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[Punto Rosso] Articoli di Vittorio Agnoletto: "viaggio dentro S.Vittore" e "A Bogotà un presidente quasi fascista"
- Subject: [Punto Rosso] Articoli di Vittorio Agnoletto: "viaggio dentro S.Vittore" e "A Bogotà un presidente quasi fascista"
- From: comunicazioni at puntorosso.it
- Date: Tue, 19 Feb 2008 08:00:02 +0100
Care/i, spero di fare cosa gradita nell'inviarvi due miei articoli pubblicati negli scorsi giorni da il manifesto: «Viaggio dentro San Vittore», sulla visita al carcere milanese e «A Bogotà un presidente quasi fascista», a proposito della missione in Colombia cui ho partecipato come eurodeputato. Buona lettura, saluti solidali Vittorio Agnoletto Viaggio dentro San Vittore (Il manifesto, venerdì 15 febbraio 2008) Credevamo che i manicomi non esistessero più. Purtroppo ho constatato che invece uno esiste, ed è a Milano: sto parlando del Centro di osservazione neuropsichiatrica (CONP) del carcere di San Vittore, che ho visitato ieri mattina, 14 febbraio, nell'ambito della campagna «Il sole a scacchi», che mi porterà nei prossimi mesi a visitare penitenziari, ospedali psichiatrici giudiziari e centri di permanenza temporanea. Insieme a me sono entrate a San Vittore Alessandra Naldi dell'associazione Antigone e Annamaria Cavenaghi del Naga. Il CONP è uno spazio, situato al primo piano del così detto settimo raggio, che comprende il centro clinico del penitenziario, ed accoglie 16 detenuti. Persone affette da patologie psichiatriche, depressive e quindi a rischio di episodi di autolesionismo, che vivono in condizioni pessime: muri scrostati, intonaco cadente, finestre rotte, addirittura assenza di riscaldamento nelle stanze. Nel reparto , seppur saltuariamente, è praticato il contenimento, esattamente come nei manicomi del pre-Basaglia. Il CONP del carcere circondariale è un girone dell'Inferno dantesco. Sempre nel centro clinico, nei piani superiori abbiamo incontrato persone dalle situazioni a dir poco drammatiche: come un trentacinquenne, senza un rene, senza il retto, affetto da osteoporosi e da altri problemi, ex dipendente da stupefacenti che, se continuerà a vivere nello spazio che ho appena descritto, è in buona sostanza condannato a morte. Il centro clinico di San Vittore è un ambiente inumano: andrebbe chiuso subito. Tuttavia, pur in presenza di problemi cronici e irrisolti, qualche passo in avanti negli ultimi anni si è verificato anche a S.Vittore. I farmaci, ad esempio, oggi sono accessibili a tutti i detenuti, al contrario di quanto avevo constatato solo pochi anni fa. Resta, costante, la questione gravissima del sovraffollamento: 1409 detenuti per poco più di un migliaio di posti, a fronte di 40 nuovi ingressi ogni giorno. L'indulto ha avuto un effetto importante nell'agosto 2006: sono usciti circa 450 detenuti; di questi ad oggi ne sono rientrati per recidiva circa il 10 per cento. Si tratta, come ci ha spiegato la direttrice del carcere, Gloria Manzella, di un numero assolutamente in linea con le statistiche relative ai casi di recidiva nell'insieme della popolazione penitenziaria. Ma l'alto numero di nuovi detenuti rischia di annullare, in buona sostanza, le conseguenze positive del provvedimento. Uno dei motivi è la legge sull'immigrazione. Oltre il 10 per cento dei detenuti stranieri, su ammissione della stessa direttrice del carcere, è composta da persone che non hanno rispettato il decreto di espulsione. Non hanno commesso alcun altro reato, solo non sono riuscite, grazie alla vergognosa Bossi-Fini, ad entrare nella dimensione della legalità. Oltre a tutto ciò, altre "solite" carenze strutturali: manca il personale amministrativo, quello pedagogico, gli educatori, i mediatori linguistici e culturali. Il piccolo emporio all'interno del carcere, poi, ha prezzi altissimi: 4,5 euro per le sigarette e fino a 3 euro per un chilo di riso. Questo è S.Vittore, oggi. In una città sempre più indifferente, con istituzioni locali che cancellano le convenzioni con associazioni che da anni operano in carcere, nel silenzio quasi totale del mondo politico e di gran parte della società civile. Vittorio Agnoletto A Bogotà un presidente quasi fascista (Il manifesto, 14 febbraio 2008) "Com'è