Torino. Punto info No Crisi



Torino. Punto info No Crisi

Martedì 22 novembre

Punto info No Crisi
in via Po 16
dalle ore 17

Dalla padella nella brace

Il governo è cambiato ma la ricetta non cambia. Il conto della crisi lo
devono pagare i lavoratori, i pensionati, i giovani schiacciati da una
vita precaria. Prima di andarsene la banda Berlusconi ha approvato il
patto di stabilità, la vecchia legge finanziaria, aggiungendo fiele ad una
minestra già amarissima.
Aumento dell’età pensionabile, ticket sanitari, blocco dei contratti,
licenziamenti facili, tredicesima a rischio, svendita del patrimonio
pubblico, privatizzazione dei servizi, eliminazione di ogni garanzia per
chi lavora fanno parte del pacchetto avvelenato servito alla povera gente.
Da anni il lavoro è diventato una roulette russa: i lavori precari,
malpagati, pericolosi, in nero sono diventati la regola per tutti.
Chi si fa ricco con il lavoro altrui non guarda in faccia nessuno. Chi
governa racconta la favola che sfruttati e sfruttatori stanno sulla stessa
barca e elargisce continui regali ai padroni.
I padroni si sentono forti e passano all’incasso di quel che resta di
garanzie, libertà, salario. Un macello che gronda sangue. Le vicende di
Pomigliano e Mirafiori dimostrano che, se non si inverte la rotta, non ci
sarà freno alla corsa all’incasso di chi lucra sulla vita di tutti.

I più colpiti sono i lavoratori immigrati, costretti dalle leggi razziste
a piegare la testa, pena la perdita del lavoro e quindi del permesso di
rimanere in Italia.
Il lavoro, che ricatta la vita di tutti, è una vera catena per chi rischia
di essere rinchiuso in un CIE, di venire deportato lontano dalla sua vita,
dai suoi cari, dalla speranza di un futuro migliore.
I campi tende per immigrati, il prolungamento ad un anno e mezzo della
detenzione nei CIE, la repressione sempre più dura verso chi lotta contro
il caporalato, il lavoro servile, la reclusione amministrativa sono solo
le punte di un enorme iceberg.

E va sempre peggio.
Tanti non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, a pagare il fitto e
il mutuo, rischiando di finire in strada. A Torino si moltiplicano gli
sfratti, mentre ci sono 150.000 appartamenti vuoti.
Dicono che non ci sono soldi. Mentono. I soldi per le guerre, per le armi,
per le grandi opere inutili li trovano sempre. Aumenta la spesa bellica e
si moltiplicano i tagli per ospedali, trasporti locali, scuole. La nuova
linea tra Torino e Lyon che cercano da sei mesi di imporre con la forza,
occupando militarmente il territorio, è un affare da 22 miliardi di euro.
Un centimetro di Tav costa 1.200 euro, come lo stipendio di un operaio.
Il Comune di Torino, per far fronte al debito, sta mettendo in vendita la
GTT, l’azienda dei trasporti e la Smat, quella dei rifiuti: pur di fare
cassa cancellano quel che resta dei servizi per handicappati e anziani.
Così toccherà a tutti pagare per l’enorme buco delle olimpiadi.

Hanno fatto un governo di tecnici. La politica fa un passo indietro e si
affida a chi, per lavoro, sa far funzionare bene il sistema di
sfruttamento ed oppressione nel quale siamo forzati a vivere.
Un militare per fare la guerra fuori casa, un prefetto per la guerra in
casa, un po’ di banchieri per imporre le ricette dell’Europa e del Fondo
Monetario Internazionale. Il tutto all’ombra del Vaticano che benedice un
esecutivo “tecnico ma di osservanza vaticana”.

Ma c’è chi non ci sta, chi si ribella ad un destino già scritto, chi vuole
riprendersi il futuro.
Sono i No Tav, che da Torino alla Valsusa, resistono all’occupazione
militare, allo sperpero di risorse pubbliche, alla devastazione
dell’ambiente. Sono i ragazzi tunisini che bruciano le frontiere, sono i
prigionieri dei CIE che sfondano le porte e scavalcano i muri. Sono gli
sfrattati che non si rassegnano alla strada ed occupano le case vuote.
Sono gli studenti che scendono in piazza perché hanno imparato a loro
spese che nulla è garantito se non dalla lotta. Sono i lavoratori che
stanchi di piegare la testa vogliono riprendersi un po’ della loro vita.

Cambiare la rotta è possibile. Con l’azione diretta, costruendo spazi
politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione,
abbandonando l’illusione elettorale, perché destra e sinistra in questi
anni si sono divise su tutto ma non su quello che conta. Hanno attuato lo
stesso programma: farci pagare la crisi dei padroni finanziando le imprese
e tagliando i servizi.
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa, di tirare
a campare, di rassegnarsi. Che se ne vadano tutti!
Un mondo di liberi ed eguali è possibile. Tocca a noi costruirlo.


Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torino
Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21
338 6594361 fai_to at inrete.it