Inoltra: Testo integrale intervista Placanica





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Pubblichiamo il testo integrale dell'intervista a Mario Placanica che il
quotidiano CalabriaOra ha pubblicato oggi. Per la prima volta, il
carabiniere catanzarese che era sulla jeep defender in piazza Alimonda, nel corso dei drammatici giorni del G8 genovese del 2001, afferma esplicitamente
di essere "un capro espiatorio usato per coprire qualcuno" e di non avere
ucciso lui Carlo Giuliani.
Alcuni particolari sono raccapriccianti, come le reazioni entusiaste dei
colleghi di Placanica dopo la morte di Carlo. E poi Placanica si pone queste
domande: "Perché alcuni militari hanno 'lavorato' sul corpo di Giuliani?
Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra?". E poi, sempre per la
prima volta, ricostruisce l'incidente automobilistico che ha avuto qualche
anno fa. "Lo sterzo è come se si fosse bloccato, non riuscivo più a
sterzare", afferma. In questi anni, Placanica, dopo essere stato assolto
dall'accusa di omicidio [secondo i giudici, aveva sparato "per legittima
difesa"] è stato congedato per problemi comportamentali dall'Arma, ha
cercato di candidarsi alle amministrative con Alleanza nazionale [che era il
partito a cui era iscritto: poi si è candidato con una lista civica].
Le rivelazioni di Placanica confermano la necessità di fare chiarezza su ciò che è avvenuto a Genova nel luglio 2001: sulla catena di comando delle forze
dell'ordine, sulle responsabilità dei politici che stavano nella sala
operativa, sugli abusi commessi sulle centinaia di migliaia di cittadini che
manifestavano liberamente. E sulla morte di Carlo Giuliani, un ragazzo.
Mario Placanica rompe il silenzio e racconta la sua verità. Il G8 visto da
un'altra "inquadratura". Anche questa purtroppo incompleta. Solo un tassello
in più nel quadro a tinte fosche di quel luglio genovese. Sono passati
cinque anni e quattro mesi dal 20 luglio del 2001, dalla morte di Carlo
Giuliani. Mario Placanica, il carabiniere che sparò a piazza Alimonda, si è
sposato, è diventato padre e non è più carabiniere. L'Arma lo ha ritenuto
non idoneo, congedato per "disturbo dell'adattamento con ansia ed atipie del pensiero". Lui però non ci sta. Si è sottoposto ad altre visite che lo hanno dichiarato sano, ha fatto ricorso al Tar e ora ha deciso di non tacere più. Dice di non aver più paura della verità. Non ha una versione alternativa su
quei terribili momenti, ma di una cosa appare certo: non è stato lui a
uccidere il giovane manifestante.
Quando sei arrivato a Genova?
Siamo arrivati il 17 luglio
A quale reparto eri stato assegnato?
Ero con il dodicesimo battaglione Sicilia
Da quanto tempo eri nel battaglione?
Da dicembre del 2000
Avevi già svolto compiti di controllo dell'ordine pubblico?
Sì, un banale servizio d'ordine allo stadio di Palermo
Arrivato a Genova che clima hai trovato?
Eravamo stanchi. Le operazioni di sistemazione sono state lunghe e
snervanti.
Tra i colleghi vi confrontavate?
C'era una tensione indescrivibile
Gli ufficiali tentavano di tranquillizzarvi?
I superiori gridavano sempre
Che ordini vi sono stati impartiti per le giornate del G8?
Ci dicevano che le situazioni sarebbero state un po' particolari, non come
semplice ordine pubblico ma qualcosa di più
In che senso?
Ci dicevano di stare attenti, ci raccontavano che ci avrebbero tirato le
sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi terroristici. La
sensazione era come se dovessimo andare in guerra
Si è detto che per tenersi carichi alcuni fecero uso di droga.
Che io sappia no. Certo che c'era un'agitazione fuori dalla norma. Può darsi
anche questo. Io non ne ho mai fatto uso.
Quella mattina del 20 luglio dove sei stato dislocato?
