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«Vivo con i malati terminali Su Eluana dico: fermiamoci»
- Subject: «Vivo con i malati terminali Su Eluana dico: fermiamoci»
- From: "Associazione Amici di Lazzaro" <associazioneamicidilazzaro at yahoo.it>
- Date: Fri, 2 Jan 2009 20:10:58 +0100
«Vivo con i malati
terminali Su Eluana dico: fermiamoci»
La specialista che ha accompagnato centinaia di pazienti oncologici nelle loro ultime settimane di vita: «La volontà espressa quando si è sani immancabilmente muta quando si è malati» www.avvenire.it DA
MILANO - LUCIA BELLASPIGA
« Come medico ho il dovere di dire che il quadro clinico della paziente è assolutamente incompleto, basato su informazioni contrastanti e insufficienti. Nessun medico con una situazione tanto lacunosa prenderebbe mai alcuna decisione, prima appurerebbe tutta una serie di cose». Carla Ripamonti, oncologa, responsabile della Terapia del dolore e delle cure palliative all’Istituto dei Tumori di Milano, è una degli oltre 300 medici che hanno già aderito all’appello per Eluana. Un motivo strettamente scientifico il suo, dunque? Tengo a precisare che parlo appunto da scienziata e da laica: la situazione reale di questa paziente non è stata approfondita come si dovrebbe, molti quesiti restano ancora senza risposta, vedi ad esempio questo ultimo dato sulla deglutizione, che se verificato sarebbe fondamentale. Qui mi trovo di fronte a una paziente che apre gli occhi di giorno e li chiude quando è notte, che da due anni ha ripreso il suo ciclo mestruale, che ha un fisico molto sano e forte, respira senza alcun ausilio, assimila il cibo e ora leggo che forse potrebbe anche deglutire se riabilitata a farlo... Un quadro del genere già deve far riflettere qualsiasi giudice autorizzi addirittura la sospensione dell’alimentazione. Che elementi ha un magistrato, se nemmeno a noi la situazione è chiara? Quello che manca è un bollettino medico ufficiale: cuore, polmoni, polso, stato della deglutizione, tutto. A impedirlo non è certo la privacy, visto che da anni la storia di Eluana è su tutti i media ed è uscito anche un libro. Si moltiplicano le adesioni dei suoi colleghi all’appello. Perché? Che cosa avrebbe da perdere la scienza medica dalla drammatica morte di Eluana? Da questa vicenda per il momento il mondo medico desume questo: che a tutt’oggi in Italia per tentare di sospendere l’alimentazione e l’idratazione è necessario affidarsi a una clinica privata e lontano dalla città in cui il paziente vive ed è curato. Significa che c’è una fortissima nonconcordanza su ciò che bisogna fare... Se si arrivasse davvero a far morire Eluana, però, il caos sarebbe ancora più grave, non tanto nel mio àmbito (il cancro uccide da solo!), ma in neurologia, tra i malati di Sla o le migliaia di persone per anni in stato vegetativo: l’effetto emulazione potrebbe spingere altri parenti a chiedere a loro volta la morte del paziente, dando corso a nuovi processi e a sentenze da parte di giudici poco esperti di cose mediche. Da 25 anni lei lavora nelle cure palliative, dunque ha affiancato centinaia di malati terminali nelle loro ultime settimane di vita. Che cosa le suggerisce la sua lunga esperienza? Di Eluana si è detto che da ragazzina aveva espresso il desiderio di morire piuttosto che restare in uno stato vegetativo. Io vivo nel mondo dei malati di cancro e testimonio senza alcun dubbio ciò che riviste prestigiose come Lancet, New England o American Journal of Psychiatry hanno ampiamente dimostrato, e cioè che quando la persona è sana pensa determinate cose, ma quando diventa un paziente le idee cambiano perché le priorità nel malato si trasformano. Insieme alla sua malattia, si modifica anche il paziente e le sue esigenze non sono quelle di quando era sano. Nessuno scienziato sa nulla della coscienza di Eluana o delle sue sensazioni... quanto sappiamo che lei ad esempio non si senta amata e protetta dalle cure continue delle suore di Lecco? C’è un momento in cui la scienza non è più scienza e non sa più nulla. Il malato terminale oncologico a volte chiede di morire? Chiede di non soffrire, ma mai in 25 anni - con un’unica eccezione - nessuno mi ha chiesto di accelerare la fine. Nemmeno chi prima si dichiarava pro eutanasia: le direttive date da sani, se non sono revisionate di evento in evento, quasi 'in diretta', non hanno validità, io lo vedo tutti i giorni. Ho studiato la frequenza del suicidio tra i malati oncologici: se sono seguiti come si deve, a domicilio, con tutte le cure, la percentuale precipita a 5 casi su 17mila. Io sarò disposta a discutere di eutanasia solo quando tutta Italia avrà l’assistenza domiciliare, le terapie palliative, la cura del dolore inteso come sofferenza totale dal momento iniziale della diagnosi fino a quello finale. Ma finché l’eutanasia è la risposta più economica dello Stato e la scorciatoia di una società che non vuole farsi carico dei più deboli, io non ci sto. Sono più spesso i parenti a chiedere una fine più rapida e pietosa, forse? Càpita soprattutto quando nel malato vien meno la capacità di comunicare: per il parente è la sofferenza meno tollerabile e pur di non vederlo così chiede di accelerarne la morte. Penso a Beppino Englaro, un uomo che ama immensamente Eluana: si è trovato un macigno, una figlia che improvvisamente non ha più comunicato con lui, e questo nelle relazioni familiari è lo stress più devastante. Capisco cosa prova questo padre: per lui Eluana non 'esiste' più da anni, col fatto che non parla e non ascolta per lui è morta. Englaro è una figura estremamente sofferente, estremamente da comprendere e da rispettare, soprattutto da tenere fuori dal giro dei media, un uomo che sta soffrendo in modo inimmaginabile e che cerca una cosa di cui forse potrebbe pentirsi tre mesi dopo. Lui la chiama la 'libertà' di Eluana, e non immagina che magari per la nuova Eluana libertà è solo essere accudita e amata come lo è oggi». Ripamonti, responsabile cure palliative all’Istituto dei tumori di Milano: «Quadro clinico incompleto, informazioni contrastanti. Per questo come medico aderisco all’appello». Beppino Englaro? «Soffre immensamente. Va rispettato» |
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