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le storie delle donne musulmane da liberare: IL LIBRO CHE FA SCHIFO ALLA RADIO DI TEHERAN
- Subject: le storie delle donne musulmane da liberare: IL LIBRO CHE FA SCHIFO ALLA RADIO DI TEHERAN
- From: "associazione Amici di Lazzaro" <associazioneamicidilazzaro at yahoo.it>
- Date: Wed, 8 Feb 2006 15:12:00 +0100
le storie delle donne musulmane da liberare: IL LIBRO CHE FA SCHIFO ALLA RADIO DI TEHERAN www.ilfoglio.it Roma. Alla radio di Teheran, la "Voce della Repubblica islamica", hanno detto in lingua italiana che il libro di Daniela Santanchè fa schifo. Che fa passare per schiave le donne musulmane e quindi non favorisce il dialogo tra le culture. Che è pieno "di luoghi comuni, stereotipi e conclusioni scontate sul mondo musulmano". Non bugie, falsità, balle clamorose, ma luoghi comuni. Il luogo comune di Amel, investita con l'auto da un parente che l'ha sorpresa per strada senza il velo. O il luogo comune delle donne islamiche violentate, cui la sharia raccomanda di suicidarsi, perché sono ancora più impure di quanto già non siano essendo nate donne. Anche il luogo comune dell'infibulazione, che riguarda ogni anno qualche milione di bambine, quelle che i parenti vogliono trasformare presto in belle scatole sigillate, menomate per garantire all'uomo un acquisto sicuro, qualcosa di cucito per bene che non riserverà sorprese per la prima notte di nozze. Racconta Daniela Santanchè che una ragazza somala le ha spiegato tutto, l'infibulazione a otto anni insieme alla sorellina e poi da grande finalmente medici psicologi e anche sale operatorie per riuscire a ricostruirsi la vita. "Da ragazza guardavo tutte quelle incisioni che avevo nella carne, pensavo: sono una lapide che cammina". Il libro della Santanchè ("La donna negata - Dall'infibulazione alla liberazione", edizioni Marsilio) fa schifo perché è scritto da una occidentalissima donna moderna per le donne musulmane, quindi dal male per il niente. Racconta le loro storie, le lascia parlare, spiega la paura, le botte, le ossa rotte, la negazione di tutto e la morte. Lei, che lavora da tempo con Souad Sbai, la presidentessa della Confederazione delle comunità marocchine in Italia, ha meticolosamente (per un anno e mezzo) messo in fila quel che succede, cronache di giornali, racconti di violenze, analisi di intellettuali, e tutti i libri usciti sull'argomento (come quello di Hirsi Ali, la donna che ha ispirato e scritto gli undici minuti del film "Submission", per cui il regista Theo van Gogh è stato ammazzato e sgozzato, sul cui corpo è stato piantato con il coltello un biglietto per lei: "La prossima sei tu"). C'è anche la sua storia, infatti, una donna che adesso vive scortata e che compare nel dossier portato in giro per le capitali rabbiose dell'islam a dimostrare l'oltraggio a Maometto: nata a Mogadiscio, in Somalia, infibulata a sei anni, "perché così diventi una brava musulmana", le diceva la nonna, scappò prima in Germania e poi in Olanda, l'unico modo per potere denunciare gli oltraggi, i suicidi da disperazione, gli sbagli di una religione che "cammina nella storia con la faccia rivolta all'indietro". Da lì continua a chiedere aiuto all'occidente e all'islam moderato, spiega che devono mettersi insieme perché sennò nessuno ce la farà. Sono storie innegabili, che chiedono almeno un soprassalto all'Europa, alle femministe, ai difensori dei diritti umani. Storie semplici, spesso conosciute perché identiche ad altre già ascoltate, e non spiegano mai il silenzio, l'imbarazzo rivestito da rispetto per le diverse tradizioni culturali, anche quando spaccano le ossa, chiudono a chiave in casa, lasciano vivere soltanto nel terrore rassegnato e nell'ignoranza. E il velo in testa non è quasi mai una graziosa civetteria, non è il topless delle donne occidentali: la realtà è più vicina a quel che ha scritto la sociologa e antropologa di origine iraniana Chahdortt Djavann, il velo è la "stella gialla" delle donne musulmane, ed è la macchina da guerra di un sistema ideologico che vorrebbe imporsi anche in Europa, che chiede scuole in cui parlare solo arabo e tenere divisi i maschi dalle femmine, che usa alcune moschee per predicare altro odio, oltre all'esaltazione del potere assoluto della società maschile, come racconta questo libro. Che fa schifo perché, secondo la radio di Teheran, attinge soltanto da "un mare di pregiudizi". Costruiti sulla pelle delle donne, e oramai accettati, considerati anzi comodamente tradizione culturale. La Santanchè fa una serie di proposte serie per l'istruzione, l'integrazione, l'accoglienza delle donne maltrattate, le scuole da organizzare. Dice: "Bisogna rovesciare la mentalità e i comportamenti che ci hanno guidati finora". Anche perché l'islam dei moderati ci chiede con insistenza di non essereabbandonato a se stesso. (ab)
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