[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
A Brescia sfilano duecento tacchi per Hina, uccisa in nome della sharia
- Subject: A Brescia sfilano duecento tacchi per Hina, uccisa in nome della sharia
- From: "Scienza per l'Uomo" <scienzaperluomo at yahoo.it>
- Date: Sun, 20 May 2007 10:12:38 +0200
A Brescia sfilano duecento tacchi per Hina, uccisa in nome della
sharia SANTANCHE’ E SBAI DIFENDONO IL SIMBOLO DELL’INTEGRAZIONE Sarà Daniela Santanchè a rappresentare l’Acmid-donna, l’associazione delle donne marocchine in Italia presieduta da Souad Sbai, davanti al giudice del tribunale di Brescia tra meno di un mese. La deputata di An parlerà nel processo nel quale l’Acmid si è costituita parte civile che vede protagonista Hina Saleem, la ragazza pachistana accoltellata dai familiari: dal padre, due suoi cognati e uno zio che l’hanno seppellita nell’orto di casa dopo averla uccisa l’11 agosto scorso a Saluzzo, nel bresciano. Anche per la madre doveva morire, aveva scelto di interagire con la società italiana. Anzi. Aveva fatto qualcosa di più. Hina, 21 anni, aveva semplicemente deciso di integrarsi senza sottostare a divieti né diktat come quello paterno, che la voleva sposata con un cugino pachistano che neppure conosceva, ai quali, però, Hina ha preferito non piegarsi mai. La fermezza di una giovane immigrata, innamorata dell’Italia e di un ragazzo italiano col quale progettava di andare a vivere, è stata tale che per ucciderla c’è stato bisogno di un complotto orchestrato dalla madre: l’ha attirata nella casa paterna che aveva ormai abbandonato con un banale motivo, e anziché trovare quella madre – che nonostante la diversità di vedute continuava a rispettare – ha trovato i suoi assassini. Ecco perché al processo che inizierà tra circa un mese l’Acmid si è costituita parte civile. “Hina è divenuta un simbolo per tutte le donne musulmane immigrate in Italia per trovare la libertà, che spesso si ritrovano a vivere in condizioni peggiori di quelle lasciate nel proprio paese – dice Souad Sbai, presidente dell’Acmid e membro della consulta islamica del ministero dell’Interno – Il fatto è avvenuto appena l’11 agosto dell’anno scorso, ricorda Sbai, che accoglie le donne vittime di soprusi di natura religiosa grazie alla rete nazionale costituita dieci anni fa attraverso la sua associazione. “L’hanno lasciata sola da viva, non potevamo permetterci di lasciarla sola da morta”, spiega. Chiedere a Daniela Santanchè di rappresentare le donne immigrate – che si presenteranno in tribunale almeno in duecento, che hanno aderito all’iniziativa che in Italia non ha precedenti – è stata un’evoluzione naturale. Interpellata dal Foglio, l’onorevole Santanchè, ricorda che al funerale di Hina c’era soltanto lei tra gli italiani, “assieme ai pochi familiari pachistani che dopo averla uccisa si sono presentati a piangere sulla sua tomba”. Per lei Hina Saleem rappresenta un simbolo. “La sua uccisione è una testimonianza che dovrebbe spingere tutte le donne, non soltanto quelle immigrate, a riaprire un dibattito, purtroppo necessario anche in Italia – dice Santanchè – Siamo abituati a parlare di ‘libertà’ ormai come un dato acquisito. Ma io già non ce l’ho più questa libertà (dopo le minacce ricevute per la pubblicazione del libro “La donna negata”, uscito nel 2006, il Viminale ha disposto una scorta per Daniela Santanchè, che vive controllata 24 ore su 24, ndr). Per esempio mi chiedo dove sono tutte quelle donne che manifestavano quando furono rapite le due Simone, in piazza erano centinaia all’epoca. Adesso, nonostante le nostre sollecitazioni, rimangono a casa. Oppure sedute su un divano di Montecitorio”. L’esponente di An denuncia soprattutto un problema, che riguarda prima di tutto i politici, “che a parole promettono un impegno costante e poi non si vedono mai quando c’è da esporsi per una sconosciuta”. Assieme a Souad Sbai, infatti, Daniela Santanchè ha creato un centro di accoglienza per donne immigrate vittime di minacce, violenze o soprusi, che opera senza campagne di sponsorizzazione, anche per assicurare maggiore tutela alle decine di donne che si rivolgono a lei e all’associazione di Souad Sbai. “In Parlamento si fatica a far passare il messaggio che anche in Italia esistono dei mini-califfati islamici dove la donna viene considerata merce, e la dignità della persona è continuamente calpestata” – spiega la deputata – “soprattutto in uno stato in cui il ministro dell’Interno continua a parlare con un’associazione, l’Ucoii (membro della consulta islamica, ndr), che si rifiuta di firmare una Carta dei valori che mette l’uomo e la donna sullo stesso piano”. Peraltro l’Ucoii ha una sezione femminile, e l’onorevole Santanchè dice al Foglio che si rivolgerà anche a loro per coinvolgerla nell’udienza. In nome di una integrazione che a voler guardare agli appuntamenti sponsorizzati – come quello che domenica scorsa ha portato nel centro islamico di Brescia Zeinab Moustafa per il convegno “Identità, libertà, cittadinanza” – sembra alquanto lontana dai tacchi della coppia Sbai-Santanchè. Francesco De Remigis |
- Prev by Date: Aggressione fascista a Trieste
- Next by Date: Portare a compimento la riforma della RAI. Documento da inviare e diffondere se condiviso
- Previous by thread: Aggressione fascista a Trieste
- Next by thread: Portare a compimento la riforma della RAI. Documento da inviare e diffondere se condiviso
- Indice: