La mia patria è l'Occidente



La mia patria è l’Occidente

Tedesca di origine pakistana, da quando si è fatta cattolica Sabatina James è costretta a vivere nascosta. Suo padre l’ha condannata a morte. Ma non riuscirà a toglierle la libertà

di Vito Punzi
Nata in Pakistan nel 1982, all’età di dieci anni Sabatina James si trasferì con la famiglia, musulmana, a Linz, in Austria. Al ginnasio per Sabatina l’integrazione fu rapida, e tuttavia problematica. Subito si scatenò il conflitto tra le imposizioni dell’islam, così come le viveva tra le mura di casa, e la sua aspirazione alla libertà personale. Oggi Sabatina non esita a definire «violenza psichica e fisica» quella subìta già in quegli anni in famiglia. Un incubo che culminò quando, con il pretesto di mandarla in una scuola coranica, all’età di 17 anni i genitori la rispedirono in Pakistan. «Lì mi veniva insegnato l’odio verso l’Occidente. Ho sperimentato sulla mia pelle, ancor più di quanto non avessi già provato in famiglia, l’assoluta mancanza di valore della donna nella società islamica: subii continue violenze e sevizie». Questo finché Sabatina non venne a sapere del matrimonio combinato che l’attendeva: avrebbe dovuto sposare un suo cugino. Così, a 19 anni, Sabatina fuggì dal Pakistan per tornare in Europa, fino a diventare cittadina tedesca: «Questo ora è il mio paese», dice. In seguito alla sua conversione pubblica al cristianesimo, nel 2001, il padre e un’autorità musulmana emisero una sentenza di morte nei suoi confronti. Da allora questa ragazza, che nel 2003 è stata battezzata cristiana-cattolica (con il nome di Sabatina, appunto), è costretta vivere nascosta in una località sconosciuta della Germania. È pubblicista (il suo ultimo libro s’intitola Devi morire per la tua felicità. Prigioniera tra due mondi, Knaur 2007), ambasciatrice di “Terre des Femmes” e ha fondato l’organizzazione “Sabatina e. V.” (www.sabatina-ev.de) a difesa dei diritti delle donne musulmane.
Signora James, lei è stata battezzata nel 2003. Perché ha deciso di seguire Cristo e la sua Chiesa? Cosa ha a che fare la sua forte aspirazione alla libertà e alla felicità con quel passo?
Ciò che mi ha convinto della fede cristiana è Gesù Cristo stesso come persona. Pensi al Vangelo, al colloquio di Gesù con la samaritana, al fatto che Lui ha rischiato la propria reputazione e il proprio nome per salvare la vita di un’adultera, dicendo: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra!». Indipendentemente da ciò, ho riconosciuto il Dio della Bibbia come colui che attraverso segni straordinari e miracoli mi indica sempre la giusta via. In Gesù ho trovato la risposta alla mia ricerca di libertà.
Ha mantenuto contatti in Pakistan? Come vivono i cristiani nel suo paese d’origine?
Sono stata in Pakistan alcuni mesi fa, ma non l’ha saputo nessuno della mia famiglia, altrimenti per me sarebbe stato troppo pericoloso. I cristiani in Pakistan vivono come schiavi. Molti di loro vengono portati in prigione e torturati, o addirittura vengono giustiziati senza motivo. Le giovani cristiane vengono stuprate se non si convertono all’islam. Tempo fa era venuta da me una di loro che era stata venduta a un latifondista. Mi ha chiesto aiuto. Purtroppo ho saputo qualche giorno fa che è stata sequestrata da alcuni musulmani e di lei non c’è più traccia da oltre venti giorni. Questa è la quotidianità dei cristiani in Pakistan.
Nel 2001 suo padre ha emesso una condanna a morte nei suoi confronti, e da allora lei deve vivere nascosta. Ha paura?
Guardo alla vita come il re David, che diceva: «In migliaia cadono alla mia sinistra, a decine di migliaia alla mia destra, ma io non sarò colpito». Io vivrò!
Lei ha sperimentato – lo ha scritto lei stessa – la famiglia come una prigione. Ora ha una nuova famiglia? Che significato ha per lei la parola educazione?
No, fino a questo momento non ho costruito una nuova famiglia, e non ho bambini. In ogni caso è fin d’ora mio desiderio, quando sarà il momento, insegnare ai miei figli che hanno un Padre in cielo che non li abbandona mai e che ha un grande progetto per la loro vita. Inoltre, so già che dovrò dedicare ai miei figli tutto il tempo necessario e che mai anteporrò ai miei bambini il lavoro, la carriera, gli hobby o gli amici.
Lei un tempo era islamica: che rapporto ha oggi con l’islam e coi singoli musulmani?
Naturalmente osservo con attenzione le diverse tendenze presenti all’interno di ciò che chiamiamo islam. Certo, di musulmani radicali ce ne sono in tutti i paesi, tuttavia, se penso a quello che ha detto Gesù, cioè che dobbiamo amare i nostri nemici e pregare per chi ci perseguita, allora so che in questo insegnamento trovo i migliori presupposti per pormi di fronte a quelle persone.
Che cos’è l’islam per lei, oggi?
L’islam per me è semplicemente la religione nella quale sono nata e cresciuta, ma oggi credo in Gesù Cristo!
Cosa pensa della società multiculturale così com’è progettata e realizzata in Europa?
Sostanzialmente concepisco l’idea del multiculturalismo come una bella cosa. Tuttavia, molti dei nostri politici spesso elaborano leggi che riguardano anche i musulmani senza avere mai avuto neppure un colloquio con loro, per esempio con le donne costrette al matrimonio combinato. Non hanno idea di che cosa significhi vivere tra due culture che non sono paragonabili tra loro. Se questi sono i presupposti, come potranno elaborare progetti d’integrazione?
A proposito di politici, che cosa pensa di quelli che sono disposti a cedere su tutto pur di venire a patti con i musulmani?
Sono quelli che temono per la loro vita e per la possibile perdita di consenso alle elezioni. Non si pongono il problema se il loro popolo va a rotoli. Hanno paura di essere etichettati come razzisti, ma non si rendono conto che qui non si tratta di razzismo, piuttosto di rispetto dei diritti umani. Il problema è che molti dei nostri politici non hanno alcuna fede e dunque mancano del presupposto per entrare in dialogo con i musulmani, i quali invece sanno bene ciò che Allah vuole da loro.
Lei ha fondato un’associazione d’aiuto al riconoscimento della parità delle donne musulmane. Che cosa fa in concreto?
Cerchiamo di aiutare le donne che in Germania, in Austria e in Pakistan sono costrette al matrimonio forzato o che sono minacciate di morte. Cerchiamo di mettere a loro disposizione case dove rifugiarsi e offriamo loro assistenza legale. Oltre agli aiuti diretti cerchiamo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla sofferenza che spesso devono subire le donne musulmane.
Allegato Rimosso
Allegato Rimosso
Allegato Rimosso