l'ultimo sfregio a Hirsi Ali



l’ultimo sfregio a Hirsi Ali
Giulio Meotti legge l’editoriale di Ian Buruma su di lei, e si indigna
Quieta, un po’ dimessa, ha parlato in modo conciso, pronunciando giudizi devastanti. Così Ayaan Hirsi Ali si è presentata all’American jewish committee. Musulmana capace di portare in cuore il lutto per la strage olimpica di Monaco, Ayaan ha denunciato il germe antisemita sparso dagli islamisti, riscuotendo applausi da Bush, Merkel e Olmert. Un coraggio sfregiato ora anche da Ian Buruma, come fece una parte della stampa europea negli anni 70 con i dissidenti sovietici. Buruma, che pur è stato uno dei primi a raccontare i tulipani sfioriti dopo anni di incuria e coscienza infelice.
Americani e sovietici si scambiarono il pilota F.G. Powers e la spia Rudolf Abel sul ponte di Glienicke. Odiata per aver smascherato l’illusione della libertà che indossa la djellabah (la tunica islamica), Ayaan viene invece svenduta in cambio dell’Eurabia. “La libertà non si ottiene gratis”, aveva detto a Berlino, è “baruch”, benedetta. Ayaan non ha mentito sul proprio nome, che è stato cancellato dai burocrati dell’Aia dopo anni di eroiche battaglie contro il “genocidio della donna islamica”. “Ci sono molte persone come me. Se non possono permettersi una guardia del corpo, lavorano sotto falsa identità per proteggersi da eventuali attentati. I nostri avversari useranno la forza per chiuderci la bocca. Diranno di essere stati mortalmente offesi. Anche i difensori del comunismo hanno usato questi metodi”. Il suo coraggio è seme di un tramonto. Quello di un’Europa che l’ha abiurata per la seconda volta, dopo i genitori in Somalia. Segnale verde per le stragi future.
Intorno a quest’apostata si è consumata una guerra sul significato di cittadinanza; non quella dei passaporti, ma ciò per cui ha senso vivere e morire. Guerra che l’Olanda ha perso. Scappa negli Stati Uniti, paese che non si vergogna di ospitarne l’accanimento illuminista. Il destino a cui Ayaan va incontro è il compimento della profezia di Theo van Gogh: “Ci sono buone ragioni per emigrare nella terra del McDonald’s, il più affascinante esperimento della storia”. E’ nella terra dei liberi e dei coraggiosi che troverà riparo, prima dissidente islamica dall’11 settembre. Il consulente del governo olandese Jan Schoonenboom la accusa di offendere i musulmani. Ma la sua partenza non ha solo a che fare con le critiche all’islamismo. Le minacce di morte sono schioccate anche per il sindaco di Amsterdam Cohen, il suo assistente musulmano Aboutaleb e la turca Ebru Umar, che pur detesta l’ex deputata somala. Ayaan è protagonista di una grande storia di riscatto e prigionia, un déjà-vu messo in moto da Van Gogh, istrione che faceva da guida ai ciechi, regista con un geniale senso dell’assedio al quale i nazisti uccisero un cugino e la cui fine nel sangue, per strada, come un kèleb semita, un cane qualunque, la trachea sforacchiata, il settimanale Internazionale rubricò sotto la voce “spettacoli”. Dall’Olanda, un paese impaurito che sta lentamente morendo, con Ayaan se ne vanno in 40 mila, stanchi di vivere in una società in cui ogni “noi” viene immediatamente sospettato e il ministro Beatrijs Tolk per sconfiggere il Terrore decide di sponsorizzare corsi per giovani musulmani su “come avvicinare le ragazze”.
Un paese che quello che amava ieri detesta il giorno dopo, una società che ha educato Jason Walter a odiare Ayaan, il figlio di un soldato americano che si è convertito all’islam ed è pronto a uccidere “la nera”. “E’ possibile che l’occidente libero perda la guerra delle idee”, aveva detto Van Gogh, che “doveva” morire per far suonare la sveglia all’intérieur scandinavo. Come era successo a Srebrenica, un villaggio dei Balcani grande quanto Old Leusden, gli olandesi sono rimasti a guardare, mentre la morte batteva sul suo tamburo. Ora assistono assuefatti all’esilio di una ragazza, forse narcisista, ma straordinaria e votata alla necessità di essere duri quanto possibile e liberali come nessun altro. Olanda che evacua la sua cittadina più nobile e che per gratificare la noia di vivere i funerali dell’ex regina Giuliana li fa celebrare a una sacerdotessa dei Rimostranti, la corrente liberal di un protestantesimo in via di estinzione. “Risolveremo il problema Ali, nonostante le guardie del corpo”, aveva detto Bouyeri. E’ bastato poco per ricattare il governo e accelerare la fine della vera regina che vive da anni come nell’Oreste di Euripide: “Morte o vita, una parola”. E’ bastata la paura. Quanto all’onore, non c’è mai stato. Nel presentarla a New York sono state lette le parole lasciate sul corpo di Van Gogh: “Sono sicuro che tu, America, sarai distrutta. Sono sicuro che tu, Hirsi Ali, sarai distrutta”. Come per ogni oracolo, la colpa di Ayaan doveva essere fabbricata in fretta per l’innocenza di chi si sentiva colpevole. Ha scritto Van Randwijk, poeta della Resistenza olandese: “Un popolo che cede ai tiranni perderà più del proprio corpo e dei propri beni”. Il giorno della morte di Theo nella Pythagorasstraat, la strada dove abitava, decine di bandiere rimasero a mezz’asta. Onore concesso solo alla famiglia reale. Il leader dei liberali Jozias van Aartsen parlò dell’11 settembre olandese. Venerdì hanno tradito la superstite scomoda di quel martirio, prima esecuzione multiculturale d’Europa.