R: La parificazione dell'età pensionabile. Documento da inviare e diffondere se condiviso



*      Gentile prof. Colombo,

*      Dobbiamo capire, vogliamo capire, per non farci fregare, per sapere se si tratti di una mela avvelenata mascherata da regalo di Natale.

*      Siamo figlie, siamo madri, siamo mogli, siamo compagne, siamo lavoratrici, cerchiamo comunque di fare percorsi di consapevolezza, per esserci, per partecipare. Siamo continuamente alle prese con un doppio lavoro:

*      Quello “dentro” e quello “fuori”…casa…

*      Sicuramente dobbiamo combattere contro un sistema che guarda all’Europa solo quando vuole.

*      Non credo che tutto sia risolvibile immaginando un welfare “adeguato”…c’è una questione culturale di fondo sulla quale bisogna lavorare, bisogna introdurre istituti reali di conciliazione, bisogna permettere alle donne di lavorare senza rinunciare alla gioia (e al diritto-dovere) di essere, appunto, madri, figlie, mogli,compagne, soggetti attivi  e partecipi di questa Società.

*      Mi riservo di approfondire, per ora inoltro l’articolo di Ida Dominijanni, che mi sento di sottoscrivere.

*      Cordialmente

*      Adriana De Mitri

*       

*      POLITICA O QUASI   |   di Ida Dominijanni

*      La trappola paritaria di Brunetta

*       

*      In una intervista a "la Repubblica" di ieri, il ministro Brunetta ha detto che lui vuole «liberare le donne». Si risparmi la fatica: ci liberiamo da sole. Nella stessa intervista il ministro Brunetta, che è convinto di essere sempre il primo della classe, ha mandato a dire a Guglielmo Epifani che è un ignorante, «non legge i dossier, non studia e non s'informa. Si informi, legga i dossier e studi lui, che sul lavoro femminile non sa di che parla. Sempre indisturbato, il ministro Brunetta ha aggiunto che sull'età pensionabile delle donne lui deve solo «ottemperare a una condanna della Corte europea». Il ministro, e con lui tutto il governo di cui fa parte, si decida: non è possibile che l'Europa conti a corrente alternata, un giorno sì e uno no, sulle pensioni sì e sul clima no, sulle pensioni sì e sullo sforamento dei parametri di Maastricht no eccetera.
Anche la ministra ombra piddina alle pari opportunità Vittoria Franco, prima di parlare, avrebbe potuto contare fino a quaranta e informarsi meglio. Ieri invece ha aperto a Brunetta - ogni scusa è buona per dialogare e farsi prendere a randellate da Berlusconi, sembra un regime sadomaso ma lei la chiama «sfida» - con un conto semplice semplice: noi ti sosteniamo i 65 anni, tu ci sostieni le nostre proposte per promuovere l'occupazione femminile e favorire la conciliazione fra lavoro maternità e carriera. Così, pari e patta. I conti tornano e il gioco è fatto.
I conti non tornano affatto, precisamente perché la questione non va e non può andare in parità. Ecco un bel caso in cui si dimostra che la parola d'ordine - in senso proprio - della parità fra i sessi è un trappolone truccato e truffaldino, che equipara in uscita quantità dispari in entrata, lascia intatte o accentua disuguaglianze preesistenti, ignora differenze di qualità che non vanno né pareggiate né annullate ma semmai valorizzate. Una confusione infernale, spacciata per chiarezza sotto l'ombrello della parola magica «parità».
Molte obiezioni, al ministro primo della classe, sono già state portate. Gli è stato rammentato, dalla Cgil e dalla Fiom, che già adesso le donne possono optare per il lavoro fino a 65 anni, che di fatto in molti casi devono optare per questa possibilità se vogliono raggranellare i contributi necessari visto che hanno percorsi lavorativi più precari di quelle maschili; e che la vera azione antidiscriminatoria, che il ministro primo della classe non si sogna di proporre, sarebbe semmai un'equiparazione dei salari e delle carriere maschili e femminili. Gli è stato ricordato, da più parti, che la possibilità di andare in pensione prima è una compensazione irrisoria del fatto che per tutta la vita le donne fanno un lavoro triplo e quadruplo: quello retribuito e quello non retribuito per i figli, i genitori, i mariti, e che dunque al saldo la misura non sarebbe antidiscriminatoria per gli uomini ma ulteriormente discriminatoria per le donne. <<<
Quello che non è stato ancora ricordato, al ministro Brunetta come pure alla ministra ombra Franco, è che finché si continua a parlare del lavoro femminile in termini di miseria sociale e avendo in testa solo l'ossessione paritaria, non se ne esce, né da destra né da sinistra. L'immensa ricchezza sociale che noi donne produciamo con il lavoro doppio triplo e quadruplo, pagato e non pagato, obbligato e spontaneo, sottoposto, direzionale, relazionale, non è quantificabile secondo i parametri economici classici e non è compensabile con gli asili nido: e nemmeno chiede di esserlo. E' un eccesso, non una miseria. Un di più, non un meno: che non va in parità. Fra i molti dossier che il ministro Brunetta avrà sul tavolo, e la ministra Franco pure, gliene manca certamente qualcuno, sull'immensa mole di narrazione dell'esperienza del lavoro femminile raccolta negli ultimi decenni dalla sociologia femminista (l'ultimo, in ordine di tempo si intitola «Si può», Libreria delle donne di Milano). Il ministro se li procuri: scoprirà delle cose interessanti. Ad esempio, che il tempo è considerato dalle donne la risorsa principale, e che questo non comporta automaticamente lavorare per più o per meno anni, ma riorganizzare i tempi di lavoro per tutti, donne e uomini, fuori dalle gabbie fordiste e dalla dissipazione postfordista. Che le qualità relazionali del lavoro femminile stanno ri-formando, letteralmente, i luoghi di lavoro ben più delle sue rampogne ai fannulloni. Che promettere (senza mantenere) asili nidi non ha grande appeal sulle madri lavoratrici che giustamente pretendono di lavorare «e» di godersi i figli. Che insomma se si parla di lavoro femminile bisogna provarsi ad adeguare il lavoro ai parametri umani della vita femminile, non la vita femminile ai parametri disumani del lavoro. O è meglio lasciar perdere.

