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Lettera aperta di Giancarlo Bocchi sulla censura in televisione
- Subject: Lettera aperta di Giancarlo Bocchi sulla censura in televisione
- From: "intmedia at libero.it" <intmedia at libero.it>
- Date: Thu, 31 May 2007 09:03:12 +0200
Lettera aperta di Giancarlo Bocchi al direttivo di Doc/it Sulla censura in televisione e sul diritto morale degli autori all' integrità dell' opera. Nel corso del recente tentativo di censurare o d' impedire la messa in onda in Rai del documentario della BBC sui preti accusati di pedofilia, la dirigenza di Doc/it, l' associazione dei documentaristi italiani, è rimasta in un agghiacciante silenzio. Non sono stupito che la dirigenza di Doc/it non abbia protestato per il violento tentativo di censura clericalpolitica, né sono rimasto particolarmente colpito che l' associazione non abbia sentito il dovere di chiedere ufficialmente alla Rai la trasmissione integrale del documentario senza interruzioni "giornalistiche" in studio. Non si tratta di giudicare l'importanza o il valore di un singolo documentario, ma di mettere in discussione un sistema e dei modi di agire. Come tutti sappiamo, le redazioni del servizio pubblico televisivo italiano usano da anni i documentari internazionali (e a volte nazionali) come farcitura pregiata dei loro pastoni giornalistici. In questo modo, e forse senza rendersene conto, i giornalisti televisivi manifestano la loro incapacità e al contempo azzannano e fagocitano il modestissimo spazio dedicato dal servizio pubblico televisivo italiano ai documentari. In tutti questi anni la dirigenza di Doc/it non ha mosso un dito, non ha elevato alcuna protesta di fronte ad un cannibalismo mediatico che non ha confronti nel panorama europeo e mondiale. Le recenti polemiche sul documentario dei preti pedofili hanno messo in evidenza anche un' altra stortura del sistema televisivo italiano: i documentari hanno fatto aumentare l' audience o migliorato molti "contenitori" giornalistici. Sono convinto che se il servizio pubblico televisivo italiano mettesse in onda, con la dovuta promozione, uno dei tanti documentari acquistati dalla Rai per farli sparire nel nulla o per farne uno spezzatino "giornalistico", ad esempio il documentario della BBC sui crimini di guerra commessi dall' Esercito italiano nei balcani durante la Seconda guerra mondiale, l' audience sarebbe sicuramente sorprendente. In questo senso la dirigenza di Doc/it non ha mai evidenziato, come avrebbe dovuto fare in innumerevoli e quanto mai inutili convegni, che i funzionari del servizio pubblico televisivo mentono sapendo di mentire quando dicono che i documentari non fanno audience. Sono questi dirigenti Rai che non fanno audience, non i documentari. Così con la scusa dell' audience, che nasconde in realtà storiche volontà censorie ed editoriali, il servizio pubblico radiotelevisivo italiano continua a spezzare, a frantumare, a uccidere i documentari. In realtà il diritto morale all' integrità dell' opera vale, non solo per le opere cinematografiche, ma anche per i documentari. A quanto pare le leggi in Italia si applicano solo al cinema (non sempre) e non ai documentari, anche se un diritto, occorre ricordare, non può essere derogato per contratto. In questo senso il servizio pubblico televisivo italiano ignora contemporaneamente sia i diritti dei cittadini ad essere correttamente e pienamente informati, ma anche i diritti degli autori alla tutela dell' integrità dell' opera . Questa situazione scandalosa non è mai stata denunciata nei termini e nelle modalità dovute dalla dirigenza di Doc/it , che invece ha tenuto in questi anni nei confronti del servizio pubblico televisivo italiano un comportamento che assomiglia molto alla complicità o alla connivenza. Nel passato la dirigenza di Doc/it, a parte qualche lettera di circostanza, non ha fatto nulla di concreto per opporsi scandalosa prassi di triturare, di annientare i documentari e tanto meno ai numerosi efferati tentativi di censurare autori italiani e stranieri. Gli interessi di tre o quattro produttori associati a Doc/it, che hanno proficui e continuativi rapporti economici con certi dirigenti Rai, non possono pregiudicare il bene comune, gli interessi, il lavoro, la volontà di tanti autori, produttori e lavoratori del settore del documentario . Voglio in questo senso ricordare che i dirigenti passati (e alcuni presenti) di Doc/it, per assecondare le mire di tali produttori, in occasione della firma dello sciagurato "contratto quadro con Rai Tre ", non fecero nulla per opporsi e per far modificare il contratto di distribuzione internazionale di Raitrade dove era codificato uno stupefacente "diritto di censura fino a 5 minuti di durata". In quell' occasione lo scrivente fu l'unico produttore (e autore) che rifiutò di firmare tale contratto e rinunciò al relativo acconto di alcune decine di milioni di lire. Per questa mia azione solitaria in difesa dell' etica e dei diritti d'espressione, e quindi dei diritti di tutti, ancora oggi, a distanza di anni, continuo a subire molestie di ogni genere. Devo anche aggiungere che la dirigenza di Doc/it , da me più volte avvertita dei fatti, si guardò bene dall' avvertire gli autori associati che era stato sottoscritto dai produttori un contratto che limitava il diritto morale all' integrità dell' opera. Chi sostiene di rappresentare il mondo del documentario ha dei doveri e degli obblighi etici e morali ai quali non si può sottrarre per nessun motivo . Al peggioramento avvenuto negli ultimi anni dei comportamenti e degli usi in voga nel servizio pubblico televisivo italiano la dirigenza Doc/it ha perlomeno contribuito con un complice silenzio. Voglio ricordare agli associati e alla dirigenza di Doc/it che la Rai radiotelevisione italiana è interamente posseduta dallo Stato italiano. Con la firma della Convenzione dei Diritti dell' Uomo e delle libertà fondamentali lo Stato italiano si è impegnato a rispettare i diritti d' espressione e a limitare la censura al solo aspetto delle norme sul buon costume . Come autori, ma prima di tutto come cittadini, abbiamo il dovere civile di batterci contro ogni forma di censura affinché nel nostro paese siano rispettati i diritti d' espressione e la libertà di tutti di vedere, apprendere e conoscere . Proprio per questo, quelli che credono nell' etica del lavoro di documentaristi devono far sentire la loro voce alta e forte e non devono più subire comportamenti dovuti all'inerzia, all'opportunismo e alla connivenza. Giancarlo Bocchi
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