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Re: IL VATICANO MARCIA SU ROMA
- Subject: Re: IL VATICANO MARCIA SU ROMA
- From: "associazione Amici di Lazzaro" <associazioneamicidilazzaro at yahoo.it>
- Date: Sun, 28 Oct 2007 19:54:04 +0100
è una grave bugia dire che le 498 beatificazioni siano di franchisti uccisi per motivi politici...
sono beatificati perchè non rinnegarono la loro fede... Martiri spagnoli per la fede e non per l'appartenenza politica Intervista al Segretario generale della Conferenza episcopale spagnolaMADRID, venerdì, 26 ottobre 2007 (ZENIT.org).- A pochi giorni dalla beatificazione di 498 martiri spagnoli del XX secolo, prevista per domenica 28 ottobre a Roma, il Segretario generale, portavoce e responsabile dell'Ufficio per le Cause dei Santi della Conferenza episcopale spagnola (CEE), padre Juan Antonio Martínez Camino, ha spiegato in un'intervista a ZENIT alcuni dettagli della cerimonia di beatificazione e il significato religioso di questo avvenimento.
Si avvicina la beatificazione di 498 martiri spagnoli del XX secolo. Come vengono vissuti questi ultimi giorni di preparazione?
Padre Martínez Camino: Mancano pochi giorni alla cerimonia di beatificazione ed è già praticamente tutto pronto. Speriamo in una nutrita presenza dei fedeli spagnoli, ma anche di romani e italiani. Saranno presenti anche molte autorità locali, rappresentanti delle diverse Autonomie e una rappresentanza istituzionale del Governo; ma ciò che più importa è che si tratta di una festa della fede.
Una festa per ricordare i martiri, a cui la Chiesa riconosce di aver vissuto eroicamente la propria morte, come testimoni del Vangelo e della fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Tutto questo viene vissuto con grande gioia in tutte le comunità cristiane di Spagna, dove emerge con evidenza il grande interesse per la beatificazione di Roma e per ciò che ne seguirà. Da quel momento il Santorale spagnolo sarà arricchito di quasi 500 nuovi beati, che rappresentano un patrimonio di santità, di intercessione, di testimonianza, di modelli per vivere la fede, la speranza e la carità.
Presto avremo anche la prima festa di questi martiri, che sarà il 6 novembre. Durante quest'anno saranno raccolti i frutti apostolici, spirituali, di dinamizzazione della vita pastorale, ed è questo quello che conta. La Chiesa, quando beatifica i martiri, cerca semplicemente la gloria di Dio e il bene delle anime, il bene degli uomini, che consiste fondamentalmente nel rafforzamento della loro fede, della loro speranza e della loro carità.
In che modo la Chiesa in Spagna e la Santa sede sono riuscite a coordinare il lavoro di preparazione per la celebrazione?
Padre Martínez Camino: Questa beatificazione si svolgerà come si sono svolte finora tutte le beatificazioni in Pazza San Pietro. È un'eccezione (prevista dalla normativa vigente), ma poiché finora la Prefettura della Casa pontificia si è incaricata dell'organizzazione dell'evento nella Piazza di San Pietro, noi postulatori e l'Ufficio per la causa dei santi, di questa Segreteria generale, ci incarichiamo dell'accoglienza nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.
La cerimonia di beatificazione inizierà alle 10:00 e durerà un paio d'ore, perché sono molte le cause che bisognerà citare; Dalle 8:00 potranno accedere alla piazza le persone con il biglietto (circa 60.000 sono stati distribuiti gratuitamente alle persone che ne hanno fatto richiesta alle Postulazioni e all'Ufficio per le cause dei santi), poi potranno accedere tutti gli altri pellegrini. A quanto ci risulta, dalla Spagna sono previsti più di 30.000 arrivi tramite viaggi organizzati. Vi saranno molti dei parenti dei martiri: più di 2.000. Ad essi sarà riservato un settore speciale. Verso le 9:15 inizierà la preparazione dell'assemblea con canti, immagini, testimonianze dei martiri, ecc.
Cosa vorrebbe sottolineare riguardo alla vita di questi martiri?Padre Martínez Camino: Ciò che più colpisce della vita dei martiri è l'insieme tra coraggio e umiltà, con cui essi affrontarono questa tragica situazione di dover scegliere tra la propria vita e la fedeltà a Dio e alla Chiesa, senza tirarsi indietro (sicuramente questi martiri non si sono tirati indietro, ma neanche si conoscono casi di defezione).
Il coraggio è la prima cosa che impressiona, ma anche l'umiltà, la gioia e la semplicità con cui affrontarono quella situazione. Una situazione drammatica, ma che loro hanno affrontato con l'allegria della fede, cantando nei camion che li portavano alla fucilazione, rinfrancandosi con la preghiera e con il dialogo nelle prigioni, scrivendo ai propri cari durante le ore che mancavano alla loro esecuzione (alcune di queste lettere saranno lette a San Paolo e a San Pietro), lasciando soprattutto la loro testimonianza di perdono e di serenità ai propri parenti e talvolta alle proprie fidanzate.
