Libertà di
coscienza e Islam Pressioni su chi si converte al
Cristianesimo di Padre John Flynn -
ZENIT.ORG
Nei Paesi a maggioranza musulmana, la fede delle
persone convertite al Cristianesimo viene messa a dura prova. L’ultimo
esempio delle difficoltà che i cristiani convertiti devono affrontare
arriva dalla Malaysia, dove la scorsa settimana la più alta corte civile
ha rigettato l’appello di una donna che chiedeva di essere riconosciuta
come cristiana, secondo quanto riportato dall’Associated Press il
30 maggio. Lina Joy, che alla nascita aveva ricevuto il nome di Azlina
Jailani, aveva fatto domanda per cambiare sia il suo nome che la sua
religione sulla carta di identità. Il cambio del nome non è stato un
problema, ma le autorità si sono rifiutate di cancellare la sua
identificazione come musulmana. Secondo l’Associated Press, circa
il 60% dei 26 milioni di malesi sono musulmani.
Secondo un servizio
sempre di Associated Press del 26 maggio, Joy ha iniziato ad andare
in chiesa nel 1990 ed ha ricevuto il battesimo otto anni dopo. Nel maggio
del 2000 si è rivolta alla Corte federale, al fine di obbligare le
autorità pubbliche a cambiare l’indicazione della religione di
appartenenza sulla sua carta di identità, ma il tribunale l’ha deferita ai
tribunali islamici. Joy ha quindi fatto ricorso alla Corte d’Appello, ma
anche quest’ultima ha rigettato la sua istanza.
Joy si è appellata
allora alla Corte federale nel 2005. Le udienze si sono concluse nel
luglio del 2006 e a fine maggio è stata emessa le decisione di rigetto.
Intanto, Joy è stata diseredata dalla sua famiglia – riferisce ancora
l’Associated Press - e costretta a licenziarsi dal suo lavoro di
vendita di computer, dopo che i clienti avevano minacciato di non voler
fare più affari con lei. I tre giudici della Corte federale hanno poi
approvato con due voti a favore e uno contrario il verdetto finale. Solo
la Corte islamica della Sharia ha ora il potere di consentirle di
rimuovere la parola Islam dalla categoria della religione di appartenenza
sulla sua carta di identità, secondo quanto si legge nella decisione.
Da questa sentenza risultano evidenti le difficoltà con cui i
convertiti cercano di ottenere la libertà religiosa. “Non si può ad ogni
capriccio passare da una religione a un’altra”, ha affermato il Presidente
della Corte federale Ahmad Fairuz Sheikh Abdul Halim nel suo verdetto,
secondo quanto riferito dalla Reuters del 30 maggio. “La questione
dell’apostasia è relativa alla legge islamica e quindi è di competenza
della corte della Sharia”, ha affermato.
Secondo la Reuters,
i tribunali islamici del Paese generalmente non consentono ai musulmani di
rinunciare formalmente all’Islam e solitamente demandano queste persone,
considerate apostate, ai consultori. Talvolta gli comminano persino pene
pecuniarie o detentive.
Diritti fondamentali negati
Poco dopo la decisione della Corte, Joy ha annunciato la
sua intenzione di lasciare la Malaysia, poiché impossibilitata a praticare
liberamente la sua religione, secondo quanto riportato dall’Associated
Press il 31 maggio. “Mi rammarico del fatto che la Corte federale non
sia in grado di tutelare un semplice ma importante diritto fondamentale
proprio di ogni persona: il diritto di scegliere la religione a cui
aderire”, ha dichiarato Joy in un comunicato rilasciato attraverso il suo
avvocato Benjamin Dawson.
Joy non è l’unica a vivere questi
problemi. Lo scorso anno l’emittente radiofonica BBC ha mandato in
onda un servizio sui problemi dei convertiti al Cristianesimo in Malaysia.
Secondo quanto pubblicato dalla BBC lo scorso 15 novembre in
relazione a questo servizio, molti convertiti sono costretti a condurre
una doppia vita in segretezza. “Se le persone sapessero che mi sono
convertito al Cristianesimo, potrebbero farsi carico della legge con le
proprie mani. Se non sono persone di buon senso potrebbero prendere le
pietre e tirarmele addosso”, ha detto Maria, una delle convertite
intervistate dalla BBC.
Il caso di Maria era così delicato
che il sacerdote che l’ha battezzata si è rifiutato di consegnarle il
certificato di battesimo. Maria ha tenuto nascosta la sua conversione alla
famiglia per paura delle reazioni negative che avrebbe potuto provocare.
Ulteriori problemi sono stati riportati lo scorso 6 dicembre dal
quotidiano australiano Sydney Morning Herald. Un ospedale della
Malaysia si è rifiutato di consegnare la salma di un uomo alla sua vedova
perché questa aveva in programma di dare al marito, musulmano convertito
al Cristianesimo, un funerale secondo la sua nuova religione. La vedova,
Lourdes Mary Maria Soosay, di 69 anni, ha denunciato alla polizia
l’oppressione delle autorità religiose islamiche subita in relazione alla
questione del funerale del suo settantunenne marito Rayappan Anthony.