Ci hanno posizionato vicino la "Fiera" insieme ad alcuni poliziotti. Ci sono
state delle cariche sul lungomare, ma solo di alleggerimento. Abbiamo
partecipato alle cariche in cui venne dato alle fiamme il blindato dei
carabinieri. In quella situazione mi è stato affidato il compito di sparare
i lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Però dopo un po' il maggiore
Cappello mi ha preso il lanciagranate perché diceva che non ero capace. Io
stavo sparando a "parabola", così come mi è stato insegnato, e invece lui ha
iniziato a sparare ad altezza d'uomo, colpendo in faccia le persone. Cose
allucinanti.
Quando hai iniziato a sentirti male?
Io dovevo togliere il nastro ai lacrimogeni e passarli al maggiore Cappello.
Quando si toglie il nastro fuoriesce un po' di gas e quindi ho iniziato a
sentirmi male. Così sono stato accompagnato in una via che conduce a piazza
Alimonda. Sulla strada ho visto di tutto, ho visto picchiare a sangue dal
colonnello Truglio e dal maggiore Cappello alcune persone con la macchina
fotografica. Ho iniziato a vomitare e mi hanno fatto salire sulla
camionetta.
Chi eravate sul Defender?
C'eravamo io, Cavataio, carabiniere in ferma biennale e, Raffone, un
ausiliario seduto dietro insieme a me
Nessuno che avesse esperienza?
Sì, eravamo solo noi
Accanto avevate un'altra camionetta?
Si, c'era un altro defender con a bordo il colonnello Truglio. Il
responsabile del nostro mezzo era il maggiore Cappello
C'erano altri colleghi?
C'era il plotone dei carabinieri davanti a noi che ci faceva da scudo.
Dalle immagini si vede partire la carica dei manifestanti, tu cosa hai
visto?
I carabinieri sono scappati, ci hanno superato, noi abbiamo fatto
retromarcia e siamo rimasti incastrati contro un cassonetto della
spazzatura.
Cosa ti ricordi di quei momenti?
Solo un rumore infernale.
Quando vi siete incagliati cosa hai pensato?
Ci hanno lasciato soli, ci hanno abbandonato. Potevano intervenire perché
c'erano i carabinieri e anche gli agenti della polizia. Potevano fare una
carica per disperdere i manifestanti e invece non hanno fatto niente. Quel
momento è durato una vita.
Quando hai estratto la pistola?
Quando mi sono visto il sangue sulle mani. Ero stato colpito alla testa. Ho
tolto la pistola e ho caricato
Cosa vedevi davanti a te?
Non vedevo praticamente nulla, ero quasi steso, solo Raffone era un po' più alzato. Mi è arrivato l'estintore sullo stinco, scalciando con i piedi l'ho ributtato giù. Loro continuavano con questo lancio di oggetti, io ho gridato
che avrei sparato. Poi ho sparato in aria.
Sei convinto di aver sparato in aria?
Sono convinto di aver sparato in aria, non ho preso mira, è la verita
Quanti colpi hai sparato?
Due colpi, tutti e due in aria
Eri seduto?
Ero steso, con il braccio alzato verso l'alto, all'interno del defender. La
mano era sopra la ruota di scorta del Defender.
Hai sentito solo i tuoi due colpi?
Sì. Dopo i due spari sul defender è salito un altro carabiniere che si
chiama Rando di Messina e ha messo lo scudo sul vetro che avevano rotto.
Davanti è salito un maresciallo dei Tuscania di cui non ricordo il nome. E
siamo partiti. Eravamo diretti all'ospedale ma abbiamo dovuto allungare il
percorso perché sulla strada c'erano i manifestanti, quelli di Agnoletto,
che non volevano farci passare. Al pronto soccorso mi hanno ricoverato
perché avevo perso molto sangue
Non vi siete accorti di quello che era successo a piazza Alimonda?
No. Ho saputo della morte di Carlo Giuliani alle 23 quando sono venuti in
ospedale i carabinieri con un maggiore. Però non mi hanno comunicato la
notizia in ospedale. Mi hanno fatto dimettere, mi hanno fatto firmare la
cartella e mi hanno portato in caserma. Lì mi hanno detto che avevo ucciso
un manifestante.