possibile affermare che una società è democratica quando l'opposizione parlamentare non viene ritenuta parte integrante di quella stessa società?" Carlos Gaviria, presidente del Polo Democratico Alternativo, ha così aperto l'incontro con una delegazione del Parlamento Europeo a Bogotà proprio la sera del 4 febbraio, quando da poche ore si era conclusa la marcia che ha portato in piazza almeno un milione di persone "Il Polo - continua Gaviria - nelle scorse elezioni presidenziali ha preso il 23% e rappresenta la prima esperienza di opposizione parlamentare nella storia di questo Paese, infatti storicamente esistevano due partiti, ma vi era un costante accordo sulla divisione del potere. Ora tutti i media sono controllati da Uribe, che offre al Polo solo due possibilità: o venire distrutto o essere cooptato nella sua gestione del potere". La delegazione europea è composta oltre che dal sottoscritto del GUE, il gruppo della Sinistra Europea, da rappresentanti dei Verdi, dei Socialisti e del PPE, i conservatori europei. La delegazione, la sera precedente, con la sola opposizione del GUE, aveva deciso di partecipare alla marcia. "Inizialmente - ci ha spiegato il leader del Polo - siamo stati favorevoli all'iniziativa lanciata da quattro ragazzi su Internet in favore di tutti i sequestrati. Ma poi il governo l'ha trasformata in una marcia in solidarietà dei sequestrati solo dalle Farc e in un referendum o con Uribe o con le Farc, ignorando l'esistenza di un'opposizione legale. Per questo noi non vi abbiamo partecipato, ma abbiamo organizzato un meeting in piazza Bolivar,dove il sindaco, il nostro compagno Samuel Moreno, ha fatto appendere uno striscione con un enorme Sì all'accordo umanitario. Ci accusano di essere semplicemente un'appendice di Chavez, noi riconosciamo l'importanza della sua mediazione,ma alcuni suoi comportamenti favoriscono una reazione nazionalista contro il Polo." Gran parte del finanziamento per l'organizzazione della manifestazione proveniva dalla multinazionale Sab Miller proprietaria dell'unica fabbrica di birra Colombiana, Bavaria, molto vicina al presidente Uribe. La partecipazione è stata favorita dalla scelta di un giorno semifestivo, il lunedì di carnevale; vi erano persone di ogni ceto ma con una netta prevalenza della popolazione dei quartieri medio-alti di Bogotà. Ovunque slogan contro le Farc, non una parola contro i paramilitari; eppure attualmente i sequestrati sono circa 3000, 700 circa ad opera della Farc, oltre 300 nelle mani dei gruppi paramilitari, altri rapiti dall'ELN, l'altra formazione guerrigliera ed i restanti nelle mani della criminalità comune. Molti striscioni chiedevano a Uribe di proseguire in una linea intransigente nel confronto sugli ostaggi e di rifiutare ogni zona umanitaria. Nel corteo ho più volte ascoltato le parole di El pueblo unido jamàs sarà vencido. Ero incredulo e angosciato: una canzone nata in solidarietà con il governo cileno di Allende, travolto dal golpe militare fascista di Pinochet, veniva ora cantata per sostenere Uribe, un uomo accusato da tutte le associazioni per i diritti umani di essere il mandante di centinaia di omicidi. La sera precedente tutti i canali televisivi (con buona pace delle accuse a Chavez di mancanza di pluralismo mediatico) trasmettevano gli appelli per la marcia lanciati dai rappresentanti del governo. "Il rischio - ci spiega un collaboratore di Gaviria - è che la Colombia, attraverso una manipolazione populista e demagogica, si avvii verso un sistema molto simile al fascismo italiano." All'indomani dalla marcia si moltiplicano le pressioni per un referendum che modifichi la Costituzione per permettere ad Uribe di correre per un terzo mandato presidenziale. "Per noi la solidarietà internazionale è fondamentale, abbiamo purtroppo scoperto - continuano i dirigenti del Polo - che in Europa partiti a noi affini dimenticano questa vicinanza quando vanno al governo" Il riferimento è al comportamento dei governi dell'UE che nell'ultimo Consiglio hanno rinnovato il loro sostegno ad Uribe, limitandosi ad una generica condanna delle esecuzioni extragiudiziali compiute quotidianamente dall'esercito. In questi mesi il Congresso USA ha bloccato una parte dei finanziamenti che l'amministrazione