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Torino. Antifascisti al Balon e ricordo del partigiano Baroni
- Subject: Torino. Antifascisti al Balon e ricordo del partigiano Baroni
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Thu, 21 Apr 2011 13:51:44 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Antifascisti al Balon e ricordo del partigiano Baroni Sabato 23 aprile dalle 10 alle 14 al Balon – via Borgodora angolo via Andreis (in caso di pioggia in piazza della Repubblica sotto i portici angolo corso Giulio Cesare) punto info antifascista dalle 15,30 in corso Giulio Cesare angolo corso Novara alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni deposizione di fiori e ricordo nel luogo dove Ilio morì combattendo fascisti e nazisti Lega assassina! La Resistenza continua… Il 25 aprile 1945 Torino è paralizzata dallo sciopero generale: è il giorno dell’insurrezione, il giorno in cui i partigiani giocano l’ultima decisiva partita contro i nazifascisti. Il 27 aprile i partigiani liberano completamente Torino. Ma il fascismo non muore in quell’aprile… Oggi il fascismo colpisce ogni giorno. Le squadracce si chiamano ronde, le leggi razziste pacchetti “sicurezza”, le “leggi speciali” sono diventate “normali”, i CIE, i centri per immigrati senza documenti sono i lager del nuovo secolo. I profughi muoiono in mare. A Pantelleria a metà aprile sono annegate due donne quando il barcone che le portava dalla Libia si è incagliato negli scogli. Una disgrazia? 15 ore prima il mare era calmo e un peschereccio italiano aveva chiamato soccorso. Sono arrivate solo navi militari che sono rimaste a guardare. Il comandante di quel peschereccio lo dice chiaro “li hanno fatti morire. Perché non sono intervenuti subito? Li ho chiamati ieri pomeriggio tra le 18 e le 19 e si sono mossi dopo ore. Perché non hanno mandato due motovedette veloci e basse per poterli trasbordare? Perché sono passate oltre 15 ore prima che li soccorressero?". L’ex ministro della “giustizia”, il leghista Castelli parla altrettanto chiaro: «Sparare agli immigrati? Per ora non si può» In questo paese gli onorevoli leghisti minacciano di morte migliaia di persone, mentre due anarchici, accusati di aver appeso a testa in giù un fantoccio con la faccia di Borghezio davanti alla sede della Lega e di aver detto che Bossi, Maroni, Borghezio sono razzisti e fascisti rischiano la galera. Era il 23 aprile del 2009: la sentenza al processo è prevista il 20 maggio. I leghisti Castelli e Maroni si lamentano di non potere <ancora> sparare ad immigrati e profughi. Ma gli immigrati muoiono già ora, uccisi ogni giorno dalle leggi che impediscono la libera circolazione delle persone. Il Mediterraneo è un’immensa fossa comune, un sudario che avvolge le speranze di immigrati e profughi. I diritti umani, sui quali tante volte si tracciano discrimini di civiltà e si giustificano le bombe, diventano carta straccia quando fa comodo. Quando fa comodo ai padroni. Quando fa comodo avere gente disposta a lavorare e testa bassa per paghe da fame, perché se perde il lavoro perde il permesso. Il permesso di vivere. Siamo in guerra. Il confine tra guerra interna e guerra esterna è divenuto impalpabile. Si è frantumato nelle galere libiche per gli immigrati respinti dall’Italia, tra le acque del Mediterraneo, nelle campagne di Rosarno, nelle periferie delle metropoli, nelle gabbie per senza documenti, dietro il filo spinato delle tendopoli. L’ennesima partita di civiltà tra le bombe democratiche e il satrapo mediorientale di turno ha il sapore amaro della beffa. Berlusconi e Gheddafi – come Sarkozy, Obama, Merkel, Cameron – declinano i diritti umani alla stessa maniera. Gheddafi adesso è un criminale. Eppure è lo stesso uomo che hanno baciato ed accolto, lo stesso che il governo italiano pagava per tenere serrate le porte ai disperati d’Africa. La guerra va fermata, inceppata, boicottata. Quella interna, contro rifugiati e migranti, come quella per la Libia. Per fermarla non basta la testimonianza, non basta l’indignazione, occorre mettersi in mezzo, praticando una solidarietà concreta con chi incappa nelle reti dei cacciatori d’uomini. Servono robuste cesoie. Simboliche e reali. Per spezzare il filo spinato e per rompere il muro d’odio e paura che ci sta schiacciando. Torino e l’Italia stanno scivolando verso un baratro. È il baratro del fascismo che ritorna, che ritorna nelle strade, che ritorna nelle leggi razziste e liberticide, che ritorna, e questo è il peggio, tra noi tutti, gente comune che fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Non ci sono i soldi il fitto o il mutuo, si moltiplicano gli sfratti, siamo schiacciati da disoccupazione e precarietà, obbligati ad un’esistenza sempre più miserabile, eppure troppi tra noi stanno tramutando il sano odio di classe, l’odio per i padroni che ci sfruttano e ci rubano la vita, nell’odio per gli ultimi, per chi sta peggio di noi, gli immigrati poveri in cerca di un’opportunità di vita. Ogni giorno qualcuno di noi muore lavorando. Italiani o immigrati, quando si cade da un’impalcatura, si viene stritolati da una macchina, si brucia vivi in acciaieria, siamo tutti uguali, ma se non re-impariamo ad essere e sentirci uguali nella vita, se non re-impariamo a lottare contro i nemici comuni di ogni sfruttato, la vita se ne va ogni giorno più in fretta, ogni giorno più miserabile, ogni giorno più insicura. Tanti partigiani combatterono e morirono, portando in se il sogno di un’umanità senza stati né frontiere, solidale. Le loro ragioni sono state dimenticate o gettate nel fango. Spetta a noi raccoglierle e farne una bandiera. Spetta a noi riprendere il cammino. Spetta a noi conquistare un nuovo aprile. Per info e contatti: Federazione Anarchica Torinese Corso Palermo 46 Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21 fai_to at inrete.it - 338 6594361
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