Torino. Rivolte partigiane dopo la Liberazione
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- Date: Thu, 23 Apr 2009 09:56:56 +0200
Torino. Rivolte partigiane
dopo la Liberazione Venerdì 24 aprile.
Serata sulle rivolte
partigiane dopo la Liberazione e assemblea
antifascista "Ribelli senza congedo.
Rivolte partigiane dopo la Liberazione 1945 - 1947" è l’ultimo libro di Marco
Rossi, dedicato a una storia spesso taciuta, quella delle migliaia di
partigiani, che a distanza di poco più di un anno dalla Liberazione, tornarono
in montagna "per rifiuto di abitare nella Repubblica che mitraglia i contadini,
libera i fascisti e mette gli operai alla
disoccupazione". Il libro sarà presentato
venerdì 24 aprile dalle 21,15
in corso Palermo 46.
Sarà presente
l'autore. Attorno alla data del 25
aprile 1945, considerata e celebrata come l'anniversario della Liberazione,
permangono ancora molti equivoci e rimozioni, dettate da un evidente utilizzo
politico della storia, sino al punto di ventilare la cancellazione di tale festa
dal calendario della Repubblica per sancire la conclusione della guerra che vide
gli italiani combattersi su fronti opposti. La principale
mistificazione, da un punto di vista storiografico, riguarda proprio la data
stessa del Venticinque Aprile con cui si vorrebbe far iniziare e concludere
l'insurrezione popolare contro il fascismo e l'occupazione nazista, negando che
quella guerra civile e sociale aveva un "prima" e, soprattutto, che conobbe un
"dopo" tutt'altro che composto e riconciliato sotto la bandiera della cosiddetta
pacificazione nazionale. Uno dei fatti che
contraddicono palesemente questa rassicurante ricostruzione del passato è
l'esperienza, comune a migliaia di partigiani che, a distanza di poco più di un
anno dalla Liberazione, tornarono in montagna "per rifiuto di abitare nella
Repubblica che mitraglia i contadini, libera i fascisti e mette gli operai alla
disoccupazione". La scelta di proseguire la
guerra di liberazione percorse, a più riprese e in varie zone del Nord Italia,
le componenti più intransigenti e avanzate del movimento partigiano che avevano
vissuto la lotta armata contro i fascisti come la premessa per la costruzione di
una società diversa, così come non avevano condiviso i cedimenti e gli appelli
ai "fascisti onesti". Tali insorgenze, nonostante le considerevoli dimensioni
raggiunte, rimangono a tutt’oggi una parentesi pressoché ignorata e sconosciuta,
a causa dell’evidente dissonanza che rappresentò e ancora rappresenta per la
storia ufficiale della Resistenza. (…) Il fenomeno ribellistico,
seppur minoritario, coinvolse in modo spontaneo migliaia di volontari e
soprattutto raccolse molti consensi tra quanti avvertivano la delusione per una
situazione pesantemente segnata dalla mancanza di lavoro, dall’assenza di
provvedimenti a favore di coloro che più avevano sofferto la tragedia della
guerra e dalla negata riforma agraria, mentre il padronato riprendeva indenne il
suo posto ed erano tornati pure in circolazione i fascisti con ritrovata
baldanza. Si verificarono quindi,
nell’arco di alcuni mesi, estesi movimenti di ribellione armata contro il
governo formato da quei partiti che pur avendo fatto parte del Comitato di
Liberazione Nazionale, ora erano apertamente accusati di aver tradito gli ideali
resistenzali. (…) Le ragioni che, a distanza
di un anno dai giorni entusiasmanti della vittoria antifascista, avrebbero
portato migliaia di ex-partigiani di nuovo alla macchia erano molte: dalla
mancata epurazione dei fascisti all'amnistia nei confronti di questi firmata dal
guardasigilli Togliatti (Decreto presidenziale del 22 giugno 1946); dalla
criminalizzazione dei reduci partigiani e antifascisti alla loro emarginazione
sociale; dalla mancanza di provvedimenti legislativi a favore degli ex-internati
nei lager nazisti fino al deludente clima di restaurazione capitalistica, ancora
una volta a danno della classe lavoratrice. (…) L’amnistia Togliatti ebbe
conseguenze politicamente devastanti e l’associazionismo partigiano la considerò
unanimemente un’offesa, politica e morale: se l’obiettivo utilizzato per
giustificarla era stato quello della pacificazione nazionale, non poteva esserci
smentita più netta. Numerose quanto dure furono le prese di posizione contrarie,
intrecciandosi con i movimenti di aperta rivolta di quei
mesi. Tra queste vanno citate quelle
indignate della Confederazione italiana perseguitati politici antifascisti,
delle associazioni dei familiari dei caduti nella lotta di liberazione e persino
dei Partigiani e Reduci degenti nel Convalescenziario di Lavarone (Tn). Ben più
minacciose quelle di diversi gruppi di partigiani che certo non si consideravano
"ex". E’ il caso, ad esempio, dei partigiani del Bellunese che per due volte (il
28 giugno e il 12 luglio 1946) scrissero nero su bianco la loro protesta contro
l’amnistia, rivendicando al contempo la scarcerazione dei loro compagni "anche
se hanno commesso dei delitti". Il 5 luglio, un gruppo di
familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine dimostrò la sua indignata protesta
davanti al ministro Togliatti. Anche all’interno
dell’associazionismo partigiano prevalevano sentimenti di rabbia e amarezza che
esplosero, anche clamorosamente, nei diversi congressi regionali e provinciali.
