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Fronte del CIE, fronte del lavoro
- Subject: Fronte del CIE, fronte del lavoro
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Mon, 22 Nov 2010 13:51:58 +0100 (CET)
- Importance: Normal
Fronte del CIE, fronte del lavoro Lotte nei CIE, scioperi nelle cooperative, cortei e presidi antirazzisti Cronache da Torino, Milano, Gradisca, Bologna, Trieste Torino 19 novembre. Riparte, forte e disperata, la protesta nel CIE di corso Brunelleschi. Nella tarda mattinata un recluso si cuce la bocca per protestare contro il prolungarsi della detenzione: lo mettono subito in isolamento. Non riescono tuttavia a bloccare il diffondersi della protesta. Nel tardo pomeriggio tre immigrati si cuciono le labbra, altri due ingoiano pile. In serata una cinquantina di antirazzisti danno vita ad un presidio davanti al CIE tra interventi, slogan e i tamburi della Samba Band. Numerosi blindati di polizia e carabinieri presidiano il Centro. Da dentro fanno sapere che un ragazzo si è cucito anche le palpebre. Tutti sono stati ammanettati e portati in ospedale. Alcuni antirazzisti fanno il giro degli ospedali ma non riescono a trovare i sei immigrati. Da dentro i reclusi urlano a salutano. Poi il silenzio si riprende la notte. Torino, sabato 20 novembre. I sei immigrati con le labbra cucite, tutti tunisini, dopo le medicazioni in ospedale vengono liberati con voglio di via. Secondo alcune fonti di stampa, confermate dalla notizia che nessuno conosceva l’italiano, i sei avrebbero fatto parte di un gruppo di “clandestini” sbarcato di recente all’isola d’Elba. In mattinata altri sei prigionieri dell’area gialla si cuciono le labbra. La risposta della polizia non si fa attendere: i sei sono messi in isolamento, le sezioni gialla e viola vengono circondate e parte una perquisizione. L’area gialla viene evacuata e i detenuti sono trasferiti in quella rossa. Proseguono i gesti autolesionisti: un ragazzo beve detersivo, un altro manda giù degli oggetti. A quelli dentro raccontano che la sera prima c’era solo un pugno di solidali: evidente lo scopo di fiaccarne la resistenza. Intorno alle cinque e mezza una dozzina di antirazzisti fa un presidio volante al CIE: gli immigrati sentono gli slogan e rispondono rumorosamente. Milano, sabato 20 novembre. I lavoratori della cooperativa CLO, che ha in appalto i magazzini Billa di Villamaggiore, in lotta da mesi, bloccano la strada cha porta ai magazzini. Sono tre del mattino: a quell’ora arrivano i camion del freschissimo. Polizia e carabinieri, che di solito facevano fare il lavoro sporco ai caporali della coop, questa volta attaccano direttamente e pestano duro. Il coordinamento di sostegno alle lotte nelle cooperative lancia per lunedì 22 una giornata di boicottaggio dei magazzini Billa. Trieste, sabato 20 novembre. Contro la sanatoria truffa. Ma non solo. Il corteo, circa trecento tra immigrati e italiani, ha attraversato le strade della città, con numerose soste e tanti interventi per far sentire la voce di chi lotta contro l’asservimento del lavoro migrante e la truffa della sanatoria colf e badanti. Un meccanismo infernale che ha il suo coronamento nei CIE e nella macchina delle espulsioni. Più invadente del consueto il dispiegamento di polizia. La lunga resistenza degli immigrati bresciani è la scintilla che in questa giornata ha dato gambe – anche a Trieste – a chi oggi si batte per il permesso di soggiorno. Nell’auspicio che presto nessuno debba più chiedere permesso. Milano, sabato 20 novembre. Al CIE di via Corelli, mentre un corteo antirazzista attraversa la città, i reclusi salgono sul tetto. Il vicesindaco di Milano, De Corato, dichiara a caldo “In via Corelli è in atto l’ennesima protesta da parte dei clandestini. Un film visto e rivisto che non possiamo più tollerare. Questa farsa deve finire. Se non vogliamo che il centro di identificazioni ed espulsioni chiuda definitivamente. Ricordo infatti che la capienza del Cie è di 112 posti. A seguito delle rivolte una trentina sono diventati inagibili. E di questo passo, tra proteste, disordini e rivolte non ne rimarrà più nessuno.” Non possiamo che auspicare che Riccardo De Corato abbia visto giusto e che, pezzo dopo pezzo, i senza carte smontino le loro prigioni. Dopo qualche ora i ragazzi sono scesi dal tetto: una pioggia impietosa rendeva difficile resistere ancora. Gradisca, sabato 20. La protesta parte anche al CIE isontino. Nella notte tra venerdì e sabato c’è un ennesimo tentativo di fuga dai tetti, questa volta purtroppo sventato. La mattina successiva quattro reclusi ingeriscono lamette e batterie: la scintilla è l'interruzione anticipata dell'aria. Due di loro, rinchiusi nel blocco blu, sono stati trasportati al pronto soccorso mentre gli altri due, rinchiusi nel blocco rosso, sono rimasti all'interno del CIE, ignorati dal personale medico. Domenica 21. Anche se le loro condizioni sono visibilmente peggiorate, i dottori del centro continuano a negare loro l'intervento del 118. Bologna, domenica 21 novembre. Al centro di identificazione e espulsione di via Mattei c’era un presidio solidale con i migranti reclusi. Come in altre occasioni, dall’impianto di amplificazione i manifestanti tentavano di comunicare con l’interno. Stavolta però, intorno alle 17,30, i soldati dell’esercito che, insieme a polizia e carabinieri, stazionano dentro e fuori la struttura, hanno usato il getto degli idranti sia per respingere all’interno delle camerate i migranti che cercavano di avvicinarsi alle inferriate per ascoltare e rispondere ai dimostranti, sia, dall’interno verso l’esterno, contro gli antirazzisti stessi. Una camerata sarebbe stata completamente bagnata, così come i vestiti di ricambio di tutti. Il clima è molto rigido. Torino, domenica 21 novembre. I ragazzi che si erano cuciti restano in isolamento, nell’area rossa alcuni detenuti hanno cominciato, sin dalla sera precedente, uno sciopero della fame. La polizia sequestra i telefonini e quelli dell’area rossa restano isolati. Nel tardo pomeriggio si diffonde la notizia che alcuni prigionieri con una lametta si sono tagliati mani e piedi in segno di protesta per la mancata assistenza ai quelli che si erano cuciti le labbra o mangiato pile. Partono numerose telefonate di protesta che intasano i centralini del CIE. In un’intervista al Corriere della Sera, il questore Aldo Faraoni esprime il timore che le proteste – a suo avviso teleguidate dall’esterno – si estendano. Non resta che sperare che le peggiori paure di Faraoni si rivelino del tutto fondate. Per info e approfondimenti: http://senzafrontiere.noblogs.org/
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