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Russo Spena. Antimafia: Perche' critichiamo la relazione di maggioranza
- Subject: Russo Spena. Antimafia: Perche' critichiamo la relazione di maggioranza
- From: "Roberta Bussolari" <roberta.bussolari at tin.it>
- Date: Sun, 22 Jan 2006 20:41:34 +0100
Antimafia: Perche' critichiamo la relazione di maggioranza Articolo di Giovanni Russo Spena su Liberazione Sono sempre stato propenso a ritenere che la relazione conclusiva debba rispondere per lo meno a tre precise istanze: un bilancio, innanzitutto, del lavoro fatto collegialmente, come luogo di discussione, incontro, operativita'; in secondo luogo la elaborazione di proposte normative al Parlamento (ricordo la famosa commissione bicamerale stragi che enucle il reato di depistaggio di funzionari dello Stato; potrei ricordare la morfologia della borghesia mafiosa che individuammo nella relazione della Commissione Peppino Impastato); in terzo luogo la capacita' di un contributo analitico, un passo avanti nella ricerca, nello scavo, nellindagine di fenomeni sempre piu' complessi ed articolati. In questo senso la relazione Centaro non una relazione; un insieme copiosissimo di pagine, pezzi messi insieme apparentemente alla rinfusa. Le manca un 'anima, una chiave di lettura, una grammatica interpretativa. Ci tanto pi grave perche' siamo in una fase di transizione globale dei fenomeni mafiosi, dell'intreccio tra economia legale ed illegale. Lo sforzo di ricerca deve essere, quindi, incessante, infinito. La relazione Centaro, nel migliore dei casi, un ponderoso rapporto del ministero dell'Interno; nel peggiore dei casi uno scritto propagandistico dell attivita' di un governo che, invece, in primo luogo, ha voluto leggi sbagliate che hanno favorito le mafie, come il cosiddetto scudo fiscale, o la legge obiettivo e tutte le norme di liberalizzazione rispetto ad ogni vincolo, regola, controllo nellesecuzione delle opere pubbliche cos come nella circolazione dei capitali; in secondo luogo ha esortato, nei fatti, i cittadini a convivere con le mafie, stemperando e sfibrando ogni clima di tensione, contenendo e condizionando la cultura diffusa della legalita'. Abbiamo vissuto, insomma, in questi anni, una operazione sofisticata da parte della maggioranza, che chiamerei di dissolvenza delle mafie. Il governo ha imposto, come priorita', una visione esasperata e sicuritaria della lotta alla criminalita' minore sul territorio, organizzando demagogicamente le pulsioni di insicurezza e paura delle persone (come se i termini sicurezza e democrazia fossero scissi), rendendo residuale il contrasto alle mafie, inteso soprattutto come contrasto al rapporto tra economia legale ed illegale. Scompare, in tal modo, nellanalisi, proprio il paradigma del blocco di potere politico-mafioso, sempre coerente nelladattarsi al mutare delle circostanze. Vengono, in effetti, negati i rapporti organici tra mafia e politica e tra mafia ed economia. , in questo senso, clamorosa l'assenza, nella relazione, del processo Dell'Utri (una condanna in primo grado di un importante esponente politico) cosi' come di una valutazione attenta della vicenda di governo nella regione Sicilia, che vede il coinvolgimento del presidente Cuffaro, apice dell'esecutivo regionale. Viene, cio', compiuta una operazione mimetica: la mafia viene trasformata in una banda di meri terroristi, in un esercito (poiche' oggi spara meno, perche' si inabissata per ricontrattare i rapporti di potere, non esiste pi).Secondo il governo, i rapporti tra mafia e politica riguardano situazioni regionali, episodi spesso isolati, fuori da un contesto nazionale ed internazionale. Sostengo il contrario: il rafforzarsi della borghesia mafiosa ha reso ancora piu' stretto il nesso tra mafia e politica; mutata, infatti, la morfologia stessa delle mafie; e spesso, ormai, come nel caso Sicilia, la mafia si autorappresenta in politica, eliminando anche la mediazione esistente allepoca del blocco di potere democristiano. Il rapporto mafia/politica non residuale, non uninvenzione del demone bolscevico: cresce, oggi, l'intreccio tra apparato militare, politico, amministrativo, finanziario. proprio questo intreccio, che alla base della formazione della borghesia mafiosa, il tema dominante, l'anima, della relazione alternativa delle forze dellUnione, frutto di competenze, professionalita', sapere collettivo di consulenti, operatori, associazionismo. Mettiamo a fuoco un punto fondamentale: il nesso tra mafia e modello di sviluppo. Cosa si nasconde, spesso, dietro privatizzazioni, esternalizzazione, liberalizzazioni? E dietro precarizzazioni, condoni, liberalizzazioni da tanti vincoli urbanistici, territoriali, dietro l'abbattimento del sistema delle regole? Il famigerato convivere con la mafia del ministro Lunardi non nasceva solo da un incauta aberrazione soggettiva ma da una idea strutturale di sviluppo, del Mezzogiorno come zona franca, che allude direttamente ad una convivenza tra democrazia autoritaria e presenza fisiologica e normale delle mafie dentro i processi di accumulazione ed i percorsi di valorizzazione del capitale. In questo senso anche la Confindustria, in Sicilia ma non solo, finisce con lessere coinvolta, perch il modello mafioso diventa componente essenziale del contemporaneo modello economico liberista. Credo che vi sia una nuova frontiera di lotta alle mafie, che hanno accresciuto presenza e potenza proprio dentro la globalizzazione liberista. Penso alle transazioni internazionali; alle leggi che hanno abbattuto qualsiasi controllo sulla circolazione dei capitali; penso alle leggi berlusconiane sul falso in bilancio, sullo scudo fiscale; penso allo smantellamento di ogni possibilita' di controllo delle imprese ad incastro ed ai meccanismi dei paradisi fiscali, anche europei. Il grande tema, insomma, che ci viene sottoposto perfino dai rapporti della Guardia di Finanza, questo: il confine tra economia legale ed illegale sempre piu' labile ed incerto; la novita' degli ultimi dieci anni che esistono veri e propri scambi di servizi tra circuito legale ed illegale (basti pensare al traffico darmi, al riciclaggio del denaro attraverso servizi finanziari, allo smaltimento di rifiuti di imprese regolari, che diventa, poi, crescente profitto per le ecomafie). Le mafie si sconfiggono innervando il territorio di presidi democratici. Le mafie si sconfiggono attaccandone beni, ricchezze, profitti, processi di accumulazione. Per questo Libera (di cui mi sento parte) non allude ad un impegno astratto, ma alla costruzione di percorsi di legalita', di una militanza antimafiosa di massa che individua un nuovo spazio pubblico, una vera e propria nuova polis. lantimafia della contemporaneita'. Libera ha dimostrato che confiscare i beni, le ricchezze delle mafie possibile, reale. Che cosa vi e' di piu' importante, sul piano dell' antimafia sociale del lavoro delle cooperative che lavorano la terra confiscata ai mafiosi, producono olio, vino, legumi, che hanno il sapore della indignazione, della ribellione, delle liberta'. Ma l'anno scorso il governo di centrodestra, non a caso, ha deciso di chiudere lufficio del commissario straordinario per i beni confiscati; la legge sui beni confiscati (che Libera ha conquistato) dopo anni di esperienze importanti, deve essere migliorata; ma il governo vuole peggiorarla e, di fatto, neutralizzarne gli effetti piu' dirompenti per la mafia. Il nostro impegno sara' determinante e costante. Giovanni Russo Spena 18/1/06
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