Sinistra impazzita ora difendi pure il burqa



Sinistra impazzita ora difendi pure il burqa

Paolo Flores d'Arcais
Quos Iuppiter perdere vult, dementat prius , coloro che vuole rovinare, il Dio li fa prima impazzire. Un Dio del genere deve essere particolarmente attivo presso il centro-sinistra, se adesso vogliamo regalare al leghista Borghezio ( absit iniura verbis , per continuare col latino) e alla on. Daniela Santanchè, post-fascista, perfino l'emancipazione delle donne.
E' successo l'altra sera alla trasmissione Otto e mezzo , dove a rappresentare le ragioni della sinistra era la onorevole Paola Balducci, grazie alla quale le parole "ragioni" e "sinistra" sono annegate in un mare di virgolette. Giuliano Ferrara, ovviamente, gongolava. Perché la "sinistra" cos
ى "rappresentata" si è di fatto esibita in una allucinante difesa del diritto di indossare il burka, contro le pretese della cultura occidentale che, negando tale "diritto", prevaricherebbe sulla eguale dignità di una cultura "altra"
Il burka, naturalmente, vale come caso limite di ogni abbigliamento-simbolo di una condizione di inferiorità in cui segmenti non irrilevanti di culture "altre" tengono più che mai le donne. Allora, sarà bene che a sinistra tutti si decidano ad affrontare il problema, rinunciando a sottigliezze da azzeccagarbugli (tipo: hijab, chador, niqab sono diversi dal burka, ecc). Tanto più che nel corso della discussione si è accennato ad una pratica mille volte più raccapricciante di qualsiasi burka, le mutilazioni sessuali delle bambine, crimine mostruoso per il quale una parte della sinistra ha rifiutato in parlamento inasprimenti di pena.
Le "ragioni" addotte sono sempre le stesse: sono pratiche che fanno parte della "loro" cultura. Spesso sono accettate volontariamente dalle donne, talvolta addirittura richieste. Chi siamo noi per vietarle?
Siamo dei democratici. Dei "sinceri" democratici, come si diceva un tempo (il tempo della "doppiezza" togliattiana, purtroppo). Proviamo ad essere, sobriamente, dei democratici COERENTI. La democrazia riconosce i diritti degli individui, non delle "culture". Il voto per "testa", non per "ordine". Nè per famiglia, clan, etnia, congregazione, fede, cultura. E per parafrasare il vecchio Marx (dimenticato puntualmente proprio in ci
ٍ che sarebbe attuale), una "cultura" puٍ essere libera senza che siano liberi coloro che vi appartengono.
Che è appunto quanto avviene nelle culture che privilegiano Dio, sangue e suolo sui diritti intrattabili di ogni singolo cittadino. Compreso quel cittadino in formazione che è il minorenn
e, che ha diritto alle sue future libertà e alla educazione critica che le rende possibili, e dunque deve essere difeso dalla Repubblica anche rispetto a pretese illiberali della famiglia e relativa "cultura".
Ora, è verissimo che si pu
ٍ indossare il velo e diventare Benazir Bhutto, come ha ricordato da Giuliano Ferrara la giornalista algerina Nacera Benali, voce ragionevole e davvero laica. Ma è altrettanto vero che per cominciare ad emancipare le donne dal dominio assoluto di padri, fratelli, mariti, la Turchia di Ataturk in molte circostanze lo proibisce. Ed è noto anche ai sassi che in Europa, tranne qualche eccezione, sempre possibile, la donna il velo lo subisce.
Il velo è solo un simbolo, si dirà. Appunto. I simboli sono le strutture dell'esistenza collettiva e individuale. Noi fingiamo di non sapere che un numero incredibile di violenze ogni giorno vengono commesse da padri, fratelli, mariti, contro le "loro" donne che vogliono vivere in modo "islamicamente scorretto". Ce ne accorgiamo quando le botte finiscono in omicidio. Per il resto tolleriamo, vigliaccamente e ponziopilatescamente.
Di recente, la Cassazione ha giustificato i genitori che avevano recluso in casa la figlia. Il sequestro di persona, perché di questo si tratta, era a fin di bene. La ragazza minacciava infatti il suicidio, stanca delle angherie e delle botte quotidiane per desideri di vita troppo "occidentali". Non risulta che Mastella abbia mandato ispettori, e neppure che associazioni di magistrati democratici si siano strappate le vesti, pur-troppo.
Un tempo essere di sinistra significava stare dalla parte degli oppressi. Tra un padre-padrone e la figlia costretta alla "sua" cultura, chi è l'oppressore e chi l'oppresso? E che l'oppressore sia a sua volta uno sfruttato ed emarginato non pu
ٍ diventare giustificazione della sua oppressione su chi è ancora più debole.
La sinistra dovrebbe perci
ٍ farsi campione di una politica di integrazione, non di una politica di multiculturalismo. Di sostegno ai diritti materiali degli immigrati (contratti regolari, case, sanità, ecc.) ma anche di politiche contrarie alla loro ghettizzazione. Ad esempio, punendo i presidi che "casualmente" mettono tutti i figli di immigrati in una stessa classe, anziché contaminarle tutte col massimo di pluralismo etnico.
Ma l'appoggio alla realizzazione di scuole islamiche va esattamente nella direzione opposta! Una politica di ghettizzazione integrale che la sinistra dovrebbe considerare scandalosa. Come la pretesa di qualsiasi scuola confessionale, sia chiaro. La scuola dovrebbe essere eguale per tutti, cioè pluralista e imbevuta di spirito critico, perché esclusivamente REPUBBLICANA.
Le culture sono spesso oppressive, e in ci
ٍ che hanno di oppressivo vanno combattute. Il padre-padrone che pretende di controllare cosa la moglie o la figlia chiedono al ginecologo non è tollerabile, cristiano o islamico o miscredente che sia. Troppi matrimoni sono ancora "combinati", cioè imposti. Troppe prediche di imam giustificano i comportamenti oppressivi di padri e mariti, calpestando i principi di eguaglianza e libertà scritti nella nostra Costituzione.
Se non sarà la sinistra a difendere libertà, laicità, legalità, sarà la destra a strumentalizzarle per vanificarle. E saremo stati sconfitti due volte.