La Gran Bretagna incontra la legge islamica



La Gran Bretagna incontra la legge islamica

di Daniel Pipes
Jerusalem Post
13 febbraio 2008

Pezzo in lingua originale inglese: Britain's Encounter with Islamic Law

Sotto la superficie apparentemente tranquilla della vita quotidiana, la popolazione britannica è impegnata in un incontro epocale con l'Islam. Tre sviluppi della scorsa settimana, ognuno di essi riassuntivo di un processo che dura da anni – e lungi dal costituire delle semplici eccezioni – esemplificano i cambiamenti in corso.

Innanzitutto, il governo britannico ha deciso che gli atti di terrorismo perpetrati dai musulmani in nome dell'Islam, in realtà, non sono correlati all'Islam e non sono neppure anti-islamici. Questa idea ha preso piede nel 2006, quando il Foreign Office, temendo che l'espressione "guerra al terrore" infiammasse i musulmani britannici, cercò di utilizzare un linguaggio che tutelasse "i valori condivisi per contrastare i terroristi". All'inizio del 2007, l'Unione europea pubblicò un prontuario confidenziale che bandiva l'uso dei termini jihad, islamico e fondamentalista, in riferimento al terrorismo, proponendo piuttosto alcune espressioni "inoffensive". La scorsa estate, il premier Gordon Brown proibì ai suoi ministri di utilizzare il vocabolo musulmano correlato al terrorismo. A gennaio, il ministro degli Interni Jacqui Smith è andata oltre, definendo di fatto il terrorismo come "anti-islamico". E la scorsa settimana il ministero degli Interni ha finito per ingarbugliare del tutto le cose, pubblicando un manuale di conversazione sul controterrorismo, che dà istruzioni ai funzionari pubblici di parlare soltanto di estremismo violento e di assassini criminali e non di estremismo islamista e di fondamentalisti-jihadisti.

In secondo luogo, e sempre dopo diversi anni di evoluzione, il governo britannico riconosce adesso i matrimoni poligami. Esso ha mutato le disposizioni nel "Tax Credits (Polygamous Marriages) Regulations 2003". Precedentemente, solo a una moglie era permesso di ereditare i beni esenti da imposte del marito defunto. Questa legislazione permette a più mogli di ereditare esentasse, purché il matrimonio sia stato contratto in un paese dove la poligamia è legale, come in Nigeria, Pakistan o in India. In un settore correlato, il Dipartimento per il Lavoro e le Pensioni ha iniziato a concedere sostegni finanziari agli harem sotto forma di sussidi, come indennità di disoccupazione, assegni integrativi per inquilini non abbienti e sgravi fiscali. La scorsa settimana è giunta notizia che, dopo una disamina durata dodici mesi, quattro dipartimenti governativi (Lavoro e Pensioni, Tesoro, Fisco e Dogane, Ministero degli Interni) sono giunti alla conclusione che il riconoscimento ufficiale della poligamia sia "la migliore opzione possibile" per il Governo di Sua Maestà.

In terzo luogo, l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha approvato l'applicazione di alcuni aspetti della legge islamica (la Shari‘a) in Gran Bretagna. Approvare i suoi elementi civili, egli ha spiegato, "sembra inevitabile", poiché non tutti i musulmani britannici si riconoscono nel sistema giudiziario esistente e l'applicazione della Shari‘a aiuterebbe la loro coesione sociale. Se i musulmani potessero fare appello a una corte civile islamica non dovrebbero essere messi di fronte alla "rigida alternativa tra la fedeltà alla loro cultura o la lealtà allo stato". Continuare a insistere sul "monopolio legale" della common law britannica, piuttosto che autorizzare la Shari‘a, ha ammonito Williams, causerebbe "un certo pericolo" per il paese.

Il premier Brown ha immediatamente criticato il suggerimento di Williams: la Shari‘a, ha dichiarato Downing Street, "non può essere utilizzata come giustificazione per infrangere le leggi britanniche, né i principi della Shari‘a possono essere invocati in una corte civile (…) il Primo ministro ritiene che in questo paese debbano applicarsi le leggi britanniche basate sui valori britannici". Critiche alle dichiarazioni del primate anglicano sono inoltre arrivate da tutti i lati dello spettro politico: da Sayeeda Warsi del fronte conservatore, ministro ombra (musulmano) per l'integrazione e la coesione sociale; da Nick Clegg, leader dei Liberal-democratici e da Gerald Batten del Partito indipendentista del Regno Unito. Gruppi laici e cristiani si oppongono a Williams. Così anche Trevor Phillips, a capo della commissione per l'eguaglianza. In Australia, la Chiesa anglicana ha biasimato la sua proposta unitamente a membri di spicco della sua stessa Chiesa, incluso il suo predecessore Lord Carey. Melanie Phillips ha definito il suo ragionamento "del tutto confuso assurdo ed erroneo". Il quotidiano Sun si è così espresso con un editoriale: "È facile denigrare l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, trattandolo da vecchio idiota. In realtà, egli è una pericolosa minaccia per la nostra nazione". Per poi concludere con toni caustici che "l'arcivescovo di Canterbury ha sbagliato chiesa".

Benché sia stato ampiamente biasimato (e a rischio di perdere l'incarico), può darsi che Williams abbia ragione in merito al fatto che la Shari‘a sia inevitabile, poiché essa sta già attecchendo in Occidente. Un ministro della Giustizia olandese ha annunciato che "se due terzi della popolazione olandese domani si pronunciasse a favore dell'introduzione della Shari‘a, allora ciò dovrebbe essere possibile". Un giudice tedesco ha fatto riferimento al Corano in una ordinaria causa di divorzio. In Gran Bretagna già esiste un parallelo sistema giudiziario, il gar somalo.

Questi sviluppi mostrano che l'appeasement britannico riguardo la guerra al terrore, la natura della famiglia e la supremazia della legge sono parte di un quadro più ampio. Queste tendenze costituiscono una sfida, ancor più della minaccia alla sicurezza posta dalla violenza islamista, e probabilmente esse cambieranno la vera natura della vita occidentale.