra CGIL, all’USB e agli altri sindacati di base,
insieme alle associazioni come il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, ad
aggregati come l’ALBA e il NO Debito, ai movimenti come quello NO TAV, dei
Pastori sardi, dei Forconi siciliani, alle reti ambientaliste, ai coordinamenti
di immigrati, studenti, insegnanti, disoccupati e precari, alle amministrazioni
comunali progressiste e la Rete
dei Comuni per i Beni Comuni, hanno la forza, il seguito, l’autorevolezza per
promuovere una mobilitazione generale e permanente fino a imporre un governo
d’emergenza popolare.
Difesa del posto di lavoro, creazione
di nuovi posti di lavoro, difesa dei diritti dei lavoratori e del resto delle
masse popolari, difesa e miglioramento dell’ambiente e mille altri obiettivi
per cui si mobilitano e lottano milioni di persone sono incompatibili con il
politicamente corretto, con il sindacalmente corretto, con le regole, le
procedure e i vincoli del mercato finanziario e delle sue istituzioni.
Abolire il debito pubblico, mettere
sotto controllo le banche, nazionalizzare la FIAT e le altre grandi aziende, lanciare un Piano
generale del Lavoro che mobiliti lavoratori, disoccupati, inoccupati, cassintegrati,
precari nella produzione di beni e i servizi necessari alle famiglie, alle
aziende e agli scambi con l’estero, nella messa in sicurezza del territorio,
delle infrastrutture, dei quartieri, nel funzionamento delle scuole, degli
ospedali e degli altri servizi pubblici. E’ l’unico modo realistico per rimettere in moto l’economia reale nel
rispetto dei diritti di chi lavora, dell’ambiente, delle esigenze collettive.
Per uscire dalla crisi del capitalismo dobbiamo mettere fine
al capitalismo e fare dell’Italia un paese socialista: al posto dei capitali e
dei profitti, dei prestiti e dei debiti, delle banche e delle istituzioni
finanziarie l’intesa, la pianificazione e la decisione collettiva.
A norma di legge potete essere esclusi da questa lista di distribuzione, RISPONDENDO A QUESTO MESSAGGIO con la richiesta di CANCELLAZIONE Cordiali saluti dalla redazione di: RESISTENZA Dir. resp. G. Maj - Redazione c/o Centro Nazionale del P.CARC: via Tanaro 7 - 20128 Milano; tel./fax 02.26.30.64.54 Reg. Trib.MI n. 484/19.9.94 - stamp. in proprio il 31/05/11. Per abbonamenti nazionali ed esteri e sottoscrizioni: CCP 60973856 intestato a M. Maj Sito: www.carc.it
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