A Modena, i dirigenti dell’Anpi, fedeli alla linea dettata dal Pci, che in un
primo momento avevano appoggiato il provvedimento, furono costretti a rinnegare
l’amnistia una decina di giorni dopo la sua effettiva emanazione. A Imperia, nel
corso di un comizio, un dirigente dell’associazione minacciò il ricorso alla
violenza nel caso di ulteriori misure di assoluzione a favore dei fascisti. A
Torino, in occasione dell’assemblea piemontese del 28 luglio, il segretario
della inquieta sezione astigiana, senza mezzi termini, giunse a proporre di
riprendere in mano il mitra per fare giustizia. (…) Assieme all’amnistia che
rimetteva in circolazione diverse migliaia di gerarchi e reduci delle varie
formazioni armate di Salò, il 1946 vide anche la rinascita e una crescente
riorganizzazione neofascista, già peraltro riscontrata a pochi mesi dalla
Liberazione, spesso sotto la copertura fornita dal partito dell’Uomo qualunque.
Fin dal settembre 1945 Giuseppe Di Vittorio aveva denunciato il risorgere dello
squadrismo in Puglia contro le lotte contadine- Ma l’epicentro di tale ripresa
fu soprattutto la Valle padana, già culla sia del primo squadrismo agrario che
della Repubblica sociale. (…) Nonostante qualche simile
circoscritto precedente, fu nell’estate del 1946 che la protesta contro la
mancata epurazione, la perdurante prigionia di partigiani incriminati per azioni
compiute sotto l’occupazione nazifascista, ma anche per la non-concessione di
provvedimenti legislativi ed economici in favore degli ex-internati nei campi di
concentramento, giunse a trasformarsi in rivolta armata.
Il governo De Gasperi,
peraltro, aveva accettato i massicci licenziamenti voluti dagli industriali,
tanto che nelle settimane precedenti si erano verificati forti scioperi operai
per adeguati aumenti salariali e tumulti contro il carovita e la disoccupazione,
da Genova a San Severo.
La prima ribellione
partigiana si verificò il 21 agosto 1946, nell'astigiano, non lontano dal
territorio che durante la resistenza aveva visto la repubblica partigiana di
Alba. Ad innescarla fu la destituzione del capitano della polizia ausiliaria,
Carlo Lavagnino, dalla biografia alquanto movimentata, ed in breve si sarebbe
allargata in altre località del Piemonte, la regione che aveva conosciuto il più
forte movimento partigiano (…) Alla fine di ottobre si
giunse quindi ad un tentativo di rilancio della precedente sollevazione
partigiana che, stavolta, ebbe come teatro il biellese. Attorno al 18 ottobre,
su iniziativa del Mrp, un primo consistente gruppo di ex partigiani ed alcune
antifasciste si concentrò tra San Martino e San Bononio, frazioni montane del
comune di Curino (Vc) contestando ancora una volta l'amnistia Togliatti e
l'emarginazione dei combattenti antifascisti, ossia le questioni politiche
rimaste irrisolte. (…) Altri episodi sarebbero
stati nuovamente registrati nel giugno e nell'ottobre del 1947 nelle province di
Novara e Biella, con la mobilitazione di centinaia di ex partigiani ed il loro
ritorno sui monti. Tali focolai di rivolta, puntualmente sconfessati dall'Anpi e
dal Pci, furono presto isolati dalle forze della repressione statale, mentre la
Resistenza veniva condannata a vivere solo nel mito, nonostante la memoria e la
volontà di chi l’aveva autenticamente vissuta. Prossimi
appuntamenti: 25 aprile.
Vino e fiori alla lapide di
Ilio Sabato 25 aprile
deposizione di fiori e ricordo alla lapide del partigiano anarchico Ilio
Baroni. Appuntamento alle
Per scaricare la locandina
dei 3 giorni antifascisti: http://piemonte.indymedia.org/article/4710 Primo Maggio Saremo al corteo con uno
spezzone rosso e nero. Appuntamento alle Seguirà il consueto pranzo
del Primo Maggio con canti e festa. Appuntamento dopo il corteo
in corso Palermo 46. Per prenotarsi per il
pranzo al 338 6594361; mail fai_to at inrete.it Anarchici contro il Muro Martedì 12 maggio
ore 21
in corso Ferrucci
65a Incontro con l’anarchico
israeliano Ury Gordon Azioni dirette,
manifestazioni, solidarietà attiva ai palestinesi in lotta contro il muro
dell’apartheid. La resistenza ai bombardamenti e all’occupazione di
Gaza. Federazione Anarchica
Torinese – FAI Corso Palermo 46 Torino –
la sede è aperta ogni giovedì dalle 338
6594361 |
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