Torino. Storie di resistenza al razzismo
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- Date: Sun, 15 Feb 2009 03:25:27 +0100
Torino. Storie di
resistenza al razzismo Arresto di un
abusivo Torino, dove la crisi
macina le vite e dove il ritmo quotidiano – per molti, per troppi – è segnato
dal timore di essere intercettati da una pattuglia, spediti al CIE, deportati.
È il 12 febbraio, una di
quelle giornate che le alpi si stagliano tra le case e le strade sono spazzate
da un aria tersa, azzurra, gelida. Per uno dei tanti abusivi che campano
spacciando pane ai margini del mercato di Porta Palazzo, un giorno di merda: la
polizia l’ha preso e se l’è portato via. Medici non
spie La serata del 12 il freddo
diventa implacabile. All’ingresso delle Molinette, l’ospedale più grande del
Piemonte, la gente passa in fretta, stringendosi nei cappotti, tuttavia qualcuno
si ferma al punto info della FAI Torinese per dare un’occhiata alla mostra sulle
nuove leggi razziste, al banchetto informativo, altri leggono il volantino,
qualcuno chiede informazioni. Sono passati pochi giorni
dall’approvazione in Senato del “pacchetto sicurezza”. Se la legge sarà
approvata anche dalla Camera non ci saranno più cure né medicine per i senza
documenti, perché ai pazienti che non li hanno non sarà garantito l’anonimato:
medici e infermieri potranno denunciarli. Già oggi a Torino sono
diminuiti del 50% gli stranieri che si rivolgono alle strutture sanitarie: solo
l’annuncio della nuova legge è bastato a creare panico, nonostante molti medici
ed infermieri abbiano dichiarato pubblicamente la loro opposizione ad una legge
che contrasta con il nucleo etico della loro professione, quella che vincola a
curare tutti senza distinzione. In alcuni ospedali molti
lavoratori della sanità portano il cartellino “siamo infermieri e medici, non
spie”. L’auspicio è che cresca
l’obiezione, perché altrimenti un giorno qualcuno starà male nell’androne di una
casa, dietro ad un albero dei giardinetti, nascosto dentro una vecchia auto.
Forse morirà. Morirà per una legge razzista, perché il parlamento ha tracciato
una linea tra uomini e no, tra chi ha diritti, compreso quello di vivere, e chi
no. In qualsiasi momento, anche
ora, una donna partorirà senza assistenza, stringendo i denti e sperando che il
suo bambino ce la faccia da solo. Un bambino clandestino, un’umanità
clandestina. Clandestina diverrà la
dignità di un’intera società se si permetterà che ciò accada in mezzo a
noi. Una mano
solidale Siamo a S. Salvario,
quartiere multietnico alle spalle della stazione Porta Nuova, una compagna
antirazzista, armata di scotch e manifesti contro le ronde, li sta affiggendo. È
sempre il 12 febbraio e il freddo morde le chiappe. Una pattuglia di carabinieri
intercetta la compagna, che tiene i manifesti dietro la schiena. Un ragazzo
maghrebino sconosciuto, rapido e invisibile glieli sfila di mano passandole
accanto. I carabinieri se ne vanno e i manifesti, recuperati in un locale poco
distante, finiscono sui muri della zona. Non sempre una giornata che
comincia di merda finisce peggio. Luna park
antirazzista Sabato 14 febbraio. Il
“Giornale” di lunedì 9 febbraio aveva riportato le dichiarazioni di alcuni
esponenti leghisti, che, nel commentare esultanti la legalizzazione delle ronde
razziste, avevano annunciato la loro presenza a Porta Palazzo per il sabato
successivo. Gli antirazzisti non
potevano certo mancare all’appuntamento. Il retro del Palafuksas, già teatro dei
tornei di “Calcio all’Alpino”, nonché spazio conquistato, metro dopo metro, dal
mercato abusivo della domenica mattina, si trasforma in un Luna park
antirazzista, per “Fionda la ronda! Giochi senza frontiere contro il pacchetto
sicurezza”, un’iniziativa condivisa all’interno dell’Assemblea Antirazzista
torinese. Tra le attrazioni più
gettonate il classico gioco del lancio delle palle contro le teste che escono
dalle sagome in legno vede l’appassionata partecipazione di una piccola folla,
che fa a gara a colpire Borghezio, Berlusconi, Maroni, Bossi, Carossa. Proprio
Carossa, esponente di spicco della Lega piemontese, ad un certo punto compare di
persona alla fermata del tram, ben coperto da un nugolo di digos. Forse sperava
che qualcuno ci cascasse e lo usasse come bersaglio, ma ha dovuto accontentarsi
di qualche sberleffo, prima che la polizia lo trascinasse lontano dagli
sghignazzi antirazzisti. Intanto la piazza si anima
per una serie di partite di calcio all’alpino, allo stand di “fionda la ronda!”
in molti si cimentano a colpire con il fucile ad elastici gli
squadristi/barattolo, altri cercano lo strike con birilli di plastica in
divisa. Contro le ronde e il
pacchetto sicurezza Nel pomeriggio di sabato 14
ai giardini Lamarmora, in pieno centro cittadino, viene allestito il punto info
della FAI torinese contro le ronde e il pacchetto sicurezza. Musica, distro,
volantini, suscitano attenzione e curiosità. Un antirazzista a passeggio con la
sua bambina passa e porta bugie al cioccolato e alla ricotta, altri prendono il
fazzoletto rosso contro le retate. Un compagno racconta che quella mattina nel
supermercato dove lavora ha respinto la richiesta del suo capo di cacciare dal
parcheggio gli asiatici che vendevano fiori. Un piccolo, importante, gesto di
resistenza quotidiana. Fuochi al
CIE La giornata non è finita.
In serata alcuni antirazzisti decidono di andare al CIE di Corso Brunelleschi.
Battitura di ferri, fuochi d’artificio, “liberi tutti”. Anche lo “spacciatore”
di pane portato via dalla polizia giovedì mattina forse adesso sta al di là di
quel muro. Un muro che, pietra dopo pietra, va tirato giù.
Federazione Anarchica
Torinese – FAI Corso Palermo
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