Zamboanga (AsiaNews) – Il p. Giancarlo Bossi “non aveva ricevuto minacce di
alcun genere, era amato dalla popolazione filippina ed era stato lui stesso a
dirsi, circa un mese fa, tranquillo per il suo operato a Payao”. Lo dice ad
AsiaNews il p. Gianni Sandalo, superiore della missione del Pime nelle
Filippine.
Il p. Sandalo si trova al momento a Zamboanga, nell’arcipelago meridionale
di Mindanao, dove è avvenuto il rapimento: “Questo gesto è molto strano: noi ora
siamo in attesa, aspettiamo di vedere cosa faranno i rapitori di p. Bossi. In
ogni caso, la zona in cui operava era tranquilla da tempo, tranne che per la
presenza dei pirati”. Tuttavia, “questi operano di solito sull’acqua, assaltano
le barche dei pescatori a cui rubano materiali e denaro, ma non scendono a
terra”.
Il missionario rapito, spiega il suo superiore, “era molto amato. Qui lo
chiamano 'il gigante buono', perché è tranquillo, silenzioso, in un certo senso
‘essenziale’. Parla poco ma è un enorme lavoratore, che ha sempre coniugato il
lavoro manuale con la sua vita spirituale. Uno dei suoi sogni era quello di
vivere in un villaggio, come testimone della radicalità del Vangelo: voleva fare
il contadino”.
E’ un uomo, continua p. Sandalo, “che ha sempre espresso una profonda
solidarietà con i più poveri: quando lo scorso febbraio gli è stato proposto di
tornare a Payao, dove aveva già lavorato per tre anni nei primi tempi della sua
missione nelle Filippine, ha rinunciato a ciò che sognava di fare per riprendere
a lavorare con i poveri”.
Prima di partire per l'Assemblea generale del Pime, lo scorso maggio,
p. Sandalo è andato a trovare p. Bossi a Payao: “Mi sono fermato con lui due
giorni. L’ho trovato veramente contento del lavoro che stava facendo con la
gente. Il p. Bossi è una persona che sa come farsi volere bene dalle persone.
Per esempio, quando questa mattina mi ha chiamato la sua segretaria per dirmi
che era stato rapito, si chiedeva come sarebbe stato trattato ed era molto
preoccupata per lui. Ha una capacità di profondo rapporto con le persone”.
Il rapimento dunque non è da imputarsi a nemici personali: “Non vi erano
state minacce contro di lui. Un mese fa, è stato proprio lui a dirmi che era
tranquillo, che si sentiva in una botte di ferro. L’unica preoccupazione è che
nella zona operano ancora i pirati, anche se questi in genere non fanno
operazioni di terra ma si muovono in acqua. Lui non ha mai ricevuto alcun
avvertimento di pericolo”.
Nel frattempo, i guerriglieri del Moro Islamic Liberation Front (Milf)
indicati dall’esercito come gli autori del rapimento, si sono detti estranei
alla vicenda. Un loro portavoce, Eid Kabalu, ha negato ogni coinvolgimento del
gruppo ed ha sottolineato che i sequestratori “non appartengono al Milf. Siamo
pronti a offrire tutto il nostro aiuto alle autorità
filippine”.