Fitto\Ruppi questione "morale e religiosa"



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LA QUESTIONE MORALE E QUELLA RELIGIOSA
DI FRONTE ALL'INCHIESTA SULLA SANITA' IN PUGLIA
Abbiamo letto con amarezza il contenuto delle intercettazioni di alcune
telefonate fra l'ex Presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto nonché
persone del suo entourage e mons. Francesco Ruppi, arcivescovo di Lecce e
Presidente dei Vescovi pugliesi. Si tratta di colloqui che, se non
convincentemente smentiti, dimostrano all'evidenza il pieno coinvolgimento
del presule nella campagna elettorale regionale di Fitto e per di più in un
ruolo di premurosa consulenza ed addirittura di stimolo. Così come sono
risultati chiarissimi gli interventi del vescovo di Lecce presso i
competenti uffici regionali per il finanziamento degli oratori cattolici,
un finanziamento per il quale - come si ricorderà - mons. Ruppi espresse in
piena campagna elettorale all'allora Presidente della Regione Puglia
pubblici e calorosi ringraziamenti che suscitarono riserve e rilievi.
«Stiamo camminandoŠ»,  «Stiamo recuperandoŠ», «Sto facendo un buon lavoro
con la TVŠ», «Sei stato stupendo ieri sera Š», «Io ho mosso anche le suore
Š», «Si stanno muovendo qui AN? Š», «Nel nostro ambiente si va
rinserrandoŠ», «Un altro fatto buono è che io sto ricevendo, sto percependo
che la Margherita incomincia ad entrare in difficoltàŠ» e così via con
numerose altre espressioni di analogo ed anche più sorprendente contenuto
fino al consiglio di «continuare i giri privati» anche durante la
sospensione della campagna elettorale per l'agonia del Papa Giovanni Paolo
II. Sono ravvisabili in questa malinconica vicenda illeciti penali? Non lo
sappiamo ma crediamo che sia interesse generale, interesse di ogni
cittadino e soprattutto della verità che la Giustizia faccia il suo corso
rapidamente e con doveroso senso di responsabilità al riparo da ogni
suggestione, ferma restando ovviamente la presunzione di non colpevolezza
sancita dalla Costituzione per ciascun indiziato o imputato fino ad
eventuali sentenze definitive di condanna.
Si pone però subito una "questione morale" perché non appare ammissibile
che uomini di Chiesa, investiti perciò di funzioni di natura religiosa,
utilizzino il loro ruolo ed il loro ascendente spirituale per influenzare
elezioni democratiche con consigli ed interventi specifici fino a porsi, in
qualche caso, come solerti registi di campagne elettorali in favore di
questo o quello schieramento ovvero, peggio ancora, a vantaggio di questo o
quel personaggio politico. E ciò specialmente quando tra gli uni e gli
altri intercorrono rapporti per atti istituzionali che dovrebbero essere
mossi solo dall'interesse generale e risultare quindi estranei a qualsiasi
logica di tipo clientelare. Il fatto è che il comune sentire considera
eticamente inaccettabile l'uso strumentale di incarichi, missioni o mandati
per fini diversi da quelli ad essi connaturali. Una sorta di "eccesso di
potere", non certo nell'accezione strettamente giuridica dell'espressione,
ma nel suo significato più ampio, come censura dell'utilizzo improprio o
deviato nei rapporti personali e sociali di funzioni e prerogative
soprattutto quando queste, per la loro natura ed autorevolezza,
presuppongono rassicurante equanimità e comportano incisivi poteri
persuasivi.
Ma se di fronte a tali malinconiche vicende vi è una "questione morale" che
tocca la sensibilità di tutti i cittadini, per quelli di loro che sono
credenti si aggiunge una sofferta "questione religiosa". E sì, perchè essi
guardano alla Chiesa cattolica quale dovrebbe essere: una Chiesa che si
affida totalmente al Vangelo; che «non pone la sua speranza nei privilegi
offerti dall'autorità civile»; che quando sono in gioco diritti
fondamentali esprime il suo «giudizio morale anche su cose che riguardano
la politica» ma lo fa «utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono
conformi al Vangelo»; che svolge un mandato di ordine religioso e che si
può perciò servire «delle cose temporali nella misura che la propria
missione lo richiede» senza porre «la sua speranza nei privilegi offerti
dall'autorità civile» ed anzi rinunziando «all'esercizio di certi diritti
legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far
dubitare della sincerità della sua testimonianza». Ed ancora: una Chiesa
che riconosce «la legittima autonomia delle realtà terrene» e che si
adopera perché vengano rimosse «le ingenti disparità economiche» e perché
lo sviluppo non sia abbandonato «all'arbitrio di pochi uomini che abbiano
in mano un eccessivo potere»; la Chiesa del Magnificat e cioè del Signore
che rovescia «i potenti dai troni» ed innalza «gli umili» ricolmando «di
beni gli affamati» e mandando «i ricchi a mani vuote». Questa Chiesa «luce
delle genti», mirabilmente interpretata e disegnata dal Concilio Vaticano
II, non può essere impropriamente coinvolta in questioni elettorali o
partitiche.
Brindisi, 26 giugno 2006
Michele Di Schiena