Torino: contestato l'assessore Ilda Curti
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- Date: Fri, 18 Jul 2008 19:48:55 +0200
Torino: contestato l’assessore Ilda Curti Paure metropolitane. Questo
il titolo di un incontro/dibattito organizzato nell’ambito del Festival
ARCIpelago, coorganizzato da ARCI e Circoscrizione A parlare di paura c’era
una sfilza di politici e professori universitari, tra cui l’assessore Curti.
Curti è ben nota a Torino perché ha la delega all’integrazione degli stranieri.
In questa veste chiese di sgomberare l’Asilo Squat per far posto ad
un’associazione di rumeni amici suoi. Le famiglie che hanno
occupato in via Pisa lei le conosce bene: sono alcune delle tante che vivono
come bestie in baracche schifose lungo i fiumi della nostra città. Sono tra le
tante che lei e i suoi colleghi hanno blandito con promesse di case popolari che
non sono mai arrivate. Il dibattito non partirà
mai, perché viene contestato da un gruppo di compagni solidali con gli occupanti
di via Pisa, che aprono uno striscione con la scritta “case per tutti” e
cominciano a raccontare ai presenti della paura, quella vera, quella che stringe
le vite di chi ogni giorno deve lottare per quello
successivo. Curti non tollera la
contestazione e, mentre i suoi colleghi di tavolo se la svignano senza farsi
notare, da in escandescenze, inveisce e addirittura comincia a mulinare le mani,
cercando di aggredire i compagni che reggevano lo striscione.
Come nella migliore
tradizione del vecchio PCI, si schiera il servizio d’ordine che si interpone tra
lo striscione e Curti. Volano insulti e minacce ma
i compagni non cadono nella provocazione. Curti, rivolgendosi ad un compagno lo
apostrofa dicendo “ma tu non eri in galera”?”. I presenti, incuriositi,
assistono e ascoltano i racconti dei compagni. Curti alla fine se ne va ed
il dibattito viene annullato. Lasciamo l’area dibattiti e
con striscione, megafono e volantini e ci dirigiamo nell’affollata zona “piadine
romagnole” e poi nel piazzale dove si balla il liscio d’ordinanza.
Qua è là si forma un
capannello di persone che ascoltano: qualcuno inveisce con insulti razzisti, ma,
alla fine, un gruppetto applaude. I politici che governano
Torino paiono sull’orlo di una crisi di nervi: le loro reazioni sono sempre più
sguaiate e scomposte. Vorrebbero sottrarsi alle loro responsabilità, vorrebbero
che le numerose decine di famiglie che vivono in baracche senza luce, acqua,
riscaldamento se ne restassero buone, buone lungo i fiumi, senza alzare la
testa, senza pretendere di abbandonare i margini della città, là dove nessuno li
vede. Un problema nascosto non è un problema. Chiamparino martedì ha detto “io
non c’entro”: una frase simile a quella gridata da Ilda Curti “e io che
c’entro?”. Già il potere politico non
c’entra, non c’entra mai. La festa dell’Arci si
svolgeva in un’area nella quale si sono spesi miliardi per le Olimpiadi,
miliardi per i “giochi”, ma il Comune di Torino non trova una manciata di
quattrini per consentire ai baraccati di via Germagnano di uscire la fogna in
cui sono forzati a vivere. Nel pomeriggio, una della
bambine di via Pisa, mentre si preparava a tornare in baracca, ha detto “almeno
ho vissuto in una casa vera per 10 giorni”. Ilda Curti e la ghenga di
politici che governano la città nel nome dei soldi e dei potenti sappiano che i
baraccati di via Germagnano, che hanno alzato la testa e ripreso un pezzo di
vita, sono per tutti un esempio. Hanno varcato una soglia e mostrato a tutti la
via. La lotta continua. Ogni
giorno. Prossimo appuntamento: Lunedì 21 luglio ore 17,30 presidio contro gli sgomberi
davanti al Comune Di seguito il volantino
distribuito ieri sera: La politica del Comune per i senza casa: sgomberi,
minacce, denunce Casa per tutti Il 6 luglio, in via Pisa 5,
è stata occupata una casa, una casa abbandonata di proprietà dell’Enel.
