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No Tav. La lunga attesa
- Subject: No Tav. La lunga attesa
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Mon, 30 May 2011 21:06:29 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
No Tav. La lunga attesa Una lunga attesa. Tante notti ad aspettare l’attacco della polizia alla Libera Repubblica della Maddalena, tante notti con un occhio aperto e uno chiuso. Con la paura che prende ed accelera il cuore, qualcuno con il timore per i propri figli adolescenti spensierati e giocosi tra una barricata e una partita a carte. Altri pensano all’età non più verde e agli acciacchi, altri ancora con negli occhi il gusto della sfida con i potenti che vogliono rubare e devastare. Tutti decisi a resistere. A piè fermo. Bugianen. Tutti consapevoli dell’importanza di non cedere un centimetro agli invasori, ben sapendo che la lotta sarà lunga e si misurerà alla distanza: tenere la Maddalena non è facile per nessuno. Giorno dopo giorno, la comunità resistente, memore di Venaus, si è raccolta nei boschi e lungo la strada: brevi assemblee e lunghe giornate di lavoro, perché tutto fosse a posto, la barricata come la cucina da campo, il cartello informativo come il comunicato stampa. Barricate mobili e fandonie della stampa Dal 24 al 30 maggio. La Libera Repubblica della Maddalena è nei boschi della Val Clarea. Il punto di incontro è la casetta in muratura costruita nell’area destinata al cantiere TAV. La casetta, tirata su da muratori No Tav tra l’autunno e l’inverno, sorge su uno dei terreni comperati dai No Tav con la campagna “acquista un posto in prima fila”. La Libera Repubblica della Maddalena sta affondando radici solide nella terra che gli uomini dello Stato vogliono devastare. Intorno al presidio Clarea di ora in ora si moltiplicano le tende, il via vai è continuo. C’è chi porta da mangiare, chi da bere, chi lavora per rinforzare le difese. Tanta gente. Giovani, meno giovani ed anziani. Gente diversa per storia, percorsi politici e sociali, modo di vestire e di parlare. Al Clarea si mescolano le tante differenze che sono la ricchezza di un movimento, che al momento giusto non ha né padri né padrini, un movimento che cammina sulle proprie gambe. I ragazzi saltano qua e là, gustando il sapore di avventura, tra la casa sull’albero e il pilone votivo – abusivo come tutto qui - tirato su lungo il sentiero. Turi, anarchico e non violento, ha deciso di digiunare per sette giorni. Niente cibo e niente parola, se non in assemblea. Dopo il fallito attacco delle forze del (dis)ordine statale della notte tra domenica 22 e lunedì 23 maggio la stampa si è scatenata. Ogni pretesto era buono. I sassi lanciati in un’autostrada deserta, perché chiusa da ore dalle forze del disordine, si sono moltiplicati di ora in ora. Prima erano 200 poi sono diventati 700. I giornali hanno descritto la notte di resistenza alla Maddalena come “attacco ad operai, automobilisti e polizia”. Nessuno ha notato l’incongruenza di sassi che non hanno colpito nessuno, che non hanno fatto male a nessuno. Il Segretario della CISL Bonanni, ha annunciato una manifestazione in difesa degli operai contro i facinorosi. Gli altri sindacati di stato, pur tutti schierati con la lobby del Tav, si sono mostrati più prudenti: sanno bene che le gite in Val Susa non portano troppa fortuna. Ne sanno qualcosa i tanti politici piemontesi che negli anni hanno provato a fare comparsate e all’ultimo hanno preferito dare forfait. Bonanni e i suoi non si sono mai preoccupati degli operai che hanno costruito le gallerie Tav nel Mugello: un morto per ciascuno degli 83 chilometri di tunnel della Bologna Firenze. Da che parte stanno lo sanno tutti. La mossa di mandare avanti i mezzi delle ditte Martina e Italcoge si fa più chiara: la speranza è dividere il movimento, opponendo gli interessi di una zona schiacciata dalla crisi a quelli di chi difende il territorio. Un gioco sporco. Sporchissimo. Negli ultimi vent’anni i tagli nelle ferrovie hanno tranciato via 95.000 posti di lavoro. Gli incidenti, le carrozze spaccate e sporche, le linee soppresse sono lo specchio di scelte che privilegiano il trasporto di lusso a quello per chi lavora e studia. La tutela dell’ambiente, la sanità, la scuola potrebbero impiegare molta più gente del Tav. Poco importa: le menzogne, passando di bocca in bocca, di giornale in giornale possono diventare verità di fede. Fortuna che sempre più gente decide di aprire occhi e orecchie. Dopo la notte di resistenza di lunedì 23 le le barricate erette lungo la strada