Primo Maggio di lotta a Torino. Il PD non entra in piazza S. Carlo



Primo Maggio di lotta a Torino. Il PD non entra in piazza S. Carlo

Il corteo del Primo Maggio quest’anno è stato segnato da molteplici
contestazioni al governo della città ed ai sindacati di Stato.
Vivere a Torino è sempre più difficile: disoccupazione, precarietà,
licenziamenti, sfratti, chiusura di ospedali, scuole, asili danno il ritmo
di un vivere segnato dall’incertezza per il futuro, da lavori sempre
precari, spesso pericolosi, non di rado inutili, dalla scomparsa di tutele
conquistate negli anni con le lotte.
La Torino che non ci sta, con le sue tante anime, si è ritrovata nella
piazza del Primo Maggio, per dichiarare forte e chiara la propria
indisponibilità a vivere questo presente e ad accettare di lasciare ai
propri figli un domani peggiore.
La testa del corteo fa i primi passi in via Po, quando un gruppo di
studenti contesta il sindaco Fassino. Parte una breve carica di polizia e
quattro studenti vengono fermati. Verranno rilasciati alcune ore dopo,
con, per tre di loro, una denuncia a piede libero.
Fassino fa il corteo tra due ali di polizia ma questo non impedisce a
tanta gente di fischiare e gridare slogan da sotto i portici di via Po e
via Roma.
In piazza Castello nuova tappa nella via crucis del sindaco, atteso da un
folto gruppo di No Tav, sindacati di base, gente comune che fischia e
grida slogan.
A Fassino non va meglio dal palco di Piazza S. Carlo, una piazza S. Carlo
surreale, piena di poliziotti. Precari, senza pensione, le maestre dei
nidi che il comune vuol liquidare e privatizzare fischiano sonoramente
durante il suo intervento.
Ma la giornata non è ancora finita. Lo spezzone aperto dagli autonomi non
entra in piazza S. Carlo, devia verso il comune, dove un paio di ragazzi
salgono la balconata per affiggervi uno striscione. La polizia carica
ancora poi si ritira e lo spezzone, recuperati i due sul balcone, si
allontana.
Lo spezzone rosso e nero, aperto dallo striscione “Né Stato né padroni.
Azione diretta”, dopo aver aggirato il servizio d’ordine del PD, composto
dai soliti picchiatori prezzolati, che lo scorso anno avevano aggredito
gli anarchici, danneggiandone il furgone, sfila per via Po, piazza
Castello e via Roma. Chiude lo spezzone, dove le bandiere anarchiche si
mescolano a quelle dei No Tav, lo striscione dei compagni del comitato
autogestito contro il Terzo Valico.
Numerosi interventi scandiscono il percorso dello spezzone, più volte
applaudito lungo il percorso dai tanti torinesi ai lati del corteo.
Lo spezzone del PD, che sfila in coda, non riesce ad entrare in piazza,
perché viene duramente contestato. I picchiatori del PD si schierano,
spruzzano spray al peperoncino in faccia ai tanti che intendono impedire
al partito degli affari, della guerra e dei padroni di entrare nella
piazza del Primo Maggio. Riescono a portarsi via una bandiera rossa e nera
ma è un ben misero trofeo, perché alla fine sono obbligati a retrocedere
da una piccola folla che man mano si ingrossa.
I carabinieri in assetto antisommossa arrivano di corsa ma ormai è tardi.
Quest’anno, per la prima volta, quelli del PD non entrano nella piazza
dove si conclude il corteo del Primo Maggio.
Un Primo Maggio di lotta. Una giornata importante per l’estendersi a
macchia d’olio della protesta popolare, una giornata in cui tanti,
spontaneamente, hanno espresso il loro rigetto verso un sistema politico e
sociale che semina miseria e finalmente raccoglie un po’ della rabbia che
ha seminato tra chi fatica a vivere all’ombra della Mole.
Un segnale del vento che cambia? Un auspicio e un impegno per tutti noi.

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