"L'on. Laganà si dimetta dalla Commissione Antimafia, s" ubito.



COMUNICATO STAMPA di "Casa della Legalità - Onlus" e "Democrazia Legalità"

con cortese richiesta di pubblicazione e max diffusione

Oggetto: Laganà indagata, attacca la DDA. Si dimetta dalla Commissione
Antimafia, subito

Maria Grazia Laganà, parlamentare membro della Commissione Antimafia,
eletta come "vittima di mafia", dopo aver rifiutato per due volte di
comparire come "persona informata sui fatti", adducendo a "improrogabili
impegni istituzionali", ha ricevuto un avviso di garanzia della Direzione
Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che indaga sia sull'omicidio del
marito, Franco Fortugno, sia sulle infiltrazioni mafiose nella Asl di cui
lei era Responsabile del Personale. Invece che rispondere e collaborare,
con la conferenza stampa di oggi ha sferrato un attacco infamante
e chiaramente volto a screditare l'azione dei  magistrati dell'Antimafia di
Reggio Calabria. 

Il silenzio da sempre è complice e sull’omicidio Fortugno e sulla Asl 9 di
Locri il silenzio è sempre stato “sovrano”. Troppe e pervicacemente
perseguite le omertà, come per l’oscuramento (e la auto-censura del sistema
dell’informazione) sulla seconda parte della Relazione della Commissione
d’Accesso alla Asl di Locri, che – una volta pubblica, dopo il
commissariamento - evidenziava il livello dirompente dell’infiltrazione
mafiosa in quella struttura pubblica, tra i dipendenti, personale medico e
non, e tra le ditte che ricevevano appalti e incarichi, senza l’ombra di
alcun certificato antimafia (anche perché era dura procurarselo, quando si
hanno ditte sotto sequestro o condanne!), e senza il rispetto di alcun
tetto di spesa (il Bilancio non esisteva!).

La dott.sa Laganà, vedova del primario Fortugno - per il cui omicidio è
stato rinviato a giudizio come mandante Alessandro Marcianò (amico della
famiglia Laganà Fortugno e collega dei due alla Asl di Locri)- era sino
alla sua elezione al Parlamento, Vice Direttore Sanitario e Responsabile
del Personale di quella ASL di Locri.

Per questa Responsabilità la dott.ssa Laganà non poteva non sapere chi
veniva assunto e chi era dipendente di quella struttura.
Per questa Responsabilità la dott.ssa Laganà non poteva nemmeno omettere le
firme di visto e approvazione per tutte le assegnazioni di incarico ed
appalto, quindi non poteva essere estranea e non conscia dell’infiltrazione
mafiosa, e non risultano tanto più sue denunce in merito.
A meno chè la Dott.ssa Laganà fosse Responsabile del Personale solo sulla
carta mentre le scelte, i pareri, i mandati e le firme le faceva qualcun
altro, chi è responsabile di un Ufficio ne ha tutte le responsabilità, non
solo la retribuzione.

Ha spergiurato per mesi che nella ASL di Locri fosse tutto normale, anche
gli omicidi (giudicati dalla signora come “episodi sgradevoli” in una
trasmissione della RAI) e che, nel ribadire che non aveva mai visto o
sentito di infiltrazioni o mire della ‘ndrangheta nella Asl, affermava che
non sapeva proprio perché la mafia avesse voluto uccidere suo marito
(interviste televisive, sua propria voce!).

E’ arrivata la Commissione di Accesso alla ASL. Mentre i commissari
stendevano la Relazione, sulla base della quale la Asl veniva commissariata
per accertate infiltrazioni mafiose dal Governo e la cui prima parte veniva
secretata dalla DDA (la seconda era e resta pubblica - quella che abbiamo
pubblicato assieme a Democrazia e Legalità).

