Torino. La Lega e Bella Ciao
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- Date: Thu, 4 Jun 2009 03:07:28 +0200
Torino. La Lega e Bella
Ciao Settantotto. Questi i
leghisti che hanno sfilato nel quartiere Aurora contro la nuova moschea di via
Urbino. Nei settantotto metteteci anche i tre o quattro fascisti della Fiamma e
della Destra che si sono uniti al corteo del Carroccio. Niente male per una
formazione che vanta ad ogni piè sospinto il proprio carattere
“popolare”. Diverse centinaia i
poliziotti, carabinieri, digos che hanno blindato il quadrilatero tra via del
Fortino, via Cigna, piazza Sassari e corso Principe Oddone dove lo sparuto
manipolo leghista ha fatto il suo giro. Intorno alle otto di sera
la polizia in assetto antisommossa ha proceduto alla pulizia etnica e politica
dei giardini di piazza Sassari, obbligando tutti – compresi gli anziani
marocchini sulle panchine e i ragazzini sulle altalene - a sgomberare la piazza.
Vita dura anche per gli antirazzisti, che, come al solito, non hanno mancato di
fare capolino. Un gruppo di antirazzisti
con tanto di Samba Band ha tentato di raggiungere i leghisti assiepati
all’angolo tra via Cigna e via del Fortino ma è stato circondato dalla polizia e
mollato solo dopo la manifestazione. Altri antirazzisti – mobili
ed imprevedibili – si sono piazzati con volantini in via Cigna attendendo il
passaggio del corteo. I fogli – titolati “La sicurezza, quella vera” - sono
stati accolti con favore dai passanti, sia immigrati che italiani. Un ragazzo
con due pizze, alla notizia che i razzisti della Lega giravano nuovamente per il
quartiere, ha detto “spazzoliamo le pizze e poi io, la mamma e la sorella
torniamo in strada, a dire la loro a quelle merde”. Un anziano siciliano
racconta della volta che è andato alla sede della Lega, ha preso per il colletto
uno dicendo “voi, da qui, fareste meglio ad andarvene”.
Quando finalmente i
leghisti si muovono la polizia non manca di piazzarsi si fronte agli
antirazzisti che, continuano il volantinaggio e dicono ad alta voce la propria.
Tra gli slogan più gettonati – molti in piemontese – “qui siamo tutti terroni”,
“il quartiere non vi vuole” “andate a casa” “razzisti” e, riprendendo
ironicamente uno dei loro hit più gettonati, “andate a lavorare, pelandroni”. Al
passaggio delle bandiere fasciste un compagno intona “Soffia il vento, infuria
la bufera”. Facendo un po’ di slalom
gli antirazzisti tallonano i leghisti sino a corso principe Oddone, dove la
polizia “spiega” con la cortesia che sempre contraddistingue le forze del
disordine statale, che è meglio che si allontanino. Poco male. Nemmeno un
quarto d’ora più tardi gli antirazzisti sbucano sul ponte della Dora in via
Cigna. La polizia si piazza lesta e spinge un po’. Al passaggio dei leghisti e
dei fascisti i compagni a pugno chiuso intonano “Bella ciao”.
I leghisti mostrano il
dito, il capomanipolo Carossa da in escandescenze, altri fanno il segno della
forca, i fasci il saluto romano. Qualcuno grida “A piazzale
Loreto c’è ancora tanto posto”. Prossimi
appuntamenti: CinePalermo46 si
trasferisce in strada. Si comincia mercoledì 10
giugno ai giardinetti di via
Cecchi con il documentario “Come un uomo sulla terra”.
La testimonianza dei
migranti africani sopravvissuti alla traversata della Libia. Il governo di quel
paese, lautamente sponsorizzato dall’Italia, gestisce lager per migranti, dove
stupri, violenze e umiliazioni sono il pane quotidiano.
