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Torino. Comincia il processo “Calabresi”
- Subject: Torino. Comincia il processo “Calabresi”
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Mon, 18 Jul 2011 02:23:53 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Comincia il processo “Calabresi” Martedì 19 luglio comincia il processo a due anarchici della FAI torinese per le scritte alla Stampa del maggio 2009. Quella notte sul muro della sede de “La Stampa” in via Marengo e su quelli di tre sedi del PD apparve la scritta “Calabresi assassino. Pinelli assassinato. Nessuna pace con lo Stato”. La prima udienza si terrà alle ore 9 al tribunale di Torino – corso Vittorio 130 - aula 52, ingresso 20, piano terra. Un paio di giorni prima di quelle scritte, il presidente della Repubblica Napolitano, in occasione della giornata dedicata alle vittime del terrorismo, aveva invitato la vedova dell’anarchico Pino Pinelli e quella del suo assassino, il commissario Luigi Calabresi. Sono passati più di quarant’anni. Tanti anni e tanto fumo, sparso ad arte perché di quei lontani giorni a Milano non resti più nulla. Una strage della memoria, che lascia attoniti quanti vissero con passione e con rabbia quei giorni e gli anni che seguirono. Gli eventi del dicembre 1969 mostrarono a tanti la criminalità dello Stato, sì da segnare indelebilmente la vita di tanti di quella generazione. Vale la pena tornare a quel dannato 15 dicembre del 1969, il giorno che Giuseppe Pinelli venne ammazzato nella questura di Milano, nella stanza del commissario della “squadra politica” Luigi Calabresi. Tre giorni prima una bomba di Stato aveva fatto strage di 17 persone nella banca dell’agricoltura di piazza Fontana. Immediatamente era scattata la caccia all’anarchico: decine e decine di compagni erano stati fermati e portati in questura e sottoposti a martellanti interrogatori. Giuseppe Pinelli, partigiano, ferroviere, sindacalista libertario, attivo nella lotta alla repressione, era uno dei tanti. Uno dei tanti che in quegli anni riempivano le piazze per farla finita con lo sfruttamento e l’oppressione. Il copione venne preparato con cura ed eseguito a puntino. Un sistema politico e sociale che aveva imbalsamato la Resistenza, represso la protesta operaia e contadina, stava traballando sotto la pressione delle lotte a scuola e in fabbrica. La strage di piazza Fontana, la criminalizzazione degli anarchici, l’assassinio di Giuseppe Pinelli furono la risposta dello Stato al movimento del Sessantotto e del Sessantanove. Solo la forza di quel movimento impedì che il cerchio si chiudesse, che gli anarchici venissero condannati per quella strage, la prima delle tante che insanguinarono l’Italia. Quelle stragi, maturate nel cuore stesso delle istituzioni “democratiche”, miravano ad imporre una svolta autoritaria, a dittature feroci come quelle di Grecia, Argentina, Cile. Basta con la favola dei “servizi segreti deviati”! Gli stragisti sedevano sui banchi del governo. Uomini dei servizi e poliziotti come Calabresi obbedivano fedelmente alle direttive dello Stato. La stessa scelta della lotta armata, che pur buona parte degli anarchici non condivise per il suo carattere avanguardista e militarista, scaturì dal timore che un nuovo fascismo fosse alle porte. Fu anche una risposta alle stragi e alla repressione. Dopo 40 anni lo Stato cerca di assolvere definitivamente se stesso. Giorgio Napolitano, come già il suo collega di partito Violante, riscrive la storia mettendo sullo stesso piano le ragioni dei carnefici e quelle delle vittime. Invitare alla stessa cerimonia la vedova di Pino e quella del suo assassino è il segno di una storia che si vuol chiudere all’insegna di una pacificazione impossibile, vergognosa, inaccettabile. L’umana pietà per i morti, per tutti i morti, non può mutare di segno allo scontro irriducibile che, in quegli anni, contrappose sfruttati e sfruttatori, oppressi ed oppressori, servi dello Stato e suoi irriducibili nemici. Federazione Anarchica Torinese – FAI Corso Palermo 46 Torino – la sede è aperta ogni giovedì dalle 21 in poi fai_to at inrete.it 338 6594361
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