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Torino. Primo maggio contro la guerra e il militarismo. Foto
- Subject: Torino. Primo maggio contro la guerra e il militarismo. Foto
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Thu, 5 May 2011 12:25:33 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Primo maggio contro la guerra e il militarismo Immagini dello spezzone libertario contro le guerre e il militarismo al corteo del primo maggio a Torino. Le puoi vedere qui: http://www.flickr.com/photos/58952321@N07/sets/72157626651917062/show/ Riportiamo sotto il comunicato emesso dopo l’aggressione del servizio d’ordine del PD e il testo del volantino distribuito in piazza. Torino 1 maggio. Il PD aggredisce lo spezzone contro la guerra Il servizio d’ordine del PD ha tentato di fermare lo spezzone contro la guerra e il militarismo, promosso da Federazione Anarchica Torinese, Federazione Anarchica del Monferrato, Perla Nera, Zabriskie Point Novara, Collettivo Anarchico Studentesco Torinese. In piazza Vittorio, alla partenza del corteo, il servizio d’ordine degli squadristi democratici del PD ha assaltato il furgone d’apertura degli anarchici. Hanno frantumato il parabrezza e rubato le chiavi del mezzo. Quando gli antimilitaristi, dopo un lungo scontro con i democratici, sono riusciti a riprendersi le chiavi, le hanno trovate spezzate. Gli stalinisti poi, temendo di essere riconosciuti, hanno aggredito un manifestante che stava fotografando il corteo, spaccandogli a pugni la macchina fotografica. Nonostante la violenza incontrata, nonostante il furgone fuori uso, lo spezzone è partito lo stesso per terminare numeroso in piazza San Carlo. Diffusa la notizia dell’aggressione, lo spezzone del PD è stato duramente contestato, insultato e anche schiaffeggiato dai manifestanti. Poi l’azione intimidatoria e repressiva del PD è continuata fuori dal corteo. Un compagno di Alessandria infatti, tornando alla propria auto, si è ritrovato chiodi e viti intorno alle ruote. Questi sono i mezzi adoperati da un partito ora all’opposizione, ma poco tempo fa al potere, che ha sostenuto e finanziato guerre in Afganistan, Iraq e nella ex Jugoslavia. Metodi già utilizzati a Torino nel 1999, quando era presidente del consiglio Massimo D’Alema, per reprimere il dissenso di chi si opponeva ai bombardamenti. Oggi, 1 maggio 2011, non potendo disporre delle truppe dello Stato, hanno assoldato picchiatori prezzolati in divisa rossa e bianca. Dopo questa giornata, resta solo la miseria politica e morale di chi ha il coraggio di scendere in strada il 1 maggio, quando tutto l’anno difende i profitti dei padroni e le guerre degli stati. Federazione Anarchica Torinese - FAI, Federazione Anarchica del Monferrato - FAI, laboratorio anarchico Perla Nera di Alessandria, circolo Zabriskie Point Novara, Collettivo Anarchico Studentesco Torinese Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori! Siamo in guerra. Con morti, feriti, deportati, prigionieri, campi di concentramento. Lo Stato italiano combatte in Libia per il petrolio, combatte nel Mediterraneo contro profughi e migranti: le armi si costruiscono a due passi da casa nostra. Alla Fiat Avio, all’Alenia, alla Moreggia, alla Microtecnica. La dignità di chi lavora impone che queste fabbriche chiudano, che il nuovo stabilimento di Cameri per gli F35 non venga costruito: nel nostro paese servono scuole, ospedali, case per tutti. È tempo che la riconversione dell’industria di guerra entri nell’agenda del movimento dei lavoratori. Siamo in guerra. Nelle fabbriche, nei cantieri, nelle officine, si muore perché la nostra vita vale meno dei profitti di chi ci sfrutta. Il lavoro uccide e i padroni arricchiscono: é la guerra di classe. L’unica cui non possiamo sottrarci. Ci raccontano che questo è il migliore dei mondi possibili: ci vogliono sottomessi e disponibili, precari e contenti. Tocca a noi rialzare la testa. I nostri nemici non sono i poveri che emigrano qui da noi, i nostri nemici marciano alla nostra testa: siedono nei consigli di amministrazione di banche e aziende, siedono tra i banchi del governo e del parlamento. Siamo in guerra. I leghisti si lamentano di non potere “ancora” sparare ad immigrati e profughi. Ma gli immigrati muoiono già ora, uccisi ogni giorno dalle leggi che impediscono la libera circolazione delle persone. Il Mediterraneo è un’immensa fossa comune, un sudario che avvolge le speranze di immigrati e profughi. Anche questa è guerra, guerra ai poveri. I diritti umani, sui quali tante volte si tracciano discrimini di civiltà e si giustificano le bombe, diventano carta straccia quando fa comodo. Quando fa comodo ai padroni. Quando fa comodo avere gente disposta a lavorare e testa bassa per paghe da fame, perché se perde il lavoro perde il permesso. Il permesso di vivere. L’ennesima partita di civiltà tra le bombe democratiche e il satrapo mediorientale di turno ha il sapore amaro della beffa. Berlusconi e Gheddafi – come Sarkozy, Obama, Merkel, Cameron – declinano i diritti umani alla stessa maniera. Gheddafi adesso è un criminale. Eppure è lo stesso uomo che hanno baciato ed accolto, lo stesso che il governo italiano pagava per tenere serrate le porte ai disperati d’Africa. Siamo in guerra. A Torino “festeggiano” i 150 anni dello Stato con inni e bandiere, con le parate e le feste degli assassini di professione. I soldati fanno le guerre, ammazzano, incendiano, distruggono, stuprano. Le bandiere fanno sembrare belli e sacri i massacri. La prossima settimana toccherà agli alpini. Folclore e affari. Eppure quegli alpini sono gli stessi che ammazzano in Afganistan, gli stessi che da due anni occupano anche le nostre periferie. Siamo in guerra. Il confine tra guerra interna e guerra esterna è divenuto impalpabile. Si è frantumato in Libia, nelle galere per gli immigrati respinti dall’Italia, tra le acque del Mediterraneo, nelle campagne di Rosarno, nelle periferie delle metropoli, nelle gabbie per senza documenti, dietro il filo spinato delle tendopoli. La guerra va fermata, inceppata, boicottata. Quella interna, contro rifugiati, migranti e poveri, come quella per la Libia. Per fermarla non basta la testimonianza, non basta l’indignazione, occorre mettersi in mezzo, praticando una solidarietà concreta con chi incappa nelle reti dei cacciatori d’uomini. Servono robuste cesoie. Simboliche e reali. Per spezzare il filo spinato e per rompere il muro d’odio e paura che ci sta schiacciando. Serve il boicottaggio attivo di chi lucra sulle guerre, di chi si arricchisce costruendo, commerciando armi. Lavorare per la guerra è lavorare per stragi ed assassini. In Piemonte si vantano le glorie e i primati dell’industria aerospaziale: sui siti si vedono lucenti aviogetti, meravigliose macchine. Macchine di morte. Ogni volta che vi mostreranno le immagini della guerra, le case sventrate, i bimbi uccisi, i feriti, i mutilati pensate che a questo servono quelle macchine tanto belle. Le costruiscono a due passi da casa nostra: fermiamoli. A Novara stanno per costruire uno stabilimento per nuovi cacciabombardieri, gli F35. Fermiamoli. Per info e contatti: Federazione Anarchica Torinese Corso Palermo 46 Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21 fai_to at inrete.it - 338 6594361
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