La Responsabile del Personale della Asl di Locri, si candidava alle
elezioni politiche nelle fila della Margherita-DL e veniva eletta, in
seconda battuta, dopo la morte dell’On. Zappia. Di lì cambiano un po’ le
cose. La neo onorevole Laganà inizia a dichiarare che il marito combatteva
la mafia e vi erano denunce su denunce che erano sparite. E’ un crescendo
di accuse sulle omissioni e un moltiplicarsi di attacchi alla Direzione
Distrettuale Antimafia di Reggio. La signora si spinge anche a chiedere
alla Procura Nazionale Antimafia di commettere un atto illecito, ovvero di
avocare a se l’indagine e toglierla così dalla DDA competente. Questa
richiesta è respinta perché la legge permette solo un ruolo di
coordinamento e di supporto da parte della Procura Nazionale Antimafia alle
Direzioni Distrettuali. Inoltre le famose “denuncie” di Fortugno, ritrovate
con servizi e contro-servizi televisivi in un armadio a Locri, erano in
realtà una interrogazione fatta in Consiglio Regionale, peraltro pubblicata
anche dai giornali, dove non si diceva nulla, neanche un nome, e trattava
un solo un fatto personale relativo al ridimensionamento del proprio
incarico di Primario.
Ed inoltre, il giudice Boemi, che risulta il coordinatore della DDA che
indaga sulla sig.ra Laganà, è da poco rientrato nella DDA di Reggio, anche
a seguito dell’intervento di Piero Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia,
avverso alla proposta di nomina del giudice Giuseppe Lombardo (pm estraneo
alla DDA che ha sequestrato e oscurato illegalmente la Relazione Basilone,
nonchè figlio d’arte di Rocco ex Procuratore Capo di Locri sino al 2004,
che non ha mai indagato sulla Asl di Locri e sulle ‘ndrine che in essa si
erano radicate).

L’On. Laganà non ha mai detto pubblicamente o alla DDA, a quanto risulta,
nulla su ciò che accadeva nella ASL della ‘ndrangheta. Non ha mai precisato
perché la sua famiglia (ivi compreso Fortugno ed il padre, Avv. Mario
Laganà, potente democristiano e per lunghi anni “capo indiscusso” di quella
stessa Asl) parlavano, chiamavano e ricevevano chiamate da uomini della
cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti, ed in particolare su utenze (fisse e
mobili) di Pansera, compagno di latitanza di Giuseppe Morabito di cui è
anche genero, avendone sposato la figlia, Giuseppina, collega di Franco
Fortugno e Maria Grazia Laganà alla Asl di Locri.
Su tutto questo non risponde o, in riferimento alle intercettazioni della
Procura di Milano trasmesse per competenza a quella calabrese, accenna a
giustificazioni quali: li sentivamo per il “rinnovo dell’ordine dei
medici”. Che fossero risaputamene medici quanto mafiosi latitanti, è un
particolare che sfugge.

L’On. Laganà entra in Commissione Parlamentare Antimafia, ma ha continuato
a tacere su quello che non poteva non conoscere: il suo ambiente di lavoro
e le responsabilità che in esso ricopriva. Qualcuno si è posto il problema
di vedere un Procuratore Nazionale Antimafia essere in imbarazzo nelle
audizioni sulla ‘Ndrangheta davanti alla Commissione Parlamentare
Antimafia. Forse ora si capisce perché.

L’On. Laganà è indagata dalla DDA di Reggio Calabria, la stessa che per
competenza svolge le indagini sull’omicidio del marito e sulla Locride, per
truffa aggravata ai danni dello Stato in merito ad appalti di forniture
della Asl di Locri.

Certo, come Berlusconi, qualcuno potrebbe affermare che è una “giustizia ad
orologeria” in quanto “quei giudici ce l’hanno con me perché lì ho
criticati” e visto che "qui giudici non sanno lavorare". Ma Berlusconi non
è notoriamente un uomo incline alla Giustizia ed alla Verità e persino lui
non è arrivato a processare i giudici in Parlamento, ci ha provato ma non
c'è riuscito, oggi ci siamo vicini, in questa vicenda, con un'indagata
dalla Direzione Distrettuale Antimafia che è in Commissione d'inchiesta
(con poteri affini a quelli della magistratura) Antimafia del Parlamento.

Sarebbe opportuno che l’On. Laganà decidesse una volta per tutte di aiutare
a fare chiarezza, verità e giustizia, dicendo tutto, ma proprio tutto,
quello che sa e che non può non sapere visto che Responsabile del Personale
era Lei in quella Asl e quindi lei è corresponsabile nella gestione della
stessa.

E’ quindi naturale pensare, che se vuole che si faccia chiarezza, verità e
giustizia, debba rassegnare, quantomeno, le dimissioni immediate dalla
Commissione Parlamentare Antimafia.
Sarebbe folle se i giudici della DDA o i reparti investigativi dovessero,
alle loro audizioni, parlare anche delle indagini relative ad un
componente, presente, della Commissione medesima. Un paradosso imbarazzante
che, nell’interesse di tutti, è da evitare.


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