Assemblea meridionale



GIOVEDI 2 MARZO h. 17c
Cinema Italia – COSENZA

A SUD DI NESSUN NORD:
MERIDIONI, SINISTRA
ALTERNATIVA E MOVIMENTI

Introduce: Franco Piperno

Intervengono i rappresentanti di:
RDB immigrati,  - Cantieri Sociali Molise, Spazio Pubblico Autogestito
Campobasso, Comitati di lotta Scanzano Jonico – Matera, RSU FIOM Melfi ,
Laboratorio Occupato Insurgencia Napoli, Spazio sociale Filo Rosso –
Cosenza, Radio Ciroma – Cosenza, ass. La Kasba – Cosenza, Aula autogestita
Zenith – Cosenza, Orientale Agitata - Napoli , comitato NO PONTE - Reggio
Calabria, Centro sociale Depistaggio – Benevento, Centro sociale Millepiani
– Caserta, Comitato contro la discarica di basso dell'Olmo – Salerno,
comitato di lotta contro la discarica Parapoti,

modera: Francesco Caruso

conclude: FAUSTO BERTINOTTI

I movimenti in questi anni hanno costruito e continuano a costruire una
trama di conflitti, radicalità e partecipazione nella quale lo spazio e il
territorio non sono più l'oggetto ma il soggetto della trasformazione.  
Nei tempi lenti e nei luoghi caldi dei territori meridiani, la
mercificazione dell'uomo, della natura e dei rapporti umani non solo stenta
a prevalere come senso comune ma diventa terreno della resistenza e del
rifiuto al sacrificio delle nostre ricchezze inestimabili accumulate nei
secoli - la terra, il paesaggio, l'ambiente salubre, le acque, i monti, ma
anche la solidarietà, il mutuo sostegno, la libertà dell'ozio, lo spirito
del dono, le relazioni non mercificate - sull'altare della farsa dello
sviluppo.
E infatti nelle rivolte e nelle insorgenze delle comunità meridiane, da
Scanzano Jonico ad Ariano Irpino, da Terlizzi a Melfi, da Termoli a
Montesarchio, dal Gran Sasso allo stretto di Messina, si riscopre una
propria identità collettiva come risposta anche conflittuale contro lo
sradicamento e la polverizzazione sociale attraverso una dinamica di
riappropriazione dei valori d'uso collettivi, dell'insieme di beni che
costituiscono il patrimonio comune, una identità che è aperta e solidale,
fuori dallo scivolamento razzista che aleggia nelle grigie e nebbiose
pianure padane, perchè la nostra storia millennaria volge lo sguardo su
quel mar Mediterraneo per millenni luogo di incorcio e di incontro tra
popoli, ponte tra saperi, culture e filosofie.
Se Calderoli vuole abbattere questi ponti per fare del Mediterraneo il
nuovo muro di Berlino a difesa del ricco occidente che saccheggia, usurpa,
sfrutta e dissangua i tanti sud del mondo, noi dobbiamo non solo
ricostruire questi ponti, ma anche farli diventare sentieri di liberazione
e trasformazione sociale.
Ma l'alternativa alla violenza del neoliberismo, non può non partire da
noi, dai nostri territori, dal nostro quotidiano. Per far questo dobbiamo
volgere lo sguardo non verso i nord che corrono ad "Alta Velocità", ma ai
sud che lentamente camminano e domandano: in questo senso le tracce di
lavoro non possiamo che rinvenirle nel corpo vivo delle lotte meridiane di
questi anni, la cui dirompenza sociale ha contribuito a sfatare, dentro
l'inconfutabile materialità dei processi sociali, le teorie colonialiste
sulla carenza dello spirito civico che avrebbe segnato irrimediabilmente il
destino atavico di questi territori, rovesciando il ruolo di imputato sulle
forme della politica, interrogandola in profondità sui vuoti e i limiti che
ne hanno caratterizzato il suo progressivo deperimento.
Queste forti dinamiche di conflitto e partecipazione sociale mostrano
l'inadeguatezza delle forme tradizionali della partecipazione, la crisi e
l'incapacità dei partiti e degli altri istituti "classici" della
rappresentanza di intercettare e valorizzare quella voglia di
riappopriazione dei processi di decisionalità pubblica che riguardano la
propria vita, il proprio quotidiano, il proprio territorio, ma al tempo
stesso mostrano la difficoltà e i limiti della sedimentazione di nuove
pratiche di cittadinanza e democrazia reale fondati sull'autoriconoscimento
e sulla capacità di ripensarsi come comunità.
Proprio perchè questa ondata di protagonismo sociale non può essere
compressa e relegata in una scheda elettorale, ma deve trovare dinamiche
inedite e innovative di espressione diretta di partecipazione del
territorio, il punto centrale della riflessione non può che essere il
terreno della sperimentazione di dinamiche costituenti di autogoverno del
territorio in grado di oltrepassare le forme della democrazia
rappresentativa e del potere costitutito, in grado cioè di porsi
l'obiettivo, per dirla alla Lenin, dell'abbattimento dello stato, inteso
come azzeramento della distanza tra politica e società, tra moltitudine e
sovranità a partire da un bisogno e una da voglia che non solo reclama
maggiore partecipazione e democrazia, ma la costruisce da sé, attivamente,
dal basso, qui e ora.
Lo scontro quindi che sottende queste mobilitazioni si concentra non solo e
non tanto sulla localizzazione di un deposito nucleare, un inceneritore o
una discarica, ma investe anche la rottura di un equilibro tra una
Gemeinschaft che rivendica spazi di autonomia, decisionalità e autogoverno
e una Gesellschaft che tende alla sussunzione di ogni spazio sociale e
vitale dentro le regole perverse del dominio e del profitto.
Mobilitazioni e conflitti, quindi, che non guardano al passato e alla
conservazione, ma puntano lo sguardo in avanti, verso la possibile
costruzione, qui ed ora, di un altro mondo possibile.



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