 

 

 

 


Da: dirittiglobali-request at peacelink.it [mailto:dirittiglobali-request at peacelink.it] Per conto di Arrigo Colombo
Inviato: giovedì 18 dicembre 2008 21.34
A: Undisclosed-Recipient:;
Oggetto: La parificazione dell'età pensionabile. Documento da inviare e diffondere se condiviso

 

Movimento per la società di giustizia e per la speranza

Cari amici,

                 il Movimento ha preparato questo intervento sull parificazione dell'età pensionabile di donna e uomo; per il quale chiede il vostro aiuto nell'invio e nella diffusione. Il documento può sempre essere fatto proprio e anche mutato. Gl'indirizzi:

Segr.Guglielmo Epifani, CGIL info at cgil.it

Raffaele Bonanni, CISL segreteria generale at cisl.it

Luigi Angeletti, UIL info at uil.it

Segr. Walter Veltroni, segreteria.veltroni at partitodemocratico.it

Un saluto fraterno da Arrigo Colombo

 

Movimento per la Società di Giustizia e  per la Speranza

Lecce

 

Ai Segretari dei Sindacati Confederali CGIL, CISL, UIL

Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti

al Segretario del PD Walter Veltroni

 

La parificazione dell’età pensionabile

 

Non riesce ben comprensibile perché il Sindacato si opponga alla parificazione dell’età pensionabile di uomo e donna, quando esiste una precisa richiesta in tal senso della Corte europea di Giustizia; la quale non fa altro che sollecitare il processo di parificazione avviato in particolare dal movimento femminile degli anni Settanta, contro quanto ancora resiste della discriminazione di sempre, della mente e prassi androcentrica e patriarcale.

 

Ovviamente la Corte chiede la parità nelle pensioni come nelle condizioni di lavoro e nel salario, il superamento dell’intera discriminazione che la donna subisce in quest’ambito;

avendo anche presente il più basso livello di pensione che la donna così raggiunge, e che può acquistare una specifica gravità quando essa è single, o tale diviene in seguito alle vicissitudini del rapporto di coppia.

 

Il Sindacato, come altri esponenti della politica e della ricerca, o anche del pensiero corrente, parte dalla considerazione della particolare condizione femminile di sempre che, oltre il lavoro professionale, porta il peso del lavoro domestico e della procreazione e cura dei figli, specie nella prima infanzia. Ma proprio su questo punto il processo di parificazione deve avanzare, portando l’uomo a condividere sempre più queste mansioni, anziché scaricarle sulla donna, totalmente o in gran parte. Così come devono avanzare i servizi sociali, specie nidi e scuole materne, dove la nostra arretratezza è forte.

 

Lo esige la dignità e diritto della donna, la pari dignità e diritto; lo esige il processo di liberazione in corso, processo di giustizia, costruzione di una società giusta e solidale.

Lo esige l’imperativo di giustizia che avvince insuperabilmente la coscienza umana:

“uomo sii giusto, agisci secondo giustizia”.

Su questa linea hanno insistito già in passato figure come Emma Bonino e il partito radicale, come il giuslavorista Pietro Ichino, e molti altri. Non si tratta di un’invenzione del ministro Brunetta, che solo ultimamente vi si è richiamato, e non senza ragione

Lecce, il 18 dicembre 2008

                                                           per il Movimento il responsabile

                                                                     Prof. Arrigo Colombo    

 

 

 

Arrigo Colombo, Centro interdipartimentale di ricerca sull’utopia, Università di Lecce

Via Monte S.Michele 49, 73100 Lecce, tel/fax 0832-314160

E-mail arribo at libero.it/ Pag  web http://digilander.libero.it/ColomboUtopia