Torino. Primo maggio contro la guerra e il militarismo. Foto



Torino. Primo maggio contro la guerra e il militarismo

Immagini dello spezzone libertario contro le guerre e il militarismo al
corteo del primo maggio a Torino.
Le puoi vedere qui:
http://www.flickr.com/photos/58952321@N07/sets/72157626651917062/show/

Riportiamo sotto il comunicato emesso dopo l’aggressione del servizio
d’ordine del PD e il testo del volantino distribuito in piazza.

Torino 1 maggio. Il PD aggredisce lo spezzone contro la guerra
Il servizio d’ordine del PD ha tentato di fermare lo spezzone contro la
guerra e il militarismo, promosso da Federazione Anarchica Torinese,
Federazione Anarchica del Monferrato, Perla Nera, Zabriskie Point  Novara,
Collettivo Anarchico Studentesco Torinese.
In piazza Vittorio, alla partenza del corteo, il servizio d’ordine degli
squadristi democratici del PD ha assaltato il furgone d’apertura degli
anarchici. Hanno frantumato il parabrezza e rubato le chiavi del mezzo.
Quando gli antimilitaristi, dopo un lungo scontro con i democratici, sono
riusciti a riprendersi le chiavi, le hanno trovate spezzate. Gli
stalinisti poi, temendo di essere riconosciuti, hanno aggredito un
manifestante che stava fotografando il corteo, spaccandogli a pugni la
macchina fotografica. Nonostante la violenza incontrata, nonostante il
furgone fuori uso, lo spezzone è partito lo stesso per terminare numeroso
in piazza San Carlo. Diffusa la notizia dell’aggressione, lo spezzone del
PD è stato duramente contestato, insultato e anche schiaffeggiato dai
manifestanti. Poi l’azione intimidatoria e repressiva del PD è continuata
fuori dal corteo. Un compagno di Alessandria infatti, tornando alla
propria auto, si è ritrovato chiodi e viti intorno alle ruote.
Questi sono i mezzi adoperati da un partito ora all’opposizione, ma poco
tempo fa al potere, che ha sostenuto e finanziato guerre in Afganistan,
Iraq e nella ex Jugoslavia. Metodi già utilizzati a Torino nel 1999,
quando era presidente del consiglio Massimo D’Alema, per reprimere il
dissenso di chi si opponeva ai bombardamenti. Oggi, 1 maggio 2011, non
potendo disporre delle truppe dello Stato, hanno assoldato picchiatori
prezzolati in divisa rossa e bianca.  Dopo questa giornata, resta solo la
miseria politica e morale di chi ha il coraggio di scendere in strada il 1
maggio, quando tutto l’anno difende i profitti dei padroni e le guerre
degli stati.

Federazione Anarchica Torinese - FAI, Federazione Anarchica del Monferrato
- FAI, laboratorio anarchico Perla Nera di Alessandria, circolo Zabriskie
Point Novara, Collettivo Anarchico Studentesco Torinese

Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori!

Siamo in guerra. Con morti, feriti, deportati, prigionieri, campi di
concentramento.
Lo Stato italiano combatte in Libia per il petrolio, combatte nel
Mediterraneo contro profughi e migranti: le armi si costruiscono a due
passi da casa nostra. Alla Fiat Avio, all’Alenia, alla Moreggia, alla
Microtecnica. La dignità di chi lavora impone che queste fabbriche
chiudano, che il nuovo stabilimento di Cameri per gli F35 non venga
costruito: nel nostro paese servono scuole, ospedali, case per tutti. È
tempo che la riconversione dell’industria di guerra entri nell’agenda del
movimento dei lavoratori.

Siamo in guerra. Nelle fabbriche, nei cantieri, nelle officine, si muore
perché la nostra vita vale meno dei profitti di chi ci sfrutta. Il lavoro
uccide e i padroni arricchiscono: é la guerra di classe. L’unica cui non
possiamo sottrarci. Ci raccontano che questo è il migliore dei mondi
possibili: ci vogliono sottomessi e disponibili, precari e contenti. Tocca
a noi rialzare la testa. I nostri nemici non sono i poveri che emigrano
qui da noi, i nostri nemici marciano alla nostra testa: siedono nei
consigli di amministrazione di banche e aziende, siedono tra i banchi del
governo e del parlamento.

Siamo in guerra. I leghisti si lamentano di non potere “ancora” sparare ad
immigrati e profughi.
Ma gli immigrati muoiono già ora, uccisi ogni giorno dalle leggi che
impediscono la libera circolazione delle persone.
Il Mediterraneo è un’immensa fossa comune, un sudario che avvolge le
speranze di immigrati e profughi. Anche questa è guerra, guerra ai poveri.
I diritti umani, sui quali tante volte si tracciano discrimini di civiltà
e si giustificano le bombe, diventano carta straccia quando fa comodo.
Quando fa comodo ai padroni. Quando fa comodo avere gente disposta a
lavorare e testa bassa per paghe da fame, perché se perde il lavoro perde
il permesso. Il permesso di vivere.
L’ennesima partita di civiltà tra le bombe democratiche e il satrapo
mediorientale di turno ha il sapore amaro della beffa. Berlusconi e
Gheddafi – come Sarkozy, Obama, Merkel, Cameron – declinano i diritti
umani alla stessa maniera. Gheddafi adesso è un criminale. Eppure è lo
stesso uomo che hanno baciato ed accolto, lo stesso che il governo
italiano pagava per tenere serrate le porte ai disperati d’Africa.

Siamo in guerra. A Torino “festeggiano” i 150 anni dello Stato con inni e
bandiere, con le parate e le feste degli assassini di professione. I
soldati fanno le guerre, ammazzano, incendiano, distruggono, stuprano. Le
bandiere fanno sembrare belli e sacri i massacri.
La prossima settimana toccherà agli alpini. Folclore e affari. Eppure
quegli alpini sono gli stessi che ammazzano in Afganistan, gli stessi che
da due anni occupano anche le nostre periferie.

Siamo in guerra. Il confine tra guerra interna e guerra esterna è divenuto
impalpabile. Si è frantumato in Libia, nelle galere per gli immigrati
respinti dall’Italia, tra le acque del Mediterraneo, nelle campagne di
Rosarno, nelle periferie delle metropoli, nelle gabbie per senza
documenti, dietro il filo spinato delle tendopoli.

La guerra va fermata, inceppata, boicottata. Quella interna, contro
rifugiati, migranti e poveri, come quella per la Libia. Per fermarla non
basta la testimonianza, non basta l’indignazione, occorre mettersi in
mezzo, praticando una solidarietà concreta con chi incappa nelle reti dei
cacciatori d’uomini. Servono robuste cesoie. Simboliche e reali. Per
spezzare il filo spinato e per rompere il muro d’odio e paura che ci sta
schiacciando.
Serve il boicottaggio attivo di chi lucra sulle guerre, di chi si
arricchisce costruendo, commerciando armi. Lavorare per la guerra è
lavorare per stragi ed assassini.
In Piemonte si vantano le glorie e i primati dell’industria aerospaziale:
sui siti si vedono lucenti aviogetti, meravigliose macchine. Macchine di
morte. Ogni volta che vi mostreranno le immagini della guerra, le case
sventrate, i bimbi uccisi, i feriti, i mutilati pensate che a questo
servono quelle macchine tanto belle. Le costruiscono a due passi da casa
nostra: fermiamoli. A Novara stanno per costruire uno stabilimento per
nuovi cacciabombardieri, gli F35. Fermiamoli.

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torinese
Corso Palermo 46
Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21
fai_to at inrete.it - 338 6594361