[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Nella condanna a morte di Saddam Hussein neanche l’ombra della giustizia
- Subject: Nella condanna a morte di Saddam Hussein neanche l’ombra della giustizia
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Wed, 08 Nov 2006 23:02:45 +0100
- Priority: normal
Nessuna giustizia
Nella condanna a morte di Saddam Hussein neanche l’ombra della giustizia
Il Partito Umanista esprime tutto il suo dissenso rispetto alla
condanna a morte dell’ex-dittatore iracheno. Lontano dall’essere
un atto di giustizia, la condanna a morte Saddam Hussein non
rappresenta neanche una vittoria.
Il verdetto del tribunale speciale di Bagdad riguarda il massacro di
148 sciiti nel villaggio di Dujail, dopo un fallito attentato alla vita del
rais, vale a dire una delle tante repressioni, neanche la più grave.
Oltre ad essere una pratica che nulla ha a che vedere con la giustizia,
la condanna a morte, in questo caso, è anche un clamoroso sbaglio,
perché avrà come unici risultati quello di far diventare Saddam
Hussein un martire per i sunniti e di inasprire ulteriormente i rapporti
tra le diverse etnie in Iraq.
È successo molte altre volte: l’attuale amministrazione americana ha
sbagliato di nuovo. Tutta la vicenda, dall’arresto di Saddam Hussein
fino ad oggi, è stata gestita malissimo ed è finita ancora peggio. Il
fatto, poi, che tale condanna sia stata pronunciata alla vigilia di
importanti elezioni negli Stati Uniti, dimostra quanto poco Bush, i
conservatori e buona parte dei democratici abbiano veramente a cuore
il futuro del popolo iracheno.
La volontà di far coincidere i due eventi – la condanna a morte di
Saddam Hussein e le elezioni americane - è dimostrata dalla “strana”
fretta della Corte del Tribunale di Bagdad, che non ha consentito alla
difesa di convocare un certo numero di testimoni a discarico che
dovevano ancora essere ascoltati. Secondo la difesa molti documenti
prodotti dall'accusa contro gli imputati erano falsi e il tribunale non ha
convocato esperti internazionali per verificarne l’autenticità, ma solo
“esperti” iracheni legati all'attuale ministero dell'interno.
Per non parlare della dubbia imparzialità della stessa corte giudicante.
Prima di tutto i giudici sono stati nominati dal governo, il che già la
dice lunga sulla loro imparzialità, visto che uno dei pilastri di un
paese democratico è proprio l’indipendenza tra il potere esecutivo e
quello giudiziario.
Ma non è bastato: infatti alcuni giudici sono stati anche sostituiti,
perché non si allineavano sulle posizioni ufficiali delle autorità o si
dimostravano scarsamente efficaci.
Infine il tribunale, sin dall'inizio, è stato finanziato dagli Usa, che
hanno anche elaborato il suo Statuto, poi formalmente approvato
dall'Assemblea nazionale irachena nell'agosto 2005.
L’esultanza di Bush alla notizia della condanna a morte dell’ex
dittatore iracheno presenta sostanzialmente due aspetti: la
prevedibilità e la stupidità.
Il primo aspetto – la prevedibilità - deriva dal fatto che G.W.Bush,
quando era governatore dello stato del Texas, è stato corresponsabile
della condanna a morte di ben 147 persone.
Inoltre se il presidente americano avesse voluto un processo regolare e
una giustizia imparziale, avrebbe consegnato Saddam Hussein al
Tribunale Penale Internazionale dell'Aja. Ma Gli Stati Uniti, come
anche la Cina e la Russia, non hanno ratificato il trattato che ha
istituito il TPI, non solo perché il TPI non prevede la pena di morte,
ma sostanzialmente perché non vogliono correre il rischio di vedere
un giorno i propri responsabili sul banco degli imputati.
Il motivo principale, però, del perchè non era gradito un processo con
un dibattimento trasparente – come indubbiamente sarebbe stato se si
fosse svolto in un tribunale internazionale – sta nel fatto che
sarebbero emerse le complicità tra Saddam e gli americani, soprattutto
quando Saddam, durante la guerra Iran-Iraq, era il potente rais laico
che si opponeva all'islamismo iraniano.
Eppure, visto che Saddam Hussein è stato condannato per “crimini
contro l’umanità”, un tribunale internazionale sarebbe stata la sede
più adatta per affrontare un crimine del genere.
Il secondo aspetto – la stupidità – deriva dalla constatazione che
l’esultanza di Bush è l’espressione di un sentimento tipico di chi sta
partecipando attivamente a quella che ormai, in Iraq, è diventata una
vera e propria guerra civile. Ora, se Bush è il presidente di un paese
che ha mandato centinaia di migliaia di soldati in Iraq per favorire
l’avvento della democrazia e della pace, come fa ad esultare per un
evento – la prossima impiccagione di Saddam – che promuoverà, se
non l’ha già fatto, il rais al ruolo di martire e simbolo della rivolta
sunnita, e alimenterà al tempo stesso l'intransigenza sciita che punta
su una rapida esecuzione della sentenza?
Se non si tratta di stupidità – e avremmo dei forti dubbi in proposito –
allora è mero calcolo elettoralistico. Ma sappiamo, anche per le
recenti esperienze che qui in Italia abbiamo avuto e continuiamo ad
avere, che i due aspetti – la stupidità e il calcolo egoistico – se portati
avanti con perseveranza, alla fine possono coincidere.
Pur non mettendo assolutamente in dubbio le accuse nei confronti
di uno dei peggiori criminali della storia umana, gli umanisti
rifiutano la logica della vendetta, di cui la pena di morte è una
delle espressioni peggiori.
Ciò che sta accadendo in Iraq è orribile. Inoltre gran parte della
stampa e dei media ci bombarda con un’informazione settaria e
politicizzata, senza mai parlare della situazione irachena se non in
termini di quanti morti ci sono stati oggi e quanti ieri. Raramente si
assiste ad una riflessione seria e approfondita. Intanto il paese è
martoriato da una vera e propria guerra civile.
Bisogna prima di tutto liberare l’Iraq dagli eserciti stranieri che lo
stanno occupando e che hanno prodotto col loro intervento, sinora,
seicentocinquanta mila morti civili iracheni. Solo così questo paese
potrà avviarsi su una nuova strada che gli permetterà di dare un nuovo
segnale, dimostrando di voler promuovere i diritti umani e non
appellarsi al solo spirito di vendetta.
Altrimenti il rischio è quello di generare, con l’impiccagione di
Saddam, un altro Saddam.
Roma, 8 novembre 2006
Segreteria Programma e Documentazione
del Partito Umanista
- Next by Date: [reti-invisibili] Newsletter Reti-Invisibili n. 74
- Next by thread: [reti-invisibili] Newsletter Reti-Invisibili n. 74
- Indice: