Caselle (TO): azione antimilitarista
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- Date: Sat, 7 Jun 2008 03:19:38 +0200
Caselle (TO): azione
antimilitarista Striscioni contro gli eserciti e l’Alenia, “morti” e
fumogeni alla rotonda all’ingresso del paese. 6 anarchici fermati dai carabinieri e trattenuti in
caserma per un’ora e mezza. Foto
qui: http://piemonte.indymedia.org/article/2230 Nel tardo pomeriggio del 6
giugno a Caselle alcuni antimilitaristi anarchici hanno detto la loro
sull’arredo urbano di una rotonda piazzata all’ingresso del paese, di fronte ad
un noto supermercato della zona. Ormai da tre anni in centro
alla rotonda è stata piazzata una freccia tricolore della Fiat, uno di quei
“giocattoli” che vengono usati durante le parate per rendere bello lo spettacolo
della guerra. I velivoli sfrecciano nel cielo segnandolo con lunghe scie
tricolori: le acrobazie tengono col fiato sospeso e tentano di accendere il
sentimento patriottico di chi assiste. Funamboli con un fiocco tricolore per la
propaganda di guerra, per esaltare il mestiere delle armi, quello dell’assassino
di professione, il militare, pagato per seminare la morte, per fare strage e
distruzione. Un’orrenda ipocrisia, come quella di chiamare la guerra “pace” e
gli interventi come quello in Afganistan “missioni
umanitarie”. La rotonda di Caselle è
stata finanziata dal Penny Market, che si trova di fronte, e dall’Alenia,
fabbrica d’armi che proprio a Caselle ha un suo stabilimento, e dove gli aerei
militari vengono collaudati. Numerosi manichini sono
stati collocati sotto l’aereo, in ricordo delle vittime delle guerre e di chi
sulla guerra lucra, come i fabbricanti d’armi. All’aereo sono stati appesi
due striscioni “No a tutti gli eserciti” e “Alenia fabbrica guerre”. Fumogeni
colorati hanno inaugurato la nuova rotonda, trasformata in luogo antimilitarista
dove si ricordano le vittime di tutte le guerre, di tutti gli
eserciti. Un’azione simbolica per
ricordare che l’Italia è in guerra e che fermare la guerra è necessario e
possibile, lottando per la chiusura di basi, caserme, aeroporti e fabbriche di
morte. Sei anarchici che si
trovavano nei pressi della rotonda, dove è stata fatta l’azione antimilitarista,
sono stati fermati dai carabinieri, che li hanno portati in caserma
trattenendoli per oltre un’ora e mezza. Chi ricorda che l’Italia è in guerra
deve essere subito fermato. I solerti tutori dell’ordine bellico si sono
affrettati e rimuovere immediatamente i manichini, gli striscioni e persino i
tubi dei fumogeni. Evidentemente nulla deve turbare la pace dei militaristi e
dei guerrafondai, nessuno deve pensare che le armi prodotte a due passi da casa
sua servono ad ammazzare gente inerme. Ai passanti è stato
distribuito un volantino che riportiamo sotto: Boicottare gli eserciti, le basi, le fabbriche di
morte Tempo di guerra L’Italia è in guerra.
Truppe tricolori combattono in Afganistan. Lo chiamano “peace keeping”: suona
meglio e mette la coscienza a posto. Ma, là, in Afganistan, ogni giorno
bombardano, uccidono, imprigionano, torturano. A morire sono uomini, donne e
bambini. In silenzio. Sette anni di guerra e dicono che sono lì per mantenere la
pace. Dicono che sono lì per la libertà. Dopo sette anni le donne sono ancora
incarcerate sotto i burqua, le poche scuole per bambine vengono fatte saltare in
aria, le attiviste vengono uccise. In Afganistan e in Iraq gli stessi cittadini
statunitensi hanno pagato e pagano un pesante tributo in sangue e soldi per
questo massacro senza fine. Ma che importa? Gli affari dei petrolieri e dei
fabbricanti di armi vanno a gonfie vele. In Afganistan sono oltre
2.800 i soldati italiani armati di tutto punto, elicotteri da attacco Mangusta
compresi, sempre più spesso impegnati in operazioni belliche. A sentire il nuovo
ministro della guerra, in mimetica e scarponi, è tempo di cambiare le regole di
ingaggio per i “nostri” soldati. Ossia dar loro mano libera nel fare la
guerra. Tutto questo orrore costa a
tutti noi milioni di euro, sottratti a scuola, trasporti, sanità, tutela del
territorio. La spesa di guerra comprende il mantenimento di basi, caserme,
aeroporti, nonché un congruo numero di ben addestrati assassini di professione,
la guerra diventa sempre più vicina. I governi di destra e
quelli di sinistra hanno a fatto a gara nel finanziare le imprese belliche,
promovendo la costruzione di nuovi sistemi d’arma e installazioni militari.
A Vicenza vogliono fare la
più grande base militare USA d’Europa, rafforzando il ruolo dell’Italia come
gigantesca portaerei statunitense al centro del Mediterraneo. A Novara stanno
per costruire uno stabilimento per l’assemblaggio dei nuovi bombardieri F35,
giocattolini che possono portare anche ordigni nucleari che costano intorno ai
150 milioni di euro l’uno. Anche negli stabilimenti Alenia di Caselle e Torino
lavorano a queste nuove macchine di morte. È notizia di questi giorni
che in Campania l’esercito presidierà sette siti che il governo ha dichiarato di
importanza strategica, le sette discariche “segrete” scelte per affrontare la
perenne emergenza mondezza. Così gli affari, quelli leciti e quelli illeciti -
ma vi è poi vera differenza? - potranno andare avanti. Per chi protesta perché
non vuole i rifiuti nelle uniche aree verdi o, come nel caso di Serre, nel più
importante serbatoio di acqua potabile della regione, c’è la galera sino a 5
anni. Niente raccolta differenziata, niente riciclo, niente politiche rispettose
dell’ambiente: si militarizza il territorio e si trattano i cittadini in rivolta
come delinquenti. È la guerra. La guerra interna. Serve anche questa a mantenere
la pace, la pace sociale. È una china pericolosa,
lungo la quale, una a una se ne vanno le nostre esigue libertà: oggi è la volta
di chi si oppone all’avvelenamento del posto dove vive, domani toccherà ai No
Tav e a tutti coloro che si battono contro la devastazione del territorio e il
saccheggio delle risorse. Guerra interna e guerra
esterna sono due facce della stessa medaglia: quella del potere che perpetua se
stesso ad ogni costo, quella del profitto che macina vite, risorse e futuro
della più parte di noi. Opporsi alla guerra senza
opporsi al militarismo, senza opporsi all’esistenza stessa degli eserciti, vere
organizzazioni criminali legali, è mera
testimonianza. Fermare la guerra,
incepparne i meccanismi è un’urgenza che non possiamo eludere. A partire da noi,
dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, aeroporti, scuole militari,
fabbriche d’armi. A partire dalle nostre piazze dove campeggiano come “eroi” le
statue dei macellai di tutte le guerre: simboli da cancellare perché il
militarismo è un’aberrazione indecente. Non basta dire no alla
guerra in Afganistan, alla militarizzazione della Campania, alla base di Vicenza
o agli F35 a Novara e a Torino: occorre mettere sabbia e non olio nel motore del
militarismo. Contro tutte le guerre,
contro tutti gli eserciti Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 – la sede è aperta ogni giovedì dalle
338 6594361 fat at inrete.it |
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