Gli occupanti hanno
raccontato in un volantino la loro storia: “Ci siamo
stancati di questa miseria. Siamo un piccolo gruppo di famiglie rumene, famiglie
di lavoratori, con tanti bambini che vanno a
scuola. Fino a ieri
abbiamo vissuto in condizioni durissime. Abitavamo nelle baracche di via
Germagnano: un campo sovraffollato e sporco, senza acqua né elettricità, con i
bambini sempre in pericolo in mezzo ai topi e ai
serpenti. Quando c'è
stata l'alluvione, solo un mese fa, al campo l'acqua era dappertutto e sono
dovuti arrivare i Vigili del Fuoco per toglierla. Ma tolta l'acqua è rimasto il
fango dentro alle nostre case e tanti dei nostri figli si sono
ammalati. Ora ci siamo
stancati di questa miseria. Da ora in poi vogliamo vivere una vita normale, come
tutti voi. È per questo che abbiamo occupato questa casa: sappiamo che è
illegale, ma sappiamo anche che è una cosa giusta. Questa casa è
stata abbandonata e vuota per tanto tempo, ma noi la faremo rivivere e la
trasformeremo in un posto bello per viverci, per noi e per i nostri
bambini.” Ma le istituzioni, Comune
in testa, non potevano certo tollerare un’occupazione, perché via Pisa stava
dando coraggio ai tanti che vivono come bestie lungo i fiumi, dove nessuno li
vede, come polvere celata sotto il tappeto. L’Enel non poteva certo
rischiare che l’esempio diventasse contagioso: altri avrebbero potuto
riprendersi parte di quello che ogni giorno questa società ingiusta sottrae.
Sono arrivati all'alba del
15 luglio. Decine di mezzi di polizia e carabinieri in assetto antisommossa.
Hanno scardinato la porta e sono entrati in armi nelle stanze dove dormiva la
gente. I bambini hanno cominciato a gridare spaventati, una signora più anziana
si è sentita male. Una scena di quelle che abbiamo visto nei film, che abbiamo
sentito raccontare dai nostri vecchi, una scena da città occupata dai nazisti,
con la gente braccata nelle case. Gli occupanti sono stati caricati su un
pullman già pronto e portati nella fogna via Germagnano.
Sgomberati dalla polizia
perché occupare è illegale, sono stati deportati con un pullman del comune in un
campo abusivo. I giornali, il giorno dopo, hanno osato scrivere, mentendo
spudoratamente, che la casa di via Pisa non era sicura. Così – per maggior
sicurezza – il comune ha decretato che tornassero in baracche senza acqua né
elettricità, in mezzo al fango e ai topi. Fabio, uno dei compagni
subito accorsi in via Pisa, è stato pestato e arrestato per resistenza e
lesioni: aveva provato a chiedere di entrare nella casa sgomberata per prendere
le poche cose degli immigrati. Il giorno dopo il compagno
è stato liberato in attesa di processo. Al giudice che gli chiedeva dei fatti
Fabio ha negato di aver assalito da solo tre energumeni della Digos e ha
ribadito con fermezza la propria indignazione di fronte ai poliziotti che
ridevano per aver gettato in strada quattro famiglie. Gli occupanti di via Pisa
hanno assistito all’udienza, dimostrando che la solidarietà è contagiosa.
Al presidio davanti al
Comune fatto dopo lo sgombero di fronte ai bambini che reggevano lo striscione
“Case per tutti. Fabio Libero”, Chiamparino, “pescato”, mentre andava al bar, ha
detto “io non c’entro”. Un funzionario del suo gabinetto, durante un incontro
successivo e meno informale, ha promesso una casa per il giorno dopo. Ma
mercoledì mattina i funzionari dell’ufficio immigrazione di Corso Novara si sono
limitati a intimidire gli immigrati annunciando denunce e arresti se ci fossero
state nuove occupazioni. L’unica “proposta” avanzata: prendersi i bambini ed
ospitarli in una casa per minori. Più che una proposta una ben evidente
minaccia. A cura dell’Assemblea
antirazzista di Torino Per
info: assembleaantirazzistatorino at autistici.org 338
6594361 |
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