Non si può vietare il conflitto
Dopo alcune settimane di campagna politica e mediatica contro un presunto
“eccesso di manifestazioni nelle nostre città” e sui rischi per il
cosiddetto “ordine pubblico” delle stesse, il ministro Maroni ha
emesso una
Direttiva in merito alle “manifestazioni nei centri urbani e nelle aree
sensibili”.
Con la scusa della salvaguardia del “diritto alla mobilità” e per
“evitare
diseconomie”, il ministro suggerisce ai Prefetti di “stabilire
regole … per:
sottrarre alcune aree alle manifestazioni; prevedere, ove necessario, forme
di garanzia per gli eventuali danni; prevedere altre indicazioni per lo
svolgimento delle manifestazioni”.
Obiettivo politico della Direttiva è quello di limitare il diritto a
manifestare il proprio dissenso, sottraendolo alla vista degli
“operosi”
cittadini, allo shopping del sabato (il vicesindaco milanese DeCorato ha
lamentato che le manifestazioni dei primi di gennaio erano dannose per i
saldi!!!), ai centri cittadini.
Una limitazione che esplicitamente richiama le manifestazioni nelle quali
cittadini di fede musulmana hanno scelto di pregare nelle pubbliche piazze,
considerando questa scelta “provocatoria” nei confronti di luoghi
“a forte
caratterizzazione simbolica per motivi sociali, culturali, religiosi…”.
Con questa direttiva i lavoratori non potranno portare la loro protesta
sotto le sedi confindustriali o ministeriali; gli studenti non dovranno
avvicinarsi a provveditorati o sedi universitarie; cittadini immigrati di
fedi diverse non potranno manifestare vicino alle chiese; e tutte/i dovremo
manifestare in periferia e lontano da luoghi visibili e
“simbolici”.
E poi potrà manifestare solamente chi avrà un conto in banca che permette
una “fidejussione” per garantire eventuali danni!
Noi non ci stiamo. Riteniamo il diritto politico di manifestare il proprio
pensiero e il proprio dissenso una base fondamentale di qualsiasi società
democratica; riteniamo il conflitto una necessità per la sviluppo sociale e
politico, non un “fastidio” o un pericolo da cui difendersi.
Non faremo un passo indietro nella nostra volontà di presentarci nei centri
delle nostre città; non smetteremo di “disturbare” un “ordine
pubblico”
garantito da migliaia di militari nelle strade, da espulsioni di migranti,
da chiusure di spazi sociali autogestiti, dall’impossibilità del
dissenso.
Chiediamo a tutti i democratici di alzare la voce. Quando è
limitata la
libertà di manifestazione di qualcuno, quando alcuni soggetti sono
considerati “pericolosi”, la libertà di tutte/i è a rischio.
Non facciamola passare sotto silenzio!
Direttiva del Ministro per le manifestazioni nei centri urbani e nelle aree
sensibili
1. Premessa
Si susseguono quotidianamente, nelle città, iniziative e manifestazioni
pubbliche con cortei che percorrono i centri storici per dare voce e forma
organizzata a dissensi e proteste o comunque per rappresentare e richiamare
l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Istituzioni su problemi
e
proposte.
Il diritto costituzionalmente garantito di riunirsi e manifestare
liberamente in luogo pubblico costituisce espressione fondamentale della
vita democratica e come tale va preservato e tutelato.
L’esercizio di tale diritto deve tuttavia svolgersi nel rispetto di altri
diritti costituzionalmente garantiti e delle norme che disciplinano
l’ordinato svolgimento della convivenza civile.
La frequenza di manifestazioni determina non di rado, nella complessa realtà
dei centri urbani di maggiori dimensioni, criticità nell’ordinato
svolgersi
della vita cittadina tali da limitare, condizionandoli, i più comuni diritti
dei cittadini come ad esempio il diritto allo studio, il diritto al lavoro e
il diritto alla mobilità.
E’ necessario quindi intervenire sulla disciplina esistente, adeguandola
alle nuove esigenze.
La necessità di un tale intervento è ancor più evidente in ragione del
fatto che le iniziative si ripetono e si concentrano, per ricercare la
massima visibilità, nelle maggiori città, luoghi privilegiati della
rappresentanza istituzionale e politica.