che porta al piazzale della Maddalena sono state smontate per consentire ai vignaioli, ai turisti, ai ragazzi in gita di accedere ai campi e all’area archeologica. I No Tav hanno piazzato un gazebo accanto al ponte dopo la centrale Enel. Un piccolo presidio per accogliere ed informare chi arrivava e per spiegare con gentile fermezza che poliziotti, carabinieri e gente del Tav non erano graditi. Naturalmente i carabinieri del capitano Mazzanti hanno preteso di passare: i No Tav hanno detto no, mettendo un camper di traverso. Nel comunicato scritto all’assemblea del 25 maggio si chiariva che “La Val Clarea è un'area posta sotto tutela dal movimento No Tav che non accetta la presenza di forze dell'ordine con il chiaro intento di guadagnare terreno per poi installare il cantiere del tunnel geognostico.” La digos ha fotografato e filmato tutto. Il giorno dopo il quotidiano La Stampa scriveva di 15 anarcoinsurrezionalisti denunciati al “posto di blocco”. Giovedì 26 l’assemblea popolare al Polivalente di Bussoleno è di quelle che restano nella memoria. Il teatro è stracolmo: tanti restano in piedi, si accovacciano a terra, si affollano sul palco, ascoltano da fuori tendendo l’orecchio. Arriva per un breve intervento anche Plano, il presidente della Comunità Montana, che pubblicamente si rimangia le parole del giorno prima alla stampa, negando di aver mai chiesto compensazioni. I giravolta della politica sono spesso veloci, velocissimi. Senza l’appoggio delle liste civiche Plano può dire addio alla sua poltrona. Tante anime ma idee chiare: la partita si gioca sui monti. Noi con la forza delle nostre ragioni, gli uomini dello Stato armati di tutto punto. Il giorno dopo, ormai è venerdì 27, si riuniscono politici ed imprenditori, destra e sinistra e parlano chiaro. Faremo il cantiere costi quel che costi. In una conferenza stampa indetta all’Unione Industriali l’assessore regionale Bonino dice a chiare lettere “"Non c'è nessun limite di ingaggio, quando si tratta di azioni che tutelano l'incolumità dei cittadini. Noi siamo a fianco delle forze dell'ordine, sappiamo che il lavoro che dovranno affrontare sarà complicato e che avranno anche fare con agitatori di professione o persone addestrate alle tecniche di guerriglia, che hanno scagliato sassi da 120 chili”. È il via libera per la mattanza. Sabato 28 nei boschi di Chiomonte e su al piazzale della Maddalena i bambini giocano nel bosco, in cucina fervono i preparativi per la cena, Heidi Giuliani ci racconta del luglio del 2001, quando un uomo dello Stato sparò in faccia a suo figlio. C’è anche un operaio della Fincantieri che porta la solidarietà dei lavoratori genovesi in lotta. La notte tra il 29 e il 30 maggio pareva quella buona. Il prefetto avverte la Comunità Montana, che istituisce un’unità di crisi a Bussoleno, con distaccamento di amministratori No Tav alla Maddalena. La risposta popolare è chiara e forte. Centinaia e centinaia di No Tav accorrono all’appello: qualcuno, con i bambini, passa al pomeriggio, tanti, i più, arrivano con il buio. La cucina da campo va avanti tutta la notte, sfornando pasta, insalate, frittate, dolci, caffé, the per tutta la notte. Si fanno assemblee, si discute, si lavora, a gruppi la gente parla di quello che ci aspetta. La carta della paura, giocata da politici e imprenditori, non ha funzionato. I più prudenti si sono comperati i caschi da lavoro con il simbolo del treno crociato, altri ancora si sono portati quelli da arrampicata, altri suggeriscono ad altri di coprirsi la testa con le mani. Alcuni ricordano la notte di Venaus, quando le truppe dello Stato sollevarono la barricata buttando giù quelli che ci stavano sopra. Le barricate della Maddalena, perfezionate dai liberi tecnici No Tav, sono sempre più belle. Le ore passano, i lampeggianti blu non spezzano la magia della notte. Una lunga nottata. All’alba tanti vanno filati dalla barricata al lavoro. All’assemblea del giorno prima c’era anche un partigiano valsusino: un uomo gracile dalla voce chiara: il filo rosso della gente che resiste si allaccia, si stringe, diventa vincolo di lotta. Oggi come allora in montagna non ci sono professionisti della politica, né agitatori di professione, né persone addestrate alla guerriglia. Oggi come allora ci sono gli anarchici e i comunisti, i cattolici e gli atei, ma soprattutto c’è tanta gente che non vuole piegare la testa. La libertà non ha prezzo. Maria Matteo (quest’articolo uscirà sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova)
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