Bush aveva destinato alla Colombia non ritenendo sufficienti i progressi compiuti nel rispetto dei diritti umani; anche per questo è cresciuta l'attenzione che il governo colombiano dedica all'accordo di libero commercio UE/CAN (la Comunità dei Paesi Andini). Impegnata nella conquista di tutti i mercati disponibili la Commissione Europea non ha ritenuto di inserire nell'accordo commerciale la Clausola Democratica, approvata dal Parlamento e della quale ero stato relatore; clausola che vincola gli accordi economici dell'UE ad una rigida verifica dei progressi ottenuti nel campo dei diritti umani. "Uribe ha trattato con i paramilitari e i narcotrafficanti attraverso la legge "Giustizia e Pace"; è inaccettabile che si rifiuti di ricercare un accordo umanitario con le Farc” ci ha spiegato l'ex presidente conservatore Andrés Pastrana Arango che tentò senza successo di trovare una soluzione complessiva con le Farc, ma che riuscì a realizzare uno scambio tra sequestrati e prigionieri. "Di fronte al rifiuto di Uribe di accettare la formazione di una zona umanitaria la Chiesa ha proposto almeno una zona d'incontro per avviare un dialogo tra le parti, Uribe - ci ha spiegato monsignor Luis Augusto Castro presidente della Conferenza Episcopale Colombiana - ha posto alcune condizioni, vedremo la risposta delle Farc con le quali manteniamo necessariamente dei contatti per ricercare una soluzione. In occasione del 4 febbraio ci siamo limitati a sottolineare l'importanza del segnale che la società civile ha voluto inviare nei confronti di tutti i sequestrati. Più che neutrali, nel conflitto che attraversa la Colombia, noi stiamo con tutte le vittime." Proprio i famigliari delle vittime dei sequestrati avevano deciso di non partecipare alla marcia ma di celebrare una messa. Intanto si avvicina la prova del nove. Sempre su Internet è stata lanciata l'idea di una manifestazione, il 6 marzo, in solidarietà di tutti i sequestrati dai paramilitari; Uribe, che conta tra i parlamentari suoi sostenitori una cinquantina di indagati con l'accusa di essere stati fortemente collegati ai gruppi paramilitari, per ora tace. Vittorio Agnoletto Care/i, spero di fare cosa gradita nell'inviarvi due miei articoli pubblicati negli scorsi giorni da il manifesto: «Viaggio dentro San Vittore», sulla visita al carcere milanese e «A Bogotà un presidente quasi fascista», a proposito della missione in Colombia cui ho partecipato come eurodeputato. Buona lettura, saluti solidali Vittorio Agnoletto Viaggio dentro San Vittore (Il manifesto, venerdì 15 febbraio 2008) Credevamo che i manicomi non esistessero più. Purtroppo ho constatato che invece uno esiste, ed è a Milano: sto parlando del Centro di osservazione neuropsichiatrica (CONP) del carcere di San Vittore, che ho visitato ieri mattina, 14 febbraio, nell'ambito della campagna «Il sole a scacchi», che mi porterà nei prossimi mesi a visitare penitenziari, ospedali psichiatrici giudiziari e centri di permanenza temporanea. Insieme a me sono entrate a San Vittore Alessandra Naldi dell'associazione Antigone e Annamaria Cavenaghi del Naga. Il CONP è uno spazio, situato al primo piano del così detto settimo raggio, che comprende il centro clinico del penitenziario, ed accoglie 16 detenuti. Persone affette da patologie psichiatriche, depressive e quindi a rischio di episodi di autolesionismo, che vivono in condizioni pessime: muri scrostati, intonaco cadente, finestre rotte, addirittura assenza di riscaldamento nelle stanze. Nel reparto , seppur saltuariamente, è praticato il contenimento, esattamente come nei manicomi del pre-Basaglia. Il CONP del carcere circondariale è un girone dell'Inferno dantesco. Sempre nel centro clinico, nei piani superiori abbiamo incontrato persone dalle situazioni a dir poco drammatiche: come un trentacinquenne, senza un rene, senza il retto, affetto da osteoporosi e da altri problemi, ex dipendente da stupefacenti che, se continuerà a vivere nello spazio che ho appena descritto, è in buona sostanza condannato a morte. Il centro clinico di San Vittore è un ambiente inumano: andrebbe chiuso subito. Tuttavia, pur in presenza di problemi cronici e irrisolti, qualche passo in avanti negli ultimi anni si è verificato anche