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"Temo di fare la fine di Theo van Gogh, mi autocensuro sull'islam"
- Subject: "Temo di fare la fine di Theo van Gogh, mi autocensuro sull'islam"
- From: "Scienza per l'Uomo" <scienzaperluomo at yahoo.it>
- Date: Thu, 22 Nov 2007 13:24:34 +0100
“Temo di fare la fine di Theo van Gogh, mi autocensuro sull’islam” L’ A R T I S T A DISSACRATORE GRAYSON PERRY CONFESSA LA SUA PAURA I loro nomi sono ignoti ai più: Arne Sørensen, Poul Erik Poulsen, Rasmus Sand Høyer, Erik Abild Sørensen, Franz Füchsel, Peder Bundgaard, Bob Katzenelson, Annette Carlsen, Lars Refn, Jens Julius Hansen, Claus Seidel e Kurt Westergaard. Nel settembre 2005, in qualità di responsabile della cultura del quotidiano danese Jyllands Posten, Flemming Rose contatta 25 vignettisti per una campagna a favore della libertà d’espressione. Tredici rifiutano di partecipare, gli altri accettano di firmare i lavori satirici su Maometto. Nessuno doveva comparire anonimo. Il 30 settembre i lavori furono pubblicati sul quotidiano più venduto di Danimarca. Da allora, oltre a Rose, tutti e dodici vignettisti vivono sotto scorta. La capitolazione è arrivata al punto che alle Nazioni Unite si è svolta una sessione, dal titolo “Cartooning for peace”, in cui i dodici vignettisti danesi e Rose sono stati “processati” per la loro “mancanza di responsabilità artistica”. Ha presenziato Kofi Annan e il vignettista del Monde, Jean Plantu, che vestiva i panni dell’accusatore dei colleghi “islamofobi”. Da allora i dodici vivono in uno stato di perenne tensione e paura. E il comico danese Frank Hvam poco dopo disse che nei suoi sketch può forse dileggiare la Bibbia, ma ha paura a prendersela con il Corano. L’artista inglese Grayson Perry non ha paura di ammettere di avere paura. In un’intervista concessa al Times di Londra, Perry, che ha fama di dissacratore iconoclasta, confessa di essersi autocensurato per paura di fare la fine di Theo van Gogh, il regista olandese assassinato nell’autunno del 2004 dopo aver girato una pellicola sulla condizione della donna nell’islam. “La ragione per cui non ho mai attaccato l’islamismo nelle mie opere è che nutro una paura reale di finire con la gola tranciata” ha detto Perry, autore di quadri irriverenti sulla cristianità. “Sono sempre stato interessato alla religione, ma l’islamismo è amorfo e anche la più innocua immagine può innescare una reazione violenta”. Tim Marlow, direttore della White Cube, una delle più note gallerie di Londra, accoglie così l’incredibile ammissione di Perry. “Pochi altri lo avrebbero ammesso. Istituzioni, musei e gallerie sono protagoniste della censura”. In Olanda l’opera teatrale “Aisha” è stata annullata perché ritrae una delle mogli di Maometto. E’ stato ritirato anche un magazine con in copertina il Corano. Un anno fa a Berlino la Deutsche Oper cancellò dal programma della stagione lirica invernale la rappresentazione dell’“Idomeneo” di Mozart, per timore di reazioni incontrollabili da parte della comunità islamica. La messa in scena del capolavoro avrebbe comportato “un rischio incalcolabile per la sicurezza” della prestigiosa istituzione. Pochi giorni dopo in Francia il filosofo Robert Redeker veniva trasformato dal giorno alla notte in un clandestino dalla caccia all’uomo scatenata dall’islamismo. Il commediografo Omid Djalili ha scelto di correre dei rischi nello sbeffeggiare il fondamentalismo islamico. La Bbc ha iniziato a trasmettere il suo cabaret satirico sull’Iran e l’islamismo. L’iraniano Djalili si presenta così: “The man who puts the fat into fatwa, the fun into fundamentalism and the ham into Hamas”. L’artista spiega che “dopo l’11 settembre sentivo di dover rispondere ad alcune domande: perché accadde? Come possiamo fermarlo? Come comprendere la mentalità fondamentalista?”. L’impossibilità di fare dello humour sull’islam è al centro della polemica fra lo scrittore Martin Amis e la sinistra che lo accusa di razzismo. “L’islam radicale non è noto per l’ironia né per il gusto della beffa” ha scritto Amis. “Non sento più alcun freno”. La celebre Tate Gallery inglese ha ritirato dalle esposizioni l’opera “God is great” di John Latham. A causa del “clima sensibile dopo il 7 luglio”. L’opera di Latham mostrava la Bibbia, il Corano e il Talmud tranciati da una lastra di vetro. Il quotidiano di sinistra The Independent ha titolato: “La tirannia inizia con l’autocensura”. E il critico d’arte Richard Cork accusa l’establishment di aver svenduto la libertà d’espressione: “Quando si inizia a pensare così, il cielo è il solo limite”. Giulio Meotti |
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