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Torino. Primo Maggio contro la guerra e il militarismo
- Subject: Torino. Primo Maggio contro la guerra e il militarismo
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Wed, 27 Apr 2011 16:40:08 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Primo Maggio contro la guerra e il militarismo Spezzone antimilitarista e libertario al corteo ore 9 piazza Vittorio Veneto Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori! dopo il corteo pranzo e festa del Primo Maggio in corso Palermo 46 Contro la guerra - gli eserciti - gli stati - le fabbriche d’armi Un Primo Maggio antimilitarista e libertario contro la guerra per la Libia, le produzioni militari, il commercio d’armi, gli F35. La guerra si combatte in Libia, si combatte nel mediterraneo contro profughi e migranti: le armi si costruiscono a due passi da casa nostra. Alla Fiat Avio, all’Alenia, alla Moreggia, alla Microtecnica. La dignità di chi lavora impone che queste fabbriche chiudano, che il nuovo stabilimento di Cameri per gli F35 non venga costruito: nel nostro paese servono scuole, ospedali, case per tutti. È tempo che la riconversione dell’industria di guerra entri nell’agenda del movimento dei lavoratori: l’opposizione alla guerra non può limitarsi alla testimonianza, non può limitarsi all’indignazione, deve farsi azione diretta contro tutte le produzioni di morte. L’Italia è in guerra. È in guerra in Libia, in Afganistan, nelle strade delle nostre città. Una guerra feroce con morti, feriti, deportati, prigionieri, campi di concentramento. Dalle basi nel nostro paese partono i cacciabombardieri diretti in Libia dove i governi di Francia, Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti si contendono il controllo delle risorse petrolifere del paese. Da Lampedusa partono navi ed aerei verso i campi di concentramento allestiti in aree militari abbandonate da decenni. Lampedusa è l’emblema di una guerra che va avanti da lunghi anni, l’emblema della frontiera, quella riga di nulla su una carta tutta azzurra di mare, quella riga di nulla che separa i sommersi dai salvati. Migliaia di giovani tunisini, gli stessi che hanno cacciato Ben Alì, si sono messi in viaggio. Il governo italiano ha tentato inutilmente di disfarsene ballando tra Tunisi, Parigi e Berlino. Alla fine ha dovuto concedere permessi temporanei a tutti i 22.000 arrivati sino al cinque aprile ed ha cominciato a rinchiudere e deportare gli altri. Ma l’Unione Europea ha detto no alla libera circolazione dei tunisini provenienti dall’Italia. Le frontiere sono aperte per i capitali, chiuse per gli esseri umani. I leghisti Castelli e Maroni si lamentano di non potere “ancora” sparare ad immigrati e profughi. Ma gli immigrati muoiono già ora, uccisi ogni giorno dalle leggi che impediscono la libera circolazione delle persone. Il Mediterraneo è un’immensa fossa comune, un sudario che avvolge le speranze di immigrati e profughi. Anche questa è guerra, guerra ai poveri. I diritti umani, sui quali tante volte si tracciano discrimini di civiltà e si giustificano le bombe, diventano carta straccia quando fa comodo. Quando fa comodo ai padroni. Quando fa comodo avere gente disposta a lavorare e testa bassa per paghe da fame, perché se perde il lavoro perde il permesso. Il permesso di vivere. L’ennesima partita di civiltà tra le bombe democratiche e il satrapo mediorientale di turno ha il sapore amaro della beffa. Berlusconi e Gheddafi – come Sarkozy, Obama, Merkel, Cameron – declinano i diritti umani alla stessa maniera. Gheddafi adesso è un criminale. Eppure è lo stesso uomo che hanno baciato ed accolto, lo stesso che il governo italiano pagava per tenere serrate le porte ai disperati d’Africa. Alti funzionari dell’ENI vanno in Cirenaica per tutelare i propri contratti. Nel frattempo dalla Libia partono barconi pieni di profughi dal corno d’Africa. I primi dopo lo stop imposto dal trattato di amicizia italo-libica, i primi dopo gli accordi criminali per i respingimenti in mare. Gente in fuga da guerre e persecuzioni, che cercava asilo nel nostro paese, ma è stata rimandata verso l’inferno. Il governo di Tripoli faceva il lavoro sporco per conto del governo di Roma. Un servizio completo: respingimenti, galere, abbandono nel deserto. Celebrano i 150 anni dello Stato italiano con un tripudio di tricolori. Soldati e bandiere. I nazionalisti di ogni dove fanno festa con divise e vessilli: cambiano fogge e colori, ma la musica è sempre la stessa. Quella delle marcette che accompagnano gli assassini di professione. I soldati fanno le guerre, ammazzano, incendiano, distruggono, stuprano. Le bandiere fanno sembrare belli e sacri i massacri. A Torino “festeggiano” con ben 11 parate militari. La prossima sarà quella degli alpini. Folclore e affari. Eppure quegli alpini sono gli stessi che ammazzano in Afganistan, gli stessi che da due anni occupano anche le nostre periferie. Siamo in guerra. Il confine tra guerra interna e guerra esterna è divenuto impalpabile. Si è frantumato nelle galere libiche per gli immigrati respinti dall’Italia, tra le acque del Mediterraneo, nelle campagne di Rosarno, nelle periferie delle metropoli, nelle gabbie per senza documenti, dietro il filo spinato delle tendopoli. La guerra va fermata, inceppata, boicottata. Quella interna, contro rifugiati, migranti e poveri, come quella per la Libia. Per fermarla non basta la testimonianza, non basta l’indignazione, occorre mettersi in mezzo, praticando una solidarietà concreta con chi incappa nelle reti dei cacciatori d’uomini. Servono robuste cesoie. Simboliche e reali. Per spezzare il filo spinato e per rompere il muro d’odio e paura che ci sta schiacciando. Serve il boicottaggio attivo di chi lucra sulle guerre, di chi si arricchisce costruendo, commerciando armi. Lavorare per la guerra è lavorare per stragi ed assassini. In Piemonte si vantano le glorie e i primati dell’industria aerospaziale: sui siti si vedono lucenti aviogetti, meravigliose macchine. Macchine di morte. Ogni volta che vi mostreranno le immagini della guerra, le case sventrate, i bimbi uccisi, i feriti, i mutilati pensate che questo è il lavoro di quelle macchine tanto belle. Le costruiscono a due passi da casa nostra: fermiamoli. A Novara stanno per costruire uno stabilimento per nuovi cacciabombardieri, gli F35. Fermiamoli. Il Primo Maggio costruiamo insieme uno spezzone antimilitarista Federazione Anarchica Torinese - FAI Circolo Zabriskie Point Novara Federazione Anarchica del Monferrato Laboratorio Anarchico Perlanera – Alessandria Collettivo Anarchico Studentesco Torinese - CAST
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