Torino 24 giugno: antirazzisti in piazza Vittorio



Torino 24 giugno: antirazzisti in piazza Vittorio

 

Questa mattina si è svolto un presidio davanti alla GTT, per denunciare la complicità dell’azienda con il sistema delle espulsioni e con i recenti rastrellamenti sui tram torinesi.

L’ufficio multe, di fronte al quale si sono aperti striscioni quali “GTT complice delle espulsioni”, “chiudere i cpt, aprire le frontiere”, è stato fatto subito chiudere dalla polizia politica che ha “consigliato” ai responsabili di tirare giù le serrande.

Molta la curiosità tra i passanti, alcuni dei quali si sono detti solidali ed indignati per gli episodi rimbalzati recentemente in cronaca che hanno mostrato a tutti una pratica che purtroppo non ha carattere occasionale ma quotidiano.

 

Prossimo appuntamento per gli antirazzisti domani dalle 19 a sera tarda in piazza Vittorio. Sarà un mese esatto dalla morte di un immigrato nel Cpt di Torino: era malato di polmonite ma è stato lasciato agonizzare in cella senza alcuna cura.

 

L’appuntamento è nato all’interno dell’assemblea antirazzista torinese.

Per chi volesse saperne di più sull’Assemblea copiamo sotto il testo nel quale si riconosce chi partecipa a questo percorso.

 

Subito di seguito trovate invece il testo di uno dei volantini che verranno distribuiti in piazza Vittorio domani.

 

I fuochi e il muro

È passato un mese. Un mese dalla notte in cui il tunisino Hassan / Fathi, morì nella sua cella al CPT, il Centro di permanenza temporanea per immigrati di Torino. È stato lasciato agonizzare per ore e ore nel suo letto, senza che nessuno gli prestasse soccorso: la Croce Rossa, che gestiste la prigione dei “senza carte”, non è intervenuta, nonostante i compagni di Hassan abbiano a lungo invocato aiuto. “Come cani al canile, abbai e nessuno ti ascolta”. Un’immagine cruda che ben descrive i tempi che viviamo, quando la vita, la libertà, la dignità di un uomo si azzerano oltre i muri che separano il “diritto” dalla terra di nessuno dei clandestini, il limbo dei senza carte.

In questo limbo si vive e si muore come bestie. A volte anche peggio.

Dopo la morte di Hassan i prigionieri oltre il muro si sono rivoltati distruggendo suppellettili e materassi, hanno fatto lo sciopero della fame, hanno raccontato le loro storie ai solidali che in più occasioni si sono raccolti oltre il muro battendo ferri e gridando forte. Storie come quella di Said, che ha cercato di saltare il muro ma è stato preso e pestato a sangue. Storie di psicofarmaci nel cibo per tenere “buoni” tutti rincoglionendoli.

Al CPT chi protesta, chi chiede cure, chi resiste alla deportazione viene spogliato e ammanettato mani e piedi. Poi la parola passa ai manganelli.

I responsabili della Croce Rossa hanno negato ogni responsabilità, accusando gli immigrati di mentire, di mentire sempre, di mentire per vocazione, parole razziste per coprire le proprie responsabilità di fronte alla morte di uomo.

La magistratura ha aperto un’inchiesta sulla morte di Hassan mentre la polizia, giorno dopo giorno, deportava i testimoni di quella notte di maggio. Alla fine non resterà più nessuno che possa raccontare questa storia di ferocia e indifferenza che poco a poco scompare dalle cronache. La storia di chi vive e muore oltre il muro del CPT, la prigione dove i senza carte vengono rinchiusi prima della deportazione. Uomini e donne emigrati dai loro paesi per fuggire la fame, la guerra, le persecuzioni, venuti in Italia per cercare un’opportunità di vita, per riprendersi la fetta di futuro negata a chi nasce alla latitudine sbagliata.

Nel nostro paese – dove tutele e diritti sono ormai un miraggio anche per gli italiani – gli immigrati per campare la vita la rischiano ogni giorno, lavorando sotto il ricatto pesante dei padroni che non regolarizzano per mantenere forte il ricatto. Anche i pochi che hanno le carte possono perdere tutto, perché chi perde il lavoro, perde anche le carte.

In nome di una – falsa - emergenza sicurezza verranno spesi decine di milioni per i soldati che pattuglieranno le città. L’emergenza, quella vera, quella del lavoro che non c’è, del lavoro che uccide, della precarietà a vita, dei servizi solo per chi paga, viene messa in secondo piano, nascosta dalla propaganda razzista, la propaganda che alimenta e propaga il fuoco della guerra tra poveri.