Dag studiava giurisprudenza
ad Addis Abeba, quando la repressione lo ha obbligato a
partire. Sopravvissuto al deserto e
ai gendarmi libici è arrivato a Roma, dove ha imparato l’italiano e il
linguaggio del video documentario. In “Come un uomo sulla
terra” raccoglie le testimonianze di chi, come lui, è passato dall’inferno
libico. Un inferno dove il ministro dell’Interno Maroni rispedisce ogni giorno
uomini, donne e bambini in fuga dalla guerra, dalla dittatura, dalla
repressione, dalla fame. Appuntamento alle 21,30 ai
giardini via Cecchi – tra il civico 37 e il civico
41) Di seguito il testo del
volantino distribuito nel quartiere. La sicurezza, quella
vera. Viviamo tempi difficili. La
crisi morde e molti fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Il lavoro,
quando c’è, è precario, pericoloso, malpagato. In tanti, in troppi, vivono
l’incubo del mutuo da pagare, dei figli da mandare a scuola, degli anziani che
hanno bisogno di cure ed assistenza. I paracadute sociali che nei decenni
passati garantivano qualche servizio, una pensione decente, l’accesso
all’istruzione, la difesa del lavoro sono stati eliminati uno ad uno. Oggi, per
la prima volta da decenni, figli e figlie rischiano di avere un futuro peggiore
di quello di padri e madri. In periferia, dove non è
mai stato facile vivere, la crisi strangola un po’ tutti: se i lavoratori
dipendenti se la vedono brutta, non va meglio ad artigiani e commercianti. Se il
salario è poco, se l’impiego c’è e non c’è, tutti guardano il centesimo e
difficilmente ci scappa una pizza o un paio di scarpe nuove.
Tutti quanti, chi più chi
meno, ci sentiamo poco sicuri, guardiamo al futuro con apprensione, abbiamo
paura. Chi governa questo paese,
oggi la destra ieri la sinistra, ha tagliato pensioni, sanità, scuola, ha fatto
leggi che condannano alla precarietà a vita, ha inventato il caporalato legale,
favorito il sistema degli appalti a catena dove chi sta in fondo è poco più di
uno schiavo. La spesa militare aumenta ogni anno, per le truppe che fanno la
guerra, per navi da combattimento e i bombardieri F35. Con i soldi di uno solo
dei cento F35 appena acquistati dal governo si pagherebbe un quartiere
all’Aquila, un nuovo ospedale, la manutenzione delle linee ferroviarie per i
pendolari… Tante cose utili alla vita di noi tutti, non armi per ammazzare
qualcuno dall’altra parte del mondo. Come la bambina che quelli della Folgore
hanno ucciso la scorsa settimana in Afganistan. Ci portano via la vita
giorno dopo giorno. Nelle fabbriche dove si lavora e si muore come
nell’Ottocento: per legge chi mette a repentaglio la vita di un lavoratore
facendo mancare le misure di sicurezza se la cava con una
multarella. Poi fanno leggi contro i
nostri vicini di casa, quelli più poveri, quelli arrivati qua in cerca di
un’opportunità di vita. Accanto a noi vivono
persone sotto ricatto, giorno dopo giorno. Sono persone che lavorano in nero,
arricchiscono chi lucra sulle loro vite. In silenzio, a testa bassa, perché se
lavori in nero non hai le carte e se non hai le carte diventi illegale. Chi
lavora con i libretti se non accetta le condizioni dei padroni, perde il lavoro,
perde anche le carte e piomba nella clandestinità, rischiando ogni giorno il CIE
e l’espulsione forzata. La propaganda razzista ci
dice che gli immigrati sono i nostri nemici, che sono tutti delinquenti,
violenti cattivi. Dicevano le stesse cose dei nostri padri arrivati a Torino con
una valigia di cartone tenuta insieme dal filo della speranza in un avvenire
migliore. Meno di un mese fa una
tunisina di 44 anni, che lavorava in Italia da 20, si è impiccata nel CIE di
Roma. Era il “suo” giorno, quello della deportazione. Ha preferito morire dove
aveva scelto di vivere, dove erano suo marito e i suoi figli. Vi sentite più
sicuri adesso che è morta? I senza carte sono esseri
umani come noi. In tutto. I mostri, quelli che ci
stanno portando via la nostra umanità, sono i razzisti che soffiano sul fuoco
della guerra tra poveri, vogliono che si combatta per le strade dei quartieri.
Gli uni contro gli altri. Così il manovratore potrà continuare a fare leggi
contro tutti, così i padroni del vapore potranno indisturbati e guadagnare sulla
nostra pelle. Tanti anni fa, in questa
città, torinesi vecchi e nuovi si unirono, nelle fabbriche per il salario,
contro i ritmi, il controllo, la gerarchia. Gli stessi si ritrovarono poi nelle
periferie per le case, le scuole, i trasporti. I nostri nonni e padri, nonne e
madri seppero capire che i nemici, quelli veri siedono nei consigli di
amministrazione delle aziende, sui banchi del governo, tra le ville in collina.
Dopo e per molto tempo la
loro vita fu più sicura, perché la sicurezza, quella vera, si conquista nella
solidarietà e nel mutuo appoggio. Ronde, prigioni per migranti, pattuglie nei
mari sono solo strumenti di guerra. Una guerra razzista.
Per info e
contatti: Federazione Anarchica
Torinese – FAI Corso Palermo 46 – la sede
è aperta ogni giovedì dalle 21 fai_to @inrete.it 338
6594361 |
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