In ogni caso è importante che la tutela dell’ordine pubblico e della
sicurezza siano sempre resi compatibili con il diritto di riunione e con la
libertà di manifestazione del pensiero
2. Centri urbani
La necessità di individuare percorsi e di prevedere altre indicazioni
finalizzate alla regolamentazione delle manifestazioni, nasce anche
dall’esigenza di evitare diseconomie e, ove sussistano forme di garanzia
per
assicurare la mobilità territoriale, di non vanificarne gli effetti. Ad
esempio, laddove normativa ed accordi hanno reso effettive “le fasce di
garanzia” del trasporto pubblico (senza per questo ledere
l’altrettanto
fondamentale diritto di sciopero) una manifestazione che si svolga in quegli
stessi orari garantiti potrebbe causare, anche involontariamente, il blocco
del traffico cittadino e ledere il diritto alla libera circolazione.
L’adozione di nuovi criteri nella regolamentazione di percorsi delle
manifestazioni può costituire un equilibrato punto di approdo nel
contemperamento dei diversi diritti da tutelare. In tal senso,
l’esclusione
di aree nevralgiche per la mobilità territoriale o di luoghi d’arte (si
pensi ad esempio ai siti riconosciuti dall’UNESCO patrimonio
dell’umanità),
o ancora delle aree “particolarmente protette” sotto il profilo
dell’inquinamento acustico, come gli ospedali, potrebbe rappresentare la
scelta più confacente alla risoluzione delle problematiche descritte.
Ulteriore elemento da considerare è il patrimonio urbano, pubblico e
privato, per la cui tutela potranno prevedersi forme di garanzia a carico
dei promotori e degli organizzatori.
3. Aree sensibili
L’art. 17 della Costituzione riconosce ai cittadini il diritto di
riunione,
purché sia pacifico e senza armi. Per le riunioni in luogo pubblico è
previsto l’obbligo di preavviso alle autorità che possono vietarle
soltanto
per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Coerente alla norma costituzionale è il disposto dell’art. 18 del TULPS
che
sancisce l’obbligo, in capo ai promotori, di preavviso al Questore almeno
tre giorni prima. Il quarto comma prevede che il Questore possa, in caso di
omesso avviso o per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità
pubblica, impedire che la riunione abbia luogo o prescrivere modalità di
tempo e di luogo della riunione.
Analoga previsione è contenuta nell’articolo 26 dello stesso TULPS per
quel
che concerne le funzioni, le cerimonie, le pratiche religiose e le
processioni ecclesiastiche o civili: il Questore può, per ragioni di ordine
pubblico o di sanità pubblica, vietarle o prescrivere l’osservanza di
determinate modalità, dandone avviso ai promotori almeno ventiquattro ore
prima. L’articolo 30 del regolamento di esecuzione del TULPS prevede
inoltre
che, in tali casi, possa essere richiesto il consenso scritto
dell’Autorità
competente, per percorrere determinate aree pubbliche.
Il Questore può di volta in volta valutare discrezionalmente la conformità
della manifestazione alle esigenze di tutela dell’ordine e della
sicurezza
pubblica, in ragione di considerazioni fattuali, di tempo e di luogo.
In particolare, tale valutazione troverà applicazione con riferimento alle
aree nelle quali siano collocati obiettivi critici in relazione ai quali
sarà opportuno disporre le necessarie limitazioni all’accesso.
4. Direttiva
In relazione a tanto, si rende opportuna la definizione di criteri che
orientino le decisione dei competenti Prefetti e Questori, ferme restando le
valutazioni necessarie in relazione a casi specifici.
Fra questi criteri si evidenzia la necessità di limitare l’accesso ad
alcune aree particolarmente sensibili, specialmente quando la manifestazione
coinvolga un numero di partecipanti elevato.
Tali aree sensibili saranno individuate in zone a forte caratterizzazione
simbolica per motivi sociali, culturali o religiosi (ad esempio cattedrali,
basiliche o altri importanti luoghi di culto) o che siano caratterizzate
–
anche in condizioni normali – da un notevole afflusso di persone o nelle
aree nelle quali siano collocati obiettivi critici.
Tali limiti potranno operare specialmente quando ci siano state precedenti
manifestazioni, con stesso oggetto e organizzazione, che abbiano turbato
l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ai sensi dell’articolo 1, della Legge n. 121, del 1° aprile 1981, si
emana
la presente direttiva generale per le pubbliche manifestazioni, con
l’invito
ai Prefetti a stabilire regole – d’intesa con i Sindaci – e
sentito il
Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, per:
1. sottrarre alcune aree alle manifestazioni;
2. prevedere, ove necessario, forme di garanzia per gli eventuali danni;
3. prevedere altre indicazioni per lo svolgimento delle manifestazioni.
Tali determinazioni (da condividere il più possibile con le forze politiche
e sociali) troveranno forma in un apposito provvedimento del Prefetto,
inizialmente anche in forma sperimentale.
IL MINISTRO
Roma, 26 gennaio 2009
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