Questo è ciò che veramente colpisce: la forza della loro fede, la gioia della loro speranza e il calore della carità vissuta in quei momenti. In altre parole: una vita cristiana vissuta in modo pieno.
Trattandosi di un atto di grande forza religiosa, cosa vorrebbe dire a coloro che danno una lettura politica della beatificazione?
Padre Martínez Camino: Non deve sorprendere che si facciano letture politiche erronee. È sempre un errore fare una lettura puramente politica di un fatto chiaramente di natura religiosa. Ma questo fa parte della storia. I martiri della prima epoca del Cristianesimo, che davano la propria vita per Cristo, a Roma erano considerati come traditori. I martiri della Rivoluzione francese erano considerati traditori della Rivoluzione; e i martiri del XX secolo in Russia, in Europa centrale o in Spagna, come gente che non stava al passo coi tempi.
Questo fa parte della storia della Chiesa. E qui non ci deve sorprendere. È doloroso, è triste, ma è proprio del martirio: alla morte ingiusta, per Cristo, si unisce la diffamazione. Come ha detto Giovanni Paolo II nella celebrazione dei martiri al Colosseo, nell'anno 2000, che al martirio si unisce normalmente l'ignominia.
Dire che i martiri che ora la Chiesa si appresta a beatificare appartenevano ad una fazione politica significa disconoscere la storia, non comprendere il fatto religioso e non rendere giustizia a quanto è accaduto. A noi cristiani fa male questa distorsione dei fatti, ma non ci sorprende, e in questo senso la accettiamo con serenità.
Lei crede che manchi una certa formazione per comprendere il senso religioso del martirio?
Padre Martínez Camino: Purtroppo è inevitabile che arrivino messaggi contenenti una visione distorta dei fatti. Come ho detto, non vi è stato mai un martirio della Chiesa riconosciuto da tutti. Quindi non lo pretendiamo neanche ora. Lo desideriamo, ma non pretendiamo che tutti riconoscano i martiri per quello che sono. Sarebbe molto bello, ma sappiamo che è difficile, per non dire impossibile.
Ad ogni modo si sta compiendo ogni sforzo possibile per spiegare la differenza tra un martire e una persona uccisa ingiustamente. Vi sono stati molte uccisioni in Spagna durante il XX secolo; durante gli anni '30; prima, durante e dopo la Guerra civile.
Nel documento "La fidelidad de Dios dura siempre. Mirada de fe al siglo XX", pubblicato nel novembre del 1999, la Conferenza episcopale deplora il fatto che vi siano stati, nel XX secolo e in particolare in Spagna durante gli anni '30, tanti concittadini uccisi ingiustamente e dichiara che il sangue di tutti loro continua a invocare il cielo per il perdono e la riconciliazione, perché mai più siano adottati metodi di violenza. Questa richiesta di perdono a Dio per tutte le uccisioni, di qualunque stampo siano, è espressa molto chiaramente nel documento. Si chiede perdono a Dio per tutte le "azioni che il Vangelo rimprovera", commesse dalle due fazioni in guerra.
Oltre alle molte persone ingiustamente assassinate, ve ne sono alcune che hanno subito la morte proprio perché non hanno voluto rinunciare alla fede e alla fedeltà a Cristo e alla Chiesa, e questi sono i martiri.
La Chiesa deplora, anche per bocca dei vescovi, tutte le uccisioni, ma non può non onorare i martiri in quanto martiri, in quanto testimoni della fede. Ed essi non sono stati testimoni della fede perché erano iscritti o non iscritti a un partito politico o a un gruppo in lotta, ma perché sono morti per la fede. E tutti coloro che sono morti per la fede saranno riconosciuti dalla Chiesa, a prescindere dal loro gruppo di appartenenza.
In Spagna si sente dire che la Chiesa cerca, attraverso questa beatificazione, di creare delle divisioni.
Padre Martínez Camino: Dire che la Chiesa cerca la divisione risulta difficilmente accettabile, perché la Chiesa non cerca alcuna divisione con nessuno. Altra cosa è che determinate azioni della Chiesa possano provocare divisioni.
La Chiesa cerca di annunciare il Vangelo e con la beatificazione dei martiri vuole riconoscere una testimonianza del Cristianesimo vissuto in modo eroico, al cento per cento, e questa fede viva è fonte di umanità, di riconciliazione, di bontà, di perdono. e tutto ciò che non va in questa direzione non è voluto dalla Chiesa. La Chiesa non vuole lo scontro, non vuole la divisione, ma persegue l'unità, prega per l'unità, prega per la riconciliazione, prega per il perdono e propone testimoni di tutto questo.
Il Santo Padre sarà presente alla beatificazione o alla Messa di ringraziamento?
Padre Martínez Camino: Le modalità della presenza del Santo Padre ancora non sono confermate. È prevista la sua presenza, ma non è ancora confermata. È previsto un incontro del Santo Padre con i pellegrini, ma non è stato stabilito né dove, né quando.
La Conferenza episcopale potrebbe in futuro proporre nuove cause congiunte simili a questa?