Esercito e polizia per le vie servono solo a tenerci tutti, italiani e immigrati, sotto il tallone di chi, ogni giorno, lucra sulle nostre vite. I padroni e i governanti scommettono sulla guerra tra poveri, per imporre il loro ordine – un ordine fatto di violenza e sfruttamento bestiale. Sta a noi tutti, i senza potere, riallacciare i fili spezzati della solidarietà, resistendo ai soprusi, alle violenze, alle deportazioni.

 

In questa sera di prima estate, mentre in piazza brillano i fuochi di S. Giovanni, vogliamo ricordare che in questa città c’è chi muore perché un’organizzazione umanitaria ha lasciato che un uomo agonizzasse per un’intera notte senza ascoltare le grida di chi, “come cani al canile”, gridava inutilmente.

Quel muro, il muro del CPT, è il segno simbolico e reale del baratro nel quale sta precipitando la nostra società. Sta a noi buttarlo giù.

Fuochi di S. Giovanni? Fuoco al CPT!

 

Federazione Anarchica Torinese – FAI

Corso Palermo 46 Torino – la sede è aperta ogni giovedì dalle 21.

fat at inrete.it 338 6594361

 

 

Presentazione dell’Assemblea Antirazzista

L'assemblea antirazzista nasce da un'urgenza. Un'urgenza che è venuta crescendo – giorno dopo giorno – nei luoghi che viviamo e nella coscienza di ciascuno di noi.

I roghi razzisti contro i rom, le aggressioni contro gli immigrati, la cappa feroce del razzismo istituzionale disegnano il presente terribile nel quale siamo forzati a vivere.

Si tratta di un'urgenza politica e sociale, ma anche, per chi ritiene, etica.

Stiamo provando a tessere una fitta rete di solidali, per porre argine alla violenza, per impedire gli sgomberi, per gettare i semi di un agire comunicativo capace di rompere la tenaglia del razzismo diffuso nei quartieri popolari dove la guerra tra poveri è ormai una realtà.

 

L'assemblea antirazzista non è un nuovo soggetto politico che firma appelli o documenti, che auspica o che condanna, che suggerisce linee o polemizza con "avversari". Non è una nuova sigla. E neanche una nuova organizzazione nella quale riconoscersi, né una sommatoria di organizzazioni preesistenti. Al contrario, l'assemblea è una occasione per organizzarsi e coordinarsi, su proposte specifiche che coinvolgeranno solo chi le condivide, senza ricercare ad ogni costo l'unanimità. L'assemblea antirazzista, dunque, è un ambito di relazione, confronto, scambio di informazioni, elaborazione di possibili iniziative tra persone dal diverso orientamento politico e dalla diversa storia personale. È un luogo dove si intrecciano senza sovrapporsi percorsi di resistenza al razzismo, una sorta di assemblea permanente dove ciascuno rappresenta e mette in gioco se stesso, costruendo con altri un ambito dove confrontarsi e collaborare.

 

L'assemblea antirazzista vive della necessità di mettere insieme intelligenze, energie, tempo, capacità e saperi per cominciare a ridisegnare lo spazio sociale della nostra città. Uno spazio violato dalle retate della polizia contro gli immigrati, dai raid fascisti e razzisti, dalla presenza di un Cpt dove la favola dell'eguaglianza dei diritti e delle libertà mostra – più che mai – l'atroce farsa della democrazia. Uno spazio dove si vive male tutti, perché il lavoro che non c'è, che è precario, pericoloso, mal pagato è nella quotidianità di ciascuno. Uno spazio dove la martellante propaganda razzista crea solchi sempre più larghi, dove il risentimento verso gli ultimi prende il posto dell'odio per chi comanda e sfrutta tutti. Occorre rompere il muro del silenzio e dell'indifferenza, spezzare la cappa dell'odio. La guerra tra poveri cancella la guerra sociale, distrugge la disponibilità all'incontro, corrode la solidarietà, apre la strada alla giungla sociale.

 

Ridisegnare il territorio significa in primo luogo presidiarlo, facendo sentire ad immigrati e clandestini la propria presenza solidale e rendendo la vita più difficile a fascisti, razzisti e forze del disordine statale.

Ma non solo. Serve un'offensiva culturale diffusa che spezzi il cerchio della paura, apra spazi di incontro e relazione, ponendo le basi di un'azione comune contro i nemici di tutti, che restano quelli di sempre, i padroni che ci portano via la vita, giorno dopo giorno.

Nella roulette russa della guerra sociale c'è chi affonda e chi resta a galla. Ma la marea sale e cresce il numero dei sommersi. Chi resta ai margini, chi non resiste non dica domani che non sapeva, non dica che non voleva.

Chi non ferma la barbarie ne è complice.

 

Per contatti:

assembleaantirazzistatorino at autistici.org