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Torino. Voci scomode in piazza Carignano
- Subject: Torino. Voci scomode in piazza Carignano
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Fri, 2 Apr 2010 06:02:22 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Voci scomode in piazza Carignano Giovedì 1 aprile, piazza Carignano. Le regole del gioco sono fatte per essere violate, lo sanno tutti. Come tutti sanno che i primi a violarle sono gli agenti preposti a farle rispettare. Quindi, alla faccia della comunicazione fatta in questura, un nutritissimo drappello di Digos, spalleggiati a pochi metri da un folto gruppo di uomini in tenuta antisommossa, ha apostrofato i primi manifestanti arrivati per il presidio su informazione e repressione con un secco: “questo presidio non s’ha da fare”. “Al più vi mettete in un angolino” lontano lontano, dove la piccola folla, in fila per andare ad ascoltare i direttori di Stampa e Repubblica, non vi possa vedere né sentire. Nessuna voce dissonante, per quanto flebile e poco amplificata, deve poter raccontare le storie che nessuno racconta, come i maggiori quotidiani cittadini. Nessuno deve sentire che al CIE di Roma c’è stata una sommossa, che una ragazza nigeriana “senza carte” ha denunciato per violenza sessuale un ispettore di polizia, che Stampa e Repubblica criminalizzano le lotte antirazziste, supportando le accuse di un PM notoriamente razzista come Andrea Padalino. Inutile dire che nessuno ha accettato i dictat della questura. Alcuni distribuivano volantini, altri aprivano uno striscione con la scritta “Calabresi e Mauro, delinquenti quotidiani”, mentre una compagna, armata di megafono, si rivolgeva direttamente alla gente in fila. Pronti alla bisogna gli uomini dell’antisommossa facevano cordone tra la compagna e la folla, mentre i digos le facevano corona. Una lezione di democrazia reale è stata così servita ai torinesi in fila. Scocciati per lo smacco, gli uomini della polizia politica, decidevano, con una buona mezz’ora di ritardo, che lo striscione era “ingiurioso” e ripartivano alla carica. “Via lo striscione! Con le buone o con le cattive”. Dopo qualche minuto di tiro allo striscione e qualche spintonamento i compagni riescono a non farselo portare via. Un altro striscione compare nella piazza “Ci chiamano delinquenti, siamo antirazzisti!” Si riprende a megafonare, denunciando l’accaduto, ricordando che il fascismo non è un ricordo del passato, ma il triste segno del nostro oggi. Un esponente della digos, passando, sibila “e anche di domani!”. Al momento di andarsene gli antirazzisti riaprono lo striscione “ingiurioso” esponendolo alla vista dei passanti. Poi se ne vanno. In nottata lo striscione ricompare di fronte alle vetrine de “La Stampa” in via Roma. Qui qualche immagine: http://piemonte.indymedia.org/article/8259 Di seguito il volantino distribuito ai passanti e alla gente in fila davanti al Carignano. Mauro e Calabresi, delinquenti “quotidiani” L’informazione svolge un ruolo nevralgico nella nostra società. Chi controlla i flussi informativi, chi è in grado di sapere quanto di questo o di quello è stato venduto, quali e quanti i siti internet consultati può piazzare la merce giusta al momento giusto. Ma non solo. Chi ha le leve dei mezzi di comunicazione più importanti può rendere “vero” o “falso” un fatto, costruirlo di sana pianta, condannare o assolvere prima dei tribunali, a volte al posto dei tribunali. E senza neppure quello straccio di garanzie che le aule di “giustizia” sono tenute a usare. E non stiamo parlando di “opinioni”, ché, anzi, le “opinioni libere” sono l’alibi che copre tutto, anche la costruzione di vere e proprie campagne di criminalizzazione. Talora i media sono palesemente impudichi nella loro esagerazione, ma infine efficaci, poiché tanti, stretti dalla fretta delle nostre vite sotto il ricatto del lavoro, delle bollette da pagare, del tempo che non basta mai leggono di corsa, magari solo i titoli, magari solo le frasi ad effetto. Quando si tratta di movimenti di opposizione sociale basta un veloce richiamo alla vulgata che li vuole sempre “pericolosi” e intrinsecamente “violenti”, per dare l’incipit. Poi basta usare lo scalpello più grossolano: l’accenno agli stili di vita, all’abito, al cane. Se si è troppo “normali” allora questa normalità diviene segno di diabolica astuzia: si sa che il Maligno ama assumere le vesti del bene per meglio colpire. Se hai preso la laurea a pieni voti e fai l’insegnante di liceo non puoi essere anche antirazzista, attivo nei movimenti sociali. Se rubi il tempo al sonno per stare in un presidio No Tav, non puoi essere anche un contadino. Un’occupazione simbolica – come quella del consolato greco nel dicembre 2008 - diventa un “attacco”, la solidarietà a chi lotta nei CIE “blitz”, il banale sit in nel cortile della Croce Rossa del settembre 2009, con lo scopo di raccontare agli allievi l’inferno dei CIE, viene descritto come “guerriglia urbana”. Ogni giorno su Stampa e Repubblica solerti “giornalisti” creano il mostro, descrivono come delinquente chi si oppone alle leggi e alle politiche razziste nei confronti degli immigrati senza carte, “illegali” per il solo fatto di essere nati poveri. Le inchieste della procura sono “anticipate”, preparate e rese possibili da questi questurini con mause e tastiera. Il 24 marzo del 2009 – un anno fa - sulle pagine de “La Stampa”, Massimo Numa, megafono delle inchieste, avviso di garanzia informale, annunciava la “nuova strategia giudiziaria: riunificare i fascicoli più recenti, per non rischiare di indebolire e vanificare le indagini ora divise in mille rivoli.” Un anno dopo, puntuali all’appuntamento, preparato e costruito dai media, i PM Padalino e Pedrotta hanno lanciato la loro offensiva contro una settantina di antirazzisti, in buona parte anarchici, accusandoli di associazione a delinquere. I quotidiani cittadini hanno plaudito. Gli antirazzisti? Sono delinquenti! In questo modo manifestazioni, occupazioni simboliche, contestazioni pubbliche, presidi solidali si sono trasformati in un reato che potrebbe privare della libertà chi si è macchiato della colpa di mettersi in mezzo, di non accettare retate e deportazioni, di non volere che esseri umani siano rinchiusi in gabbie, imbottiti di psicofarmaci, insultati ed umiliati nei centri di detenzione per “clandestini”. In questo paese clandestina, sotto attacco – lo dimostra il coinvolgimento nell’inchiesta di radio Blackout – è la libera informazione. Con buona pace dei direttori di Stampa e Repubblica, Calabresi e Mauro, delinquenti “quotidiani”. Per info e contatti: Federazione Anarchica – Torino Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21 338 6594361 fai_to at inrete.it
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