Per non dimenticare la Cina commerciale...



Per non dimenticare la Cina commerciale...
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Il reportage dalla Cina diffuso in occasione della conferenza di
Busto A. con Mr. Harry Wu del 15 ottobre 2005
 
CINA - E' la più nuova merce Made in China, e anch'essa è in offerta
a prezzi stracciati sul mercato mondiale. Si tratta di collagene,
quel materiale biologico che i chirurghi plastici iniettano per
spianare le rughe e riempire le labbra.
 
Quello cinese costa solo il 5% del prezzo a cui è venduto il
collagene prodotto in USA e in Europa. Piccolo particolare: è
ricavato dai cadaveri di condannati a morte in Cina.
 
Lo ha scoperto un investigatore di Hong Kong, che facendosi passare
per un uomo d'affari interessato alla «merce» ha contattato una
ditta biotech nella provincia di Heilongjiang, nel nord della Cina.
 
«Sì, estraiamo il collagene dalla pelle di prigionieri che hanno
subito l'esecuzione e di feti abortiti», ha confermato il direttore
vendite dell'azienda. Aggiungendo che il governo ha consigliato di
tenere la cosa «riservata», visto «il rumore che questa atti! vità
provoca nei paesi occidentali».
 
Collagene umano Made in Cina è già stato venduto in Gran Bretagna,
ha rivelato il quotidiano britannico Guardian, e probabilmente in
altri Paesi europei.
 
Quasi certamente, diverse signore sugli anta che si sono
fatte «rifare» le labbra in Occidente, hanno in bocca i resti di un
uomo che è stato liquidato con un colpo alla nuca, velocemente
intubato dai medici (presenti sul luogo dell'esecuzione con un
camioncino attrezzato) perché il cadavere resti «fresco» con la
respirazione artificiale, e ripulito di reni, fegato ed altri organi.
 
Benvenuti nel Laogai, il Gulag cinese.
 
La parola, che significa «riscatto attraverso il lavoro», è il nome
collettivo dell'infinita rete di prigioni e campi di concentramento
dove i condannati sono costretti al lavoro forzato. Ma c'è una
differenza rispetto al vecchio Gulag sovietico: con il passaggio al
capitalismo, i lager cinesi sono stati trasformati in aziende di
successo e grandi esportatrici. Spesso, i lager cinesi hanno un
secondo nome, diciamo così, commerciale.
 
Così la prigione numero 1 di Pechino a! ppare sul mercato
come «Qinghe Magliera Fine» (le detenute vi producono calze di nylon
e di cotone per l'estero).La prigione di Chengde è nota agli
operatori del settore come «Calzature in gomma Chengde» ed esporta
scarpe per ogni tipo di sport, al ritmo annuo di 18 milioni di paia.
 
La prigione di Cangzhou produce ed esporta apparecchi di misura in
Giappone, Gran Bretagna e Corea con il nome di «Officine Meccaniche
Cangzhou»: ha un fatturato di quasi 5 milioni di dollari l'anno.
 
Molte di queste aziende a lavoro schiavistico hanno persino un sito
internet, dove vantano la qualità delle loro produzioni, e dove i
capi-carcerieri appaiono nella veste di «direttore
generale», «amministratore delegato» e «direttore marketing».
 
L'Arcipelago Gulag cinese produce ogni tipo di merce: carbone e tè,
mercurio e mattoni, guanti e pietre da costruzione, cemento e
motori, bestiame e impermeabili, compressori, tubi, cerniere e
minuteria metallica, abbigliamento, oggetti-regalo. Quasi certamente
i reggiseno a 2 euro in vendita dai cinesi in Italia, o gli
ombrellini di carta colorata che ornano il bicchiere delle bibite,
vengono dai centri di detenzione Laogai.La prigione di Quincheng, la
sola di proprietà del Ministero di Pubblica Sicurezza (gli altri
lager dipendono dal Ministero della Giustizia) produce, in gran
segreto, materiale militare di natura ignota: è stata costruita con
l'assistenza sovietica nel lontano 1958.
 Ma quanto è vasto l'Arcipelago Gulag cinese? E' un segreto di
Stato. In qualche documento ufficiale salta fuori la cifra di 1,7
milioni di prigionieri. Ma Harry Wu, un fuoriuscito cinese (dopo
aver trascorso 17 anni nel Laogai) che spesso torna in Cina in
incognito per mappare il fenomeno, ha localizzato oltre mille
prigioni di lavoro e lager. E ritiene che questa cifra sia «solo
indicativa». Wu calcola che la popolazione carceraria si aggiri tra
i 4 e i 6 milioni. «Almeno 50 milioni di persone sono passate nel
Laogai», dice: «non c'è persona in Cina che non abbia un parente o
un conoscente che c'è stato». Le prigioni sono divenute fabbriche da
export per una deliberata politica del regime. In un documento
ufficiale del governo, intitolato «sulle attuali condizioni
dell'economia Laogai» (1990) si ammette: «nel nostro paese,
l'economia Laogai è una branca dell'economia. la proprietà
socialista dei mezzi di produzione sotto controllo del popolo».