Come ti sei sentito in quel momento?
Mi è caduto il mondo addosso. Io sapevo di aver sparato però ero convinto
anche di aver sparato in aria. Mi hanno fatto l'interrogatorio, mi hanno
messo sotto pressione e io ho risposto quello che potevo rispondere. Hanno
cercato di farmi dire qualcosa in più, ma io l'ho detto che non avevo
sparato direttamente.
Quanto è durato l'interrogatorio?
Un'ora circa, intorno a mezzanotte
E dopo cosa è successo?
Mi hanno riportato alla fiera di Genova. Mi hanno fatto dare sette giorni di
prognosi
Che ambiente hai trovato quando sei rientrato in caserma?
Mi chiamavano il killer. I colleghi hanno fatto festa, mi hanno regalato un
basco dei Tuscania, "benvenuto tra gli assassini" mi hanno detto.
I colleghi erano contenti di quello che era capitato?
Si, erano contenti. Dicevano morte sua vita mia, cantavano canzoni. Hanno
fatto una canzone su Carlo Giuliani
Tu come ti sentivi?
Io ero assente, non volevo stare con nessuno, mi sentivo troppo male.
Dopo tre giorni ti hanno mandato a Palermo
Ero felice di lasciare quel posto. Però appena arrivato in Sicilia sceso
dall'autobus il colonnello mi ha preso a schiaffi
Perché?
Forse per scrollarmi un po', ma non lo so
A Palermo come ti hanno accolto i colleghi?
Tutti mi chiedevano, si informavano. Non ti dico che pressione psicologica
Ma a casa quando sei tornato?
Dopo una settimana che ero a Palermo mi hanno dato trenta giorni di
convalescenza. Però mi hanno mandato nella caserma di Sellia e i miei
genitori non potevano entrare. Mio padre tra l'altro era ricoverato in
ospedale a Catanzaro. Io uscivo di nascosto, ma a Catanzaro non sono
riuscito a salire.
Che idea ti sei fatto, era per proteggerti o perché non volevano che
parlassi all'esterno?
Non lo so se mi proteggevano o avevano paura di qualcosa. Anche perché
subito in quei giorni mi hanno messo gli psicologi per farmi controllare. Ma
io che malattia avevo.
Certo che accettare di aver ucciso un ragazzo.
Ma io non ero sicuro di averlo ucciso. Mi venivano i dubbi perché se io ho
sparato in aria come fanno a dire che l'ho colpito in faccia, che sono un
cecchino
Avevi sparato prima di quel giorno?
Tre volte al poligono e non ti dico i risultati, non ne ho preso uno. Non
ero buono con la pistola anche per questo mi hanno mandato al battaglione.
Alle stazioni mandano quelli più bravi, gli altri vanno nei battaglioni.
Dopo Sellia ritorni in Sicilia.
Lì sono iniziati i problemi. Perché tutte quelle domande erano uno stress
incredibile. Insomma ho iniziato a marcare visita. Mi hanno trasferito a
Catanzaro al reparto comando, poi sono andato a un corso integrativo in
Sardegna. Ma anche lì continuavano le domande e non ho neanche finito il
corso. Sono tornato in Calabria e per due anni ho iniziato a lavorare a
singhiozzo.
In questo periodo ti capita un altro episodio che ha fatto discutere. Ti
salvi quasi miracolosamente da un incidente stradale.
Ho perso improvvisamente il controllo del veicolo. Lo sterzo è come se si
fosse bloccato, non riuscivo più a sterzare.
Dopo questo periodo difficile però inizi a sentirti meglio e il 22 novembre
2004 ti sottoponi a una visita psichiatrica all'ospedale militare per
tornare in servizio
Era parecchio che non lavoravo, mi sentivo di voler riprendere, ero più
sereno, mi ero appena fidanzato. Il dottore Pagnotta dell'ospedale militare
dopo avermi esaminato mi dice che ero idoneo. Porto il certificato in
commissione medica e invece i tre ufficiali della commissione non ne tengono
conto e mi dicono che mi fanno fare un'altra visita.