a S.Vittore. I farmaci, ad esempio, oggi sono accessibili a tutti i detenuti, al contrario di quanto avevo constatato solo pochi anni fa. Resta, costante, la questione gravissima del sovraffollamento: 1409 detenuti per poco più di un migliaio di posti, a fronte di 40 nuovi ingressi ogni giorno. L'indulto ha avuto un effetto importante nell'agosto 2006: sono usciti circa 450 detenuti; di questi ad oggi ne sono rientrati per recidiva circa il 10 per cento. Si tratta, come ci ha spiegato la direttrice del carcere, Gloria Manzella, di un numero assolutamente in linea con le statistiche relative ai casi di recidiva nell'insieme della popolazione penitenziaria. Ma l'alto numero di nuovi detenuti rischia di annullare, in buona sostanza, le conseguenze positive del provvedimento. Uno dei motivi è la legge sull'immigrazione. Oltre il 10 per cento dei detenuti stranieri, su ammissione della stessa direttrice del carcere, è composta da persone che non hanno rispettato il decreto di espulsione. Non hanno commesso alcun altro reato, solo non sono riuscite, grazie alla vergognosa Bossi-Fini, ad entrare nella dimensione della legalità. Oltre a tutto ciò, altre "solite" carenze strutturali: manca il personale amministrativo, quello pedagogico, gli educatori, i mediatori linguistici e culturali. Il piccolo emporio all'interno del carcere, poi, ha prezzi altissimi: 4,5 euro per le sigarette e fino a 3 euro per un chilo di riso. Questo è S.Vittore, oggi. In una città sempre più indifferente, con istituzioni locali che cancellano le convenzioni con associazioni che da anni operano in carcere, nel silenzio quasi totale del mondo politico e di gran parte della società civile. Vittorio Agnoletto A Bogotà un presidente quasi fascista (Il manifesto, 14 febbraio 2008) "Com'è possibile affermare che una società è democratica quando l'opposizione parlamentare non viene ritenuta parte integrante di quella stessa società?" Carlos Gaviria, presidente del Polo Democratico Alternativo, ha così aperto l'incontro con una delegazione del Parlamento Europeo a Bogotà proprio la sera del 4 febbraio, quando da poche ore si era conclusa la marcia che ha portato in piazza almeno un milione di persone "Il Polo - continua Gaviria - nelle scorse elezioni presidenziali ha preso il 23% e rappresenta la prima esperienza di opposizione parlamentare nella storia di questo Paese, infatti storicamente esistevano due partiti, ma vi era un costante accordo sulla divisione del potere. Ora tutti i media sono controllati da Uribe, che offre al Polo solo due possibilità: o venire distrutto o essere cooptato nella sua gestione del potere.". La delegazione europea è composta oltre che dal sottoscritto del GUE, il gruppo della Sinistra Europea, da rappresentanti dei Verdi, dei Socialisti e del PPE, i conservatori europei. La delegazione, la sera precedente, con la sola opposizione del GUE, aveva deciso di partecipare alla marcia. "Inizialmente - ci ha spiegato il leader del Polo - siamo stati favorevoli all'iniziativa lanciata da quattro ragazzi su Internet in favore di tutti i sequestrati. Ma poi il governo l'ha trasformata in una marcia in solidarietà dei sequestrati solo dalle Farc e in un referendum o con Uribe o con le Farc, ignorando l'esistenza di un'opposizione legale. Per questo noi non vi abbiamo partecipato, ma abbiamo organizzato un meeting in piazza Bolivar,dove il sindaco, il nostro compagno Samuel Moreno, ha fatto appendere uno striscione con un enorme Sì all'accordo umanitario. Ci accusano di essere semplicemente un'appendice di Chavez, noi riconosciamo l'importanza della sua mediazione,ma alcuni suoi comportamenti favoriscono una reazione nazionalista contro il Polo." Gran parte del finanziamento per l'organizzazione della manifestazione proveniva dalla multinazionale Sab Miller proprietaria dell'unica fabbrica di birra Colombiana, Bavaria, molto vicina al presidente Uribe. La partecipazione è stata favorita dalla scelta di un giorno semifestivo, il lunedì di carnevale; vi erano persone di ogni ceto ma con una netta prevalenza della popolazione dei quartieri medio-alti di Bogotà. Ovunque slogan contro le Farc, non una parola contro i paramilitari; eppure attualmente i sequestrati sono circa 3000, 700 