Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Sono granitiche le posizioni della Commissione
per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, nome ufficiale della
muttawa, la polizia religiosa saudita, che sembra non sentire le accuse mosse da
organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e persino da
giornalisti di testate saudite ed anzi, difende il suo operato e
contrattacca.
Yara, figlia di genitori giordani e cresciuta a Salt Lake City negli
Stai Uniti, è madre di tre figli e moglie di un importante imprenditore con cui
vivono e lavorano a Jeddah da otto anni. Il giorno dell’arresto, la
donna era in visita di routine a Riyadh dove la compagnia finanziaria per
cui lavora ha aperto un nuovo ufficio. Un blackout elettrico ha fatto sì che il
personale si trasferisse temporaneamente al vicino internet caffé, uno
Starbucks, dove Yara si è premunita per una questione di ‘buoncostume’ di
sedersi con il collega nell’area riservata alle famiglie, l’unico posto in cui
uomini e donne possono condividere lo spazio.
Precauzione inutile dato che alcuni uomini della
muttawa si sono avvicinati e l’hanno accusata di commettere un
grave peccato a sedere con un collega non suo parente, e dopo averle confiscato
il cellulare l’hanno arrestata e portata nella prigione di Malaz a
Riyadh.
Con metodi brutali la polizia l’ha perquisita e le ha strappato confessioni
di colpevolezza. “Mi hanno portato in un bagno sudicio. Mi hanno fatto togliere
i vestiti e rannicchiare a terra. Dopo averli gettati nella melma me li hanno
fatti indossare di nuovo” ha dichiarato Yara in un’intervista riportata sul
Times online.
La polizia le ha negato il diritto di informare il marito Hatim
dell’accaduto, ma è proprio grazie a lui e ad alcuni politici influenti che Yara
è stata rilasciata.
L’Associazione nazionale per i diritti umani ha garantito di prendere il
caso in seria considerazione e di chiarire la posizione della Commissione e
riguardo.
Sotto attacco per la vicenda, ieri un portavoce della commissione ha
dichiarato: “Il Ministro del lavoro non approva che uomini e donne abbiano
contatti nei luoghi di lavoro. È una violazione sia delle leggi del Paese che
della Shar’ia”. La Commisione inoltre minaccia azioni
legali, con l’accusa di sostenere posizioni anti-islamiche e illegali, contro
gli opinionisti Al-Alami del Al-Watan e Abdullah Abou Alsamh dell’Okaz che hanno
aspramente criticato l’arresto di Yara.
Sono molte le donne arrestate in Arabia Saudita e purtroppo le loro storie
non ottengono sempre la stessa copertura che i media hanno conferito a Yara. Ben
poche hanno la possibilità di essere ascoltate e liberate e per chi rimane in
carcere l’incubo continua.