Parimenti deliberato lo sforzo di rendere queste aziende
schiavistiche altamente competitive e dedicate all'esportazione. Si
legge nello stesso documento: «tra e merci prodotte dal Laogai,
alcune sono  già state classificate come prodotti superiori a
livello nazionale; e alcune hanno raggiunto un avanzato livello di
qualità mondiale.
 
Molti prodotti sono anche esportati in varie parti del mondo,
guadagnando non solo! notevoli cifre in valuta estera, ma un'ottima
reputazione per la nazione». Infatti: i pezzi meccanici prodotti dai
forzati nella prigione numero 3 di Taiyuan, alias «Fabbrica di
compressori a gas Taiyuan», hanno conquistato la certificazione
ISO9001.
 
Ovviamente, i «lavoratori» dei lager non costano nulla: il massimo
della «competitività». Niente salario. I premi di produzione cui
possono sperare, se superano le «quote», sono miglioramenti della
razione alimentare.
 
Quanto alle condizioni ! di lavoro, sono ovviamente peggiori delle
peggiori fabbriche cinesi con lavoratori liberi.
 
Un esempio di fabbrica libera, la Kingmaker della provincia del
Guangdong, che produce fra l'altro le scarpe inglesi di marca
Clarks: orario di lavoro medio di 81 ore settimanali, nonostante
persino le leggi cinesi impongano la settimana di 44 ore. Paga
oraria: 3,375 yuan (34 centesimi di euro, 70 lire). Le ore
straordinarie, che per legge dovrebbero essere compensate il  50% in
più, sono pagate meno: 2,5 yuan l'ora, circa 20 centesimi di euro,
40 lire. Ovviamente, i lavoratori della Kingmaker sono esposti a
collanti e coloranti tossici senza alcuna protezione, a parte delle
mascherine chirurgiche.
 
Le gigantesche esportazioni cinesi (198 miliardi d dollari solo
quelle verso gli USA) sono per lo più il frutto di lavoratori che
guadagnano 40 centesimi l'ora, lavorano 13 ore al giorno, e non
hanno né assistenza sanitaria né sussidio di disoccupazione. Quando,
per lo più sui 40 anni d'età, cominciano ad avere difficoltà a
tenere i ritmi di lavoro, sono licenziati in tronco senza alcuna
liquidazione.
 
Ebbene, nei lager è peggio. Nel campo di lavoro femminile di Xi'an
presso Pechino, per completare un ordine di una ditta straniera, le
donne detenute hanno dovuto lavorare dalle 5 del mattino alle 3
della notte seguente a fabbricare coniglietti di pezza.
 
Al centro di detenzione di Lanzhou, diecimila detenuti sono stati
costretti a pelare i semi di zucca e melone (poi messi in vendita
come accompagnamento dell'aperitivo) con le unghie e coi denti, per
oltre 10 ore al giorno, e all'aperto: alla fine quasi tutti avevano
perso le unghie, molti i denti, e parecchi erano congelati. Il
tutto, come al solito, senza paga.
 
Ma ancor peggio è nei campi di lavoro estrattivi: nelle miniere di
carbone già i lavoratori «liberi» muoiono per esplosioni e crolli
con preoccupante frequenza; si può solo immaginare cosa accade (e
non viene rivelato) nei lager.
 
Nella prigione di Tongren, ribattezzata «Mercurio Tongren», i
detenuti estraggono il mercurio dal minerale, il cinabro: un metallo
altamente tossico, ma per i forzati non sono previste protezioni.
Muoiono come mosche, ma l'azienda ha venduto all'estero il prodotto
per quasi due milioni di dollari nel '96.
 
Del forzato cinese non si butta via niente. In vita viene usurato da
ritmi infernali di lavoro in ambienti pericolosi.
 
Quando è condannato a morte, viene ripulito degli organi interni. Si
conosce il caso di una sedicenne, chiama! ta Li e arrestata
per «delitti controrivoluzionari», a cui è stato tolto un rene il
giorno prima dell'esecuzione. Senza anestesia.
 
In certi casi, quando occorrono cornee da trapianto, il detenuto non
viene ucciso con un proiettile in testa, ma al cuore.
 
Benvenuti nel Laogai cinese, il Gulag S.p.A.
 
Questa è la Cina altamente competitiva. E questi sono i metodi con
cui fa concorrenza alle nostre industrie.
!
Maurizio Blondet