circa ad opera della Farc, oltre 300 nelle mani dei gruppi paramilitari, altri rapiti dall'ELN, l'altra formazione guerrigliera ed i restanti nelle mani della criminalità comune. Molti striscioni chiedevano a Uribe di proseguire in una linea intransigente nel confronto sugli ostaggi e di rifiutare ogni zona umanitaria. Nel corteo ho più volte ascoltato le parole di El pueblo unido jamàs sarà vencido. Ero incredulo e angosciato: una canzone nata in solidarietà con il governo cileno di Allende, travolto dal golpe militare fascista di Pinochet, veniva ora cantata per sostenere Uribe, un uomo accusato da tutte le associazioni per i diritti umani di essere il mandante di centinaia di omicidi. La sera precedente tutti i canali televisivi (con buona pace delle accuse a Chavez di mancanza di pluralismo mediatico) trasmettevano gli appelli per la marcia lanciati dai rappresentanti del governo. "Il rischio - ci spiega un collaboratore di Gaviria - è che la Colombia, attraverso una manipolazione populista e demagogica, si avvii verso un sistema molto simile al fascismo italiano." All'indomani dalla marcia si moltiplicano le pressioni per un referendum che modifichi la Costituzione per permettere ad Uribe di correre per un terzo mandato presidenziale. "Per noi la solidarietà internazionale è fondamentale, abbiamo purtroppo scoperto - continuano i dirigenti del Polo - che in Europa partiti a noi affini dimenticano questa vicinanza quando vanno al governo" Il riferimento è al comportamento dei governi dell'UE che nell'ultimo Consiglio hanno rinnovato il loro sostegno ad Uribe, limitandosi ad una generica condanna delle esecuzioni extragiudiziali compiute quotidianamente dall'esercito. In questi mesi il Congresso USA ha bloccato una parte dei finanziamenti che l'amministrazione Bush aveva destinato alla Colombia non ritenendo sufficienti i progressi compiuti nel rispetto dei diritti umani; anche per questo è cresciuta l'attenzione che il governo colombiano dedica all'accordo di libero commercio UE/CAN (la Comunità dei Paesi Andini). Impegnata nella conquista di tutti i mercati disponibili la Commissione Europea non ha ritenuto di inserire nell'accordo commerciale la Clausola Democratica, approvata dal Parlamento e della quale ero stato relatore; clausola che vincola gli accordi economici dell'UE ad una rigida verifica dei progressi ottenuti nel campo dei diritti umani. "Uribe ha trattato con i paramilitari e i narcotrafficanti attraverso la legge "Giustizia e Pace"; è inaccettabile che si rifiuti di ricercare un accordo umanitario con le Farc" ci ha spiegato l'ex presidente conservatore Andrés Pastrana Arango che tentò senza successo di trovare una soluzione complessiva con le Farc, ma che riuscì a realizzare uno scambio tra sequestrati e prigionieri. "Di fronte al rifiuto di Uribe di accettare la formazione di una zona umanitaria la Chiesa ha proposto almeno una zona d'incontro per avviare un dialogo tra le parti, Uribe - ci ha spiegato monsignor Luis Augusto Castro presidente della Conferenza Episcopale Colombiana - ha posto alcune condizioni, vedremo la risposta delle Farc con le quali manteniamo necessariamente dei contatti per ricercare una soluzione. In occasione del 4 febbraio ci siamo limitati a sottolineare l'importanza del segnale che la società civile ha voluto inviare nei confronti di tutti i sequestrati. Più che neutrali, nel conflitto che attraversa la Colombia, noi stiamo con tutte le vittime." Proprio i famigliari delle vittime dei sequestrati avevano deciso di non partecipare alla marcia ma di celebrare una messa. Intanto si avvicina la prova del nove. Sempre su Internet è stata lanciata l'idea di una manifestazione, il 6 marzo, in solidarietà di tutti i sequestrati dai paramilitari; Uribe, che conta tra i parlamentari suoi sostenitori una cinquantina di indagati con l'accusa di essere stati fortemente collegati ai gruppi paramilitari, per ora tace. Vittorio Agnoletto _______________________________________________ Associazione Culturale Punto Rosso pr at puntorosso.it Via Guglielmo Pepe 14 (angolo Via Carmagnola - MM2 Garibaldi) 20159 Milano - Italia tel. e fax +39-02-874324 e 875045 www.puntorosso.it
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