Secondo il Sydney Morning Herald, è il secondo caso, in
quasi un anno, in cui una non musulmana ha dovuto lottare per i suoi
diritti funerari relativi ad un familiare. Nel primo caso, i funzionari
islamici avevano celebrato un funerale islamico per un ex soldato, contro
i desideri della sua moglie di religione indù.
Caso simile è stato
quello oggetto di un servizio del quotidiano South China Morning
Post del 19 aprile. Kaliammal Sinnasamy, una donna indù, nel dicembre
del 2005 non ha potuto impedire alle autorità islamiche di seppellire suo
marito con rito islamico. Il marito, Moorthy Maniam, era indù, secondo
quanto dichiarato dalla vedova. I suoi ricorsi ai tribunali della
Malaysia, diretti ad evitare il funerale islamico per suo marito non hanno
avuto esito. Il tribunale ha decretato di non avere giurisdizione sui casi
relativi all’Islam, anche se una delle parti non è musulmana. Sinnasamy ha
quindi presentato appello contro la decisione.
I problemi
abbondano
La Malaysia non è certamente l’unico Paese in
cui i cristiani si trovano ad affrontare difficoltà notevoli. Lo scorso
anno vi è stato il caso di Abdul Rahman, un convertito che in Afghanistan
ha rischiato la pena di morte per essere diventato cristiano. Il caso ha
fatto il giro del mondo. Rahman aveva vissuto in Germania per alcuni anni,
ma dopo essere tornato a casa, nel febbraio del 2006 è stato arrestato,
secondo quanto riportato in un servizio pubblicato il successivo 23 marzo
dal Washington Post. Rahman è stato poi liberato e prosciolto dopo
che le autorità lo avevano dichiarato mentalmente inidoneo a sostenere un
processo, come riportato dalla BBC il 29 marzo. Egli è stato
tuttavia costretto a fuggire dall’Afghanistan ed ha trovato asilo in
Italia.
In Somalia è vietata ogni forma di conversione, come ha
riferito il Catholic Information Service per l’Africa lo scorso 21
settembre. Dopo la caduta del Governo nel 1991, la Somalia è piombata nel
caos. Nell’ottobre 2004 si è formato un governo di transizione che
successivamente ha adottato una Costituzione federale transitoria, con la
quale l’Islam è diventata religione di Stato. Un altro governo africano,
quello del Marocco, ha di recente arrestato un turista e l’ha detenuto per
sei mesi con l’accusa di aver tentato di convertire persone musulmane,
secondo la Reuters del 29 novembre.
Sadek Noshi Yassa,
tedesco di origini egiziane, è stato arrestato mentre distribuiva nelle
strade libri e CD sulla fede cristiana a giovani musulmani marocchini,
secondo quanto affermato dalle autorità. Un tribunale ad Agadir ha
dichiarato il sessantaquattrenne colpevole di aver tentato di “indebolire
la fede di un musulmano”.
Violenza religiosa
Oltre ai problemi relativi alla conversione, la vita per
i cristiani in molti paesi islamici è a dir poco difficile. Il 3 maggio,
il quotidiano inglese Guardian ha riportato la situazione della
città di Kano nella Nigeria del nord. In quella città, alcuni militanti di
un gruppo fondato da studenti islamici radicali, ha di recente compiuto un
attacco in cui sono rimaste uccise 10 persone. Secondo il Guardian,
l’episodio ha innescato una nuova ondata di paura nella comunità cristiana
di Kano. La violenza religiosa negli ultimi anni ha provocato la morte di
decine di migliaia di morti.
Un altro Paese che presenta problemi
in questo senso è il Pakistan, dove ai cristiani è stato di recente
intimato di convertirsi, sotto la minaccia di violenze, secondo
l’Associated Press del 16 maggio. Circa 500 cristiani pakistani a
Charsadda, una città della provincia nord-occidentale che confina con
l’Afghanistan, hanno ricevuto, ai primi di maggio, lettere in cui venivano
intimati a chiudere le chiese e a convertirsi.
La Pasqua è un’altra
questione delicata. In Arabia Saudita essa è infatti illegale, come
spiegato in un servizio di Associated Press del 9 aprile. Il Paese
consente solo la festa musulmana di al-Fitr, che segna la fine del
mese sacro del Ramadan, e quella di al-Adha, che conclude il
pellegrinaggio annuale alla Mecca. Inoltre l’articolo ha riferito che
l’erede al trono, il sultano bin Abdul Aziz Al Saud, aveva sottolineato il
fatto che il regno non avrebbe mai consentito la costruzione di nuove
chiese. Per questa ragione, oggi più che mai, i cristiani che vivono nei
paesi islamici hanno bisogno delle nostre preghiere. |
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