Padre Martínez Camino: Sì, lo abbiamo già previsto. Sono già in preparazione nuove cause e si cercherà di coordinarle perché possano essere celebrate in un'unica beatificazione, non sappiamo quando; quando il Santo Padre lo riterrà opportuno.
A che tipo di martirio sono chiamati i fedeli in questo momento in Spagna?Padre Martínez Camino: La testimonianza della fede è sempre un martirio, nel senso etimologico della parola; è vivere coerentemente la fede in ogni ambito della vita (in famiglia, al lavoro, nella vita pubblica.) e quando sorgono delle difficoltà particolari. E' lì che il martirio diventa più esigente e la testimonianza anche.
In questo senso, come dice san Paolo, la vita cristiana è una continua lotta, una guerra, e la testimonianza della fede non si dà con atteggiamenti indolenti, accomodanti, di indifferenza, di edonismo, di relativismo. In questo contesto, vivere la fede implica uno sforzo morale e una integrità spirituale che certamente questa beatificazione contribuirà a rafforzare in molti battezzati e in molte comunità cristiane.
Invia ad un amico torna su --------------------------------------------------------------------------------Le beatificazioni dei martiri spagnoli "non lasciano indifferente l'opinione pubblica"
Riconosce il Vescovo ausiliare di OviedoOVIEDO, venerdì, 26 ottobre 2007 (ZENIT.org).- La beatificazione di 498 martiri spagnoli che avverrà domenica prossima a Roma - la più numerosa della storia - non lascia indifferente nessuno.
Lo ha constatato il Vescovo ausiliare di Oviedo, monsignor Cecilio Raúl Berzosa Martínez, in questa intervista concessa a ZENIT.
Il sacerdote è autore di numerose pubblicazioni tra libri e articoli su temi di teologia e rapporto tra fede e cultura, tra i quali "Transmitir la fe en un nuevo siglo" (2006), "En el misterio de María" (2006) e "Iglesia, sociedad y comunidad política" (2007).
Il Vescovo Berzosa appartiene alle Commissioni Episcopali di Dottrina della Fede e Mezzi di Comunicazione Sociale della Conferenza Episcopale Spagnola.
Questa beatificazione curerà davvero le ferite nel contesto spagnolo o è ancora troppo presto?
Mons. Berzosa: E' giusto affermare che, in certi ambienti, le ferite della Guerra Civile spagnola (e della rivoluzione del '34) continuano ad essere aperte.
Credo che, in questo momento, esistano tre atteggiamenti: quello di quanti, con fede, ritengono che sia "memoria riconoscente" della Chiesa ricordare i suoi martiri e che contribuirà alla riconciliazione; quello di quanti sono totalmente contrari a e affermano che si tratta di semplice memoria selettiva e quello di coloro che, in base a ciò che ascoltano o leggono da parte dei leader d'opinione, alcune volte si manifestano favorevoli e altre contrari.
Una cosa è certa: queste beatificazioni non lasciano indifferente l'opinione pubblica. Coincidono, inoltre, con un momento storico, nella nostra breve storia democratica, che non è assolutamente il più sereno.
Morire per la fede. Che lezione trae un fedele di fronte alla testimonianza di chi versa il proprio sangue per le sue convinzioni religiose?
Mons. Berzosa: In primo luogo, l'esempio di coerenza e di fedeltà di ciò che significa essere davvero cristiani. E questo non perché il martire è un supereroe, ma perché il credente vede in questo gesto supremo d'amore la forza e la grazia di Dio stesso.
I martiri sono icone privilegiate dell'amore di agape. Senza dimenticare che, nei primi periodi del cristianesimo (come in altre epoche successive), essere cristiano era sinonimo di essere martire.
I beati ci ricordano una frase che viene attribuita, se non ricordo male, a Peguy: "Avere la verità è iniziare a soffrire; difendere la verità è iniziare a morire". Ma benedetta la morte, che è la porta e la fonte della vita eterna.
Che messaggio si vuole dare alla Chiesa universale con queste beatificazioni di martiri?
Mons. Berzosa: Oltre a rappresentare un esempio e ad essere una potente intercessione all'interno di quel Corpo mistico che formiamo noi cristiani, sottolineo tre messaggi: il primo, che in tutte le epoche il martirio è attuale. Non è una cosa del passato o qualcosa che non tornerà a verificarsi. Può succedere, e di fatto accade in qualsiasi momento storico e in ogni parte di questo pianeta.
In secondo luogo, che i martiri non sono mai utilizzati come arma da lancio (a livello ideologico, storico o politico) contro nessuno, né come bandiera o stendardo politico di nessuno. La Chiesa desidera sempre che i martiri contribuiscano alla riconciliazione e alla memoria di ciò che, umanamente, non deve ripetersi.
In terzo luogo, il loro esempio, come vittime innocenti, ci sfida con un messaggio chiaro e pungente: il male non si vince mai con il male, ma con il bene.
E visto che la violenza genera altra violenza, solo l'amore e il perdono sono creativi e capaci di rinnovare persone e società. Anche se questo amore, come nel caso in questione, costa la vita.
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