Torino: cacerolazo alla villa di Baldacci, responsabile del cpt
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- Date: Mon, 2 Jun 2008 18:39:27 +0200
Torino: cacerolazo alla
villa di Baldacci, responsabile del cpt La morte di un immigrato
tunisino dentro il cpt di Corso Brunelleschi a Torino è di quelle che lasciano
il segno. Il segno feroce di un’epoca dove puoi morire come un cane, lasciato
senza cure dentro una galera per gente senza documenti.
Questa mattina, in un due
giugno gonfio di pioggia, un gruppo di antirazzisti torinesi ha deciso di fare
una gita in collina. Tra le villette di via
Zandonai a Chieri, una zona residenziale alle porte di Torino, c’è anche quella
di Antonio Baldacci, colonnello e medico della Croce Rossa, responsabile clinico
del Cpt di Torino, che all’indomani della morte di Hassan tra le mura della
struttura da lui diretta, aveva dichiarato che i suoi “ospiti” sono “clandestini
abituati a dire bugie. Per loro è facile ed abituale non dire la verità. Non
vedo perché si debba credere alle storie che raccontano. Vogliono solo creare il
caos.” Con queste affermazioni razziste e feroci Baldacci pensava di chiudere la
partita, seppellendo sotto una coltre di menzogne la storia di un uomo, morto
perché Ma la voce degli immigrati,
le loro dolenti testimonianze, hanno passato il muro, sono state raccolte e
amplificate da chi non si rassegna alle deportazioni, alle botte, alla
reclusione dei migranti, di chi non si rassegna ad un tempo che si vorrebbe
all’insegna della guerra tra poveri. Per una settimana si sono
susseguite le iniziative di solidarietà ai prigionieri del cpt, che la sera dopo
la morte di Hassan hanno dato vita ad una rivolta, spaccando i materassi,
minacciando il suicidio. Per tre giorni è andato avanti lo sciopero della fame.
Ma la repressione non si è
fermata. La mattina di giovedì
quattro immigrati sono stati deportati. Tra loro c’è Said, il ragazzo che il
venerdì precedente aveva tentato la fuga e si era guadagnato un robusta dose di
botte. Si tratta di una espulsione anomala, partita a metà mattinata mentre, di
solito, questi lavori sporchi vengono effettuati nel silenzio
dell’alba. Il motivo è chiaro:
togliere di mezzo i testimoni scomodi e far sparire in fretta un ragazzo che
portava sul volto i segni della democrazia. Inizia subito una corsa un
po’ matta contro il tempo e la repressione. Partono gli sms con i numeri di
telefono del CPT e delle linee aeree, che vengono subito intasati dalle chiamate
dei tanti che rispondono all’appello. Chi può e chi vuole corre davanti al nuovo
ingresso del CPT, in via Mazzarello. Piove a dirotto, come quasi sempre in
questa storia di Torino, troppo simile alle storie di ogni dove, in questo tempo
di guerra contro gli ultimi. Troppo tardi. I quattro sono a Malpensa in attesa
dell’imbarco forzato: qualche chiamata dell’ultimo minuto, il fax di un avvocato
che tenta in extremis di fermare la deportazione, poi i telefoni tacciono e cala
il silenzio. Sabato 31 è il giorno delle
manifestazioni. In mattinata giunge la notizia dell’ennesima violenza: due
immigrati dentro al cpt vengono pestati duramente dalla polizia. Uno viene
denudato, ammanettato mani e piedi e poi picchiato con i manganelli. Pare
avessero cercato di saltare il muro per riprendersi la libertà. Hanno avuto la
loro dose di democrazia. Nel pomeriggio in centinaia
manifestano in corteo verso il cpt, mentre in contemporanea, davanti al lager,
un presidio mantiene viva la comunicazione solidale con gli immigrati al di là
del muro. Così questa mattina – festa
della Repubblica delle guerre e delle deportazioni - è parso naturale andare a
casa di Baldacci, il responsabile del cpt, l’uomo che ritiene che la parola di
trenta immigrati non valga nulla. Baldacci è a capo di una
struttura dove un uomo è morto per mancanza di cure.
Baldacci è un medico che di
mestiere fa l’aguzzino, gestendo una prigione per conto di un’organizzazione
umanitaria che tiene uomini e donne chiusi come cani. Trattati peggio.
Il gruppo di antirazzisti
torinesi ha deciso di raccontare ai suoi vicini di casa chi fosse il
rispettabile medico della casa accanto. Si arriva battendo pentole e coperchi,
suonando fischietti e gridando slogan. Suoniamo alla porta dei vicini, parliamo
con quelli che si affacciano curiosi dai giardinetti delle loro ville,
raccontiamo la storia di Hassan – Fathi, il tunisino morto al cpt, raccontiamo
di Said, pestato e deportato, dei due anonimi pestati a sangue sabato mattina.
Parliamo dei tanti che vengono imbottiti di psicofarmaci per farli stare
“calmi”, perché non urlino la loro protesta, perché tacciano di fronte ai
soprusi. Baldacci non si fa vedere, forse è al CPT, forse è chiuso in casa,
dietro al cancello della sua bella villetta, dove ringhiano due cani da guardia.
Suo figlio chiama i carabinieri. Nel giro di un’ora la via si riempie di uomini
della polizia politica, Il muro del cpt di Torino è
sporco, grigio, alto. Rompere il silenzio sulle
violenze e le deportazioni è il primo passo per tirarlo
giù. La lotta continua domani…
Per approfondimenti sulla
vicenda: Cfr.
Morte al Cpt: la sicurezza che uccide. Come
i cani al canile in Umanità Nova n. 20 del 1 giugno 2008 http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2008/un20/art5315.html Per
info: Federazione Anarchica
Torinese – FAI Corso Palermo 46
La sede è aperta ogni
giovedì dalle 21 338
6594361 |
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