Perché un'altra visita?
Non me lo hanno detto. Mi hanno mandato dalla dottoressa Vittorina Palazzo.
Secondo me avevano già deciso di congedarmi. Con la dottoressa ci eravamo
già visti a Villa Bianca. Io ero andato perché prendevo delle gocce per
dormire. Lei invece, senza visitarmi, mi ha fatto prendere l'Aldol. Dormivo
venti ore al giorno, mi ha rovinato, non me lo doveva dare.
Fai quest'altra visita il 13 dicembre del 2004 e cosa succede?
La dottoressa mi ha dichiarato non idoneo. Mi è caduto il mondo addosso
Potevi però chiedere di essere destinato agli uffici?
Me lo hanno consigliato loro di fare domanda e io l'ho fatto. Non l'hanno
accolta perché non ero inquadrato nella forza dell'Arma, perché ero ancora
in ferma volontaria. I quattro anni però erano già scaduti, ma non ne hanno
tenuto conto.
Hai presentato ricorso al Tar?
Ma dicono che è innamissibile il mio rientro, hanno prodotto la mia domanda per i ruoli civili sostenendo che io ero già consapevole di voler andare in ufficio, quando invece sono stati loro a consigliarmi di farla. E non hanno
tenuto conto della mia causa di servizio, a me spetta il ruolo civile.
Perché non ti vogliono più?
Sono un capro espiatorio usato per coprire qualcuno. Le porte sono chiuse
per Placanica
A logica però sarebbe stato più conveniente tenerti buono e non lasciarti
solo?
Però se vengo congedato per problemi psichici chi mi crede! Per anni mi
hanno sottoposto a uno stress psichico insopportabile. Mi hanno detto che i no global mi avrebbero ammazzato. Sono arrivati a dirmi che avrebbero ucciso mia moglie quando era incinta. Con il congedo che mi hanno dato chi mi darà
un lavoro?
Eppure c'è una terza perizia.
Ho chiesto una perizia di parte effettuata da Mauro Notarangelo che ha
certificato che io sto bene. Sono riuscito a ripulirmi da tutti i farmaci
che mi hanno fatto prendere
A distanza di cinque anni quale è il tuo pensiero su questa vicenda?
Credo che mi sono trovato in un ingranaggio più grande di me. Che ero nel
posto sbagliato, non si potevano mandare ragazzi inesperti e armati in
quella situazione
Secondo te si è detta tutta la verità sul G8 di Genova?
No.
Cosa è rimasto all'oscuro?
Ci sono troppe cose che non sono chiare.
A cosa ti riferisci?
A quello che è successo dopo a piazza Alimonda. Perché alcuni militari hanno
"lavorato" sul corpo di Giuliani? Perché gli hanno fracassato la testa con
una pietra?
Hai posto queste domande ai tuoi superiori?
Una volta ho telefonato al maggiore Cappello. Lui mi ha detto che non dovevo
avere dubbi. Però lui mi disse di aver saputo quanto successo la sera alle
20 e invece nelle immagini che ho rivisto si vede lui accanto al corpo di
Giuliani. Io non ho sentito altri spari, però anche i colleghi che erano
dentro al defender non hanno sentito i miei colpi. Ritengo che cremare il
corpo di Giuliani sia stato un errore, forse si sarebbe potuto scoprire di
più, qualcosa sul corpo forse c'era.
Sei alla ricerca della verità?
Si. Come fanno a dire che l'ho sparato in faccia. Non è vero. È impossibile.
Non potevo colpire Giuliani. Ho sparato sopra la ruota di scorta del
defender.
Perché hai deciso di parlare solo adesso?
Perché ci vuole coraggio e io finalmente l'ho trovato. Merito anche
dell'avvocato a cui mi sono rivolto, Antonio Ludovico, che mi ha sempre
sostenuto e mi ha consigliato di non aver paura della verità.



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